Menu principale:
Anatocismo e Usura
I DECRETI INGIUNTIVI FONDATI SULL’ESTRATTO CONTO BANCARIO
(art. 50 D.Lgs. 385/93) DEVONO ESSERE SEMPRE OPPOSTI
SOSPESA L’ESECUTIVITà DI UN DECRETO INGIUNTIVO PROVVISORIAMENTE ESECUTIVO A SEGUITO DI OPPOSIZIONE DA PARTE DI UTENTI.
(dell’Avv. Antonio TANZA – Vicepresidente Adusbef)
Le leggi non aiutano i dormienti: non c’è (quasi) niente da fare contro un decreto ingiuntivo divenuto definitivamente esecutivo per mancata opposizione.
Gli utenti devono sempre proporre opposizione contro i decreti ingiuntivi provenienti dalle banche e fondati su estratti conto gonfiati (quanto meno) da illegittimi interessi anatocistici trimestrali.
Le banche fondano i loro ricorsi per ingiunzione di pagamento, non più sul riposto "estratto di saldaconto" (cfr. vecchio art. 102 del T.u.b., cioè un documento che riporta il saldo finale di rapporti regolati in conto corrente, nel quale non appaia l'indicazione delle singole partite che hanno concorso a formare il saldo), ma sull’“estratto conto” che deve invece rappresentare il risultato di tutte le voci a credito e a debito ricadenti nell'arco di tempo considerato, con esatta specificazione di ogni operazione compiuta dall’inizio del rapporto di conto corrente sino alla sua estinzione, ivi compresi la commissione di massimo scoperto trimestrale, le spese, le ritenute fiscali e gli interessi attivi e passivi maturati, con le conseguenti valute applicate (numeri debitori e creditori), ecc.
La nuova norma, facendo esclusivo riferimento all'“estratto integrale” di conto corrente, risponde alla necessità di tutelare il correntista anche nell'eventuale giudizio susseguente al procedimento monitorio, consentendogli una contestazione consapevole delle risultanze del documento stesso, nella conoscenza di tutti i movimenti del conto corrente e delle singole partite contabili giustificative del credito vantato dalla banca.
Interessi ultralegali (maggiorati dal gioco delle valute), commissioni di massimo scoperto (cms) trimestrali e spese, vengono ogni trimestre “trasformati” dalla banca in capitale e producono a loro volta maggiori interessi ultralegali, influendo anche sulle cms, nel trimestre successivo e generando un processo di moltiplicazione geometrica del debito tendente all’infinito.
L’alchimia è ancora più prodigiosa se si considera la differente natura che hanno gli interessi ultralegali (come modificati dalle valute), le cms e le spese: se le prime due categorie possono essere accomunate nella voce interessi o, quanto meno, compenso per il differimento della restituzione, le spese costituiscono il pagamento forfetario di un servizio.
Fatto sta che ogni trimestre ogni cosa diventa capitale e produce maggiori costi (anatocismo e c.m.s.) nel trimestre successivo a vario titolo.
Morale della favola dopo qualche trimestre è impossibile capire quale sia il capitale vero (cioè la moneta prestata dalla banca all’utente) e quale sia il capitale fittizio (competenze bancarie).
L’estratto conto di cui al citato art. 50 D. Lgs. 385/93 porta in sé questa commistione.
Alla luce della più recente e consolidata giurisprudenza detto estratto conto perde ogni valenza probatoria, anche ai fini dell’emissione di un decreto ingiuntivo.
Il decreto ingiuntivo che viene emesso è sicuramente invalido poiché contiene voci di costo illegittime che hanno contribuito trimestre dopo trimestre allo sfasamento del conto: il saldo finale, insomma, non è certo, non è liquido, non è esigibile.
Andrà riclassificato l’intero rapporto espungendo almeno l’anatocismo trimestrale che si è generato sugli interessi ultralegali (come modificati dalle valute) e sulle commissioni di massimo scoperto: va quindi depurato l’intero rapporto da tutta la reazione a catena che ha creato l’illegittima alchimia bancaria.
Se il contratto presenta le nullità di cui all’art. 117 T.u.b. o se il contratto è anteriore al 09 luglio 1992 ed è regolato dagli inesistenti ed arbitrari “usi di piazza”, allora la depurazione sarà più radicale (vedi le tecniche per effettuare una corretta perizia contabile ).
Una lucidissima conferma a quanto asserito emerge da una recente ordinanza emessa in udienza dal Dott. Salina del Tribunale di Bologna, in cui una banca avendo ottenuto “in casa” un Decreto Ingiuntivo, perfino esecutivo, è stata privata, dell’illegittimo strumento alla prima udienza di opposizione al debole provvedimento.
TRIBUNALE di BOLOGNA
Causa Civile iscritta al n. 16696/00
Verbale di prima udienza nella causa civile promossa da:
PUSCIO Mario e POLITI Maria Rosa (debitori opponenti) rappresentati e difesi dagli Avv. ti Antonio TANZA e Marisa FERRO;
contro:
ROLO BANCA 1473 Spa (creditrice opposta) rappresentata e difesa dall’Avv. to Luca VITTORI;
Oggi, 1° marzo 2001, alle ore 9, avanti al G.I. Dr. SALINA,
sono comparsi l’avv. Vittori per l’opposta Rolo Banca 1473 Spa costituito in cancelleria il quale si riporta a quanto esposto e dedotto in comparsa di risposta e chiede fissarsi udienza per gli incombenti di cui all’art. 183 cpc.
E’ altresì presente l’Avv. Marisa FERRO per gli opponenti che insiste per la domanda preliminare di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, per i gravi motivi già esposti nell’atto di citazione e si associa alla richiesta di fissazione di udienza ex art. 183 cpc. L’avv. Vittori si oppone ala richiesta sospensione del decreto opposto per i motivi dedotti in comparsa di risposta.
Il G. I.
dato atto di quanto sopra;
sull’istanza ex art. 649 cpc formulata dall’opponente;
rilevato preliminarmente che, anche alla luce delle recenti pronunce anche della Corte Costituzionale, le argomentazioni svolte da parte opponente, quantomeno in ordine all’asserita nullità della clausola relativa agli interessi ultralegali, alla nullità della clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, nonché in ordine alla lamentata non conformità del tasso effettivo globale annuo alla disciplina antiusura, non appaiono manifestatamene infondate;
considerato che allo stato degli atti vi è fondato motivo che l’importo dell’ingiunzione possa essere maggiore di quello spettante all’ingiunta;
ritenuto pertanto che apparendo il D.I. suscettibile di futura revoca, appare quantomeno opportuno disporre la sospensione della già concessa provvisoria esecutività
P Q M
Visto l’art. 649 c.p.c., dispone la sospensione dell’esecutività del D.I. opposto.
Rinvia la causa, per gli incombenti di cui all’art. 183 cpc, all’udienza del 20.9.2001, h. 11.00, assegnando alle parti termine ex art. 180 cpc, fino a 20 giorni prima dell’udienza sopra indicata per le eccezioni non rilevabili d’ufficio.
Il G.I.
Dott. SALINA
Ci chiediamo perché alcuni Tribunali continuino a concedere al potere bancario (che aiutato da certi partiti politici e da alcuni personaggi ama beffare e disattendere alcune fondamentali pronunce della S.C., come si è visto di recente per l’anatocismo e per i mutui usurari) illegittimi e gonfiati Decreti Ingiuntivi, invece di pretendere dalle banche l’eliminazione delle illegittime competenze e la garanzia di un leale contraddittorio (che non si ha nei decreti ingiuntivi concessi con la clausola di provvisoria esecuzione).
E’ ora di finirla con l’ipocrita pietismo nei confronti del potere bancario: qui, gli unici che soffrono sono solo i cittadini e le famiglie che restano senza la casa.
Lecce-Roma, 8 marzo 2001 Avv. Antonio Tanza
____________________________________
è necessario e indispensabile sapersi difendere in tempo dagli attacchi delle banche:
se vi hanno notificato un decreto ingiuntivo, affilate le armi e opponetevi entro 40 giorni !
di ADUSBEF - Delegazione Puglia
La campagna antibancaria per la restituzione del maltolto, lanciata e caldeggiata da ADUSBEF, sta ottenendo grande riscontro presso il popolo delle decine di migliaia di utenti "dissanguati" dalle banche con gli esosi interessi pretesi sia sugli scoperti di c/c, sia sui mutui.
Sono pervenute, sia nella sede nazionale sia nella sede della Vicepresidenza, migliaia di lettere raccomandate da Voi spedite ai singoli istituti di credito per ottenere il legittimo rimborso, ma sono anche giunti diversi plichi contenenti il contratto originario stipulato a suo tempo con la banca, e di tale documentazione stiamo prendendo visione al fine di consigliarVi sull'esatta strada da intraprendere per controbattere la banca che si dimostri assolutamente restia a venire incontro alle esigenze di giustizia dei propri clienti.
Nel caso dei contratti di conto corrente e di affidamento mediante scopertura su c/c, in specie se nati prima del 9 luglio 1992, ossia in regime anteriore alla legge sulla trasparenza, irrimediabilmente colpiti da nullità parziale in riferimento alla regolamentazione dell'aspetto economico del rapporto (interessi corrispettivi ultralegali indeterminati sin dall'inizio, applicazione di c.m.s. mai pattuite, addebito di giorni valuta secondo non meglio precisati criteri di calcolo, capitalizzazione trimestrale degli interessi e di tutte le altre competenze a debito dell'utente, ecc.,), l'unico contrattacco possibile all'arroganza delle banche è quello giudiziario, ossia quello di citare davanti ad un giudice la banca, soprattutto e in special modo ove sul conto corrente, nel corso degli anni, siano girate ingenti somme di denaro che hanno fatto lievitare lo scoperto di conto e che, di conseguenza, attraverso il meccanismo della moltiplicazione esponenziale delle competenze bancarie, di trimestre in trimestre, hanno rimpinguato la voce "dare" sull'estratto conto ad esclusivo vantaggio del famelico istituto di credito e a scapito delle tasche del malcapitato correntista.
Accade però, di sovente (ed è purtroppo già accaduto), che, proprio approfittando del momento in cui lo scoperto è giunto a cifre di una certa consistenza, la banca abbia, dapprima, intimato al correntista, con lettera raccomandata, il rientro immediato, e, poi, subito dopo, abbia azionato il presunto credito davanti all'Autorità Giudiziaria, provvedendo a fare notificare al povero correntista un decreto ingiuntivo, che, a volte, è anche munito della provvisoria esecuzione, il che equivale a dire che la banca, con tale provvedimento emesso dal giudice inaudita altera parte, ovvero senza ascoltare le ragioni difensive del presunto debitore, può subito iniziare a carico di quest'ultimo una procedura esecutiva immobiliare che porta inevitabilmente al pignoramento degli immobili, su cui ha già provveduto ad iscrivere ipoteca giudiziale per centinaia di milioni di lire, alla vendita all'asta degli stessi e, alla fine, anche ad un'istanza di fallimento.
A questo punto, allora, è indispensabile sapere che sarà assolutamente inutile tentare di difendersi da tutti questi sistematici e pianificati attacchi - destinati a decretare la "morte" di un'impresa che pur ha lavorato per anni onestamente e con profitto - facendo opposizione all'esecuzione immobiliare o alle istanze di fallimento, se ancor prima non è stata fatta opposizione tempestiva al decreto ingiuntivo, e tale opposizione va fatta entro e non oltre 40 giorni dalla notifica di detto decreto (così impone, infatti, il codice di procedura civile).
Se lasciate scadere invano detto termine, senza rivolgerVi ad un legale che possa immediatamente contestare il credito vantato dalla banca nel decreto ingiuntivo con un atto di opposizione a decreto ingiuntivo, atto ad instaurare davanti al Giudice un contenzioso giudiziario finalizzato ad accertare l'illegittimità dell'operato della banca, che pretende di avere il saldo di somme assolutamente indebite in quanto fondate su un contratto nullo, e, conseguentemente, a revocare il decreto emesso, e, persino, in seguito ad apposito ricalcolo, a condannare la banca a restituire all'ingiunto i maggiori e indebiti interessi versati nel corso degli anni, sarà come se aveste, sia pur inconsapevolmente, abbassato il capo dinanzi alle assurde e ingiuste pretese avversarie e, per legge, non avrete più la possibilità di ribellarvi e ottenere giustizia, neppure in diversa sede: in tale ipotesi l'unica via possibile sarebbe quella di trattare con la banca, ma, purtroppo, solo ed esclusivamente alle sue condizioni.
Quando sia stata la banca ad iniziare, subdolamente, battaglia con la notifica di un decreto ingiuntivo, è, dunque, preliminare e indispensabile respingere il primo attacco a viso aperto, opponendosi in tempo utile al decreto ingiuntivo: solo così avremo grandi speranze di successo e solo così la campagna antibancaria che abbiamo promosso avrà senso.
Lecce, 10 dicembre 2000
Avv. Antonio TANZA
Vicepresidente ADUSBEF
Il testo - gli approfondimenti
Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità del Decreto Legislativo 4 agosto 1999 n. 342, il c.d. provvedimento "salva banche" sull'anatocismo:
Una grande vittoria di ADUSBEF e dei consumatori ed utenti dei servizi bancari italiani
Il testo della Sentenza della Corte Costituzionale n. 425 del 17 ottobre 2000
Capitalizzazione degli interessi trimestrali: la sentenza n. 425/2000 della Corte Costituzionale sconfigge le banche. Consigli all'utenza
La Corte Costituzionale boccia il tentativo politico di salvare le banche: trionfo dei Giudici leccesi
Menu di sezione: