Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Faenza /Lecce

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2009

XII
Sentenza n. 1139/2009

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Lecce, in persona del Giudice Onorario Unico, Avv. Marcella Scarciglia, ha emesso la seguente sentenza nel giudizio di pagamento N.185/2000 R.G.C.,avente per oggetto: ripetizione indebito promosso

DA
S. DISTRIBUZIONE ALIMENTARI di Marcello S. & C. S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore Marcello S., rappresentata e difesa dall'Avv. Antonio Tanza

ATTRICE

CONTRO
UNICREDIT BANCA S.p.A., già Credito Italiano S.p..A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Luca Erroi

CONVENUTA

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 19.01.2000 la società S. Distribuzione Alimentari di Marcello S. & C. S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore Marcello S., conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce l'Unicredito italiano S.p.A., oggi UINICREDIT BANCA per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni:"
1. DICHIARARE l'invalidità le nullità parziale dei singoli contratti di apertura di credito di conto corrente oggetto del rapporto tra la parte attrice e la Banca, particolarmente in relazione alle clausole ( art 7 del contratto) di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, dell'anatocismo trimestrale, della provvigione di massimo scoperto, dei costi, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi tipo indebitamente pretese (poiché non previste e/o determinate ) e di conseguenza;
2. DETERMINARE l'esatto dare-avere tra le parti in base a i risultati del ricalcalo che potrà essere effettuato in sede di C.T.U. tecnico-bancaria e sulla base dell'intera documentazione relativa al rapporto di apertura credito;
3. DETERMINARE il costo effettivo annuo del rapporto bancario;
4. CONDANNARE la convenuta banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi legali creditori in favore degli odierni istanti, indicati in £. 342.862.693, salvo diversa somma dovesse risultare;
5. DICHIARARE l'invalidità di ogni altra obbligazione connessa all'impugnato
rapporto bancario ( fideiussioni);
6. CONDANNARE la banca al risarcimento dei danni subiti dall'opponente a seguito della illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia del rischio e falsamente quantificato;
7. CONDANNARE la parte soccombente al pagamento delle spese e competenze di giudizio a favore del sottoscritto procuratore anticipatario".
All'udienza del 4.04.2000 si costituivano in giudizio L'UNICREDlTO ITALIANO S.p.A. con comparsa di costituzione e risposta del 14.03.2000 impugnando e contestando quanto ex adverso dedotto e prodotto e rassegnava le seguenti conclusioni: Voglia l'On. Tribunale adito rigettare integralmente la domanda attrice perché infondata in fatto e diritto con condanna al pagamento di spese, competenze ed onorari di giudizio.
In pari data si costituiva anche il CREDITO ITALIANO S.P.A., con atto di intervento ex art. 111 c.p.c., il quale asserendo che UNICREDITO ITALIANO ha ceduto il ramo d'azienda relativo all'attività bancaria a CREDITO ITALIANO S.p.A. si associava alla domanda di rigetto già formulata da UNICREDITO ITALIANO S.p.A.
La causa veniva istruita a mezzo produzione documentale e due C.T.U. le cui risultanze sono in atti.
Al1'udienza del 18.04.2008, la causa, precisate le conclusioni, veniva riservata per la decisione con concessione alle parti dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e repliche ai sensi dell'art. 190 c.p.c.
Con ordinanza del 13.02.2009 questo giudice rilevato che non erano in atti le perizie del C.T.U., dott. Mazzeo Maurizio, veniva disposta la comparizione delle parti, nonché la convocazione del C.T.U.
All'udienza del 25.02.2009, i procuratori delle parti chiedevano che la causa venisse introitata per la decisione, in considerazione che in atti vi erano le copie dei due elaborati redatti dal dott. Mazzeo. Questo Giudice introitava la causa per la decisione. In realtà nello studiare la causa, questo giudice si accorgeva che in atti non c'erano né gli originali delle perizie con gli allegati Mazzeo, né le copie conformi.
Con ordinanza del 17.04.2009 questo giudice fissava la udienza per il deposito delle perizie d'ufficio con allegati Mazzeo.( V. ordinanza in atti 17.04.09).
All'udienza del 29.04.2009 comparivano i procuratori delle parti e il dott. Maurizio Mazzeo, il quale depositava per la seconda volta originale del primo elaborato peritale con allegati, nonché l'originale del secondo elaborato con allegati, sottoscrivendo gli stessi e il verbale di udienza. I procuratori chiedevano che la causa venisse riservata per la sentenza. Questo giudice riservava la causa per la sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
In primis va affrontata e decisa l' eccezione sollevata dalla banca di decadenza dalla data di invio degli estratti conto.
Si osserva che, la giurisprudenza ritiene che l' approvazione, ancorché ripetuta, di estratti conto ex art. 1832 c.c. (applicabile al conto corrente bancario in forza del richiamo operato dall'art. 1857 c.c.) rende incontestabili le annotazioni in conto, derivanti dalla mancata impugnazione, nella loro realtà effettuale, e non comporta la decadenza da eventuali eccezioni relative alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui dette annotazioni derivano (cfr Cass.10.04.80 n. 2095; Cass. 19.08.83 n. 5409; Cass. 19.01.84 a 452; Cass. 14.02.84 n. 1112; Cass.07.09.84 n. 4788; Cass 24.07.86 n. 4735; Cass. 13.01.88 a 178; Cass. 24.05.91 n. 5876; Cass. 15.06.9511. 6736; Cass 11.03.96 a 1978; Cass. 10.10.96 n. 8851; Cass 11.09.97 n. 8989; Cass. 16.01.97 n. 404; Cass 11.05.98 a 4735; Cass 14.05.98 n. 4846; Cass. 10.09.02 a 13143; Cass 23.09.02 a 13823; Cass. 8.08.03 a 11961). Ciò posto l'attore, nella specie, non può ritenersi decaduto dal diritto di contestare le risultanze degli estratti conto.Nel merito la domanda attorea è risultata fondata e merita accoglimento per quanto di ragione. Priva di pregio è l'invocazione ad opera della banca convenuta dell'art. 7 del contratto di apertura del c/c atteso che: a) manca il contratto di apertura di credito in conto corrente; b) manca anche il contratto di c/c ove la clausola è riportata e tuttavia sarebbe valida per i soli c/c creditori ( di servizio) e non anche per i contratti di apertura di credito. Ed ancora non di meno, il richiamo operato nella Scheda Firme in blocco de relatio delle " norme che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi", non determina la validità-efficacia, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 secondo comma, c.c., di quelle onerose e vessatorie, quale quella circostanza sub 7). Ciò posto va declarata l'inesistenza del contratto di apertura di credito e di qualsivoglia convenzione scritta di tasso ultralegale. Non è condivisibile inoltre la tesi sostenuta dalla banca, secondo la quale l'approvazione ripetuta di estratti conto può valere a far ritenere che gli interessi dell'indicata misura spettavano perché riconosciuti dalla debitrice non avendo la stessa sollevato obiezioni a riguardo. L'art. 1224 c.c., difatti, dispone che gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti sono dovuti nella misura legale. La previsione evidenzia che lo scritto è richiesto " ad substantiam" e cioè è costitutivo della relativa obbligazione. Resta pertanto privo di rilevanza giuridica l'eventuale riconoscimento che il debitore faccia "cx post" nella misura ultralegale degli interessi. In particolare, quindi, l'approvazione, espressa o tacita, di estratti conto nei quali siano calcolati interessi in misura ultralegale non può supplire alla mancanza dell'atto scritto perché non è espressione diretta dell'accordo sulla misura degli interessi e non documenta la stipulazione dello stesso ( Cass. 6.11.1993 a 11020; Cass. 16.03.1987 n. 2690; Cass.6.02.11975 n. 439). In ordine alla illegittima capitalizzazione dell'interesse trimestrale, che è risultata essere stata concretamente applicata nel rapporto per cui è causa, si rileva come sia ius receptum la nullità " delle clausole di un contratto bancario, che prevedano la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basate su un uso negoziale e non su un uso normativo, come esige l'art. 1283 c.c."A tal fine non può non citarsi la nota sentenza del 04.11.04 n. 21095 della Suprema Corte di legittimità a Sezioni Unite, che oltre a dettare la definitiva cancellazione dell'uso della capitalizzazione trimestrale ( ante regolamentazione delibera Cicr del 9.02.2000) ha chiarito la retta strada da seguire nell'interpretazione dei contratti bancari.L'evoluzione del quadro normativo impressa dalla giurisprudenza e dalla legislazione degli anni 90, in direzione della valorizzazione della buona fede come clausola di protezione del contraente più debole, della tutela specifica del consumatore, della garanzia della trasparenza bancaria, della disciplina dell'usura ha innegabilmente avuto il suo peso nel determinare la ribellione del cliente ( che ha dato, a sua volta occasione, al revirement giurisprudenziale) relativamente a prassi negoziali come quella di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti alle banche, risolventesi in una non più tollerabile sperequazione di trattamento imposta dal contraente forte in danno della controparte più debole. Ma ciò non vuole dire ( e il dirlo sconterebbe un evidente salto logico) che, in precedenza, prassi siffatte fossero percepite come conformi a ius e che, sulla base di una tale convinzione ( opinio iuris), venissero accettate dai clienti. Più semplicemente, di fatto, le pattuizioni anatocistiche, come clausole non negoziate e non negoziabili, perché già predisposte dagli istituti di credito, in conformità a direttive delle associazioni di categoria, venivano sottoscritte dalla parte che aveva necessità di usufruire del credito bancario e non aveva, quindi, altra alternativa per accedere ad un sistema connotato dalla regola del prendere o lasciare. Dal che la riconducibilità ab initio, della prassi di inserimento, nei contratti bancari, delle clausole in questione, ad un uso negoziale e non già normativo (per tal profilo in contrasto dunque con il precetto dell'art. 1283 c.c.) come correttamente ritenuto dalle sentenze del 1999 e successive". Ciò posto per effetto di detta nullità non sanata retroattivamente nasce in capo al cliente il diritto alla restituzione di quanto addebitato dalla banca a titolo di interessi anatocistici sulle somme risultanti a suo debito sul c/c. Quanto alla commissione di massimo scoperto e alle valute, va rilevato quanto segue. La commissione di massimo scoperto, che trova causale giustificazione nella specialità del rapporto di finanziamento, è dovuta soltanto se espressamente convenuta e nella misura pattuita " ( cfr Corte di Appello di Lecce 06.02.2001, nello stesso senso V. tribunale di Lecce 25.09.97; Tribunale di Lecce 11.03.2005). Nel caso in esame, non va tenuto conto della c.m.s. trimestrale poiché non espressamente pattuita tra le parti. Invero, il dott. Maurizio Mazzeo nell'elaborato peritale del 18.01.2007 a pag 4 dichiara quanto segue: " il sottoscritto fa presente che risulta nei fascicoli di parte analizzati, un documento recante le norme che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi, quindi, non risulta alcuna pattuizione specifica in merito alle voci commissioni di massimo scoperto, spese fisse e spese tenuta, e pertanto nel conteggio del debito complessivo non sono state inserite; oltre ciò, non è presente alcuna convenzione specifica in merito alla valuta e quindi è stata considerata la data di effettivo prelevamento/ versamento per il calcolo del debito complessivo". Per ciò che concerne il criterio della capitalizzazione annuale, di cui all'elaborato peritale del consulente d'ufficio dott. Maurizio Mazzeo va detto che si sono registrate oscillazione nella giurisprudenza di merito per quanto concerne la possibilità di prevedere la capitalizzazione su base annuale degli interessi passivi dovuti dal correntista, cioè di prevedere termini maggiori quanto al prodursi degli effetti dei meccanismi moltiplicativi delle competenze. L'orientamento favorevole alla capitalizzazione annuale seguito da vari tribunali ( cfr Tribunale di Roma n. 2120 del 22.01.04; Tribunale di Temi a 251 del 18.03.03; Tribunale di Reggio Calabria 28.06.02; Tribunale di Milano n. 8896 del 04.07.02; Tribunale di Torino 16.12.02; si fonda sul presupposto che, una volta esclusa la capitalizzazione trimestrale, è possibile ammettere la capitalizzazione su base annua in forza di una sorta di parità di trattamento tra banca e cliente; in altri termini le suddette sentenze si fondano al fine di evitare discriminazioni lesive del principio di uguaglianza su un anatocismo equitativo ponendo sullo stesso piano, quanto a termini ed effetti, il meccanismo di produzione degli interessi (sugli interessi) attivi, cioè quelli a favore dl cliente, e passivi, cioè quelli a favore della banca. Altro elemento a sostegno di tale orientamento viene rinvenuto, a livello normativo, nella previsione contenuta nell'art. 1284 c.c. in ordine alla produzione degli interessi legali. Pertanto l'odierno giudicante ritiene di aderire all'orientamento che considera applicabile nella specie la capitalizzazione annuale seguendo il metodo del ricalcalo operato dal C.T.U. dott. Mazzeo dalla data del 30.11.1983 al 19.01.2000 (V. elaborato del 18.01.2007 pag. 5). Ciò posto si impone la condanna della banca convenuta alla restituzione nei confronti dell'attore dell'individuato importo di euro 246.051,61 detenuto senza titolo, oltre interessi legali dal 19.01.2000 fino al soddisfo. Per ciò che concerne la pretesa domanda di risarcimento dei danni subiti dall'attore per la illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia del rischio e falsamente quantificato, manca alcun riferimento e apporto probatorio in atti. Ne deriva che la indicata domanda di risarcimento danni va rigettata in ossequio al principio richiamato dall'art. 2697 c.c. che chiaramente statuisce: " Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. " Sulla base delle svolte argomentazioni, rimangono assorbite le ulteriori questioni di fatto e di diritto prospettate dalle parti. La soccombenza postula che le spese e competenze di lite siano poste a carico della banca convenuta. Vengono poste altresì a carico della parte convenuta le spese delle due C.T.U.

P.Q.M

il G.O.T. della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Lecce, avv. Marcella Scarciglia, in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando , così provvede:
1) - accoglie la domanda attorea per quanto di ragione;
2) - per l'effetto condanna la banca convenuta al pagamento in favore dell'attore della somma di euro 246.051,61 oltre interessi legali dal 19.01.2000 sino all' effettivo soddisfo;
4) - condanna la banca convenuta al pagamento delle spese delle due C.T.U.;
5) - condanna la banca al pagamento in favore dell'Avv. Antonio Tanza, anticipatario delle spese di lite, che si liquidano in complessive euro 20.400,00, di cui euro 400,00 per spese, euro 7.000,00 per diritti, euro 13.000,00 per onorari, oltre 12,5% rimborso forfetario spese generali, più I.V.A. e C.A.P. come per legge.
Così deciso in Lecce il 7.05.2009.

IL GIUDICE ONORARIO
Avv. Marcella Scarciglia


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