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Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2008
TRIBUNALE DI LECCE
Sezione distaccata di Casarano
R.g. n. 386/2005 – cont. ord. –
XXX Luigi e XXX Dolores (Avv. Antonio Tanza)
BancApulia S.p.a. ( Avv. Antonio Guglielmo)
Il giudice,
• letti gli atti del proc. n. 386/2005 R.g. – cont. ord. – instaurato da Protopapa Luigi e Dolores Capone nei confronti della BancApulia S.p.a., per la condanna di quest'ultima, alla restituzione di quanto indebitamente versato dall'attore; importo da determinarsi a mezzo di ctu tecnico – contabile, previa declaratoria di nullità parziale del contratto di conto corrente con affidamento mediante scopertura intercorso tra le parti;
• osservato che parte attrice riferiva che il rapporto di c/c n. 08/7045 era sorto nel febbraio 1987 con l'allora Banca Agricola Salentino (oggi BancApulia S.p.a.), provvedendo al deposito di un formulario contrattuale;
• rilevato che con comparsa di costituzione la BancApulia S.p.a. non contestava l'esistenza del predetto rapporto, limitandosi ad evidenziare come il rapporto contrattuale intercorso tra le parti, regolarmente sottoscritto, è stato regolato secondo le usuali norme regolamentari vigenti in materia di credito utilizzabile in conto corrente, conti correnti di corrispondenza e servizi connessi, senza però fornire alcuna prova documentale sulla effettiva sottoscrizione di un modulo contrattuale;
• atteso che, all'udienza dell' 11 ottobre 2006, venivano concessi alle parti i termini di cui all'art. 184 c.p.c. per la produzione di documenti e l'indicazione dei nuovi mezzi di prova, nonché altro termine per l'eventuale indicazione di prova contraria;
• preso atto che il patrono di parte attrice depositava, in data 13 febbraio 2007, memorie ex art. 184 c.p.c. nonché copia degli estratti conto relativi all'impugnato rapporto con decorrenza 31 marzo 1987 sino al 31 dicembre 1996; il patrono di parte convenuta depositava, in data 15 febbraio 2007, memorie ex art. 184 c.p.c. senza allegare alcun documento relativo all'impugnato rapporto;
• evidenziato che, disposta ctu contabile, all'udienza del 12 giugno 2007, veniva autorizzato il consulente ad estrarre dalla Banca tutta la documentazione necessaria per rispondere ai quesiti;
• ritenuto che, con nota raccomandata datata 21 giugno 2007, la dott.ssa Francesca Corciulo, ausiliaria dell'Ufficio, richiedeva alla Banca copia di parte della documentazione bancaria;
• rilevato che con nota datata 13 luglio 2007 il patrono di parte convenuta riferiva l'impossibilità della banca, obbligata ai sensi dell'art. 2220 c.c. alla tenuta delle scritture contabili dell'ultimo decennio, a fornire la documentazione contabile;
• osservato che, all'udienza del 16 gennaio 2008, il patrono di parte convenuta depositava copia del contratto di c/c datato 6 febbraio 1987 e sottoscritto dal Protopapa con l'ex Banca Agricola Salentino, chiedeva, quindi, di essere rimesso in termini per la predetta produzione ai sensi dell'art. 184 bis c.p.c.;
• rilevato che la difesa di parte attrice si opponeva alla predetta produzione in quanto tardiva, chiedendo la pronuncia di ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., per il minor importo di cui alla ctu e pari a Euro 21.569,41 alla data del 31 dicembre 1996, ovvero per altro maggiore importo;
• esaminati gli scritti difensivi e le deduzioni delle parti, nonché la documentazione depositata in atti ed in scioglimento della riserva assunta dal Tribunale all'esito dell'udienza del 16 gennaio 2008;
osserva
Preliminarmente ritiene il Tribunale che fa richiesta di rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c. così come avanzata dal patrono di parte convenuta risulti inaccoglibile.
L'art. 184 bis c.p.c., introdotto dalla riforma del 1990, consente alla parte che assuma di essere incorsa nelle decadenze previste negli artt. 183 e 184 "per causa ad essa non imputabile" di chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini.
Il citato art. 184 bis c.p.c. contempla, quindi, la possibilità della rimessione in termini, quale rimedio di carattere eccezionale rispetto alla immutabilità dei termini perentori, a condizione che la parte che vi faccia richiesta dimostri che la decadenza non si sia verificata per una negligenza ad essa imputabile, ovvero al proprio difensore (cfr. Cassazione Civile, sezione I, 19 marzo 2004, n. 5539); sul punto, secondo la giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Roma, sent. 10.12.2000), l'esistenza di una causa non imputabile alla parte deve essere addirittura esclusa nel caso di consegna da parte di un ente pubblico, terzo nel giudizio, depositario di un documento rilevante per il giudizio, ipotesi minore rispetto a quella di specie in caratterizzato dalla circostanza che il documento risultava detenuto dalla stessa parte che intende avvalersene.
Peraltro, il patrono di parte convenuta non ha fornito alcuna prova circa l'assenza di un proprio profilo di incolpevolezza in relazione alla mancata osservanza del termine concesso per la produzione della scrittura stessa, né tantomeno di essersi tempestivamente attivato (a fronte di un giudizio sorto con citazione notificata il 14.06.2005 con termine finale per la produzione di documenti fissato al 15.02.2007) per il reperimento del documento per la cui produzione chiede ora di essere rimesso in termini.
Anzi, il patrono di BancApulia ha piuttosto, ed in più occasioni, ribadito la non volontà di produrre alcuna documentazione relativa al rapporto di conto corrente per cui è causa (cfr. verbale di causa del 12 giugno 2007; verbale di inizio delle operazioni peritali datato 3 luglio 2007; nota raccomandata inviata dal procuratore della BancApulia S.p.a. alla dott.ssa Corciulo del 13 luglio 2007).
Per quanto innanzi esposto, pertanto, deve rigettarsi la richiesta di rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c. così come formulata dal patrono di parte convenuta con la conseguente inutilizzabilità del documento prodotto da parte convenuta all'udienza del 16 gennaio 2008 e contraddistinto quale "contratto di conto corrente n. 08/7045" datato 6 febbraio 1987.
Occorre ora procedere all'esame della richiesta avanzata da parte attrice di pronuncia di ordinanza ex art. 186 quater c.p.c.
Ritiene questo Tribunale che ricorrono i presupposti per l'emissione di ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., per 1' importo pari a Euro 26.291,23 alla data del 31 dicembre 1996, così come formulata da parte attrice.
La predetta somma costituisce, infatti, secondo il calcolo effettuato dal CTU contabile, il saldo alla data del 31 dicembre 1996 del c/c bancario oggetto di causa epurato dalla somma applicata a titolo di interessi ultralegali, di interessi anatocistici debitori, di c.m.s., spese e c.d. giorni valuta.
Rileva, infatti, questo Tribunale come la domanda di nullità della clausola di cui all'art. 7, commi 1, 2 e 3 del formulario in atti utilizzato dalla Banca convenuta per la regolamentazione del rapporto per cui è causa sia fondata, in quanto in contrasto con gli artt. 1283 e 1284, 3° comma, c.c.
Le eccezioni della difesa della banca risultano difatti del tutto infondate alla stregua dei principi elaboratori dalla Corte di Legittimità (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 21095/2004; ibidem n. 870/2006; n. 10127/2005; n. 19882/2005), che ha escluso che la capitalizzazione trimestrale degli interessi possa essere ricondotta all'esistenza di un uso normativo nell'ambito bancario, e che ha altresì sancito la nullità del patto di determinazione d'interessi in misura superiore a quella legale mediante il mero rinvio alle condizioni cd "di piazza" (Cass. Civ., Sez. I, 10.10.2007 n. 21141; ibidem, Sez. I, 25.02.2005 n. 4095), nonché l'inapplicabilità di ogni ulteriore addebito non convenuto, c.m.s, c.d. giorni valuta e spese (Cassazione civile, sez. III, 6 agosto 2002, n. 11772: la S.C. ha ritenuto la rilevabilità d'ufficio ai sensi dell'art. 1421 c.c. della nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale della commissione di massimo scoperto; in materia di c.d. giorni valuta la Suprema Corte, sez. I civile, già con sentenza del 26 luglio 1989, n. 3507 statuiva: la banca non è libera di effettuare la registrazione degli accrediti senza limiti di tempo, ma deve a ciò provvedere con la massima rapidità consentita con gli strumenti tecnici disponibili).
La banca peraltro ha eccepito la prescrizione del credito di parte attrice.
L'eccezione appare infondata.
Incontestato che le azioni restitutorie risultano soggette al termine ordinario di prescrizione, occorre chiarire da quale momento decorre la prescrizione stessa.
Ed invero, il conto corrente bancario è un contratto unitario che dà luogo ad un rapporto unico, pur concretizzandosi in una serie distinta di operazioni e di singoli atti esecutivi, con la conseguenza che le partite attive e passive diventano definitive solo al momento della chiusura del conto, quando sorge e diventa attuale l'interesse ad agire e a partire del quale perciò inizia e decorrere il termine per l'esercizio dell'azione, ciò premesso, deve concludersi che il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione va individuato al momento della definitiva chiusura del conto corrente.
Peraltro, la prospettata soluzione ha trovato avallo anche nella recente giurisprudenza di legittimità e di merito, secondo cui fino a quando il rapporto non viene chiuso, non esiste un credito esigibile da parte della banca (cfr. Cass., Sez. III 14.4.2005 n. 10127; Cass. 09/04/1984, n. 2262) e, quindi, non può ritenersi che decorra da ogni singolo addebito o accredito per il cliente un termine di prescrizione alla facoltà di contestare il saldo di chiusura del rapporto, nel caso di specie intervenuta in data 31 dicembre 1996 :cfr. vedi anche Trib. Pescara, sent. 1 7.02.2008).
In conclusione, il saldo al 31.12.1996 del conto corrente di cui al presente giudizio deve essere rettificato previa l'eliminazione delle annotazioni effettuate a titolo di interessi debitori anatocistici, c.m.s, c.d. giorni valuta e spese, e applicando i soli interessi al tasso legale dalla sua costituzione sino alla chiusura, e che lo stesso vada quindi quantificato, secondo i calcoli del CTU, in complessivi Euro 26.291,23.
Le stesse conclusioni del CTU non sono poi state criticate motivatamente dalla difesa di parte convenuta, la quale si è limitata a contestare l'applicazione del tasso legale in via sostituiva di quello in concreto applicato dalla banca, attesa la produzione del modulo contrattuale con l'indicazione del tasso, documento che allo stato, per quanto innanzi detto, risulta irricevibile.
L'accertamento svolto è pertanto sufficiente ed idoneo a supportare l'ammissibilità dell'istanza avanzata da parte attrice, potendosi allo stato considerarsi chiusa l'istruttoria.
Peraltro, la domanda ex art. 186 quater c.p.c. deve essere validamente limitata alla sola pretesa restitutoria delle somme indebitamente applicate sul rapporto di c/c a titolo di interessi anatocistici, dove la declaratoria di nullità del modulo contrattuale costituisce semplice passaggio logico necessario per il diritto di credito dedotto in giudizio da parte attrice.
Quanto, infine, alle spese processuali complessivamente maturate fino alla data odierna questo Tribunale rileva quanto segue.
La soccombenza dell'istituto di credito dovrebbe comportare, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., la condanna di questo al rimborso delle spese a favore dell'altra parte.
L'art. 92, al secondo comma, c.p.c. chiarisce però che ove concorrano giusti motivi il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.
Non può sfuggire a questo Tribunale come l'applicazione della capitalizzazione degli interessi sia stata ritenuta legittima dalla Suprema Corte sino al 1999, quando, modificando il proprio univoco orientamento, la stessa ha dichiarato la nullità della clausola contenuta nei moduli bancari.
Il rapporto, per cui è causa, è sorto nel 1987 ed è stato estinto il 31 dicembre 1996, quando ancora veniva ribadita la validità della predetta clausola, avendo l'istituto di credito sempre confidato nella legittimità del proprio comportamento.
Nondimeno, non può tralasciarsi la circostanza che, con nota raccomandata del 12 aprile 2005, quando il predetto indirizzo giurisprudenziale si era consolidato con caratteri di relativa stabilità, il Protopapa aveva inoltrato formale richiesta di restituzione delle somme illegittimamente addebitate dalla banca, richiesta che, dalla documentazione in atti, rimaneva priva di riscontro, con la conseguenza che la parte attrice si vedeva costretta ad avviare il presente giudizio.
Per quanto innanzi chiarito, questo Tribunale ritiene di compensare tra le parti per il 50% le spese del presente giudizio e di liquidare al Sig. Protopapa il restante 50%, secondo la quantificazione di cui al dispositivo.
Le spese della CTU contabile, già liquidate in via provvisoria nel corso del giudizio, vanno poste definitivamente a carico della banca convenuta.
p.t.m.
dichiara irricevibile il documento prodotto da parte convenuta all'udienza del 16 gennaio 2008.
Letto l'art. 186 quater c.p.c.,
condanna la BancApulia S.p.a. a corrispondere a Protopapa Luigi, a titolo di saldo del rapporto di c/c n. 08/7045 alla data del 31 dicembre 1996, oltre interessi legali da tale data e sino al soddisfo, l'importo di Euro 26.291,23.
Compensa tra le parti per metà le spese del presente giudizio, condannando la banca convenuta a rifondere al Protopapa la restante metà delle predette spese, liquidate in Euro 178,31 per spese vive, Euro 1.200,00 per diritti ed Euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori come per legge.
Pone in via definitiva a carico della banca convenuta le spese della ctu, già liquidate con decreto emesso da questo Ufficio il 12 — 13 novembre 2007.
Rinvia la causa all'udienza del 25.02.2009 per la precisazione delle conclusioni.
La presente ordinanza costituisce titolo esecutivo.
Si comunichi.
Casarano, 7 maggio 2008
Il giudice
(Dott. Paolo Moroni)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI LECCE
Il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica ed in persona del Giudice dott. Maurizio Petrelli, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
resa ex art.281 sexies c.p.c. nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi sotto il numero 1255/1999, vertente
TRA
G. E. e G. M., rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Tanza;
ATTORI IN OPPOSIZIONE
CONTRO
Banca Arditi Galati S.p.A, in persona dei l. .r., rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Stasi;
CONVENUTA OPPOSTA
Motivazione
Con atto di citazione notificato in data 28.4.1999, G. E. e G. M. hanno proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 70/99, emesso dal Presidente del Tribunale di Lecce in data 24.3.1999 su ricorso della Banca Arditi Galati SPA, con il quale è stato loro ingiunto di pagare la somma di £117.029.316, a titolo di saldo definitivo del rapporto di conto corrente bancario intestato al G., e di cui la G. si era fatta garante tramite contratto di fideiussione.
Gli opponenti hanno contestato la sussistenza del credito azionato dalla Banca, sostenendo che lo stesso deriverebbe da una illegittima applicazione, da parte di quest’ultima, di interessi, spese e commissioni.
In particolare, il G. e la G. hanno rilevato, fra l’altro, la nullità della c.d. clausola “interessi uso piazza”, l’illegittima applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi, nonchè l’inammissibilità della provvigione di massimo scoperto e dei criteri applicati per la determinazione della valuta. Conseguentemente, gli stessi hanno richiesto la revoca del decreto ingiuntivo opposto e, previa determinazione dell’esatto dare-avere tra le parti, la condanna della banca opposta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse.
Gli opponenti hanno, altresì, richiesto la condanna della banca al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia relativamente al presunto saldo passivo del conto corrente.
La Banca Arditi Galati SPA, costituitasi tempestivamente in giudizio, ha contestato, in fatto ed in diritto, l’assunto di controparte, evidenziando, in particolare, la mancata immediata contestazione dell’estratto conto a norma dell’art.1832 c.c. e sostenendo, peraltro, la corretta applicazione, nel corso del rapporto, di interessi convenzionali rientranti nei limiti fissati dalla legge.
Il processo è stato, quindi, istruito mediante l’acquisizione di documentazione e l’espletamento di una CTU contabile. L’opposizione proposta è parzialmente fondata e deve essere accolta per quanto di ragione.
La questione principale del presente giudizio riguarda indubbiamente la validità e legittimità dell’operato della Banca Arditi Galati SPA in ordine all’applicazione degli interessi sul conto corrente del G..
Infatti, a fronte dell’assunto di quest’ultimo in ordine all’applicazione di tassi di interesse superiori a quelli consentiti dalla legge ed in contrasto con le previsioni dell'art.1283 c.c., la controparte replica che sono stati applicati gli interessi ritualmente convenuti e che questi erano del tutto legittimi.
Si premette, intanto, che va disattesa, con riferimento agli interessi applicati, l’eccezione preliminare, sollevata dalla Banca opposta, in ordine alla mancata immediata contestazione dell’estratto conto ex art.l 832 c.c..
E’ invero pacifico, in giurisprudenza, la possibilità di contestare, fuori dai limiti stabiliti da tale disposizione, la validità e l’efficacia dei rapporti obbligatori da cui crediti ed addebiti derivino, in quanto nel contratto di conto corrente, l’incontestabilità delle risultanze del conto conseguente all’approvazione tacita dell’estratto conto, a norma dell’art. 1832 cod. civ., si riferisce agli accrediti ed agli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, ma non impedisce la contestazione della validità e dell’efficacia dei rapporti obbligatori da cui essi derivino, nè l’approvazione o la mancata impugnazione del conto comportano che il debito fondato su di un negozio nullo, annullabile, inefficace (o, comunque, su situazione illecita) resti definitivamente incontestabile.
Orbene, nella fattispecie si discute proprio della legittimità del saggio di interessi praticato dalla Banca opposta, anche con riferimento all’art.1283 c.c. in tema di anatocismo.
Per quanto riguarda tale norma, la Suprema Corte ha definitivamente chiarito che gli usi che consentono l’anatocismo sono gli usi normativi, ex artt. 1 ed 8 delle disposizioni preliminari del c.c., e non quelli negoziali, ex art.1340 c.c..
Pertanto, una mera clausola di contratto bancario non può derogare a quanto disposto dall’art.1283 c.c., che prevede ed esige, per una valida deroga, un uso normativo (tra le tante, Cass. n.12507/1999; Cass. n.6263/2001).
In particolare, la Corte di Cassazione (sent. n.4490 del 28.3.2002) ha statuito che in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 2000 con cui è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, per violazione dell’art. 76 Cost., la norma (contenuta nell’art. 25, terzo comma, del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342) di salvezza della validità e degli effetti (fino all’entrata in vigore della delibera CICR di cui al secondo comma del medesimo art. 25) delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, dette clausole restano disciplinate, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore, alla stregua della quale esse - basate su un uso negoziale, anziché su una nonna consuetudinaria - sono da considerare nulle, perché stipulate in violazione dell’art. 1283 cod. civ..
Ne consegue che, mancando nel caso di specie, al fine della sussistenza di un uso normativo bancario difforme, come chiarito dalla Suprema Corte, l'elemento soggettivo della “opinio iuris ac necessitatis”, gli interessi del rapporto bancario oggetto del presente giudizio devono essere applicati senza capitalizzazione trimestrale, secondo i relativi conteggi effettuati dal CTU.
Quanto, poi, al tasso dei predetti interessi, dalle convenzioni prodotte dalla Banca opposta, stipulate rispettivamente in data 21.3.1986 ed 11.7.1995, risulta la sua regolare e precisa determinazione, per il periodo successivo al 21.3.1986, per iscritto, in applicazione di quanto disposto dal terzo comma dell’art. 1284 c.c..
Per il periodo, invece, che va dal 28.12.1979 (data di inizio del rapporto) al 21.3.1986 non può essere applicato, come sostenuto dalla Banca, il tasso c.d. “uso piazza”, e cioè il tasso alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza, stante la nullità della relativa pattuizione, per carenza del requisito della determinabilità, di cui all'art.1346 c.c. (Cass. n.14684/2003).
Invero, come statuito di recente dalla Suprema Corte, in tema di contratti bancari, nel regime anteriore alla entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria 17 febbraio 1992, n. 154, poi trasfusa nel testo unico 1 settembre 1993, n. 385, la clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di univoca determinabilità dell’ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale quando, faccia riferimento, come nel caso di specie, a parametri locali, mutevoli e non riscontrabili con criteri di certezza (Cass. n. 4094/2005).
Sicchè al rapporto di conto corrente di cui si tratta vanno applicati gli interessi legali sino alla convenzione del 21.3.1986 e, per il periodo successivo, gli interessi nella misura indicata nelle citate convenzioni.
Per quanto riguarda, poi, la commissione di massimo scoperto e le spese, va rilevato che tali voci risultano espressamente determinate dalle parti nel contratto dell’11.7.1995 e, pertanto, la loro entità va rapportata, per il periodo successivo alla predetta data, ai parametri convenuti.
(In ordine, invece, al periodo 21.3.1986/30.9.1989, in cui entrambe le voci, come verificato dal CTU (pagg. 9 e 10 della relazione), sono state applicate pur non essendone stata concordata la misurai devono ritenersi correttamente addebitati al correntista i relativi importi, stante la mancata tempestiva contestazione degli estratti conto, ai sensi dell’art. 1832 c.c., e l’insussistenza di profili di illegittimità nella loro applicazione, trattandosi di una normale remunerazione di servizi resi al correntista dalla Banca.)
Quanto, poi, alla decorrenza della valuta (cioè alla data a partire dalla quale vengono imputati gli interessi a debito ed a credito sul conto del cliente), in mancanza di un’espressa pattuizione, ai sensi del 3°cornma dell’art. 1284 c.c. (incidendo indubbiamente tale decorrenza sull’entità degli interessi di fatto applicati e dunque, in definitiva, sul tasso concretamente applicato), deve farsi esclusivo riferimento al giorno in cui è stata effettuata ciascuna operazione.
Correttamente, pertanto, il CTU nella sua indagine (pag. 5 della relazione) ha tenuto conto della “valuta reale”, e cioè del “giorno in cui giuridicamente la banca viene a disporre o a cedere la disponibilità dei capitali che hanno determinato la movimentazione del conto corrente” (solo per alcune operazioni, in mancanza dei relativi dati, si è fatto riferimento alla valuta indicata dalla banca).
Ebbene, la CTU contabile disposta, eseguita in modo rigoroso ed esaustivo, applicando il tasso degli interessi nella misura su indicata ed il metodo della capitalizzazione annuale ha accertato (pagg. 7 ed 8 della relazione peritale ed allegato n. 11) un credito di G. E., intestatario del conto corrente, nei confronti della Banca opposta.
Nello specifico, a fronte del credito di £ 117.029.316 azionato col decreto ingiuntivo opposto e risultante dall’estratto conto della Banca alla data del 31.1.1999, il ricalcolo effettuato dal CTU ha verificato, per lo stesso periodo, un debito dell’Istituto di credito pari ad euro 307.632,32.
Conseguentemente il decreto ingiuntivo opposto va revocato e la Banca Arditi Galati SPA va condannata al pagamento, in favore di G. E., della complessiva somma di euro 307.632,32, oltre agli interessi legali maturati sino all'effettivo soddisfo.
(. . . )
Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, nonché le spese di CTU vanno poste a carico della Banca opposta, in applicazione del principio della soccombenza, considerato l’esito complessivo del giudizio.
P.Q.M.
1) Revoca il decreto ingiuntivo opposto;
2) Condanna la Banca Arditi Gelati SPA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento, in favore di G. E., della complessiva somma di euro 307.632,32, oltre agli interessi legali maturati sino all’effettivo soddisfo;
3) Rigetta la domanda di risarcimento dei danni proposta dagli opponenti;
4) Condanna la Banca Arditi Galati SPA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese di CTU nonchè delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 18.000,00, di cui euro 2.500,00 per diritti, euro 15.000,00 per onorario ed euro 500,00 per spese, oltre al 12,5% ex art.14 T.P., I.V.A. e C.A.P., con distrazione in favore dell’Avv. Antonio Tanza.
Lecce, 19.5.2008
Il Giudice
Dott. Maurizio Petrelli
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