Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Tribunale di AOSTA - Lecce

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2012

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI AOSTA

in persona del giudice unico Dr. Giuseppe COLAZINGARI, ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 96 del 2 marzo 2012
nella causa civile iscritta al n. 2258.08 del ruolo generale Affari Contenziosi Civili promossa da:


XXXXXX, domiciliata in Aosta, C.so Battaglione Aosta n.13, presso lo studio dell'Avv. Filippo Vaccino che la rappresenta e difende per procura a margine dell'atto di citazione unitamente e disgiuntamente all'avv. Antonio Tanza del Foro di Lecce;

attore

CONTRO

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A., corrente in Siena, Piazza Salimbeni n. 3, domiciliata in Aosta, presso lo studio dell'Avv. XXX, che la rappresenta e difende per procura in calce all'atto di citazione notificato

Convenuta




Motivi della Decisione

Deve essere innanzitutto disattesa l'eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dalla Banca convenuta atteso che, a prescindere da ogni ulteriore considerazione, la missiva prodotta da parte convenuta quale doc. 1 contiene esclusivo riferimento ai crediti vantati da XXXXXX, mentre solo la procura speciale rilasciata in favore di XXXX, fa espressa menzione dei crediti vantati dalla predetta XXXXX quale titolare della ditta XXXX Italiana di XXX, e cioè della ditta che ha intrattenuto il rapporto bancario per cui è causa.
È poi pacifico che il rapporto bancario di affidamento dedotto in causa sia stato estinto il 31 dicembre 1991.
Ora, le eccezioni di prescrizione formulate dalla Banca convenuta non sono accoglibili.
Come infatti affermato dalla Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 22418 del 2 dicembre 2010 l'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, é soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell'anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del "solvens" con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell' "accipiens".
Sarebbe stato quindi preciso onere della convenuta quello di allegare ed indicare i pagamenti che eventualmente detta finalità ripristinatoria non abbiano avuto, onere che per contro non può ritenersi essere stato assolto.
Ciò posto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Banca, le missive in data 27 novembre 2000 e 23 agosto 2003 offerte in comunicazione quale documento 3 ed indirizzate alla filiale del Monte dei Peschi di Siena presso la quale era stato acceso il rapporto risultano idonee ad interrompere il corso della prescrizione, essendo enunciata in modo inequivocabile la volontà di ottenere la restituzione delle somme percepite a titolo di capitalizzazione trimestrale dell'interesse.
Si rileva poi nel merito che, sulla base della scarna documentazione prodotta dalle parti, le uniche doglianze suscettibili di essere prese in considerazione sono quelle relative alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi (capitalizzazione della cui illiceità non può ulteriormente dubitarsi, alla luce della consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio - si veda, tra le più recenti, la sentenza n. 23974 del 25 novembre 2010 secondo cui "è rilevabile d'ufficio, anche in sede di gravame, la nullità, ai sensi dell'art. 1283 cod. civ., della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo di conto corrente bancario, quando il giudice debba utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, come nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo che la banca abbia ottenuto").
Il CTU ha infatti correttamente rilevato come manchi ogni indicazione relativa al tasso di interesse applicato ed alla commissione di massimo scoperto, ciò che rende anche impossibile la verifica dell'eventuale superamento del tasso soglia.
Fatta tale premessa, il consulente ha quindi accertato - con metodo che si ritiene condivisibile ed immune da vizi logici - che il ricalcolo delle competenze addebitate dalla Banca senza capitalizzazione comporta una differenza di € 31.731,00 in favore del correntista.
In proposito si deve ancora rilevare che, come affermato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza sopra citata, dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 cod. civ. (il quale osterebbe anche ad un'eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione.
Trattandosi di obbligazione di valuta riveniente da ripetizione di indebito, gli interessi legali su tale somma sono dovuti ex art. 2033 c.c. a decorrere dalla domanda, ossia dalla notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio, poiché (al di là della presunzione relativa di "buona fede soggettiva" che vige in materia) la banca ha ricevuto le somme non dovute in buona fede, nonostante l'accertata nullità delle predette clausole negoziali, se si considera che nel periodo storico in cui si è sviluppato il rapporto bancario tali clausole venivano ritenute valide.
In ossequio al principio della soccombenza viene posto a carico della convenuta il pagamento delle prestazioni professionali elencate nella nota spese presentata dal difensore a sensi dell'art.75 disp. Att. cpc (norma che non è stata sul punto interessata dall'abrogazione se non nella parte rinviante alla tariffa) liquidate in somma indistinta e globale basata sugli standards liquidatori in precedenza applicati per liti di valore similare, utilizzando orientativamente le voci della previgente tariffa (DM 8.4.2004) come parametro valutativo di congruità del compenso, con distrazione in favore del procuratore per dichiarato anticipo; le spese di CTU vengono poste a carico della convenuta.

P.Q.M.

Definitivamente decidendo,
condanna la Banca Monte dei Peschi di Siena Spa al pagamento in favore di parte attrice della somma di € 31,731,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo effettivo nonché al pagamento delle prestazioni professionali elencate nella nota spese depositata dal difensore di parte attrice liquidate in € 7,500,00 ed in € 356,63 per spese esenti oltre rimborso forfettario, Cpa ed Iva, se non detraibile dalla parte vittoriosa con distrazione in favore del procuratore per dichiarato anticipo;
pone definitivamente a carico della convenuta le spese di consulenza tecnica d'ufficio.
Deliberata in Camera di Consiglio il 2 marzo 2012

IL GIUDICE
Dr. Giuseppe Colazingari


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale civile di Lecce - Seconda Sezione civile - nella persona del giudice, dott. Paolo Moroni, nel procedimento civile iscritto al n. 3648 del ruolo generale dell'anno 1995, avente ad oggetto: pagamento somme e ripetizione di indebito,

promosso da

C. L., rapp.to e difeso dall'Avv. Antonio Tanza, giusta procura a margine dell'originale della memoria depositata all'udienza del 22.4.1999;

- attore -

nonché da

D. L. T., rapp.ta e difesa dall'avv. Antonio Tanza, giusta procura a margine dell'originale della comparsa di costituzione depositata nel giudizio n. 1018/96 R.g., riunito al presente;

- attrice -

contro

Banca del Salento spa (quale società incorporante la Banca Leuzzi Megha spa), rapp.ta e difesa dall'avv. Marcello De Marini, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta;

- convenuta -


preso atto delle conclusioni rassegnate dalle parti all'udienza odierna;
esaminati gli atti ed i verbali di causa;
valutata la documentazione versata in atti;
ha pronunciato la seguente

SENTENZA PARZIALE

Ritiene il Tribunale che la domanda proposta dal C. risulti fondata e vada pertanto accolta sia pure nei termini che seguono, contrariamente a quella di condanna proposta dalla Banca convenuta nei confronti, oltre che del C., anche della D. L., che va rigettata.
Ha agito in un primo giudizio il C., deducendo nell'ordine:
- di avere sottoscritto in data 12.2.1985 il contratto di apertura del conto corrente n. 110101009600 presso l'allora Banca Leuzzi & Mega, agenzia di Collemeto;
- di avere beneficiato in data 7.7.1993 di un affidamento fino a 310 ml. di vecchie lire, di cui 300 ml. su conto e 10 ml. per sconto commerciale;
- di essersi alla stessa data D. L. T. costituita fideiussore in suo favore fino all'importo di 750 ml. di lire;
- di avere ricevuto nota del 4.5.1995 di costituzione in mora per la restituzione dell'importo di 359.839.753 lire, a cui aveva replicato con lettera dell'11.10.1995 con cui si era a sua volta dichiarato creditore della Banca per avere versato somme non dovute in ragione della nullità dei talune clausole di regolamentazione del conto, con riferimento:
a) all'applicazione degli interessi ultralegali in ragione della nullità della clausola di rinvio "alle condizioni praticate usualmente dalle Aziende di credito sulla piazza" [art. 7 contratto del 12.2.1995];
b) alla capitalizzazione con cadenza trimestrale degli interessi a debito pure prevista dall'art. 7 del contratto;
c) alla illegittimità degli addebiti per commissione di massimo scoperto;
d) alla illegittimità degli addebiti per c.d. "giorni valuta".
Ha concluso l'attore, accertata la nullità delle predette clausole e l'illegittimità comunque degli importi versati anche per c.m.s. e "giorni valuta", per la condanna della Banca convenuta alla restituzione del saldo risultante a credito, per complessivi 84.513.155 ml. di lire, previo ricalcolo delle poste di conto.
Si è costituita l'allora Banca Leuzzi Megha spa insistendo per la liceità delle clausole oggetto dell'eccezione di nullità sollevata da parte attrice, non avendo il titolare del conto mai opposto obiezione alcuna agli estratti conto di volta In volta inviati dalla Banca in costanza del rapporto di conto e concludendo per il rigetto delle avversa domanda.
Successivamente, con due successivi atti di citazione notificati nell'ambito dei procedimenti nn. 1018/96 e 2314/96 R.g., poi riuniti al presente, la Banca del Salento spa, incorporante la Banca Leuzzi & Megha spa, ha evocato in giudizio C. L. e D. L. T. per la condanna degli stessi, il primo quale debitore principale, la seconda quale fideiussore, al pagamento dell'importo di £ 386.775.397, a saldo dello stesso conto corrente che aveva avuto origine nel contratto del 12.2.1985, la cui regolamentazione era stata poi integrata con successiva scrittura del 7.7.1993.
Nel costituirsi, il C., oltre a talune eccezioni preliminari poi superate con sentenza parziale di questo Tribunale n. 1740/97, ha riproposto nel merito le stesse deduzioni ed eccezioni formulate nel primo atto di citazione da lui stesso notificato alla Banca Leuzzi & Megha spa, a cui ha aderito con articolata memoria difensiva anche la D. L.-
Istruito il giudizio a mezzo di ctu tecnico-contabile redatta sulla scorta di principi poi superati dall'evoluzione giurisprudenziale successiva, consacrata nella sentenza a
Sezioni Unite della Suprema Corte n. 24418/10, all'udienza odierna la causa è stata introitata per la decisone per una sentenza parziale in attesa che sia dia corso ad una integrazione della ctu resasi necessaria proprio alla stregua del dictum della menzionata decisione della Corte di Cassazione, oltre che di un più esatto conteggio del saldo dare-avere alla stregua della condizioni pattuite dalle parti in contratto e di quelle di legge una volta accertata la nullità di alcune delle predette clausole.

Ciò premesso, va preliminarmente rilevata
l'inammissibilità della eccezione di prescrizione di parte convenuta, sollevata solo a verbale dell'udienza ex art. 184 c.p.c. del 27.3.1997, tardivamente rispetto al termine decadenziale previsto dall'art. 180, 2° co., c.p.c. come novellato dall'art. 4 del D.L. 432/95, convertito nella L. 534/95, con vigenza dal 22.10.1995, a fronte di un atto di citazione notificato a mezzo posta il 26/27.10.1995.
Nel merito, risulta dalla documentazione in atti che in data 12.2.1985 C. L. avesse stipulato un contratto di conto corrente (n. 110101009600) presso la filiale di Collemeto della allora Banca Leuzzi Megha spa, convenendo, per un verso, la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito a fronte di quella annuale degli interessi a credito e, per altro verso, il rinvio "alle condizioni praticate usualmente dalle Aziende di credito sulla piazza" quanto alla determinazione del tasso di interesse da applicare, nulla avendo le pareti pattuito a titolo di commissioni di massimo scoperto e di c.d. "giorni valuta".
Successivamente, in data 7.7.1993, le parti perfezionavano una scrittura integrativa, concordando la percentuale degli interessi dovuti dal correntista
"nella ipotesi di messa in mora", oltre che una "commissione di un mezzo punto per cento... da conteggiarsi dalle singole scadenza fino all'integrale soddisfo delle obbligazioni", nonché "altro importo peri al 15,00%" per interessi dovuti "eventualmente per procedure giudiziarie...".
Concesso con altra scrittura pure del 7.7.2003 un affidamento per 300 ml. di lire su conto e di altre 10 ml. di lire per sconto commerciale, era poi accaduto che con contratto in pari data D. L. T. si era costituita fideiussore del C. fino alla concorrenza di 750 ml. di lire.
Ciò premesso,
va confermata l'ordinanza pronunciata in corso di causa in data 20.3./3.4.2006 in merito all'inammissibilità della richiesta formulata dalla difesa della Banca volta all'acquisizione di ulteriore documentazione utile all'indagine del ctu e prodotta dalla Banca solo nel corso delle operazioni peritali con lettera del 12.2.2004 inoltrata al consulente dell'ufficio, con riferimento specifico ad una distinta di sconto commerciale, contenente approvazione degli interessi convenzionali compensativi, nonché ad una serie di contratti di affidamento risalenti al maggio 1976, al giugno 1981, all'ottobre 1981, al giugno 1982 ed al settembre 1983, contenenti la regolamentazione del rapporto [all. 10 ctu].
Trattasi di documentazione messa a disposizione dell'Ufficio a preclusioni istruttorie oramai maturate e del tutto estranee al titolo invocato nei rispettivi scritti introduttivi del presente giudizio e di quelli a questo riuniti, in cui le parti hanno fatto esclusivo riferimento al contratto del 12.2.1985 ed alle successive integrazioni del 7.7.1993.
Venendo alle eccezioni di parte attrice, quanto alla determinazione del tasso di interesse, deve osservarsi come
"In tema di contratti bancari, la clausola, stipulata anteriormente all'entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria 17 febbraio 1992, n. 154, la quale, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è in ogni caso divenuta inoperante a partire dal 9 luglio 1992 - data di acquisto dell'efficacia delle disposizioni della citata legge qui rilevanti, ai sensi dell'art. 11 della medesima -, atteso che la previsione imperativa posta dall'art. 4 della legge (poi trasfuso nell'art. 117 del testo unico 1 settembre 1993, n. 385), là dove sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, se non incide, in base ai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo, sulla validità delle clausole contrattuali inserite in contratti già conclusi, impedisce tuttavia che esse possano produrre per l'avvenire ulteriori effetti nei rapporti ancora in corso. Ad un tal riguardo, per rapporti in corso devono intendersi i rapporti, anteriormente costituiti, non ancora esauriti, alla data di inizio dell'operatività della norma sopravvenuta, per non avere il debitore,indipendentemente dalla pregressa "chiusura" del conto corrente bancario, adempiuto alla propria obbligazione, atteso che la già riferita innovazione impinge sulle stesse caratteristiche del sinallagma contrattuale, generatore di conseguenze obbligatorie protraentisi nel tempo" [Cass. Sez. I, 18.9.2003 n. 13739].
E tuttavia va comunque tenuto fermo che
"affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell'art. 1284, terzo comma, cod. civ., che è norma imperativa, deve avere forma scritta ed un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse; tale condizione, che nel regime anteriore all'entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 può ritenersi soddisfatta anche 'per relationem", attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché obbiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse, postula, nel caso di rinvio alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza, l'esistenza di discipline vincolanti fissate su scala nazionale con accordi di cartello, restando altrimenti impossibile stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso riferirsi in presenza di diverse tipologie di interessi; ove il tasso convenuto sia variabile, è idoneo ai fini della sua precisa individuazione il riferimento a parametri fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti generici riferimenti, dai quali non emerga con chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione" [ex plurimis: Cass. Sez. III, 19.5.2010 n. 12276].
Non essendo in contratto stato indicato alcun parametro di riferimento nel senso precisato dalla Suprema Corte, risulta così evidente che gli interessi da applicarsi al caso di specie siano quelli legali, con riferimento a quelli previsti dal codice civile.
Con riferimento all'anatocismo, risulta ormai pacifico il principio di diritto secondo il quale "la clausola di un contratto bancario che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente deve reputarsi nulla in quanto basata su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c.) e non su un uso normativo (ex artt. 1 e 8 delle preleggi al c.c.) come esige l'art. 1283 c.c., laddove prevede che l'anatocismo non possa ammettersi (salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione successiva alla scadenza degli interessi) in mancanza di usi contrari".
L'inserimento della clausola nel contratto, in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi predisposte dall'ABI, non esclude la suddetta nullità, poiché a tali norme deve riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali, non quello di usi normativi [Cass. sent. 12507 dell'11.11.99].
Tale orientamento, dopo talune oscillazioni ed un intervento legislativo volto a garantire la perdurante validità di tali previsioni pattizie convenute nel passato (introduzione di un nuovo 3° comma all'art. 120 T.U.B.), novella cassata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 425/2000, ha trovato definitivo suffragio con la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 21095 del 7 ottobre-4 novembre 2004, con la quale è stata definitivamente esclusa la possibilità di formazione di un uso negoziale che possa derogare al divieto di anatocismo.
L'esclusione dell'uso normativo comporta la declaratoria di nullità della clausola, in quanto questa, imponendo una capitalizzazione trimestrale anteriore alla scadenza degli interessi, si pone in contrasto con la norma inderogabile dell'art. 1283 c.c.
Una volta ritenuta la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, reputa questo giudice di dover aderire - condividendosene appieno le argomentazioni - a quell'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale non è possibile sostituire l'anatocismo trimestrale con quello annuale, posto che, come correttamente osservato,
"la contrarietà a norma imperativa di cui all'art. 1283 c.c. involge l'intero contenuto della clausola (e non solo quindi la parte di essa relativa alla periodicità della capitalizzazione); è la pattuizione in contratto dell'anatocismo ad essere nulla, onde secondo i principi generali trattasi di contratto nullo ab origine privo di qualsiasi pattuizione di capitalizzazione, trimestrale come annuale come di diversa periodicità. Non vi è possibilità di sostituzione legale o di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità, in quanto l'anatocismo è consentito dal sistema soltanto in presenza di determinate condizioni, in mancanza delle quali esso rimane giuridicamente non pattuito tra le parti" [Trib. Pescara 3.6.2005, giudice dr. Falco; Trib. Mantova 21.1.2005, giudice dr. Bernardi].
Tale orientamento ha, peraltro, trovato di recente l'avallo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali hanno ritenuto che la previsione della capitalizzazione annuale per gli interessi creditori non può essere estesa agli interessi debitori, una volta accertata la nullità di quella - convenuta dalle parti per questi ultimi - di capitalizzazione trimestrale; tanto alla luce dei criteri di ermeneutica contrattuale e, in particolare, di quello di interpretazione sistematica delle clausole; non emerge da alcun elemento, infatti, che le parti - quando hanno convenuto la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi (nel caso di specie, nell'art. 7 c. 2 del contratto stipulato il 12.2.1995) - abbiano anche previsto la sua sostituzione con la capitalizzazione annuale, nell'ipotesi di nullità della stessa; pertanto,
"dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 cod. civ. (il quale osterebbe anche ad un'eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione" [cfr. sent. 2.12.2010 n. 24418].
Ciò detto, rileva il Tribunale che la ctu espletata nel corso del giudizio abbia dato corso alla ricostruzione del rapporto di conto applicando il tasso legale nei termini indicati, ma capitalizzando annualmente gli interessi dovuti [p. 10 ctu dott. Bortone] e così anche per le spese tenuta conto e per la commissioni di massimo scoperto.
A tale ultimo proposito, deve ulteriormente essere evidenziato come le parti avessero pattuito per la prima volta tali commissioni solo con la scrittura del 7.7.1993, nella misura di mezzo punto da conteggiarsi alle singole scadenze, sicché solo da allora esse devono trovare applicazione contrariamente al calcolo che pare abbia effettuato il ctu, mentre nessuna indagine è stata demandata allo stesso ausiliario dell'Ufficio quanto ai c.d. "
giorni valuta" che, risolvendosi in un onere aggiuntivo per il correntista, devono costituire oggetto di specifica pattuizione.
Alla luce di quanto precede, tenuto conto della nullità della clausola anatocistica, occorre prendere in considerazione il conteggio che determina l'ammontare del debito sulla base della sorte capitale e degli interessi calcolati in regime di saggio legale vigente secondo il periodo di riferimento, sicché alla stregua dell'indagine demandata al ctu - improntata ai corretti parametri della disciplina contabile - deve pervenirsi ad un credito in favore del C. alla data di chiusura del conto formalizzata con lett. della Banca del 16.10.1995, ricevuta due giorni più tardi, pari ad € 29.982,02 [cfr. ctu, p. 11].
Appare tuttavia evidente, per quanto già osservato, come il suddetto importo, così calcolato, sia approssimato per difetto, ma che ciò nonostante lo stesso può essere liquidato in questa sede a titolo di anticipazione sulla maggior somma di cui il C. presumibilmente risulterà debitore all'esito del supplemento di ctu che va disposta.
Peraltro, priva di pregio appare l'eccezione dell'Istituto di credito secondo cui la domanda dell'attore non potrebbe trovare accoglimento perché nessuna contestazione era mai stata mossa avverso gli estratti conto trasmessi.
E', infatti, pacifico in giurisprudenza che l'incontestabilità delle risultanze del conto ex art. 1832 c.c. si riferisce agli accrediti ed agli addebiti considerati nella loro realtà effettuale e non riguarda, invece, i debiti fondati su un negozio nullo, annullabile o inefficace [tra le tante, Cass., 26.07.2001, n. 10186; C. Appello Catania, sez. I, 19.05.2008, n. 671].
Nel caso di specie, le clausole di pattuizione degli interessi anatocistici mediante rinvio ad usi piazza sono nulle, per quanto sopra detto, e perciò possono essere contestate anche al di là dei limiti di tempo di cui all'art. 1832 c.c.
In conclusione, la Banca convenuta, le cui domande vanno in toto rigettate, tanto quella nei riguardi del C. che a maggior ragione quella nei confronti del suo fideiussore, D. L. T., dovrà rifondere al C. allo stato l'importo di € 29.982,02, a cui aggiungere, trattandosi di ripetizione di indebito, gli interessi legali dal giorno della costituzione in mora (16.10.1995, giorno di ricevimento della lett. a/r 11.10.1995) al saldo.
Quanto alla sorte delle spese del giudizio, comprensive degli esborsi resisi necessari per l'espletamento della ctu, la regolazione delle stesse deve essere rimandata al definitivo.
Il processo va rimesso sul ruolo come da separata ordinanza per il previsto supplemento di ctu secondo i criteri evidenziati nella presente statuizione.

P.q.m.

non definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da C. L. nei confronti di Banca del Salento spa, nonché di quella proposta da quest'ultima società nei riguardi del C. e di D. L. T., così provvede:
condanna la Banca del Salento spa a corrispondere al C. l'importo di € 29.982,02, oltre interessi al saggio legale dal 16.10.1995 al saldo;
rigetta la domanda della Banca del Salento nei confronti del C. e della D. L. T.;
dispone rimettersi la causa sul ruolo come da separata ordinanza;
spese al definitivo;


Lecce, 4 maggio 2012
Il Giudice
Dott. Paolo MORONI



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