Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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articoli 2000/02

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In "M." del mese di Dicembre 2002 - MILANO FINANZA - il primo mensile per la gestione del patrimonio

A pag. 32 è riportato un pezzo di Elena DAL MASO con l'intervista all'Avv. Antonio TANZA, che si pubblica integralmente.

BOND, ISTRUZIONI DI RECUPERO

Bond Argentini e bond Cirio: due crisi con ovvie componenti storiche differenti, ma con molte analogie. Il consumatore, solitamente, ha poche possibilità di recuperare l’intera somma dall’emittente (Cirio, Argentina): trattasi di soggetti con grossissimi problemi di liquidità. Infatti, spesso, enti e società in difficoltà immettono sul mercato dei titoli con alte remunerazioni che allettano i risparmiatori, inoltre il processo di commercializzazione viene accelerato dai pressanti “consigli” del sistema bancario italiano. Questo ha avuto, negli ultimi tempi, l’indubbia capacità di bruciare in meno di tre anni una buona fetta del risparmio italiano. Il sistema bancario, inoltre, crea comitati per attaccare le società emittenti solo per allontanare i sospetti dal sistema. La verità è che, spesso, quando le banche hanno investito in un prodotto scadente lo vendono agli utenti ed a caro prezzo. Oltre all’azione civile di recupero (spesso in sede fallimentare) contro le società e gli enti emittenti dei titoli “tritasoldi”, risulta spesso più efficace quella penale (costituzione di parte civile dei consumatori) che spesso accompagna i Crak. Ma quella più remunerativa può essere, in alcuni casi, l’azione contro banche, sim e singoli intermediari finanziari che violano le norme di legge del Testo Unico della finanza (T.U.f.) e dei regolamenti Consob, sia al momento della stipula del contratto che nell’esecuzione degli stessi. Tra le principali violazioni che le migliaia di utenti lamentano alle associazioni di consumatori sono 1) la presentazione ingannevole e mendace dei prodotti finanziari; 2) la mancata consegna del prospetto informativo; 3) la mancata indagine circa la propensione a rischio dei risparmiatori; 4) la mancata informazione sulla natura del titolo acquistato; 5) omissioni e violazioni di varia natura da parte dei soggetti promotori dell’investimento. La violazione di dette norme di comportamento comporta la violazione del T.U.f. e dei regolamenti e quindi la nullità del negozio con la responsabilità del promotore che deve restituire e risarcire i danni creati all’utente: ci sono già varie sentenze sul tema (cfr. www.adusbef.it). E’ ammissibile anche il contemporaneo esercizio di un’azione di nullità del contratto per illiceità della causa dello stesso (cfr. artt. 1343 e 1418 c.c.), al fine di ottenere l’integrale restituzione dell’investimento, e la richiesta di risarcimento per danni extracontrattuali per false informazioni. (cfr. art. 2043 c.c.). Infine anche le autorità di vigilanza (Bankitalia e Consob) hanno le loro responsabilità, aggravata dalla loro condotta poco trasparente e la prassi di non rispondere a nessuno. Consob, nell’affare Cirio, ha avuto qualche benevolenza tenendo le azioni sospese per una settimana, ma dovrebbero studiare la strana dinamica di questi giorni sull’andamento dei titoli Cirio e Lazio. Le azioni dunque sono varie e vanno combinate: alcune sono inutili. Infatti, per l’art. 8 della legge 18 agosto 1993 n. 334 le controversie relative alla protezione sugli investimenti tra Italia ed Argentina vanno risolte nel luogo dove è stato eseguito l’investimento e poi con un procedimento arbitrale: nessun valore ha, dunque, il sequestro dei beni Argentini in Italia. La materia è trattata dalle associazioni dei consumatori che con il sistema delle cause di gruppo e la specifica competenze riescono a curare gli interessi dei consumatori al minimo delle tariffe professionali imposte dai vari ordini e con la divisione dei costi. Attenzione però alle facili promesse: non manca chi si ciba delle disgrazie altrui promuovendo entusiasticamente comitati ed azioni di sicuro effetto. Un effetto c’è di sicuro: alleggeriscono, ancora una volta, il portafoglio dello sfortunato utente.

Avvocato Antonio Tanza, Vicepresidente Nazionale di ADUSBEF Onlus.






In "M." del mese di Novembre 2002 - MILANO FINANZA - il primo mensile per la gestione del patrimonio

IL MIO FONDO HA PERSO IL 50 %

Ho acquistato nell'ottobre del 2000, quote per un corrispettivo di circa 50.000 euro del fondo Euromobiliare Risk Fund, sotto suggerimento del promotore Euromobiliare, spiegandogli che quei soldi mi servivano per fare un master. Lui mi garanti che mi vendeva uno dei migliori fondi della casa. Ne esco oggi, nell' ottobre 2002 con una perdita di oltre il 50%, poiché ampiamente superata la mia stop loss e poiché per recuperare una perdita del 50% ci vorrebbe una prestazione del 100%. Ho segnalato la questione all'Euromobiliare stessa non ricevendone alcun riscontro. Desidero conoscere che tutele di legge e non (Consob, Banca d'Italia, art 2043 del codice civile, eccetera...) può avere un sottoscrittore di fronte a tale distruzione del capitale.

Gianandrea De GIUSTI



Gentile Utente,

lo strumento finanziario denominato "Fondo Comune" rientra nella disciplina della gestione collettiva del risparmio per il cui esercizio sono previste delle regole specifiche atte a garantire la maggior trasparenza possibile nei confronti della clientela, aimè regole molto spesso mal interpretate o addirittura disapplicate. Alcune fra queste sono relative all'obbligo di consegna al cliente del documento sui rischi degli investimenti finanziari (Reg. CONSOB n. 11522 del 1° luglio 1998) e che Lei dovrebbe quindi avere in copia sottoscritta. Importante è sapere, magari tramite il promotore che ne ha proposto la sottoscrizione o tramite altro referente della società, se si tratta di fondo aperto o detto anche a capitale variabile, in cui il partecipante ha diritto di chiedere in qualsiasi tempo il rimborso delle quote secondo le modalità previste dallo schema di funzionamento del fondo; o se si tratta di un fondo chiuso in cui il diritto al rimborso delle quote è riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze determinate; oppure se si tratti di un fondo speculativo disciplinato da regole negoziali e di cui andrebbe studiato il contratto. Inoltre il Reg. CONSOB n. 11522 del 1° luglio 1998 all'art. 28, commi 3 e 4, stabilisce che "Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l'esecuzione delle operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si ridetermina in occasione della comunicazione all'investitore della perdita, nonché in caso di versamenti o prelievi. Il nuovo valore di riferimento è prontamente comunicato all'investitore. In caso di versamenti o prelievi è comunque comunicato all'investitore il risultato fino ad allora conseguito. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore ove il patrimonio affidato nell'ambito di una gestione si sia ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla data di inizio di ciascun anno, ovvero, se successiva, a quella di inizio del rapporto, tenuto conto di eventuali conferimenti o prelievi. Analoga informativa dovrà essere effettuata in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale controvalore.". E' necessario quindi avere informazioni più dettagliate del genere cui accennato sopra per poter stabilire se ed in che misura il promotore o la stessa società abbiano realizzato comportamenti normativamente censurabili. La Banca d'Italia e CONSOB (quest'ultima fornisce risposte e chiarimenti anche via internet) possono essere contattate direttamente dall’utente o a mezzo di un’associazione di consumatori al fine di portare a conoscenza di questi organi il comportamento scorretto o presunto tale nella collocazione di prodotti finanziari.

Antonio TANZA – Vicepresidente ADUSBEF Onlus

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Su Famiglia Cristiana n. 43 del 27 ottobre 2002

BANCHE ED INTERNET, i primi aumenti

ARRIVANO PER I CONTI ON-LINE LE PRIME SORPRESE

ATTENZIONE ALLE MODIFICHE UNILATERALI DELLE CONDIZIONI CONTRATTUALI: IL CLIENTE PUO' RECEDERE

A seguito della pubblicazione su questo giornale di un articolo che esaminava i conti correnti on line, ci ha scritto un lettore, L.T., segnalandoci come dal 1° Luglio 2001, chi e’ in possesso di un conto corrente 121 Net, acceso presso la Banca 121, si e’ visto inserire come voce di spesa tenuta conto ben 5 € al mese (mentre precedentemente il servizio internet era totalmente gratuito) e, come se non bastasse, si è immessa una quota di chiusura conto di 60 €. La pubblicazione sulla gazzetta Ufficiale e’ avvenuta Sabato 29 Giugno 2002 e la decorrenza di tale aumento e’ da Lunedì 1 Luglio 2002. E’ legittimo chiedersi, osserva il lettore, se è giusto effettuare questo tipo di aumenti senza preavviso alla clientela e costringendola a pagare comunque un minimo non previsto precedentemente di 60 € per la chiusura conto. E’ fuor di dubbio che, nei contratti bancari, uno dei vizi più penalizzanti per l’utenza è quello di aver ammesso lo ius variandi in favore delle banche (norma prevista dal nuovo Testo Unico bancario, d. lgs. n. 385 del 1993). Lo ius variandi consiste nella possibilità dell’istituto di credito di modificare unilateralmente le condizioni del rapporto (cfr. art 117, comma 5, del T.U.b.) dandone comunicazione alla clientela mediante apposizione di cartelli nei locali della banca, con pubblicazione in G.U., con avviso nell’estratto conto (cfr. art. 118 del T.U.b.). In caso di aumenti l’utente bancario ha una sola possibilità: recedere dal rapporto entro e non oltre giorni 15 dal ricevimento della comunicazione di variazioni delle condizioni contrattuali (cfr. art. 118, comma 3, del T.U.b.) senza subire alcun costo. Tuttavia, la massima parte degli utenti non conosce questa possibilità e rimane inerte subendo l’arbitraria e onerosa modifica delle condizioni contrattuali. Sempre più spesso gli istituti di credito sponsorizzano delle condizioni contrattuali civetta e, dopo aver attratto una buona parte di utenti, le cambiano improvvisamente (specie in occasione di periodi feriali) lucrando ingiustificati aumenti di competenze. Un consiglio: occhio alle allettanti promesse, spesso sono promesse di marinaio o meglio di bancario !
ANTONIO TANZA




Come fanno le banche a guadagnare di più
Certo che c’è l’interesse...

di ANTONIO TANZA


Quanto pesa l’anatocismo, il fenomeno per cui il tasso reale diventa molto più alto del nominale.

A dispetto della trasparenza, le banche trasformano in oro una del tutto presunta logica dei numeri: dietro la facciata del rigore matematico, vengono defraudati i poveri clienti, purtroppo con il beneplacito delle varie autorità preposte al controllo. Vediamo come questo accade.

Ogni rata è composta da due parti: la quota capitale, che viene via via rimborsata; e la quota interessi, che copre il "costo del finanziamento". Costo che aumenta progressivamente a ogni rata di rimborso.

Il calcolo della rata del mutuo con rimborso frazionato avviene facendo riferimento alla formula del cosiddetto interesse composto, comprensivo degli interessi anatocistici (gli interessi sugli interessi). In pratica, gli interessi vengono pagati anticipatamente.

Ciò comporta, come è facile intendere, un formidabile aumento del costo effettivo del mutuo. La divaricazione fra il tasso nominale e quello effettivo cresce infatti con il crescere del frazionamento del pagamento (quante più sono le rate, tanto più è caro il mutuo), e cresce inoltre in funzione della durata del rapporto.

L’anatocismo cresce in progressione. Gli interessi sugli interessi crescono in relazione alla durata del mutuo. Infatti, 10.000.000 di lire, rimborsabili in tre anni, con rate che scadono ogni 12 mesi, al tasso del 15 per cento annuo, richiedono una rata annuale di 4.379.770 lire, per un totale complessivo di 13.139.310 lire, di cui 3.139.310 sono interessi; poiché il rimborso è scalare, accade che il finanziamento medio è di 5.616.234 lire, il tasso effettivo medio annuale è del 18,62 per cento, di cui il 15 per cento è dato dal tasso nominale, o iniziale, o apparente, e il 3,62 per cento dagli interessi sugli interessi.

Nell’ipotesi seguente, dove il rimborso avvenga con il pagamento di rate mensili posticipate, la rata è di 346.653 lire; l’importo complessivo è pari a 12.479.508 lire, di cui 2.479.508 per interessi; poiché il finanziamento medio è di lire 3.925.982, il tasso effettivo medio annuale è del 21,03 per cento, contro il 15 per cento nominale, e pertanto gli interessi sugli interessi sono pari al 6,03 per cento.

È ovvio che la divaricazione fra tasso nominale e tasso effettivo cresce col crescere del frazionamento del pagamento, e cresce anche in funzione della durata. Pertanto, a parità di capitale, di tasso e di frazionamento, più anni dura il mutuo, più forte è la differenza tra tasso effettivo e tasso nominale.

Questo modo di impostare il contratto bancario non ha altro scopo che moltiplicare in forma macroscopica il profitto della banca, dato l’elevato costo effettivo del mutuo. Un costo non immediatamente rilevabile dalla semplice lettura del contratto sulla base dell’interesse nominale, cioè il tasso che il cliente trova scritto nero su bianco sul contratto.

Antonio Tanza


LA REPUBBLICA

Vademecum: il primo passo è inviare una richiesta alla banca. In caso di rifiuto decide il giudice. Interessi, ecco come chiedere i rimborsi
di LUCIO CILLIS


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ROMA - Una pioggia di richieste di rimborso potrebbe abbattersi sulle banche italiane. Il giorno dopo il deposito della storica sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha di fatto bollato il decreto governativo sull'anatocismo, la pratica che permette agli istituti di calcolare interessi su interessi maturati, i consumatori affilano le armi. L'Adusbef in particolare, e il suo leader storico Elio Lannutti, hanno già chiaro il percorso da seguire in caso di richiesta di rimborso: "Sono cifre "importanti" vicine ai due milioni sugli interessi pagati per 10 milioni di scoperto...".

Cerca di sciogliere le incertezze sui modi e i tempi degli eventuali interventi da parte dei cittadini interessati l'avvocato Antonio Tanza che oltre ad essere il vice presidente dell'associazione che per prima ha preso carta (bollata) e penna su questo tema, è anche uno dei principali protagonisti delle udienze che hanno portato alla decisione della Consulta.

"Molti chiarimenti - spiega il legale - sono già on line sul sito www.adusbef.it. Il primo passo è una lettera con ricevuta di ritorno, indirizzata alla propria banca con la quale si richiede entro 15 giorni, o 30 se siamo proprio buoni, la restituzione di tutti i soldi addebitati a titolo di "capitalizzazione trimestrale", dalla data di apertura del conto...". Secondo i consumatori possono così chiedere il "ritorno a casa" del denaro trattenuto, due tipologie di utenti: i titolari di un conto corrente ancora esistente - in questo caso teoricamente non c'è prescrizione e si può chiedere la restituzione del denaro addirittura fino al 1942 - e quelli che invece hanno chiuso il conto; questi ultimi vantano diritti solo se hanno proceduto alla chiusura dopo l'ottobre 1990. Sono quindi prescritti tutti i casi di chiusure superiori ai dieci anni.

Una volta spedita la raccomandata e trascorsi i 15 o 30 giorni di tempo richiesti per una risposta (la restituzione delle somme) non resta che procedere ad un contenzioso legale (che passa per le stanze del Giudice di Pace se la cifra della quota dovuta alla voce "anatocismo" è inferiore ai 2 milioni di lire).

Quanto si può ottenere dunque da queste richieste? L'Adusbef, attraverso i primi calcoli dei suoi esperti che andranno valutati meglio nei prossimi giorni, fa queste valutazioni: "La quota dovuta su un milione di lire al 10% di interessi - spiega sempre l'avvocato Tanza - raddoppia in dieci anni; ma se entra in gioco anche il calcolo degli interessi sugli interessi, che scatta anche oltre una lira al di sopra del fido bancario, allora sono dolori: i due milioni si raggiungono in soli 7 anni, per non parlare della commissione di massimo scoperto, pari all'1%, l'interesse ultralegale e così via. Un ultimo esempio che chiarisce e stupisce allo stesso tempo - conclude Tanza - per 120 milioni al 20%, dopo 14 anni, capitalizzati senza anatocismo, ci si ritrova un rosso da 380 milioni; con il calcolo degli interessi su interessi la somma sale fino a un miliardo 536milioni di lire...". Elio Lannutti ha calcolato poi che i conti correnti interessati a questo fenomeno nel nostro paese sono circa la metà, ovvero 15milioni: in media per un milione l' anno di interessi pagati ingiustamente, si potranno recuperare 140mila lire più gli interessi legali, per un totale di 200mila lire.

(18 ottobre 2000)


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