Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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articoli 2007

In edicola

Telenorba 7, lunedì 3 dicembre 2007, ore 21,15
e Telenorba 8, mercoledì 5dicembre 2007, ore 21,15
Il Graffio

Prendendo spunto dai fatti più eclatanti della cronaca nostrana, Enzo Magistà, coadiuvato da Mingo, conduce IL GRAFFIO.La casa? Un problema per chi deve acquistarla, un problema per chi già ce l’ha ma non riesce a pagarla. Quella che stiamo vivendo negli ultimi anni è una vera e propria emergenza. I prezzi sono saliti alle stelle, oggi per comprare casa occorre avere a disposizione minimo 200.000 euro. E non parliamo del centro di Bari o del centro storico di Lecce (in questi casi si parte da 350-400 mila euro), ma dei quartieri periferici delle città più grandi; anche nei centri più piccoli le cose non vanno meglio. Insomma, l’acquisto di una casa diventa sempre più un miraggio, soprattutto per le giovani coppie. Eppure c’è qualcuno che si lancia nella “missione impossibile”, chiedendo mutui fino all’80-90% del valore dell’immobile e indebitandosi per 25-30 anni, con rate che arrivano fino a 1.000 euro al mese: già, perché oggi i tassi sono davvero alti (a novembre ai massimi degli ultimi cinque anni) e le banche, si sa, non fanno sconti. Andava meglio qualche anno fa: ricordate, ad esempio, il 2003? Sembra che i mutui li regalassero, ma quelle promesse si sono rivelate vere e proprie beffe. Da allora, infatti, i tassi sono aumentati costantemente, comportando un incremento delle rate fino a 200-300 euro al mese. Un aumento insostenibile per tante famiglie, che in molti casi non riescono a pagare. E cosa succede in questi casi? Scatta il pignoramento, le banche mandano la casa all’asta e il sogno dell’acquisto di una casa diventa un incubo. Nel 2007 a Bari sono stati eseguiti ben 500 pignoramenti, oltre 300 a Lecce e così anche nelle altre province. Lunedì a “Il Graffio” parleremo di questo. Lo faremo con l’aiuto di esperti e cercheremo di capire cosa si può fare per aiutare le famiglie pugliesi, lucane e molisane a fronteggiare il rialzo delle rate e ad evitare di essere privati della propria casa. Parleremo anche del mercato immobiliare e poi di alcune emergenze in atto in Puglia, come la questione delle case da confiscare ai boss baresi e quella delle 144 famiglie tarantine che rischiano di perdere la propria casa nelle cosiddette Torri Ania.In diretta ogni lunedì alle 21.15 su Telenorba7 e il mercoledì alla stessa ora su Telenorba8. In studio, il direttore di testata Enzo Magistà, conduttore del programma, coadiuvato da Mingo De Pasquale che non sarà più in studio come nella passata edizione, ma in giro a raccogliere pareri, storie, testimonianze, a provocare, in altri termini, l’argomento in scaletta, come è nel suo stile. Ospite Avv. Antonio Tanza, Vicepresidente di ADUSBEF

FAMIGLIA CRISTIANA
n. 48 del 2 dicembre 2007
ECONOMIA
400.000 FAMIGLIE SULL’ORLO DEL FALLIMENTO
STROZZATI DAI MUTUI


Tutta colpa dei tassi variabili che dal 2005 hanno ripreso a correre. Così le case finiscono all’asta e le banche...
A Franco il mutuo gli è come esploso in tasca. E questo proprio mentre il suo portafogli si svuotava. A 35 anni e con un lavoro fisso, dipendente di una delle poche fabbriche di fresco impiantate nel Sud d’Italia, Franco era un buon acquisto per le banche a caccia di clienti. Non aveva un patrimonio in partenza, ma poteva vantare un buon reddito: 1.800 euro al mese, quando riusciva a fare il massimo degli straordinari. Su questo reddito, una rata di mutuo di 640 euro era considerata sostenibile. Oltretutto, il momento in cui Franco ha firmato il mutuo presentava una combinazione di fattori fortunati: tassi bassi, lavoro tanto. Era il 2005. In pochi mesi, tutte e due le cose sarebbero cambiate, mandando alle stelle la rata e vicino al baratro il salario. Nella primavera di due anni dopo, Franco va in cassa integrazione e si trova alle prese con queste cifre: entrano 860 euro al mese, devono uscirne 940 per il mutuo. Dovrebbe dare alla banca tutto quello che guadagna, più altri 80 euro. Impossibile.
È una delle tante storie che ormai coinvolgono centinaia di migliaia di italiani sull’orlo del fallimento per aver contratto un mutuo a tasso variabile, perché incoraggiati dalla convenienza e dalle pressioni delle banche. A raccontarla sono la giornalista Roberta Carlini e la fumettista Pat Carra in un libro appena pubblicato dal titolo inquietante: Le mani sulla casa. Fatti e fumetti sulla bolla immobiliare (Ediesse).
«Volevo un tasso fisso», racconta Franco, «mi hanno consigliato un tasso misto a 25 anni: i primi 13 variabile, gli ultimi 12 fisso...». Alla fine Franco è riuscito a rinegoziare il mutuo con la sua banca, ma il debito è stato allungato fino a 30 anni. Pagherà, grazie all’aiuto dei genitori, 750 euro al mese fino al 2035. Per il momento, lui è salvo, ma 400.000 famiglie, nella primavera del 2008, rischieranno di perdere la casa.
La bolla che esploderà
A lanciare l’allarme è l’economista Nino Galloni che ha raccolto una mole impressionante di dati sulla reale portata dell’indebitamento degli italiani. Il risultato è illustrato in un libro fresco di stampa: Il grande mutuo. Le ragioni profonde della prossima crisi finanziaria (Editori Riuniti). «La situazione è seria», dice Galloni, «solo a Milano, nei primi mesi del 2007, i pignoramenti delle case sono aumentati del 50 per cento. Siamo in una situazione simile a quella della grande crisi del 1929».
Una crisi che si annuncia drammatica, non solo perché i tassi d’interesse hanno rialzato la testa. Secondo una ricerca Aires-Ggil, negli ultimi cinque anni, dal 2002 al 2007, i salari reali hanno registrato un calo del potere d’acquisto di circa 1.210 euro. La rata del mutuo da pagare, uno stato di ansia e depressione e una vita tutta in salita, ma normale per tante famiglie monoreddito, possono distruggere una famiglia. Una dura realtà che ha spento la voglia di vivere a Giuliano Patrioli, 43 anni, operaio specializzato di una fabbrica di Tolentino (Macerata), trovato impiccato il 17 ottobre a un carro ponte dello stabilimento in cui lavorava. La moglie, 39 anni, operaia stagionale part-time presso una ditta di confezioni, rimasta senza lavoro a settembre, ha raccontato sconvolta ai carabinieri che il marito era molto preoccupato per il mutuo: 50.000 euro, con rate mensili arrivate fino a 500 euro.
L’Adusbef lancia l’allarme suicidi
Le cronache purtroppo registrano troppi casi del genere: «I suicidi legati alla disperazione di chi vede il mondo crollargli addosso, perché l’abitazione è finita all’asta dopo un paio di rate non pagate, sono purtroppo una realtà», dice l’avvocato Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, che assiste a Lecce molti clienti che hanno avuto la casa pignorata. A Lecce, fino al 13 novembre 2007, il numero dei pignoramenti è arrivato a quota 832. In tutto il 2006 erano stati 715. «In questi casi, la giustizia è stranamente veloce», aggiunge l’avvocato Tanza, «tutta la procedura di esecuzione immobiliare dura al massimo un anno. Al debitore si chiede di aprire la porta di casa a tecnici del Tribunale che fotografano anche gli interni, con le loro povere cose, pubblicandole su Internet. Tutto grazie alla legge fallimentare del 2004: così le banche mandano gli immobili all’asta con procedure lampo», accusa l’avvocato. Un’efficienza che nella crisi della giustizia, con processi che durano molti anni, stupisce.
«Qui i tribunali non c’entrano», chiarisce l’avvocato, «si tratta di affari, di crediti cartolarizzati che passano di mano in mano e sono in tanti a guadagnarci a spese del povero debitore. Il meccanismo è tortuoso, con società legate agli stessi istituti di credito che lucrano sulla vendita finale dell’immobile. Funziona così: la banca cede il mutuo non pagato, per esempio 100.000 euro, a una sua società di recupero del credito per un valore di circa il 20 per cento, ricavandone un grosso beneficio fiscale. Poi c’è un ulteriore passaggio a un’altra azienda che cura tutta la vendita, con una pubblicità adeguata soprattutto su Internet, che offre la casa a prezzo quasi di mercato oppure può chiedere l’assegnazione degli immobili che sono poi ceduti a una nota società immobiliare americana».
Nulla di illegale, ma il conflitto d’interesse tra banche, società di recupero crediti e altre che pubblicizzano le aste ha sollevato un’interrogazione parlamentare di un gruppo di deputati. La risposta formale delle banche è che le società "incriminate" offrono servizi per «realizzare i siti dei singoli tribunali in cui pubblicare le aste e gestire l’informatizzazione on-line dell’iter fallimentare». Una pubblicità prevista dalla legge e disposta dal giudice per consentire a chiunque di partecipare all’asta. «Norme che sembrano fatte apposta per tutelare gli interessi delle banche», aggiunge l’avvocato Tanza, «ma alle 400.000 famiglie sull’orlo del fallimento chi ci pensa?».
Giuseppe Altamore

PORTABILITÀ GRATUITA, MA SOLO IN TEORIA
Sulla portabilità dei mutui ci sono state molteplici discussioni fra le banche, i notai e le associazioni dei consumatori, con la mediazione del ministero dello Sviluppo economico. La Legge n. 40/2007 aveva stabilito che i sottoscrittori di mutui e di altri contratti di finanziamento possono trasferire il contratto presso un altro istituto di credito che faccia un tasso più conveniente.
La norma è stata introdotta sia per stimolare la concorrenza fra banche sia per dare una mano alle famiglie che stanno in difficoltà con i pagamenti delle rate. Non è certamente la soluzione di tutti i problemi, ma è già qualcosa, anche perché l’utente che manifesta la volontà di cambiare può ottenere dalla propria banca condizioni migliori (senza l’intervento di un notaio), soprattutto per i mutui a tasso variabile, che stanno diventando cari, ma anche per quelli a tasso fisso, dal momento che spesso nel contratto c’è scritto che il tasso può essere rinegoziato (aumentato unilateralmente dalla banca) ogni tre o quattro anni.
Il problema è che la legge prevede che il trasferimento del mutuo sia gratuito per il cliente, mentre le banche sostengono delle spese, senza contare l’onorario del notaio che deve fare l’atto. Di qui le discussioni, che però sembrano avviate a una soluzione, in quanto l’Abi (Associazione bancaria italiana) ha accettato di raccomandare alle banche di abolire le spese, anche se queste ultime non sono obbligate a seguire tale indicazione. È pacifico invece che l’estinzione anticipata del mutuo (art. 7, Legge n. 40/2007) non deve comportare spese per il consumatore, anche se si tratta di un commerciante, professionista o imprenditore.
Emanuele Piccari

PANORAMA
n. 47 del 22 novembre 2007
ADESSO PARLO IO, IMPRENDITORE DEPREDATO CON I DERIVATI
di
Edmondo Rho
“Tutto iniziò nel 2001, quando un funzionario dell’allora Cassa di Verona, poi incorporata nell’Unicredito, mi telefonò per proporre un affare: stipulare un contratto per coprirmi dal rischio di un aumento dei tassi”. Così Maurizio Paoletti, imprenditore veneto che si era indebitato con un mutuo per il nuovo stabilimento, è finito nella trappola dei derivati.Una storia italiana, quella dei prodotti finanziari derivati, che diventa una stangata per il piccolo o medio imprenditore. E che inizia sempre con una suadente telefonata dell’amico funzionario di banca. Quindi il contatto prosegue, fino alla certezza che la preda cada nella rete. A quel punto arriva lo specialista che fa firmare il contratto. Infine la vittima comincia a pagare salatissime rate: solo rivolgendosi a un commercialista, avvocato o consulente di sua fiducia, si rende conto di quello che ha firmato. Ma ormai è troppo tardi. A meno che non ci sia il coraggio di ribellarsi e di raccontare quello che è successo.Sono pochi gli imprenditori che parlano, pochissimi quelli che ci mettono la faccia. Paoletti, titolare della società
Cucina nostrana (sede nel comune di Martellago, provincia di Venezia), è la mosca bianca che parla con Panorama. “Sono fortunato perché su 16 milioni di fatturato perdo solo 500 mila euro, che diventeranno 600 mila l’anno prossimo: ora sono in causa ma voglio raccontare la mia storia soprattutto per aiutare tutti gli imprenditori più in difficoltà di me”.Già, perché gli altri non parlano? “Per paura di fallire: in molti casi, se le banche gli chiudono i rubinetti, la loro attività imprenditoriale è finita” accusa Paoletti.Ritorniamo all’inizio di questa storia: “Avevamo un mutuo a tasso variabile per il nuovo stabilimento e il funzionario della banca ci propose su metà del finanziamento una copertura a tasso fisso” spiega Paoletti. Che si fidò e firmò il contratto. Ma pochi mesi dopo arrivò l’amara sorpresa: la copertura era in realtà una rischiosa scommessa sui tassi. Che all’imprenditore costò fior di soldi: “Quando ho cominciato a perdere ho chiamato il funzionario che mi ha proposto di chiudere l’operazione versandogli personalmente 200 milioni di lire (circa 100 mila euro, ndr). Ovviamente non ho accettato questo ricatto e mi sono rivolto all’avvocato mantovano Roberto Vassalle per la causa. La mia rabbia è che quel signore, poi, ha fatto carriera nella stessa banca”.Accanto ai bancari furbetti, ci sono anche quelli che si pentono. Come un ex ufficiale della Guardia di finanza, diventato promotore della Banca Italease e che poi ha accompagnato i suoi clienti irretiti dalla sirena dei derivati alla sede di Lecce dell’Adusbef, un’associazione di risparmiatori, per farli tutelare. Questa storia è raccontata a Panorama dall’avvocato Antonio Tanza e dal commercialista Fabio Massimo Blasi, rappresentanti dell’Adusbef: “Il promotore pentito ci ha spiegato che in tutta Italia c’era una rete ramificata che lavorava per la Banca Italease. Il loro compito era accalappiare i clienti: dopodiché arrivava lo specialista da Milano, che non era dell’Italease, bensì un funzionario delle banche internazionali che avevano costruito questi prodotti derivati, i famigerati swap”.Il riquadro a fondo pagina spiega come funzionano queste coperture. Ma il racconto di Tanza e Blasi è interessante perché mette in luce il ruolo delle banche italiane: “Avevano solo il compito di incassare le commissioni, perché compravano questi prodotti dalle banche internazionali e poi li rivendevano al dettaglio. E la rete aveva proprio il compito di trovare il pollo, il cliente finale: andava bene chiunque purché avesse almeno un’attività artigianale o commerciale, altrimenti il contratto era nullo”.Gli avvocati che assistono le aziende sostengono la nullità di questi contratti, definiti dalle stesse banche con il nome di “prodotti esotici”, e proprio per questo riservati a operatori qualificati. Le sentenze della magistratura finora hanno datoin alcuni casi ragione alle banche, in altri alle imprese.Ma certo sembra difficile definire qualificato l’imprenditore edile che si è rivolto all’Adusbef e che racconta anonimamente la sua storia: “Nel 2004 io e mio fratello decidemmo di acquistare tramite leasing il capannone. A un certo punto la Banca Intesa ci offrì un prodotto presentato come una sorta di assicurazione sul leasing nel caso i tassi fossero saliti. Firmammo i moduli e ogni tanto ci venne accreditato qualche piccolo importo. A un certo punto siamo stati chiamati per un appuntamento con un supertecnico esterno della banca che ci disse di aver valutato l’andamento dei tassi e quindi proponendoci di cambiare il prodotto con uno più adatto. Io non ero convinto, l’Euribor non so neanche cosa sia, ma questa persona insistette in modo pesante e così firmammo i documenti. Il risultato è che in questi anni ci sono stati addebitati costi per svariati milioni di euro: con gli ultimi addebiti siamo arrivati a 5,3 milioni”.La vendita massiccia di derivati è stata iniziata dall’Unicredito tra il 2000 e il 2001, poi l’esempio è stato seguito da altre banche (su quattro istituti è in corso un’ispezione di Bankitalia, che però non ha rivelato i nomi delle banche coinvolte). Certo il fenomeno non è finito: tra il 2005 e il 2006, secondo una relazione della Consob, risulta il raddoppio in centrale rischi dell’esposizione sui derivati delle banche italiane verso quelle estere. “In realtà, per i bilanci delle banche i derivati non sono un grande problema” sostengono Blasi e Tanza “mentre sono un dramma per centinaia di piccoli e medi imprenditori”.Una fotografia sulle dimensioni del fenomeno la scatta la società di consulenza indipendente Consultique di Verona, presieduta da Cesare Armellini. Il direttore dell’ufficio studi, Giuseppe Romano, dice a Panorama: “Abbiamo analizzato 150 aziende e mediamente ognuna ha sottoscritto 4 contratti. Infatti, quasi sempre la banca, dopo un primo contratto andato male, propone una nuova copertura, in realtà una scommessa più rischiosa. Su un totale di 600 contratti analizzati da Consultique il controvalore porta a una esposizione totale di 12 miliardi di euro”.Le banche estere che hanno strutturato questi prodotti sono, in particolare, Merrill Lynch, Jp Morgan e Bear Stears, mentre per quanto riguarda il collocamento “il 90 per cento dei contratti è stato stipulato dal gruppo Unicredito, il 5 per cento da Banca Italease e il 5 per cento da altre banche” sostiene Romano.Ma l’Unicredito, interpellato da Panorama, replica: “Smentiamo ufficialmente questi numeri, la perdita potenziale per i nostri clienti è di circa 1 miliardo di euro e su 56 cause arrivate a sentenza solo in 4 casi la nostra banca ha perso”.


CO:BANCA 121
2007-10-23 18:16
BANCA 121: ADUSBEF, CI COSTITUIREMO PARTE CIVILE
(V. 'BANCA 121: PROCURA TRANI CHIEDE...' DELLE 10.46)
BARI
(ANSA) - BARI, 23 OTT - L'Adusbef, tramite il suo vicepresidente Antonio Tanza, si costituirà parte civile nel procedimento penale avviato dalla procura della Repubblica di Trani, che ha chiesto il rinvio a giudizio per 14 dipendenti dell'ex Banca 121 accusati di aver commercializzato prodotti finanziari con denominazioni truffaldine. "Per dare una tutela a 180.000 sottoscrittori di May Way e For You - ricorda l'associazione in un comunicfato - Adusbef (assieme ad altre associazioni di consumatori) partecipò ai tavoli di conciliazione con il Monte dei Paschi di Siena, ottenendo equi risarcimenti per migliaia di vittime del risparmio tradito, che non si potevano permettere i tempi lunghi della giustizia e la mancanza di una legge adeguata sulla class action". Legge che - rileva l'Adisbef - "se fosse stata presente nell'ordinamento italiano, avrebbe consentito maggiori garanzie per i cittadini ed un formidabile deterrente verso i comportamenti truffaldini confezionati a tavolino dai 'colletti bianchi' con l'esclusiva finalità di conseguire illeciti profitti sulla pelle delle famiglie".(ANSA).
DAR/CIO


FAMIGLIA CRISTIANA
N. 22 del 10 giugno 2007

ECONOMIA IL RISPARMIO TRADITO - SPREMUTI Giuseppe Altamore
http://www.sanpaolo.org/fc/0723fc/0723fc56.htm

, Cirio, Parmalat e fondi comuni: oltre 28 miliardi di euro sottratti agli investitori italiani. E un processo che riduce la pena a Calisto Tanzi e azzera i risarcimenti...

O così o Pomì. Cari risparmiatori, "bondisti" Parmalat, o vi rassegnate a perdere tutto o si ricomincia daccapo. Il primo troncone del processo penale per il crac Parmalat si potrebbe infatti chiudere con l’ennesima beffa ai danni degli investitori. Tutto si gioca sul filo del patteggiamento. Nelle sale del Tribunale di Milano c’è chi lo invoca, come l’ex patron Calisto Tanzi e altri nove imputati. Chi lo giudica inaccettabile: una sorta di conclusione a «tarallucci e vino», come dicono le parti civili.
«Perché con il patteggiamento Tanzi e compagnia riconoscono le loro colpe, lo Stato gli garantisce uno sconto di pena, ma blocca i risarcimenti in sede civile», fa notare l’avvocato Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, l’associazione di consumatori che rappresenta gli interessi di 2.500 risparmiatori traditi dal crac Parmalat su un totale di circa 135.000 vittime di uno dei più grandi scandali finanziari della storia italiana.
Tutti attendono la sentenza di patteggiamento prevista per il 18 giugno, mentre la Deloitte & Touche, società di revisione coinvolta nel processo, ha offerto un ridicolo 1,46 per cento di risarcimento. Che cosa fare allora? «Purtroppo si ricomincia in sede civile», spiega l’avvocato Tanza, «con i soliti tempi della giustizia italiana già condannata dalla Corte di giustizia europea di Strasburgo. Abbiamo un sistema processuale pro furbi», accusa l’avvocato, «che aiuta i traditori dei risparmiatori, in quanto tra prescrizione e patteggiamento alla fine nessuno paga».

L’avvocato Antonio Tanza difende 2.500 risparmiatorivittime del crac Parmalat (foto Scalcione).

La legge Cirielli colpisce ancora

«Ma non è colpa nostra», ha precisato il pubblico ministero Francesco Greco nel corso dell’udienza relativa alla vicenda del gruppo di Collecchio, «se il legislatore ha introdotto la legge Cirielli, che ha dimezzato i tempi della prescrizione di questo processo. I titolari di obbligazioni», ha aggiunto il Pm, «sono stati derubati anche di sette anni e mezzo di processo e poi c’è stato l’indulto che ne ha di fatto svuotato il contenuto». Parole, quelle del magistrato milanese, pesanti come macigni e tese a sottolineare, all’interno di un procedimento vasto e complesso come quello Parmalat, la bontà dell’operato della Procura meneghina e la difesa dello strumento del patteggiamento – richiesto in aula da Tanzi e da altri imputati – innanzi alle critiche feroci giunte dalle parti civili, a loro volta decise a tutelare le ragioni dei piccoli risparmiatori.
«Non è accettabile», ha detto Renato Palmieri, difensore della Camera di commercio di Milano, «che un procedimento del genere possa finire a tarallucci e vino», con una serie di patteggiamenti. Questi, ha puntualizzato invece l’avvocato Federico Grosso, difensore di 32.000 titolari di obbligazioni, vanno considerati «ridicoli, così come i risarcimenti, di fronte al più grande processo finanziario a livello europeo». Considerazioni cui Greco ha fatto fronte precisando come «rispetto al lavoro della Procura in questi quattro anni, sentirsi dire che questo caso è di negata giustizia mi è sembrato strano e irrispettoso».


Al centro del botta e risposta tra l’esponente della Procura e le parti civili, la richiesta avanzata dai legali di Calisto Tanzi di un patteggiamento a due anni e otto mesi, una sorta di "risarcimento morale" per il contributo fornito alla ricostruzione della vicenda.
«A questo punto la sola via da percorrere per tentare di riavere i propri quattrini è far causa alla banca che vi ha venduto i bond Parmalat», consiglia l’avvocato Tanza. «Ma attenzione», avverte, «ci sono cinque anni di tempo dal momento dell’acquisto dei bond, poi la prescrizione chiude come una pietra tombale il rapporto con l’istituto di credito». Quindi, prima ancora di chiedere l’aiuto di un legale, occorre inviare una raccomandata alla propria banca per bloccare i termini di prescrizione (un modello della lettera è presente sul sito http://www.studiotanza.it).
Le sirene dei fondi comuni
Il consiglio vale anche per altri crac ai danni dei risparmiatori. Secondo una ricerca del dipartimento di Matematica dell’Università di Torino, sarebbero 28,6 miliardi di euro le perdite subite dagli investitori italiani vittime del default dell’Argentina, del crac Cirio e Parmalat e delle perdite dei fondi comuni d’investimento, che da soli ogni anno bruciano 20 miliardi di euro. «I crac dell’Argentina, della Cirio e della Parmalat sono stati causa di comprensibilissime preoccupazioni», dice il professor Beppe Scienza del dipartimento di Matematica dell’Università di Torino. «Eppure, per quanto gravi, sono stati eventi eccezionali. Per i risparmiatori la regola è perdere soldi col risparmio gestito, a volte senza neppure rendersene conto».


In tempi di appelli all’adesione alle forme complementari di previdenza c’è da stare attenti alle sirene che consigliano questo o quel prodotto finanziario. «I danni subiti dai risparmiatori italiani a causa di Argentina, Cirio e Parmalat sono nell’ordine dei 10-11 miliardi di euro, compresi quelli dovuti agli sciagurati consigli di non accettare la ristrutturazione del debito proposta da Buenos Aires», aggiunge Scienza. «Ma ogni anno il risparmio gestito danneggia i suoi clienti in misura circa doppia. Quindi, è come se ogni sei mesi scaricasse sui risparmiatori un nuovo scandalo Argentina, un nuovo crac Cirio e una nuova valanga Parmalat».
Ovviamente, i miliardi di euro andati in fumo per investimenti sbagliati non sono da mettere sullo stesso piano dei crac e delle vere e proprie truffe, ma il risultato non cambia. «Chi resta affezionato ai titoli di Stato e ai buoni postali non è un retrogrado come vogliono fargli credere. È un risparmiatore, magari non esperto, ma abbastanza intelligente da non ascoltare certe sirene che promettono, promettono e non mantengono», chiosa il professor Scienza.
Giuseppe Altamore


Panorama
Economy

del 6 giugno 2007

PARMALAT dopo il crac La Beffa

di Giovanni Francavilla

....
"Purtroppo è il sistema italiano che non regge" sostiene Antonio Tanza, l'avvocato dell' ADUSBEF (Associazione degli utenti dei servizi bancari e finanziari) che rappresenta altri 3000 risparmiatori. "Patteggiamenti, Legge Cirielli, Indulto: alla fine sono sempre i risparmiatori a rimanere fregati, perchè il sistema processuale si inginocchia davanti al un'ingiustizia sostanziale" . Non è colpa dei giudici, sostieneTanza, ma di come sono fatte le leggi, che hanno graziato i reati finaziari: "Stiamo raccogliendo gli errori della politica" dice "Insieme con le briciole di pochi euro di risarcimento, se mai ci arriveremo". ... Perchè "in questo processo l'elemosina non è dignitosa" conclude Tanza...




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