Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Trib. S.M. Capua Vetere

Anatocismo e Usura > Come non fallire per banca...



Il tribunale di s. maria capua vetere rigetta l’istanza di falLimento sulla base della preventiva contestazione giudiziale del presunto credito bancario

Avv. Antonio TANZA


Vicepresidente ADUSBEF



Un ulteriore importante segmento dell’ormai ampio trend giurisprudenziale definitosi in sede fallimentare sul tema della insufficienza di esposizioni derivanti da rapporti di credito bancario ai fini dell’accertamento dello stato di decozione rilevante per la dichiarazione di fallimento: tale può invero definirsi il recentissimo decreto del Tribunale Fallimentare di S. Maria di Capua Vetere con cui è stato rigettato il ricorso per dichiarazione di fallimento proposto da Banco di Napoli S.p.A. nei confronti di una società immobiliare di Caserta, e che segnala una nuova affermazione di ADUSBEF nella battaglia giudiziale per la difesa delle posizioni patrimoniali degli utenti contro gli abusi e le illegittimità perpetrate dal sistema bancario.

La vicenda può così riassumersi: con ricorso del 5 ottobre 1999, Banco di Napoli S.p.A., assumendo di essere creditrice nei confronti della Lettieri Immobiliare S.a.s. di Lettieri Umberto & C., da Caserta, associata ADUSBEF (www.adusbef.it), rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio TANZA, della esorbitante somma di £. 2.156.574.270, portata da tre distinti decreti ingiuntivi notificati alla resistente per presunta scopertura su c/c e per n. 87 assegni, presuntivamente intestati alla società e scontati senza buon fine, ne chiedeva il fallimento, deducendo tra l’altro, quale indice di un presunto stato di insolvenza, la complessiva sofferenza patrimoniale desumibile dalle diverse iscrizioni ipotecarie su distinti beni del patrimonio della società resistente e dei rispettivi fideiussori, derivanti dall’azione dei titoli esecutivi conseguiti dalla banca per l’effetto della clausola di provvisoria esecuzione apposta ai decreti ingiuntivi emessi.

La reazione della società immobiliare alla instaurazione di tali procedure giudiziali dalla banca è stata puntuale ed esplicita: la Lettieri Immobiliare s.a.s. si è tempestivamente opposta ai decreti ingiuntivi emessi, deducendo una serie complessa di eccezioni formali e sostanziali concernenti i titoli posti a base dell’ingiunzione (illegittimità degli interessi addebitati sui distinti c/c, falsità documentale di supposte autorizzazioni ad accrediti di somme su c/c intestati ad altra società, disconoscimento di firme di girata apposte sugli assegni scontati e su distinte di versamento su c/c di terzi, preventiva escussione di pegno ed ulteriori garanzie della presunta debitoria ingiunta).

Opportuna si è poi rivelata la determinazione della presunta debitrice di ribadire e precisare alcuni dei motivi di contestazione dei titoli, a base delle predette ingiunzioni, in un ulteriore giudizio di accertamento negativo del credito, autonomamente introdotto nei confronti dell’istituto, diretto tra l’altro a far dichiarare la illegittimità degli addebiti in c/c per interessi ultralegali, capitalizzati su base trimestrale, in violazione degli artt. 1283 e 1284 c.c., ivi compresi gli interessi computati sulla differenza in giorni – banca sulle valute delle singole operazioni, nonché per provvigioni di massimo scoperto mai convenute, con richiesta di riclassificazione delle singole poste contabili inerenti gli impugnati rapporti di c/c in regime di tasso legale sui saldi attivi e passivi ed eliminazione delle competenze illegittimamente maturate dalla banca in relazione alle dedotte invalidità parziali (eliminazione degli interessi ultralegali, degli interessi anatocistici, in tal modo rappresentando un effettivo dare – avere tra le parti del rapporto ed evidenziando il reale stato contabile del medesimo.

Si è in tal modo prospettato, sulla soglia del giudizio fallimentare, un complesso di elementi fattuali e giuridici sufficienti ad offrire un quadro sintomatico della insussistenza dei presupposti dello stato di decozione, sotto il profilo della non imputabilità soggettiva di alcuni titoli e di talune operazioni in c/c, e della deducibilità di alcune manifeste invalidità parziali concernenti i singoli rapporti di c/c, elementi apprezzabili come rilevanti e significativi al fine di porre in seria contestazione la legittimità e la misura dei titoli esibiti dalla banca.

Si aggiunga infine che il corredo difensivo della resistente è stato integrato nella sede fallimentare da accertamenti tecnici di parte sugli esiti di riclassificazione del rapporto in applicazione del regime contabile risultante dall’accoglimento delle richiamate eccezioni di invalidità parziale e da ulteriori memorie difensive contenenti l’esame critico dell’andamento dei noti rapporti da parte di noti esperti in materia di contabilità bancaria.

Il Tribunale fallimentare evidenzia in limine la circostanza della preventiva contestazione dalla resistente del presunto credito esibito in atti, esprimendo, pur nella sommarietà di cognizione dalla procedura prefallimentare, un giudizio di rilevanza al fine della esclusione dello stato di insolvenza.

Si riporta di seguito il testo del provvedimento.





TRIBUNALE di s. MARIA CAPUA VETERE

SEZIONE FALLIMENTARE



così composto:

Dott. Andrea DELLA SELVA PRESIDENTE

Dott. Stanislao DE MATTEIS GIUDICE

Dott. Aldo CENICCOLA GIUDICE REL.



letto il ricorso del

Banco di Napoli s.p.a., in persona dei legali rapp.ti p.t.,

diretto a far dichiarare il fallimento della



Lettieri Immobiliare di Lettieri Umberto & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. LETTIERI Umberto, corrente in Caserta, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio TANZA


OSSERVA
Il credito vantato dalla banca ricorrente appare seriamente contestato dalla società resistente, la quale ha provveduto ad instaurare, anteriormente al ricorso di fallimento, autonomi giudizi per l’accertamento dell’inesistenza del credito ex adverso vantato.



Va in particolare considerato che:

· avverso il primo decreto ingiuntivo (n. 1601/95) la resistente oppone di non aver mai effettuato alcuna operazione sul conto corrente né con assegni bancari, né con altre modalità (in via subordinata contestando che il tasso applicato era superiore a quello pattuito), proponendo altresì querela di falso contro il documento contenente l’autorizzazione all’accredito di somme sul conto intrattenuto da altra società (cfr. querela del 17.10.1995);

· avverso il secondo decreto ingiuntivo (n. 2041/95) si è opposto che i documenti a firma della (…) s.r.l. non provengono dal debitore principale (espressamente disconoscendosi, ad opera dello stesso debitore, le firme di girata apposte sugli assegni e le firme delle distinte di versamento), conseguentemente invocandosi da parte del fideiussore l’applicazione degli artt. 1939 e 1957 c.c. (a cagione dell’invalidità dell’obbligazione principale), spiegandosi in conclusione domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dalla banca ricorrente;

· contro il terzo decreto ingiuntivo (n. 391/96) la resistente, oltre alle doglianze avanzate col precedente atto di opposizione, ha evidenziato che il banco ha già escusso il pegno costituito in suo favore, incamerando somme portate da un libretto bancario (circa £. 750.000.000) nonché buoni di credito industriale emessi dallo stesso Banco di Napoli, onde il ricorrente risulterebbe ampiamente garantito delle somme per i quali ha ottenuto l’ingiunzione di pagamento;

· con atto di citazione del 26.1.2000 la resistente ha, poi, convenuto in giudizio il Banco di Napoli onde ottenere la declaratoria di nullità parziale di tutti i contratti di aperture di credito in conto corrente intrattenuti col banco, ivi compreso il contratto n. 60/3 azionato con il primo decreto ingiuntivo (a cagione della nullità della clausola relativa ad interessi ‘ uso piazza ’, dell’inammissibilità della provvigione ‘ massimo scoperto ’, dell’illegittima determinazione della ‘ valuta effettiva ’, dell’illegittima applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi, della conseguente nullità delle garanzie sui singoli contratti, nonché – infine – dell’applicazione di interessi ultralegali alla presunta debitoria nascente dal primo dei decreti indicati: eccezioni in larga parte riproposte in sede di costituzione avverso il presente ricorso di fallimento).

Orbene costituisce principio consolidato che l’omesso adempimento di un’obbligazione (o di un fascio di obbligazioni scaturente da un rapporto complesso, com’è indubbiamente quello intercorrente ‘ inter partes ’) non può costituire valido fondamento della richiesta di fallimento e giustificarne l’accoglimento, ove da tale circostanza non possa trarsi la conclusione della sussistenza di uno stato di insolvenza, come nel caso in cui il credito sia giudizialmente contestato dal debitore e – a maggior ragione – se la contestazione sia stata avanzata prima della domanda proposta dal creditore al tribunale fallimentare, com’è nel caso in esame, a nulla rilevando, in tal caso, l’efficacia della clausola di provvisoria esecuzione di cui eventualmente sia munito il titolo dell’istante.

Rilevante è, semmai, al riguardo, la valutazione compiuta dal tribunale fallimentare, sia pure in via sommaria, sul carattere pretestuoso o meno delle eccezioni svolte dal debitore in ordine alla contestazione del credito posto a base dell’istanza, al fine di verificare se esse non appaiano manifestamente infondate o se invece risultino presumibilmente dirette esclusivamente a differire nel tempo il pagamento del dovuto ed a celare quindi un’ingiustificata volontà del debitore di sottrarsi all’adempimento degli obblighi assunti, per non essere, in realtà, più in grado di farvi fronte con regolarità e con mezzi normali.

Nel caso di specie la pretestuosità della contestazione giudiziale svolta dal debitore va senz’altro esclusa, in considerazione della puntualità e della complessità delle doglianze prospettate nelle rispettive sedi di accertamento giudiziale (cfr. la sopra evidenziata sintesi dei proposti motivi di opposizione).

Per altro la banca ricorrente non ha ottemperato all’invito del tribunale (in data 31.10.2000) di documentare l’attuale situazione patrimoniale della resistente, né ha fornito ulteriori elementi idonei a rendere fondatamente presumibile un conclamato stato di decozione dell’impresa, onde in assenza di ulteriori elementi da cui desumere lo stato di dissesto (altri procedimenti di esecuzione forzata mobiliare e immobiliare a carico della società resistente, protesti, ecc., diversi dalle iscrizioni ipotecarie derivanti dai decreti ingiuntivi in esame), il ricorso va rigettato.

p.q.m.

Rigetta il ricorso proposto dal Banco di Napoli diretto a far dichiarare il fallimento della Lettieri Immobiliare di Lettieri Umberto & C. s.a.s. (…)

S. Maria Capua Vetere il 16 gennaio 2001.

Il Presidente

(Della Selva)





La pronunzia presenta indubbi elementi di similarità con l’orientamento espresso dal Tribunale di Cremona e dalla Corte di Appello di Brescia nel caso SCIANNOCCA, già patrocinato da ADUSBEF, sulla rilevanza sintomatica della preventiva contestazione giudiziale del presunto insoluto debito ai fini della esclusione della tipica decozione prefallimentare, sulla base della duplice asserzione della congruità della garanzia patrimoniale offerta dalla resistente e della inesistenza genetica della presunta creditoria.

Di indubbio interesse è l’osservazione del Tribunale campano nella riportata sentenza sulla non decisività della deduzione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo ai fini dell’accertamento della liquidità del credito, stante la ovvia considerazione della sommarietà della cognizione del Giudice della fase monitoria sul punto della legittimità e della misura del credito esposto in assenza di contraddittorio sulla esistenza dei requisiti sostanziali per l’emissione dell’ingiunzione.

La Giurisprudenza fallimentare enuclea dunque un principio di immediata considerazione e generale applicazione: è necessario contestare nelle idonee sedi giudiziali il credito esposto dalla banca, evitando il consolidamento dei rispettivi titoli mediante la prospettazione analitica dei motivi di contestazione e la rappresentazione di un andamento contabile dei rapporti bancari tale da evidenziare la inesistenza e/o illiquidità della presunta debitoria ivi insistente.

Solo in tal modo è possibile intaccare i titoli vantati dalla banca e pregiudicare la posizione di insolvenza da essi rinveniente, evitando gli incerti di un giudizio a cognizione non piena quale quello della sede prefallimentare.

ADUSBEF invita pertanto gli utenti bancari ad attivarsi tempestivamente alla impugnazione giudiziale dei rapporti bancari, costituendo secondo le opportunità il terreno processuale idoneo a paralizzare l’istanza di fallimento presentata dalla banca e vincerne in tal modo le illegittime pretese.

Lecce, lì 27 gennaio 2001.

Il Vicepresidente.


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