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Pagina 2008 Brindisi/Lecce

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2008

XV
Tribunale di Brindisi
Sentenza n. 473 del 20 giugno - 7 luglio 2008


REPUBBLICA, ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BRINDISI


Il Tribunale civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Ordinario Tribunale (GOT) Avv. Quarta, ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Nel giudizio civile iscritto al n .1817 del R G. AA. CC. per l’anno 2004,
promosso da:

SACOL SRL
rappresentata e difesa dagli avv.ti Raffaele Missere ed Antonio Tanza e dom. in Brindisi

ATTRICE

CONTRO

BANCA INTESA SPA (ex Banca Commerciale Italiana)

CONVENUTA


(……….)


PQM

Il Giudice Onorario del Tribunale di Brindisi, definitivamente pronunciando sulla domanda promossa da Sacol srl — Società agricola commercio olii in persona del suo legale rappresentante pro tempere neì confronti della Banca Intesa spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, così decide:
Accoglie, per quanto di ragione, la domanda principale ripetizione somme proposta dalla Sacol srl;
Dichiara l'invalidità parziale del rapporto bancario di apertura di credito con affidamento su c/c n. 2956165.01.24 intercorso tra Sacol s.rl e Banca intesa;
Conseguentemente e per lo effetto, condanna la convenuta Banca Intesa spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, alla restituzione, in favore dell'odierna attrice, della somma di
Euro 281.276,62 (pari a £ 544.627.477), secondo i calcoli di cui alla prima prospettazione del Ctu, oltre interessi legali dalla data del ricalcalo fino al soddisfo:
Compensa per metà le spese di lite e condanna la convenuta Banca Intesa spa al pagamento in favore dell'attrice della differenza, che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 1.000,00 per diritti ed Euro 2.500,00 per onorario, oltre rimborso spese forfettarie, iva e Cap come per legge. Pone definitivamente le spese della Ctu a carico dell'attrice per l/3 (un/terzo), e a carico della convenuta peri restanti 2/3 (due/terzi). Rigetta tutte le altre richieste.
Brindisi, addì 20/06/2008
GOT Avv. V. Quarta
Pubblicata il 7 luglio 2008


XVI

TRIBUNALE DI LECCE
Seconda sezione civile
SENTENZA n° 1650
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Lecce in persona del G.U. Dr.ssa Grazia Errede ha pronunciato la seguente

SENTENZA


Nella causa iscritta al n. 1374/2001 R.G. promossa

da

G. A., elettivamente domiciliato in Lecce presso lo studio dell’Avv. Antonio Tanza che lo rappresenta e difende giusta procura in atti

-Attore e convenuto in riconvenzionale-

contro

UNICREDIT BANCA s.p.a. (già Credito Italiano s.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., elettivarnente domiciliata in Lecce presso lo studio dell’Avv. Walter Liaci che la rappresenta e difende giusta procura in atti

-Convenuta e attrice in riconvenzionale-

nonché

A. C., selettivamente domiciliata in Lecce presso lo studio dell'Avv. Antonio Tanza che la rappresenta e difende giusta procura in atti

Terza chiamata

All'udienza all'uopo fissata í procuratori delle parti precisavano le conclusioni in atti trascritte.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 23.6.2001 G. A. esponeva di avere intrattenuto con il Credito Italiano spa (successivamente denominato Unicredit Banca s.p.a.) un rapporto bancario di apertura di credito con affidamento con scopertura su conto corrente n. 26099-00 stipulato il 31.7.1992, privo di pattuizioni riguardanti le condizioni economiche dei rapporto. Contestava la misura del credito preteso dalla banca deducendo: 1) nullità della clausola relativa all'applicazione degli interessi “uso piazza” per indeterminatezza e indeteminabilità 2) nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi non ricorrendo alcun uso normativo; 3) indebita applicazione della capitalizzazione sulla commissione di massimo scoperto per inesistenza di accordo contrattuale a riguardo; 4) erronea determinazione, a svantaggio dell’attore, dei giorni di valuta; 5)inesattezza del tasso effettivo globale applicato. Chiedeva pertanto dichiararsi la nullità parziale del contratto di apertura di credito e rideterminarsi l’esatto dare-avere tra le parti contrattuali, condannando, nell’ipotesi di indebito pagamento di somme da parte attrice, la banca alla restituzione delle somme eventualmente riscosse oltre interessi legali dalla data della riscossione, con vittoria di spese e distrazione a favore del procuratore antistatario.
Costituendosi in giudizio la Banca convenuta contestava integralmente le avverse richieste ed argomentazioni, deducendo l’esistenza di un accordo scritto sugli interessi -asseritamente andato tuttavia smarrito-, e che tale accordo doveva ritenersi valido e legittimo anche in considerazione della mancata contestazione nei termini degli estratti conto portanti –tra l’altro gli interessi computati dalla Banca. Assumeva altresì essere parimenti legittima la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi sul rilievo che, nella pratica bancaria, ricorresse quell’“uso contrario” che, giusto il disposto dell’art, 1283 c.c., consentiva il ricorso all’anatocismo, come pure asseriva la legittimità dell’applicazione della commissione di massimo scoperto e l’infondatezza delle questioni riguardanti la valuta. Concludeva chiedendo il rigetto della domanda attrice e spiegando, anche nei confronti di A. C. quale fideiubenda –di cui chiedeva, offendendola, la chiamata in causa- domanda-riconvenzionale per il pagamento della somma di lire 4.507.647 oltre interessi, con vittoria di spese.
A. C. si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda formulata dalla Banca nei confronti propri e dell’attore G..
Istruito il giudizio con la produzione documentale delle parti e consulenza tecnica contabile d’ufficio, all’udienza dell’11.7.2007 la causa veniva trattenuta in decisione con termini di legge per deposito e scambio di conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Risulta dall’incarto processuale che in data 31.7.1992 G. A. stipulava con il Credito Italiano un contratto di apertura di credito mediante affidamento con scopertura su c/c n. 26099-00 nel cui regolamento non veniva prevista né la indicazione in cifre del tasso d’interesse, restando contrattualmente stabilito il rinvio agli interessi praticati sulla piazza, né la indicazione della commissione di massimo scoperto. Era tuttavia prevista la produzione degli interessi sugli interessi in via trimestrale con la capitalizzazione degli stessi e delle competenze.
Ed allora, quanto alla validità della clausola relativa agli
interessi cd “uso piazza” di cui all’art. 7 del regolamento contrattuale, val la pena di ricordare il noto ed oramai consolidato orientamento nomofilattico –da cui non si ha motivo di discostarsi- secondo il quale “La convenzione relativa alla determinazione degli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto di cui all’art.1284 co. 3 c.c., quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri in essa oggettivamente indicati e richiamat. Una clausola contenente un generico riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle “aziende di credito sulla piazza” può pertanto ritenersi univoca se coordinata alla esistenza dì vincolanti discipline fissate su larga scala nazionale con accordi di cartello, ma non anche quando tali accordi contengano riferimenti a diverse tipologie dl tassi e non consentano, per la loro genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso fare concreto riferimento. Nel caso di rinvii agli usi di piazza, pertanto, è necessario accertare, con riferimento al singolo rapporto dedotto, secondo la disciplina del tempo, se l'elemento estrinseco di riferimento permetta una sicura determinabilità della prestazione di interessi, pur nella variabilità dei tassi nel tempo, senza successive valutazioni discrezionali da parte della banca” (Cass. sent. 4696 dell'8.5.98; conf. Cass. sent. 6247 del 23.6.98). Tale essendo il paradigma ermeneutico di riferimento, nel caso di specie si osserva che la banca convenuta non ha fornito prova a riguardo della certezza della misura del tasso, non preoccupandosi di offrire una reale spiegazione in ordine alla loro modalità di formazione e rilevamento. Ne consegue che uno degli elementi fondamentali (il tasso convenzionale di interesse sui conti debitori) nella determinazione del saldo finale indicato dalla banca viene sostanzialmente a mancare per indeterminatezza dell’oggetto e conseguente nullità del contratto in parte qua (artt. 1418-1346 c.c.). Avuto riguardo alla data di stipula del contratto troverà quindi applicazione, con riferimento alla determinazione del tasso d’interesse debitario, la disciplina prevista dalla legge n. 154/92 prima e dal T.U. 385 del 1993 dopo. In particolare, sebbene l'art. 117 T.U. faccia riferimento ai tassi dei buoni del tesoro emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, la norma va necessariamente applicata in riferimento ai tassi dell’anno precedente la entrata in vigore della legge, non rispondendo alla ratio della nuova disciplina il rinvio al tasso praticato al momento della stipula di un contratto, poiché verosimilmente risalente nel tempo.
Con riferimento all’anatocismo, devesi rilevare anche d’ufficio la nullità della relativa clausola di previsione inserita all’art. 7 del contratto bancario in atti, risultando ormai pacifico il principio di diritto secondo il quale “
La clausola di un contratto bancario che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente deve reputarsi nulla in quanto basata su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c.) e non su un uso normativo (ex artt. 1 e 8 delle preleggi al c.c.) come esige l’art. 1283 c.c., laddove prevede che l’anatocismo non possa ammettersi (salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione successiva alla scadenza degli interessi) in mancanza di usi contrari”. L’inserimento della clausola nel contratto, in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI non esclude la suddetta nullità, poiché a tali norme deve riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali, non quello di usi normativi (Cass, sent.12507 dell ' 1 1.11.99).
Com’è noto la Cassazione, mutando il precedente indirizzo, ha escluso l’esistenza di un uso normativo in deroga al divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c.:
“La previsione contrattuale della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria è nulla, in quanto anteriore alla scadenza degli interessi” (Cass, sent. 2374 del 16.3.99). Peraltro, poco dopo l’affermazione di tale principio lo stesso legislatore è intervenuto introducendo, con l’art. 25 del D.lgs, n. 342/99, al primo comma dell’art. 120 TU due nuove disposizioni. Con la prima (che ha introdotto il 2^ comma dell’art. 120) ha attribuito al CICR il potere di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria (con delibera del 9.2.2000 il CICR ha provveduto all'incombente riconoscendo la possibilità di capitalizzazione degli interessi creditori e debitori simmetrici). Con la seconda, che ha introdotto il co. 3^ dell’art. 120 TU, ha stabilito che “Le clausole relative alla produzione di interessi su interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2^, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera che stabilirà altresì le modalità ed i tempi dell’adeguamento. In difetto di adeguamento le clausola divengono inefficaci e l’inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente”. Su tale ultima previsione è tuttavia intervenuta la Corte Costituzionale con la pronuncia n. 425/2000, dichiarandone la incostituzionalità nella parte in cui stabiliva la validità ed efficacia delle clausole relative alla capitalizzazione degli interessi passivi contenute nei contratti anteriori al D.lgs 432/99 e fino all’entrata in vigore della delibera CICR (22.4.00) che ha stabilito le modalità ed i criteri per la produzione dì interessi su interessi. Di recente, le Sezioni Unite della Suprema Corte con la nota pronuncia n. 21095 del 7 ottobre-4 novembre 2004 hanno definitivamente escluso la possibilità di formazione di un uso negoziale che possa derogare al divieto di anatocismo. La clausola di applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi risulta affetta da nullità siccome non supportata da usi normativi ed inidonea a derogare la disposizione imperativa di cui all’art. 1283 c.c. Non può ritenersi vigente nel nostro ordinamento un uso normativa che autorizzi gli istituti di credito a procedere alla capitalizzazione trimestrale, poiché un uso di tal portata non risulta essere stato esistente nel nostro ordinamento in epoca anteriore o coeva al 1942, ed inoltre le norme bancarie uniformi emesse dall'ABI non sono fonti di produzione del diritto ma solamente schemi contrattuali uniformi che l’associazione delle imprese di credito propone ai suoi associati. Di fronte alla pratica generalizzata degli istituti di credito di inserire nei contratti bancari (peraltro stipulati con moduli prestampati predisposti dalle banche) la capitalizzazione trimestrale degli interessi, l’atteggiamento mentale dei clienti non è quello di accettazione di una pattuizione ritenuta conforme ad un precetto giuridico, ma piuttosto quella di una sorta di adesione necessaria (secondo la regola del prendere o lasciare) ad una clausola imposta dal contraente più forte. Né tali condizioni possono essere contrastate dal rilievo della mancata contestazione -da parte del cliente-debitore-ndegli estratti di conto corrente inviati poiché detta contestazione afferisce al profilo contabile degli addebiti e degli accrediti, ma non si estende alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano, né l'approvazione o la mancata impugnazione dei conto comportano che il debito fondato su un negozio nullo, annullabile o inefficace resti definitivamente incontestabile (cfr., Cass. Sent. 10186 del 26.7.2001).
Come rilevato in giurisprudenza, inoltre, l’uso normativo postula la contestuale ricorrenza di due requisiti, rispettivamente di carattere oggettivo e soggettivo consistenti nella uniforme e costante ripetizione di una determinata condotta accompagnata dalla consapevolezza di osservare una norma giuridica, sicché l’uso –come la norma- deve possedere i requisiti della generalità e dell'astrattezza. In tale contesto, poco rileva che la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente alla banca trovi generale riscontro nei loro rapporti, posto che l’applicazione della capitalizzazione stessa discende dalla previsione contenuta negli schemi contrattuali predisposti dalle banche in base a norme bancarie uniformi aventi natura patrizia: la prassi così instaurata si collega al modo di operare di uno dei soggetti del rapporto –la banca- cui il cliente non può di fatto sottrarsi. Tale ricostruzione porta ad escludere che l’osservanza della prassi sia accompagnata dalla convinzione di attuare una regola volta a disciplinare giuridicamente determinate situazioni: in sostanza, nell'ambito dei rapporti bancari il cliente stipula sulla base delle condizioni generali fissate dalla banca, ed il fatto stesso che si avverta la necessità di inserire la clausola anatocistica tra quelle condizioni ne valorizza la natura negoziale, non normativa,
L’esclusione dell’uso normativa comporta la declaratoria di nullità della clausola, in quanto questa imponendo una capitalizzazione trimestrale anteriore alla scadenza degli interessi si pone in contrasto con la norma inderogabile dell’art. 1283 c.c.
Una volta ritenuta la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, reputa questo giudice di dover aderire al recente orientamento della giurisprudenza nomofilattica secondo il quale l’anatocismo trimestrale deve essere sostituito con quello annuale, Quanto alle commissioni di massimo scoperto, dall'esame del contratto non risulta prevista alcuna pattuizione a riguardo, sicché nulla è dovuto per il relativo titolo trattandosi peraltro di ulteriore voce di addebito nulla per mancanza di causa poiché sostanziantesi in un ulteriore e non pattuito aggravio di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti per l'utilizzazione dell'apertura di credito (sul punto cfr. Trib. Lecce, 11.5.2005, Pensa e/ MIPS GCB s.p.a.).Alla luce di quanto precede, tenuto conto della nullità della clausola anatocistica, escluso l'ammontare delle commissioni di massimo scoperto, occorre prendere in considerazione il conteggio che determina l’ammontare del debito sulla base della sorte capitale e degli interessi calcolati in regime di saggio legale tempo per tempo vigente dell'interesse debitore, sicché alla stregua dell'indagine demandata al CTU -improntata ai corretti parametri della disciplina contabile- si perviene ad un credito in favore dell'attore di complessivi
euro 13.602,92. Peraltro, a riguardo dell’eccezione di prescrizione sollevata da parte convenuta, il giudicante non può che evidenziarne l'infondatezza in linea con il consolidato orientamento nomofilattico secondo il quale “il momento iniziale del termine prescrizionale decennale per il rèclamo della somme indebitamente trattenute dalla banca a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una serie dl atti esecutivi, sicchè è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente e credltl ed i debiti delle parti tra loro” (Cass. 9.4.84 sent.2262), Nel caso di specie, il termine prescrizionale risulta evidentemente tempestivamente interrotto dalla citazione.
Sulla somma così determinata devono inoltre essere corrisposti gli interessi legali dal dì della domanda al soddisfo.
All’accoglimento della domanda attrice consegue il rigetto della riconvenzionale proposta dalla Banca nei confronti del debitore principale e di A. C. nella qualità di fideiubenda.
(….)
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da G. A. contro Unicredit Banca s.p.a. (già Credito Italiano s.p.a.) la accoglie per quanto di ragione e per l’effetto dichiara la nullità parziale dei contratto stipulato il 31.7.1992.
Condanna la banca convenuta al corrispondere in favore di G. A. la somma di
euro 13.602,92, oltre interessi legali dal dì della domanda al soddisfo.
Rigetta ogni altra domanda.
Condanna l'Istituto di credito a pagare in favore di G. A. e di A. C. le spese di giudizio che si liquidano per ciascuna parte in euro 1.468,00 per diritti, euro 2.500,00 per onorario, oltre spese forfettarie, iva e cap e spese di consulenza per intero.
Lecce, 16.6.2008


Il G.U.
Dr.ssa Grazia Errede




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