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(ANSA) - ROMA, 19 dic - La Banca d'Italia "ha evitato in extremis, il pignoramento della scrivania del Governatore della Banca d'Italia Fazio, che doveva essere eseguito domattina alle ore 10,00 da un ufficiale giudiziario, per effetto della sentenza emessa dal Giudice di Pace di Lecce il 15 settembre 2005, che aveva condannato Via Nazionale, diramazione della Bce, a rimborsare un socio Adusbef, per l'illecito diritto di signoraggio, quantificato da una perizia tecnica in 5 miliardi di euro, ossia 87 euro per ogni cittadino italiano residente". Lo rende noto l'Adusbef, precisando che Palazzo Koch "ha infatti inviato un vaglia cambiario 276,68 euro (87 euro più le spese), corrispondente all' importo precettato, a favore di Giovanni De Gaetanis, il socio Adusbef che assistito dall'avvocato Antonio Tanza aveva proposto e vinto il ricorso pilota davanti al Tribunale di Lecce, che aveva ha dichiarato,seppur in prima istanza, nullo un diritto feudale di signoraggio (come la carica del Governatore) quantificato in 5 miliardi di euro". La sentenza del tribunale di Lecce è "il primo colpo giudiziario in assoluto al diritto di signoraggio. Il signoraggio è un antico istituto derivante dal sovrano che battendo moneta, ne garantiva il valore nel tempo ed in cambio di quella specifica garanzia feudale (come la carica a vita del Governatore della Banca d'Italia), tratteneva una parte di quell'oro. Oggi - aggiunge l'Adusbef - che neppure le riserve auree garantiscono più la moneta, al punto che è sparita la scritta pagabili al portatore, è rimasto quel diritto feudale di signoraggio i cui proventi vengono incamerati dalla Banca d'Italia, che non appartiene più allo Stato ma a banche private ed altri soggetti che incassano parte di tale introiti". "I cittadini quindi hanno continuato a pagare quella che è diventata una sorta di tassa agli istituti di credito, in violazione dello stesso statuto della Banca d'Italia che all'articolo 3, comma 3 parla chiaro: la banca appartiene allo Stato. Quindi, è stata la conclusione del giudice la sottrazione del reddito da signoraggio in danno alla collettività è di 87 per singolo cittadino residente alla data del 31 dicembre 2003, per un controvalore di 5.023.632.491 euro, che deve essere restituito. Un altro duro colpo ad un Governatore - conclude l'Adusbef - che si continua a comportare come un sovrano, un monarca assoluto, arroccato a difendere con le unghie e con i denti assurdi privilegi, che cadranno tutti sotto i maglio della magistratura, sia civile che penale. Sul sito dell'Adusbef fac-simile ed atto di citazione che ogni cittadino può e deve fare, contro la Banca d'Italia, per la restituzione del maltolto".(ANSA).
Roma, 19 dic. (Apcom) - "La Banca d'Italia ha evitato in extremis, il pignoramento della scrivania del Governatore della Banca d'Italia Fazio,che doveva essere eseguito domattina alle ore 10,00 da un ufficiale giudiziario, per effetto della sentenza, emessa dal Giudice di Pace di Lecce Cosimo Rochira il 15 settembre 2005,che aveva condannato Via Nazionale, a rimborsare un socio Adusbef, per l'illecito diritto di signoraggio,quantificato da una perizia tecnica in 5 miliardi di euro, ossia 87 euro per ogni cittadino italiano residente" lo afferma l'Adusbef in una nota, aggiungendo che Bankitalia ha obbedito alla sentenza "anche se impugnata in Cassazione". Secondo l'Adusbef via nazionale "ha infatti inviato un vaglia cambiario n. 1698016555 di 276,68 euro (87 euro più le spese), corrispondente all'importo precettato ,a favore di Giovanni De Gaetanis, il socio Adusbef che assistito dall'avv. Antonio Tanza aveva proposto e vinto il ricorso pilota davanti al Tribunale di lecce, che aveva ha dichiarato, seppur in prima istanza,nullo un diritto feudale di signoraggio". Il signoraggio - spiega l'Adusbef - è un antico istituto derivante dal "sovrano che battendo moneta", ne garantiva il valore nel tempo ed in cambio di quella specifica garanzia feudale. Oggi che neppure le riserve auree garantiscono più la moneta, al punto che è sparita la scritta "pagabili al portatore", è rimasto quel diritto feudale di signoraggio i cui proventi vengono incamerati dalla Banca d'Italia".
La Repubblica del 30/09/2005
E per via Nazionale rischio megarisarcimento il caso Sì al ricorso di un cittadino contro il "signoraggio"
ROMA - Il primo colpo al diritto di signoraggio arriva da un giudice di Pace di Lecce, Cosimo Rochira. Ha condannato la Banca d'Italia a pagare 87 euro a un cittadino italiano. Il motivo? Bankitalia ha trattenuto indebitamente una somma che di diritto spetta allo Stato italiano. E' un istituto antico il signoraggio, che ha perso valore col tempo. Una volta il sovrano batteva monete d'oro, ne garantiva il valore e in cambio della garanzia tratteneva una parte di quell'oro. Non è più così, nemmeno le riserve auree garantiscono più la moneta. Tanto che sulle banconote è sparita la scritta "pagabili al portatore". Il signoraggio però è rimasto e i proventi finiscono nelle casse di Bankitalia. "Il problema e da qui la condanna - spiega l'avvocato Antonio Tanza dell'Adusbef, che ha curato la causa - è che da anni Palazzo Koch non appartiene più allo Stato, ma a banche private. Dunque i cittadini hanno continuato a pagare quella che è diventata una sorta di tassa agli istituti di credito, in violazione dello stesso statuto della Banca d'Italia che all'articolo 3, comma 3 parla chiaro: la banca appartiene allo Stato". Quindi, è stata la conclusione del giudice la sottrazione del reddito da signoraggio in danno alla collettività è di 87 per singolo cittadino. E gli altri? "Il nostro obiettivo spiega - Tanza - è chiedere che il maltolto venga restituito allo Stato. Si tratta di circa 5 miliardi di euro". E' già pronta una lettera aperta al ministro dell'Economia Tremonti. (b.ar.). Economia E per via Nazionale rischio megarisarcimento il caso Sì al ricorso di un cittadino contro il "signoraggio" ROMA - Il primo colpo al diritto di signoraggio arriva da un giudice di Pace di Lecce, Cosimo Rochira. Ha condannato la Banca d'Italia a pagare 87 euro a un cittadino italiano. Il motivo? Bankitalia ha trattenuto indebitamente una somma che di diritto spetta allo Stato italiano. E' un istituto antico il signoraggio, che ha perso valore col tempo. Una volta il sovrano batteva monete d'oro, ne garantiva il valore e in cambio della garanzia tratteneva una parte di quell'oro. Non è più così, nemmeno le riserve auree garantiscono più la moneta. Tanto che sulle banconote è sparita la scritta "pagabili al portatore". Il signoraggio però è rimasto e i proventi finiscono nelle casse di Bankitalia. "Il problema e da qui la condanna - spiega l'avvocato Antonio Tanza dell'Adusbef, che ha curato la causa - è che da anni Palazzo Koch non appartiene più allo Stato, ma a banche private. Dunque i cittadini hanno continuato a pagare quella che è diventata una sorta di tassa agli istituti di credito, in violazione dello stesso statuto della Banca d'Italia che all'articolo 3, comma 3 parla chiaro: la banca appartiene allo Stato". Quindi, è stata la conclusione del giudice la sottrazione del reddito da signoraggio in danno alla collettività è di 87 per singolo cittadino. E gli altri? "Il nostro obiettivo spiega - Tanza - è chiedere che il maltolto venga restituito allo Stato. Si tratta di circa 5 miliardi di euro". E' già pronta una lettera aperta al ministro dell'Economia Tremonti. (b.ar.).
Gazzetta del Mezzogiorno di Venerdì 30 settembre 2005
Un'importante sentenza del giudice di pace
Lecce, la Banca d'Italia dovrà rimborsare 87 ad ogni italiano.
Non è più ente di diritto pubblico e non gli spetta più il «signoraggio»
LECCE Una buona notizia per le tasche degli italiani. Grazie all'importante sentenza pronunciata a Lecce da un giudice di pace, le famiglie torneranno in possesso di 87 euro per ogni singolo componente, tanti quanti sono i soldi che per via del cosiddetto «diritto di signoraggio», il fisco ha prelevato loro nel corso degli anni. La sentenza, pronunciata due giorni fa e depositata ieri, è del giudice Cosimo Rochira, ed ha effetto immediato. Direttamente in busta paga o col sistema del rimborso in occasione della dichiarazione dei redditi, nelle tasche dei cittadini rientreranno cinque miliardi di euro. Alla decisione del giudice, si è giunti dopo la vertenza sollevata dal vice presidente nazionale dell'Adusbef, l'avvocato Antonio Tanza. Essa ha a che fare appunto con il «diritto di signoraggio», che attraverso le entrate del fisco, lo Stato riconosce alla Banca d'Italia. Secondo le argomentazioni dell'avvocato Tanza, evidentemente fatte proprie dal giudice di pace, tale diritto era per così dire sacrosanto sino a quando la Banca d'Italia era ente di diritto pubblico. Ma poiché dal 1990, la proprietà dell'istituto è al cinque per cento dell'Inps e per il restante 95 di banche private e compagnie di assicurazioni che a loro volta sono proprietarie di banche, tale diritto deve ritenersi decaduto. Perché la Banca d'Italia non è più pubblica, bensì privata. Ed a nessun privato, sino a prova contraria, lo Stato può elargire denaro, tanto più il denaro dei contribuenti. Una sentenza importante, dunque, che il vice presidente dell'associazione, ha definito «epocale», affrettandosi subito dopo ad allestire sul sito www.studiotanza.it, il modulo per richiedere la restituzione del maltolto. Che, vale la pena sottolienare, potrà essere richiesto da ogni singolo cittadino, ivi compresi i minorenni, senza doversi rivolgere anche ad un legale e senza pagare un solo centesimo. La clamorosa sentenza è sicuramente destinata a far discutere, non fosse altro perché, anche per un colosso come la Banca d'Italia, l'esborso di cinque miliardi di euro, non potrà non creare disagi di gestione. Va comunque da sé, che avverso alla sentenza del giudice Rochira, c'è anche da attendersi l'impugnazione. Toti Bellone
(28/9/2005 14:20) | PARMALAT, ADUSBEF: "IRRICEVIBILE LA SANTA ALLEANZA CONTRO LE BANCHE"
(Sesto Potere) - Milano - 28 settembre 2005 - Si apre oggi a Milano il Processo Parmalat, che vede costituita Adusbef parte civile a tutela di migliaia di risparmiatori truffati (sarà presente l’avv. Antonio Tanza), anche grazie agli omessi controlli delle autorità vigilanti, che hanno girato la testa dall’altra parte per non vedere.
Ma Adusbef, che aveva denunciato alle Procure della Repubblica di Milano, Parma e Roma,il 9 dicembre 2003,la grande truffa Parmalat a danno del mercato e dei risparmiatori, mettendo sul sito il fac-simile di esposto da inviare alla Procura di Milano, per non far scippare la competenza e che ha portato le banche in giudizio nei tribunali civili ottenendo la nullità dei contratti, ritiene irricevibile la proposta della difesa di Calisto Tanzi,di far fronte comune contro le banche.
"Non si possono confondere le responsabilità, in uno dei più gravi crack finanziari,cercando di attenuarle con una sorta di Santa alleanza tra i rappresentanti dei risparmiatori e gli autori della bancarotta che ha messo sul lastrico 135.000 risparmiatori": ha dichiarato il Presidente Adusbef Elio Lannutti.
(Sesto Potere)
Gazzetta del Mezzogiorno di Mercoledì 30 marzo 2005
Il caso: La Procura della Repubblica indaga su una frode clamorosa. Finora ne ha fatto le spese la Banca Popolare Pugliese. Sua la denuncia
Fidejussioni fasulle per 11 milioni
Nei guai imprenditore di Sogliano che aveva ottenuto una linea di credito tramite un broker
Due fidejussioni fasulle tengono con il fiato sospeso banchieri ed imprenditori salentini. Non hanno nulla a che vedere con le degenerazioni del calcio e le iscrizioni ai campionati, ma in ballo ci sono sempre cifre da capogiro: undici milioni di euro. Le fidejussioni sono «scoppiate» fra le mani della Banca Popolare Pugliese: dovevano servire come garanzia per un maxi-investimento in Albania. L'istituto di credito se n'è accorto quando il finanziamento era già stato accordato e in parte utilizzato per circa tre milioni. Ora indaga la Procura. L'inchiesta è stata affidata al sostituto procuratore Antonio De Donno. Denunce sono state presentate da una parte (la banca che grida alla truffa) e dall'altra (l'imprenditore che si dice vittima della mancata professionalità di chi non si è accorto del clamoroso falso). La storia comincia un anno fa. Marcello Aloisi, imprenditore originario di Sogliano, ma da un po' di tempo trasferitosi in Albania (dove è socio con altri italiani di una società di acquacoltura), ha un progetto: realizzare un maxi insediamento turistico con dodicimila posti letto su un'area di 115 ettari. Un'operazione che ha la benedizione del governo albanese e che richiede un impegno finanziario di 300 milioni di euro. Il primo passo, però, è quello di realizzare gli interventi di urbanizzazione. Costo: otto milioni di euro.
E tocca ad Aloisi, nominato General contractor, trovare i finanziamenti. Diversi istituti di credito si dicono interessati. Anche la Banca popolare pugliese che a Tirana ha un Ufficio di rappresentanza. Occorre, però, una fidejussione che faccia stare tranquilli un po' tutti. La Bpp pretende che la garanzia sia rilasciata da un «istituto bancario estero di primaria importanza». Nel frattempo dai vertici dell'istituto di credito arriva l'ok all'operazione e la banca si dice «lieta di mettere a disposizione una linea di credito di dieci milioni di euro, purché garantita in ragione del 110 per cento». In campo scendono i broker. Si stabiliscono contatti con la Deutsche Bank le cui pretese, però, non soddisfano la Bpp. Le trattative vanno avanti. Si sondano anche altri istituti di credito finché nella scena non si materializza il promotore finanziario romano A. Q.. E' lui che conferma la possibilità di far ottenere la fidejussione della Banca di Roma. Costo dell'operazione due milioni e 750mila euro. A partire da agosto i contatti si fanno sempre più intensi. Ci si incontra anche a Lecce, in piazza Mazzini. E ci sono i primi passaggi di denaro: anticipi per avviare la pratica. Due mesi dopo, in un hotel romano Aloisi stringe la mano ad Antonio Lucchi, che si presenta come referente della Banca di Roma per la definizione della pratica. La cosa è fatta: ci sono gli agganci giusti. Almeno così pensa Aloisi che nel frattempo ottiene dal governo albanese il via libera ai lavori. Cominciano i contatti fra la Popolare pugliese ed i presunti referenti della Banca di Roma. Aloisi viene messo a conoscenza dei rapporti fra i due istituti di credito senza aver mai alcun contatto diretto (almeno così sostiene). A dicembre è uno dei massimi esponenti della Banca popolare pugliese a comunicare all'imprenditore l'attivazione della linea di credito.
Così Aloisi salda il conto con «i romani» che indicano tre società a favore delle quali effettuare i bonifici per due milioni e mezzo di euro. Il frutto della truffa. Per Aloisi (che mai ha dubitato di nulla sulla scorta dei contatti fra i "romani" e i funzionari della Bpp) ormai è fatta. Ma l'11 gennaio scorso arriva la doccia fredda. Le fidejussioni (due da cinque milioni e mezzo di euro ognuna) sono fasulle. Tutto falso. La conferma arriva dalla Banca di Roma, all'oscuro dell'intera operazione, e anche dal notaio, il cui sigillo compare sulle fidejussioni. La falsità delle garanzie è saltata fuori da un'ispezione interna. Si corre ai ripari e si revoca l'apertura del credito per salvare il salvabile: dei dieci milioni erogati, l'imprenditore ha utilizzato solo tre milioni e mezzo di euro. Gianfranco Lattante
Gazzetta del Mezzogiorno di Venerdì 11 marzo 2005
Un convegno di studi: «Ci si può fidare delle banche?»
Incontro di presentazione, questa mattina alle ore 10.30 nel salottino privato dell'hotel Tiziano, del convegno di studi nazionale dal titolo: «Risparmio tradito, anatocismo, prodotti derivati: fidarsi delle banche?». Organizzato dall'Adusbef, l'associazione a difesa degli utenti dei servizi bancari e finanziari e dall'Ipc, l'istituto pugliese consumatori, il convegno si terrà venerdì 18 (dalle ore 16 alle 20.30) e sabato 19 (dalle ore 9.30 alle 13.30), nella sala delle conferenze dello stesso Tiziano. La presentazione del convegno, verrà fatta dal vice presidente nazionale dell'Adusbef, l'avvocato Antonio Tanza. Alla due giorni di studio e dibattito, hanno tra gli altri dato l'adesione il presidente nazionale dell'associazione, Elio Lannutti, Daniela Primicerio, direttore generale del Ministero delle attività produttive e presidente del Comitato nazionale utenti e consumatori, ed ancora il professore Beppe Scienza dell'Università di Torino, il vice presidente del gruppo dei Ds alla Camera, Mauro Agostini, il professore Vincenzo Carbone, primo presidente aggiunto della Corte di cassazione, e il vice direttore generale vicario del Monte dei Paschi di Siena, Pier Luigi Corsi. «Le tematiche bancarie e finanziarie verranno ampiamente trattate nel convegno - ha dichiarato l'avvocato Tanza -, che visto l'attuale momento storico, appare un evento per la città di Lecce, anche tenuto conto della presenza di numerosi studiosi, giuristi, economisti e consumatori provenienti da tutte le parti d'Italia».
GAZZETTA del MEZZOGIORNO
del 22 febbraio 2005
IL CONVEGNO
L'anatocismo affrontato dal vice presidente nazionale dell'Adusbef
Consumatori, un punto a favore
La Cassazione: è illegittimo calcolare gli interessi sugli interessi
Il forte attrito sviluppatosi negli ultimi venti anni tra consumatori e istituti di credito, registrato nelle aule dei Tribunali, analizzato dai magistrati di Cassazione, dalla Corte Costituzionale e corretto più volte dal legislatore, sembra ormai essere arrivato ad una svolta. Grazie ad una recentissima sentenza delle sezioni unite della Cassazione, la n. 21095 del 4 novembre scorso, la partita si chiude questa volta con un unico vincitore, il cliente, e con quella che le associazioni di tutela dei consumatori hanno salutato come la disfatta delle banche. Ne hanno discusso in un convegno, organizzato ieri a Taranto alla Cittadella delle imprese, alcuni imprenditori locali, capeggiati da Gianni La Gioia, insieme al vice presidente nazionale dell'Adusbef, l'avvocato Antonio Tanza, del foro di Lecce. La materia trattata riguarda l'anatocismo, ovvero l'occulta pratica della moltiplicazione esponenziale degli interessi effettuata dalle banche. L'avvocato Tanza ha ricostruito il lungo percorso che l'Adusbef ha seguito negli ultimi anni sino ad ottenere una tutela rafforzata di colui che, nel rapporto contrattuale con gli istituti di credito, rappresenta il «contraente debole». E se prima le banche avevano scelto di respingere qualsiasi soluzione conciliativa per rendersi disponibili a rimborsare solo dopo la pronuncia di una sentenza definitiva - forti, tra l'altro, della bassa percentuale delle azioni legali promosse per ottenere la restituzione di somme percepite a titolo di interessi su interessi -, oggi le cose potrebbero cambiare. Ma cosa dice di così importante la citata sentenza della Cassazione? La Corte sancisce definitivamente che la trimestralizzazione degli interessi è illegittima sin dalla sua prima applicazione. Le banche, quindi, sono tenute a restituire tempestivamente tutte le somme illegittimamente trattenute dall'inizio del rapporto bancario sino al momento della richiesta effettuata dal cliente. Il passaggio-chiave della sentenza è rappresentato dal paragrafo in cui si legge testualmente che «l'evoluzione del quadro normativo ha innegabilmente avuto il suo peso nel determinare la ribellione del cliente relativamente a prassi negoziali, come quella della capitalizzazione trimestrale di interessi dovuti alle banche, risolventesi in una non più tollerabile sperequazione di trattamento imposta dal contraente forte in danno della controparte più debole». Agli effetti positivi della sentenza sono interessati tutti i clienti bancari, che hanno pagato interessi alla banca quando il proprio conto è andato in rosso, dall'entrata in vigore del codice civile (avvenuta nel 1942) sino ad oggi. Per i soli contratti di conto corrente aperti successivamente al 22 aprile 2000, data dell'entrata in vigore di una delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, il recupero dell'anatocismo non è possibile. Sabrina Esposito
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