Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Pagina 2008 Rutigliano/Firenze

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2008

XXI

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bari – Sezione Distaccata di Rutigliano – in persona del dr. Pietro MASTRONARDI, in funzione di Giudice Unico, ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa civile, in prima istanza, iscritta al n.191 del R.G. del 2001,

TRA

V. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Avv. A. G. V., nonché per i sigg.ri A. G., Pietro e V. N. L. V., tutti rappresentati e difesi all’avv. Antonio TANZA,

- Attori

CONTRO

INTESA SAN PAOLO IMI S.p.A. (incorporante del Banco di Napoli Spa), in persona del suo rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Giuseppe Trisorio LIUZZI,

- Convenuta

E CONTRO

INTESA SAN PAOLO IMI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, quale mandatario della S.G.A. – Società per la gestione di Attività- S.p.A., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Giuseppe Trisorio LIUZZI ,

- Intervenuta volontaria

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con Atto di citazione, notificato in data 17 aprile 2001, gli odierni attori convenivano in giudizio, innanzi all’On. le intestato Tribunale il Banco di Napoli S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, esponendo i complessi rapporti (di c/c e di mutuo), intrattenuti con la Filiale di Conversano (Bari) dell’ex BANCO DI NAPOLI SpA, e contestando i numerosi addebiti di competenze, effettuati dalla Banca in relazione agli impugnati rapporti bancari poichè, nell’ambito di ciascuno di essi, risulterebbero applicati rispettivamente interessi, remunerazioni e costi non concordati e non dovuti, poichè superiori ai limiti imperativi stabiliti dalla legge, in ogni caso superiori a quelli nominali ed, in particolare. Le conclusioni degli attori rassegnate nelle memorie ex art. 183, comma 5, C p c , datate 10 marzo 2003, erano le seguenti: “Voglia l’On.le Tribunale adito, respinta ogni altra istanza, in accoglimento dei motivi su esposti: IN VIA PRINCIPALE 1. ACCERTARE e DICHIARARE l’invalidità a titolo di nullità parziale del contratto di apertura di credito mediante affidamento con scopertura su c/c ordinario n. 27.1845 e su c/c n. 60/6 per anticipazione su effetti SBF, oggetto del rapporto tra parte attrice e la banca, particolarmente in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, della determinazione ed applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all’applicazione della provvigione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi per c.d. giorni – valuta, dei costi, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese; 2. ACCERTARE e DICHIARARE, previo accertamento della scopertura media in linea capitale e del Tasso Effettivo Globale annuale ivi applicato, l’annullamento dei contratti di mutuo sopra indicati ex artt. 1427 e 1439 c.c. e/o per violazione della buona fede nella conclusione e nella esecuzione dei contratti; 3. ”ACCERTARE la difformità tra tasso contrattuale e tasso contrattuale effettivo di ammortamento, DICHIARARE, ai sensi dell’art. 1284 c.c., 1283 c.c. e 1419 c.c., la nullità della clausola dell’interesse ultralegale ed il ricalcalo dell’intero rimborso al tasso legale di volta in volta in vigore, con eliminazione dell’anatocismo”. 4. ACCERTARE e DICHIARARE, per l’effetto, l’esatto dare - avere tra le parti in base ai risultati del ricalcolo che potrà essere effettuato in sede di C.T.U. contabile su ciascuno degli rapporti di mutuo e sulla base dell’intera documentazione relativa al rapporto di apertura di credito e ai rapporti di mutuo; 5. DETERMINARE il costo effettivo annuo degli indicati rapporti bancari (mutuo e c/c); 6. ACCERTARE e DICHIARARE, previo accertamento del Tasso effettivo globale, la nullità e l'inefficacia di ogni e qualsivoglia pretesa della convenuta banca, in relazione all’indicato rapporto di apertura di credito, per interessi, spese, commissioni, e competenze per contrarietà al disposto di cui alla legge 7 marzo 1996 n. 108, perché eccedente il c.d. tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento, con l’effetto, ai sensi degli artt. 1339 e 14192 c.c., della applicazione del tasso legale senza capitalizzazione; 7. CONDANNARE la convenuta banca alla restituzione della somme illegittimamente addebitate e/o riscosse in relazione a ciascuno agli indicati rapporti, oltre agli interessi legali creditori in favore degli odierni istanti; 8. CONDANNARE la banca al risarcimento dei danni subiti dagli istanti a seguito della illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d’Italia a motivo del rischio a sofferenza falsamente quantificato; 9. RIGETTARE le domande ed eccezioni del Banco di Napoli S.p.A.; 10. CONDANNARE in ogni caso la parte soccombente al pagamento delle spese e competenze di giudizio con distrazione in favore del sottoscritto procuratore antistatario”.
Costituitosi in giudizio BANCO DI NAPOLI S.p.A., ha chiesto il rigetto di ogni domanda, deduzione, eccezione formulata da parte attrice, con vittoria delle spese di lite.
All’udienza di prima comparizione (tenutasi l’8.1.2003), il G.I. autorizzava le parti al deposito di note e rinviava la causa al 27.6.2003.
All’udienza del 27.6.2003 INTESA SAN PAOLO IMI S.p.A. dichiarava l’estinzione di Banco di Napoli S.p.A. per fusione ed incorporazione in altra società, il San Paolo Imi S.p.A..
Il giudizio veniva interrotto e, poi, riassunto dagli attori nei confronti di SAN PAOLO IMI S.p.A., quale società incorporante Banco di Napoli SpA, con la conseguente riproposizione delle domande contenute nell’atto introduttivo del giudizio e delle medesime conclusioni; quindi, il giudizio proseguiva all’udienza del 26.3.2004.
Con comparsa del 16.2.2004 si costituiva in giudizio il SAN PAOLO IMI SpA, reiterando le richieste, già formulate nell’interesse del Banco di Napoli SpA nella comparsa di costituzione e risposta del 10.7.2001.
Con atto di intervento volontario ex art. 105 c.p.c., dispiegato il 25.3.2004, si costituiva in giudizio anche il SAN PAOLO IMI SpA, nella qualità di mandatario della S.G.A. S.p.A., impugnando e contestando le richieste attoree, con vittoria delle spese di lite.
La causa veniva rinviata dapprima all’udienza del 4.10.2004 e poi a quella del 7.2.2005, laddove venivano concessi alle parti i termini per note e repliche ex art. 184 c.p.c..
Dopo un rinvio della causa all’udienza del 4.7.2005, il giorno 3.4.2006 il Giudice si riservava sull’ammissione dei mezzi istruttori, sciogliendo la riserva il 2.5.2006 e disponendo CTU contabile.
All’udienza del 23.2.2007 veniva nominato quale consulente tecnico di Ufficio, il Dott. Commercialista Gallicchio.
Con ordinanza del 23.10.2007, il Giudice formulava i quesiti per il CTU e fissava l’udienza del 5.5.2008 per la comparizione delle parti ed il conferimento dell’incarico al CTU e per il giuramento di rito dello stesso.
Su istanza degli attori, l’udienza veniva anticipata al 16.1.2008, laddove le parti chiedevano una parziale modifica dei quesiti al CTU.
Il G.U. si riservava e, quindi, con ordinanza del 18.1.2008, riformulava i precedenti quesiti come segue : “A) Con riferimento al rapporto di apertura di credito mediante affidamento con scopertura sul c/c ordinario n.27.1845 nonché su c/c n.60.6 per anticipazione sconto effetti sbf stipulato nel febbraio 1998: 1 - calcolare l'ammontare complessivo delle competenze addebitate a titolo di interessi ultralegali, interessi anatocistici, c.m.s., ad. giorni valuta e spese tenuta conto per tutta la durata del rapporto ; 2 - determinare l'effettivo dare-avere in regime di saggio legale di interesse, senza capitalizzazioni e commissioni di massimo scoperto trimestrali, computando le valute delle singole operazioni dal giorno in cui la banca ha acquistato o perduto la disponibilità degli dei relativi importi, con esclusione delle c.d. spese di tenuta conto; B) Con riferimento agli impugnati contratti di mutuo: 1 - calcolare il tasso effettivamente applicato al contratto di mutuo ; 2 - accertare se il tasso effettivo corrisponde a quello indicato nel contratto di mutuo (o nell'atto di erogazione e quietanza); 3 - calcolare la rata dovuta applicando il tasso indicato nel contratto (il tasso effettivo deve coincidere con quello indicato nel contratto) tenendo conto delle date di erogazione e dei rimborsi; se la rata così calcolata risulta inferiore a quella prospettata nel piano di ammortamento, calcolare il maggiore costo complessivo del finanziamento; 4 - se il tasso indicato nel contratto non corrisponde a quello effettivo applicato: I. sviluppare un nuovo piano di ammortamento utilizzando il tasso legale vigente alla sottoscrizione del contratto; II. adeguare il tasso per il calcolo degli interessi ai saggi legali vigenti nei successivi periodi; III. calcolare il debito residuo (seguendo i criteri di cui ai punti i. e ii.) alla data di estinzione naturale del contratto tenuto conto dei versamenti pro tempore effettuati.“
Al CTU veniva assegnato il termine improrogabile di gg. 60 dall'inizio delle operazioni peritali per la redazione del relativo elaborato, da trasmettere ai Procuratori delle parti, o ai CTP, se nominati.
Veniva fissata al 1.7.2008 l’udienza,
ex art. 281 sexies c.p.c., per la discussione orale della causa e contestuale lettura del dispositivo, con termine di 15 giorni prima della stessa per il deposito di eventuali memorie conclusionali delle parti.
Tuttavia, la relazione peritale del Dott. Gallicchio non veniva depositata nei termini e l’udienza del 1.7.2008 veniva rinviata al 16.7.2008.
L’elaborato peritale veniva depositato il 9.7.2008.
All’udienza del 16.7.2008 il GOT rinviava nuovamente la causa all’udienza del 29.10.2008 per la discussione orale della causa e contestuale lettura del dispositivo, con termine alle parti sino al 16.9.2008 per note tecniche, sino al 30.9.2008 per memorie conclusionali e del 15.10.2008 per eventuali repliche.
All’udienza del 29.10.2008 le parti discutevano la causa e il Giudice,
ex art. 281 sexies c.p.c., ha letto in udienza il dispositivo della presente sentenza, provvedendo, quindi al deposito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda attorea è parzialmente fondata e, pertanto, va accolta per quanto di ragione.
Con il primo motivo di censura, deducono gli attori l’invalidità a titolo di nullità parziale del contratto di apertura di credito mediante affidamento con scopertura sui c/c n.27.1845 e su c/c n. 60/6 per anticipazione su effetti SBF, oggetto del rapporto tra parte attrice e la banca, con particolare riferimento alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali; di determinazione ed applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all’applicazione della provvigione di massimo scoperto; nonché, di applicazione degli interessi per giorni valuta, dei costi, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese.
Con il secondo motivo di censura gli attori deducono la nullità e l’inefficacia di ogni e qualsivoglia pretesa della convenuta banca, in relazione all’indicato rapporto di apertura di credito, per interessi, spese, commissioni e competenze, per contrarietà al disposto della legge n. 108 del 7.3.1996, perché eccedente il c.d. tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento, con l’effetto, ai sensi degli artt. 1339 e 14192 c.c., della applicazione del tasso legale senza capitalizzazione.
Con il terzo motivo di censura, infine, gli attori deducono la nullità e l’inefficacia delle clausole di determinazione dell’interesse ultralegale dei contratti di mutuo sopra indicati, anche perchè contrarie al combinato disposto della legge n. 108/1996 con gli artt. 1419 c.c. e 1815, comma 2, c.c. con l’effetto della consequenziale perdita dell’interesse legittimo.
I contratti, oggetto del presente giudizio, sono : 1) un’ apertura di credito con affidamento mediante scopertura su c/c ordinario n. 27.1845, nonché su c/c n. 60/06 per anticipazione sconto effetti SBF, che ha avuto inizio nel gennaio 1988 (garantita da fideiussioni omnibus illimitate di V. Avv. A. G., V. Pietro e V. V. N. L.), originariamente finalizzata, secondo la natura tipica del contratto, a soddisfare temporanee esigenze di elasticità di cassa dell’Azienda attrice; 2) un rapporto di mutuo (con atto per Notar Francesco Denora in Rutigliano (BA), stipulato in Bari, il 9.6.1988 - Rep. 13276) con BANCO DI NAPOLI S.p.A, e pedissequo atto di erogazione a saldo e quietanza (sempre con atto per Notar Denora, stipulato in Bari, l’1.8.1988 - Rep. 13439, Racc. 5291) per Lire 350.000.000, da rimborsarsi, a tasso fisso, a mezzo di n. 20 rate semestralità di ammortamento, ciascuna dell’importo di Lire 32.781.188, all’interesse corrispettivo al 6,90% semestrale, oltre interessi di mora, ed ulteriori spese e competenze determinate in contratto, garantito da ipoteca volontaria su compendio immobiliare di esclusiva proprietà della mutuataria società; 3) un rapporto di mutuo rinveniente (sempre con atto per Notar Francesco Denora, stipulato in Bari, il 31. 5.1989 - rep. 14861; racc. 5605) con BANCO DI NAPOLI SpA, e pedissequo atto di erogazione a saldo e quietanza (con atto per Notar Denora, stipulato in Bari, il 16.6.1989 - Rep. 14816, Racc. 5605) per lire 1.000.000.000, da rimborsarsi, a tasso variabile, mediante n. 20 rate semestralità di ammortamento, ciascuna dell’importo di lire 32.781.188, all’interesse corrispettivo al 6,50% semestrale, oltre interessi di mora, ed ulteriori spese e competenze determinate in contratto, garantito in ipoteca volontaria su compendio immobiliare di esclusiva proprietà della mutuataria società. Tali essendo i contenuti essenziali dei contratti per cui è causa, occorre ora individuare la disciplina applicabile.
Con riferimento all’apercredito con affidamento mediante scopertura su c/c, di cui al precedente punto 1), reputa questo Giudice che, traendo origine il rapporto per cui è causa da un’apertura di credito con facoltà di scoperto in conto corrente, che trova, a sua volta, origine nel contratto base (stipulato il data 10.2.1988), debba farsi riferimento alla normativa in vigore all’epoca di sottoscrizione del contratto. Ciò, in quanto, dopo l’ 8 luglio 1992 (data dell’entrata in vigore della Legge 154/92 ed ancor più dopo il 1° gennaio 1994 (data di entrata in vigoe del D.Lgs. n 385 del 1993, noto anche come T.U.B., che ha
inglobato la c.d. legge sulla trasparenza) soltanto gli eventuali ed ulteriori contratti successivamente sottoscritti dal cliente (oltre che dalla banca) possono modificare l’originaria pattuizione e nessun valore hanno eventuali atti unilaterali della banca e, men che meno, avvisi affissi nei locali della stessa, raccomandate, ecc.. Infatti, è necessario ed indispensabile il consenso del cliente per poter conferire alla banca un diritto esclusivo così pregnante come lo ius variandi (Cfr., artt. 117 e 118 del TUB): non si può automaticamente concedere alla banca detta potestà senza un’espressa autorizzazione del cliente prestata successivamente all’entrata in vigore della Legge 154/92 e del TUB. Non va trascurata la circostanza che lo stesso TUB prevede la necessità della forma scritta (Cfr., art. 117, commi 1 e 3 del TUb) e l’incontro della volontà della banca con quello dell’utente: pertanto, non può assolutamente utilizzarsi il consenso espresso in un modulo anteriore all’entrata in vigore del TUB per poter conferire alla banca uno ius variandi inesistente all’epoca della sottoscrizione contrattuale.
Va poi evidenziato il vincolo esistente tra il rapporto tra c/c ordinario n. 27.1845 e c/c secondario n. 60/06 (utilizzato per anticipazione sconto effetti SBF): trattasi in realtà di un rapporto unitario ed iscindibile essendo evidente che la confluenza delle competenze riversate dal conto corrente secondario in quello ordinario, a mezzo di diversi
giroconto, determinano una tale commistione di competenze (tra loro sommate, capitalizzate, moltiplicate con varie commissioni) che non è possibile analizzare il saldo del conto corrente principale senza analizzare quelle del conto corrente secondario in quando determinanti alla formazione del saldo contabile finale. L’illegittimità delle competenze del conto secondario vanno, pertanto, analizzate ed espunte in quanto se riversate nel conto principale provocano in se e per se l’invalidità del saldo finale.
Chiarita la disciplina applicabile ai rapporti contrattuali, oggetto del presente giudizio, occorre affrontare la questione della possibile decadenza e prescrizione del diritto alla restituzione.
Relativamente al problema della decadenza derivante dalla mancata contestazione degli e/c bancari, ritiene questo Giudicante di poter aderire al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito (
Cfr., ex multis, C.Cass., n.870 del 18.1.2006; C.Cass., n. 11961 dell’8.8.2003; C. Cass. 16.1.1997, n.404; Appello Lecce, n. 568 del 18.09.2008; Trib. Teramo n.23 del 2006; Trib. Lecce n.1959 del 2005), secondo cui l’eventuale ed anche ripetuta approvazione di estratti conto, ex artt. 1832 e 1857 c.c. rende realmente incontestabili le annotazioni in conto, che derivano dalla mancata impugnazione, ma non comporta la decadenza da eventuali eccezioni, riferite alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori soprastanti.
Per altro verso, relativamente al problema della prescrizione, va detto che mentre l'azione promossa dal cliente verso la banca per far valere la nullità della clausola che prevede l'anatocismo è imprescrittibile ai sensi dell'art. 1422 c.c., quella proposta dallo stesso cliente nei confronti della banca ai fini di conseguire la ripetizione delle somme che assume di avere versato a titolo di capitalizzazione trimestrale degli interessi è soggetta ai medesimi principi che regolano la domanda di ripetizione di indebito. Essa è pertanto soggetta alla prescrizione ordinaria decennale a norma dell'art. 2946 c.c., non potendo farsi riferimento ne alla prescrizione breve del diritto al risarcimento del danno trattandosi di obbligazione derivante dalla legge e non da obbligazione ex delicto, ne quella quinquennale di cui all'art. 2948 n. 3 c.c. Parimenti è da escludere l'applicabilità della prescrizione di cinque anni prevista dall'art. 2948 n. 4 c.c., che riguarda esclusivamente la domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, non già la restituzione di parte degli stessi in quanto indebitamente pagata. Può convenirsi, quindi, con le argomentazioni attoree che, nel caso di specie, non sussite alcun problema di prescrizione, atteso che il
dies a quo della prescrizione decennale decorre dalla data di chiusura del rapporto. Nel caso che ci occupa, il rapporto è stato, appunto, chiuso da meno di dieci anni dalla notifica dell’atto di citazione (infatti, al 31.12.1994 l’allora Banco di Napoli dichiarava un complessivo presunto credito di lire 547.414.324 e la citazione è stata notificata il 17.4.2001) e l’impugnazione del rapporto entro dieci anni dalla chiusura fa sì che l’esame si possa estendere all’intero rapporto dalla prima operazione in apertura all’ultima operazione, ossia al saldo finale. Infatti, pecularietà dell’apertura di credito in conto corrente sono la continuità e la unitarietà. Liquidità ed esigibilità sono fenomeni e situazioni non caratterizzanti lo svolgimento di un rapporto di conto corrente bancario: mentre la peculiarità giuridica del conto corrente bancario è segnata, non da una frantumazione infinitesima in scadenze del rapporto contrattuale (come taluni errando vorrebbero far credere: cfr. Tribunale di Novara, sentenza n. 145 del 9.02.06), ma da una naturale continuità e fluidità del rapporto stesso, destinata a interrompersi solo con l'esaurimento del rapporto e la revoca della linea di credito (Cfr., Tribunale di Genova, Sez. VI, 10 maggio 2006 – GU Marchesiello, Corr. Giur. 8/2007 pag. 1147 e ss ). Ecco perché, nella pratica, il correntista, se da un lato può ogni giorno chiedere l’apparente saldo contabile, dall’altro può anche chiedere la simulazione della chiusura del suo conto corrente (sempre che tutte le operazioni si siano concluse: spesso vi sono, infatti, operazioni in corso che non permettono la chiusura del conto in giornata): ma solo la chiusura definitiva del conto corrente è il momento naturale e funzionale nel quale finisce il rapporto, con un saldo finale certo, liquido ed esigibile e, dunque, solo ed esclusivamente da questo momento può partire la prescrizione (Cfr., Cass. C., n. 10127 del 14.5.2005; Cass. C., n. 5720 del 23.3.2004; Cass. Civ. n. 4389 del 3.5.1999; Cass. Civ., n. 3783 del 14.4.1998; Cass. Civ. n. 2262 del 9.4.1984 e, da ultimo, C. App. Lecce, n. 568 del 18.9.2008; Trib. Vigevano, 12.2.2008).
Per quanto attiene al presunto carattere naturale dell’obbligazione contratta dall’utente con la banca, questo Giudice ritiene di poter aderire all’orientamento espresso dalle S.U. del Supremo Collegio nella sentenza n.21095 del 4.11.2004, che ha ribadito l’assenza di un obbligo morale, sociale o etico del cliente verso la banca, laddove si versi in ipotesi di una richiesta di pagamento di interessi superiori al tasso legale e quelli derivanti dalla capitalizzazione. Tanto meno, può ritenersi sussistente un’obbligazione naturale, laddove l’utente bancario è costretto ad una dazione di denaro, che trova fondamento in una prassi illegittima, qual è quella della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi o degli interessi ultralegali, letteralmente imposta dagli istituti di credito ai clienti (in forza di direttive classiste) e in nessun caso negoziabile. Se è vero che le obbligazioni naturali si fondano su doveri morali o sociali, di ampia diffusione e condivisione, è altrettanto vero che l’addebito sul conto corrente bancario degli interessi ultralegali, non pattuiti,
ex art. 1284 c.c., per atto scritto, non comporta per il cliente l’adempimento di un’obbligazione naturale, essendo in tale ultima ipotesi carenti gli elementi richiesti dall’art. 2034 c.c., quali la volontà di pagamento, la spontaneità, nonché il dovere morale o sociale. Stante l'atteggiamento psicologico del cliente in genere costretto a sottoscrivere le clausole di volta in volta predisposte dalla banca a causa della sua necessità di usufruire del relativo credito, non sono configurabili i presupposti necessari per la configurabilità di un c.d. obbligazione naturale.
Quanto all’anatocismo bancario è, oramai, circostanza giuridicamente pacifica trattarsi di prassi illecita e, parimenti, illegittimo è l’addebito di interessi ultralegali non pattuiti a norma dell’art. 1284 c.c.: pertanto, sono illegittime le annotazioni degli interessi ultralegali, capitalizzati (poco importa se trimestralmente o annualmente), effettuate dalla banca. Anche la più condivisibile Giurisprudenza di legittimità e di merito (
Cfr., Trib. Cassino, 29.10.2004; App. Lecce 17.12.2000), così come questo Giudice, ritiene che il pagamento degli interessi con capitalizzazione trimestrale non costituisca adempimento di obbligazione naturale ed irripetibile, soprattutto se si considera che la famigerata clausola “uso piazza" è del tutto generica e non consente assolutamente di stabilire il tasso di riferimento, cui le parti hanno inteso riportarsi, e praticamente abilita la banca alla massima discrezionalità e unilateralità. Similmente corretto è l'ulteriore rilievo, secondo cui le questioni riguardanti la validità della clausola negoziale relativa agli interessi determinati in base ai tassi usualmente praticati sulla piazza dalle aziende di credito nonché quelle sulla validità della clausola che preveda l'anatocismo nella forma della capitalizzazione trimestrale si collocano nell'area delle nullità rilevabili d'ufficio ai sensi dell'art. 1421 c.c. in quanto comportano una violazione di legge, la cui rilevabilità d'ufficio ben si concilia nel caso in esame anche con il principio della domanda, non potendosi in ogni caso dubitare che la difesa degli opponenti si sia svolta nell'ambito della patologia del negozio (cfr. Cass. C. n. 870 del 18.1.2006; Cass. C., n. 10127 del 14.5.2005; Cass. C. 25.2.2005). E ciò, senza ulteriormente argomentare sulla coazione psicologica, che la banca esercita sul cliente ‘in rosso’, cui minaccia – quale male ingiusto e, sovente, di grave portata – ‘rientro’ forzato e repentino e rottura brutale dei rapporti. Aderendo a tale orientamento, questo Giudice ritiene che i debiti per cui è causa non possano certamente intendersi come “riconosciuti” dagli attori i debiti verso le Controparti per il sol fatto che si siano da essi portate avanti trattative con la banca, nel tentativo di comporre bonariamente il problematico e complesso rapporto con essa pendente, evitandosi mali maggiori. Le promesse di pagamento degli attori alla convenuta devono essere interpretate come tali, ossia come dichiarazioni prive di qualsiasi valenza confessoria, non dichiarazioni di scienza, che non possono essere fonte di obbligazione. E’ comprensibile lo stato d’animo del cliente, che teme un’aggressione dei propri beni e di quelli degli eventuali garanti da parte della banca, che sollecita il c.d ‘rientro’; stato d’animo, che può paragonarsi a quello di chi, promettendo, afferma “coactus, tamen volui”. E' pacifico, quindi, che la dichiarazione, che segue all'intimazione della banca di ripiano della posizione debitoria con l'avvertimento che, in difetto, sarebbero state avviate azioni legali, non certo costituisce confessione. Per Giurisprudenza costante (C. Cass. Civ., 2.7.1987, n. 5776, C. Cass. Civ., Sez. Lavoro, 23.1.1997, n. 712; C. App. Lecce, 18.9.2008), a cui tra l'altro il Giudice ritiene di uniformarsi, le dichiarazioni rese da una parte all'altra in sede transattiva non integrano confessioni, per mancanza di “confitendi” (intenzione cioè di ammettere un fatto sfavorevole al dichiarante) ed essendo invece strumentali al proposito di evitare la lite attraverso reciproche concessioni. La predetta comunicazione si sostanzia pertanto in una semplice asserzione di debito (e naturalmente in una proposta in ordine alle modalità di pagamento), integrando una semplice dichiarazione di volontà del debitore, con la quale egli indirettamente assume di essere tale, e non certo di scienza. Detta dichiarazione non contiene neppure un vago accenno ai fatti storici costitutivi del rapporto fondamentale di conto corrente e correlativamente alle obbligazioni che ne derivano (non racchiude fatti storici, quali la ricezione di una determinata somma capitale, un intervento finanziario, la esistenza di determinate pattuizioni e degli effetti che sul piano concreto ne derivano), ma si sostanzia unicamente in una asserzione di debito, stante la correlazione sul piano logico della predetta asserzione con il previo riconoscimento del debito stesso. Dunque, sul punto, questo Giudicante ritiene di poter aderire al’orientamento della Suprema Corte, secondo cui la promessa ricognitiva ha il principale effetto di comportare l'inversione dell'onere della prova circa l'esistenza della causa debendi (Cfr., ex multis, Cass. Civ., 18.1.2006 n. 870; C. Cass. Civ. 13.1.1997 n.259; C. Cass. Civ. 6.8.1997 n.7267; C.Cass. Civ. 23.1.1997 n.712; C. Cass., n.9777/90; C. Cass. Civ., n.3585/79; C. Cass. Civ., Sez. II, 14.1.1997 n.280; C. Cass. Civ., Sez. III, 15.5.1997 n.4276; C. Cass. Civ., Sez. I, 9.8.1994 n.7348).
Vanno, pertanto, rilevate d’ufficio e, ovviamente, accolte – in quanto fondate in fatto ed in diritto – le eccezioni delle parti attrici.
Esse parti rilevano, anzitutto, la nullità ed inefficacia della clausola anatocistica, ossia della cosiddetta capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, per violazione dell'art. 1283 c.c.. La censura è fondata.
Orbene, con riferimento a tale questione, è oramai noto l'indirizzo più recente della Suprema Corte, che ha ritenuto nulla la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, avente ad oggetto, appunto, la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, giacché essa si basa su un mero uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria, ed interviene anteriormente alla scadenza degli interessi (
Cfr., C. Cass. Civ., S.U., 4.11.2004, n. 21095). Questo Giudice ritiene anch’egli che gli usi contrari suscettibili di derogare al precetto dell’art. 1283 c.c., sono non i meri usi negoziali di cui all’art. 1340 c.c., ma esclusivamente i veri e propri usi normativi, di cui agi artt. 1 e 8 disp. prel.c.c., che consistono nella ripetizione generale, uniforme, costante e pubblica di un determinato comportamento (usus), accompagnato dalla convinzione che si tratta di comportamento giuridicamente obbligatorio, conforme a una norma già esistente o che si ritiene sia nell'ordinamento giuridico (opinio iuris ac necessitatis). Gli utenti bancari “si sono nel tempo adeguati all'inserimento della clausola anatocistica non in quanto ritenuta conforme a norme di diritto oggettivo già esistenti o che sarebbe auspicabile fossero esistenti nell'ordinamento, ma in quanto comprese nei moduli predisposti dagli istituti di credito, in conformità con le direttive dell'associazione di categoria, in suscettibili di negoziazione individuale e la cui sottoscrizione costituiva al tempo stesso presupposto indefettibile per accedere ai servizi bancari” (Così, C. Cass. Civ., S.U., 4.11.2004, n. 21095). Inoltre, dagli “Accertamenti camerali delle consuetudini ed usi locali al 30 giugno 1961”, rilevati dalla Direzione Generale del Commercio presso il Ministero dell’Industria e del Commercio, si rileva che in quella data non esisteva un valido uso anatocistico sul territorio nazionale e, pertanto, non si potrà mai ammettere l’affermarsi di un uso contra legem.
Alla nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, a parere dello scrivente, non è poi possibile supplire con altra tipologia avente diversa cadenza temporale. L’anatocismo e la capitalizzazione degli interessi è ammessa solo nei tre casi eccezionali previsti dall'art. 1283 c.c.. In mancanza di usi normativi contrari, infatti, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza (mentre il contratto di conto corrente bancario si pone a monte del successivo maturarsi dell’interesse), e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Se non ricorre nessuna delle ipotesi tassativamente contemplate dall’art. 1283 c.c., le banche non possono chiedere ed ottenere la capitalizzazione annuale degli interessi passivi. L’art. 1283 c.c. è chiarissimo nell’enunciare la illegittimità di qualunque interesse sull’interesse, al di fuori delle specifiche e tassative ipotesi previste. Se si volesse aderire al minoritario orientamento, secondo cui sul debito di interessi annualmente scaduto maturerebbero altri interessi, come per qualsiasi obbligazione pecuniaria e a prescindere dai limiti di cui all'art. 1283 c.c., si incorrerebbe in un’interpretazione in stridente contrasto con l'orientamento proprio delle S.U. del Supremo Collegio (vedi C.Cass., 17.7.2001, n. 9653), alla luce del quale, il debito degli interessi (anche quando sia stata adempiuta l'obbligazione principale) non si configura come una qualsiasi obbligazione pecuniaria, dalla quale derivi il diritto agli ulteriori interessi dalla mora, nonché al risarcimento del maggior danno
ex art. 1224, comma II, c.c., ma resta soggetto alla regola dell'anatocismo di cui all'art. 1283 c.c., derogabile soltanto dagli usi contrari ed applicabile a tutte le obbligazioni aventi ad oggetto originario il pagamento di una somma di denaro sulla quale spettino interessi di qualsiasi natura.peculiarità dell'obbligazione di interessi risiede nella regola anatocistica. Anche la capitalizzazione annuale è illegittima, se in contrasto con l'art. 1283 c.c. (C.Cass. Civ., Sez. III, 2.10.2003, n. 14688).
Parti attrici rilevano, inoltre, la nullità ed inefficacia delle non convenute C.M.S.. La censura è fondata.
Appare, poi, nulla per assenza di causa negoziale l’applicazione della c.d. commissione di massimo scoperto, in quanto, a differenza della natura storica dell’istituto, non costituisce più, con l’attuale formulazione, una remunerazione per il mancato utilizzo del credito concesso. Infatti, si tratta di una sorte di duplicazione dell’interesse con un metodo di calcolo del tutto slegato da una ragionevole giustificazione. “Abbiamo già in passato richiamato l'attenzione sulla commissione di massimo scoperto, un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza.”:
sono queste le parole del GoV.tore della Banca d’Italia all’assemblea del 31 maggio 2008. Tuttavia, le CMS difettano, nel caso in esame, di esplicita previsione contrattuale, avendo anche riguardo al metodo di calcolo di volta in volta applicato (Cfr., Trib. Vigevano, Sent. 1202/2008). La C.M.S., al pari di ogni altra condizione contrattuale, deve essere determinata o almeno determinabile al momento in cui il contratto è stato concluso. Pertanto, operando un rinvio a tutte le considerazioni svolte sulla nullità della clausola di rinvio agli interessi uso piazza, può concludersi che tale nullità non può che riguardare, nel caso di specie, anche la pattuizione della C.M.S., stante la mancanza di elementi certi e predeterminati per la sua concreta quantificazione. La nullità dell'addebito delle commissioni di massimo scoperto va dichiarata anche perché oltre a non essere espressamente previste nel contratto, costituisce una indebita integrazione del tasso di interesse applicato. La previsione e/o applicazione della CMS nel contratto di c/c è priva di giustificazione causale, in quanto nel corso degli anni ha perso l'originaria funzione di c.d. sul mancato utilizzo dell'affidamento accordato, divenendo una voce di costo, avulsa da ogni logica contrattuale e sinallagmatica (Cfr., ex plurimis, C.App. Milano, Sez. III Civ., sent. n. 1142 del 4.4.2003; Trib. Lecce, 21.11.2005; Trib.Lecce, 11.3.2005; Trib. Milano, 4.7.2002; Trib. Vibo Valentia, sent. n. 23 del 2006).
Le parti attrici hanno anche sollevato la questione dell’invalidtà dell’addebito delle c.d. “valute fittizie”, ossia del non condivisibile metodo che la banca utilizza per protrarre fittiziamente i giorni solari del prestito dell’utente, favorendo l’aumento degli interessi debitori in favore di essa per un periodo temporale in cui prestito non c’è stato. Deve convenirsi con gli attori e con la Giurisprudenza di legittimità (
Cfr., C.Cass. Civ., n. 2545/72) che vada considerata soltanto la ‘data’ di ciascuna operazione e non già la ‘valuta’, posto che, ai sensi dell’art. 1852 c.c., il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito dal conto. Va certamente condiviso l'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale – per quanto riguarda i prelevamenti – si deve riportare la valuta corrispondente al giorno del pagamento dell'assegno, ovvero del giorno in cui la banca perde effettivamente la disponibilità del denaro; mentre, per quanto riguarda i versamenti, si riporta la valuta corrispondente al giorno in cui la banca acquista effettivamente la disponibilità del denaro (Sul punto, si vedano, Trib. Civ. Lecce, sent. del 17.6.2003 n. 1736; C.Cass., Sez. I Civ., sent. 26.7.1989, n. 3507; C.Cass. Civ., 29.6.1981 n. 4209 e 20.2.1988, n. 1764; C.Cass. Civ., Sez. I, 10.9.2002, n. 13143). Di qui, la necessità di computare le operazioni di accredito effettivo delle valute dal giorno in cui la banca ha acquisito o perduto la disponibilità dei correlativi importi, ovvero, dato che è fatto notorio che tutte le operazioni avvengono dagli anni ’80 in tempo reale, data la totale informatizzazione del sistema bancario, dal giorno dell’operazione. La valuta fittizia, a ben vedere, costituisce un artificio per il quale la durata dell’anno solare viene fittiziamente allungata, addebitando interessi debitori non dovuti, o accorciata nell’ipotesi inversa di accredito di interessi creditori per l’utente.
Questo Giudice ritiene, duque, che l’addebito di interessi per valute, fittiziamente appostate, è invalido per mancanza di valida giustificazione causale.
Con riferimento ai due contratti di mutuo, stipulati dalle parti attrici con Banco di Napoli, già descritti in questa motivazione, la espletata CTU ha evidenziato che nel piano di ammortamento allegato al contratto e nel corso del medesimo rapporto è stato applicato un Tasso effettivo diverso e superiore, rispetto a quello convenuto nella parte letterale del medesimo contratto. Mentre nella parte letterale del contratto si stabilisce un tasso rispettoso del sistema civilistico italiano della maturazione dei frutti civili, nel piano di ammortamento viene applicato, in maniera del tutto inaspettata, qualto illegittima, il c.d. ‘ammortamemento alla francese’: ossia un metodo che comporta la restituzione degli interessi con una proporzione più elevata in quanto contiene una formula di matematica attuariale, giusta la quale l’interesse applicato è quello composto e già non quello semplice (previsto dal nostro codice civile all’art. 821, comma 3). Ora, se da un lato, il creditore può scegliere di imputare il rimborso prima agli interessi che al capitale o proporzionalmente ad entrambi o, ancora, al solo capitale; dall’altro lato, lo stesso creditore, nel momento in cui viene convenuto il tasso contrattuale, deve tenere conto dell’incidenza sui costi, che comporta la modalità prescelta per il rimborso, e sul tasso, che deve restare sempre pari a quello contrattualmente convenuto. In definitiva, possiamo affermare che il diritto stabilito per il creditore dall’art. 1194 c.c., rispetto all’imputazione del rimborso del credito, non può divenire un diritto di incrementare surrettiziamente il tasso (pattuito ai sensi dell’art. 1284 c.c.), gli interessi e la remunerazione del capitale prestato. Ad avviso del Giudicante, il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non si può assolutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si può mascherare tale artificioso incremento nel piano di ammortamento, poichè il calcolo dell’interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo regole matematiche dell’interesse semplice (
Cfr., ColA.).
La banca, che utilizza nel contratto di mutuo questo particolare tipo di capitalizzazione, viola non solo il dettato dell’art. 1283 c.c. ma anche quello dell’art. 1284 c.c., che in ipotesi di mancata determinazione e specificazione, ovvero di incertezza (tra tasso nominale contrattuale e tasso effettivo del piano di ammortamento allegato al medesimo contratto), impone l’applicazione del tasso legale semplice e non quello ultralegale indeterminato o incerto. La sanzione dell’interesse legale è prevista e disposta dalla norma imperativa dell’art. 1284 c.c.
I contratti di mutuo per cui è causa sono mutui con rimborso frazionato, in cui alla banca, durante il rapporto, si restituisce ratealmente il capitale, originariamente prestato, prima della scadenza finale del mutuo stesso: i mutui
de quibus vengono estinti con una serie di pagamenti (rate), effettuati dal debitore. La rata del mutuo con rimborso frazionato si è calcolata, però, nel caso in esame, con la formula del c.d. interesse composto, non prevista nella parte letterale del medesimo contratto, che comporta la crescita progressiva del costo, comprendendo di fatto degli interessi anatocistici. La CTU ha evidenziato un aumento del costo effettivo del rapporto, conseguente alla divaricazione fra il tasso nominale e quello effettivo: cresce quest’ultimo con il crescere del frazionamento del pagamento, poiché più sono le rate, più costa il mutuo. Gli attori al momento della sottoscrizione dei contratti, non sono resi conto dell’alto tasso effettivo, che avrebbero dovuto corrispondere alla banca, in quanto il tasso nominale annuo era davvero quello apparente e determinato nella parte letterale del contratto, mentre lìaltro era occultato nel piano di ammortamento. Bisogna accogliere le doglianze attoree, secondo cui per tutta la durata dei mutui si è verificata un’accentuata discrasia tra quanto indicato dal tasso di riferimento e quanto espresso e determinato dai piani di ammortamento: la parte mutuataria era convinta di pattuire un contratto di mutuo con la banca convenuta, stabilendo di remunerare il prestito con il pagamento di interessi in misura non superiore al tasso nominale, ad esempio del 13% semestrale; invece, le risultanze della espletata CTU hanno evidenziato che, per il mutuo da 350.000.000, di lire gli attori dovuto sopportare un tasso effettivo annuale del 14,276%.
Questo Giudice deve rilevare che nei contratti di mutuo per cui è causa vi è stata l’applicazione della capitalizzazione composta, con riferimento anche agli interessi di mora e a quelli corrispettivi, ed aderisce all’orientamento della Suprema Corte (C. Cass. Civ., sent. n. 2593 del 20.2.2003), che ha ritenuto applicabile l’art. 1283 c.c. anche ai contratti di mutuo, con il risultato che gli interessi scaduti per il mancato pagamento di una rata (in assenza di usi normativi contrari precedenti al 1942) producono ulteriori interessi solo se la banca propone una domanda giudiziale contro il cliente o se ciò si conviene dopo la scadenza del contratto. D’altronde, il Supremo Collegio (vedasi, da ultimo, C. Cass., n. 5286/2000), ha stabilito che in un mutuo, con rate costanti (ma anche non costanti), che comprendono parte del capitale e gli interessi, tali interessi non possono certamente divenire capitale da restituire a chi l’ha concesso. Reputa questo Giudice che debba esplicitarsi il tasso effettivo del mutuo secondo la legge dell’interesse semplice (
Cfr., art. 1284 c.c.), per la quale detto interesse è la differenza, alla fine del rapporto, tra l’importo rimborsato e quello prestato. Tale esplicitazione non è, nel caso di specie, avvenuta in quanto nello stesso contratto notarile si è proceduto, nel piano di ammortamento allegato, alla capitalizzazione degli interessi (c.d. ammortamento alla francese), mentre nella parte letterale non è prevista una clausola specifica di capitalizzazione degli interessi: ciò importa la coesistenza in uno stesso contratto di due differenti tassi, con la determinazione di un’assoluta incertezza su quale dei due tassi convenuti sia effettivamente quello convenuto ed applicabile. Evidentemente è un sistema per dichiarare nella parte comprensibile del contratto un tasso minore di quello successivamente esplicato numericamente (quindi in forma intelligibile per la massima parte dei clienti) nel piano di ammortamento.
La espletata CTU mirava, dunque, anche a stabilire quanto segue : “A) Con riferimento al rapporto di apertura di credito mediante affidamento con scopertura sul c/c ordinario n.27.1845 nonché su c/c n.60.6 per anticipazione sconto effetti sbf stipulato nel febbraio 1998: 1 - calcolare l'ammontare complessivo delle competenze addebitate a titolo di interessi ultralegali, interessi anatocistici, c.m.s., ad. giorni valuta e spese tenuta conto per tutta la durata del rapporto ; 2 - determinare l'effettivo dare-avere in regime di saggio legale di interesse, senza capitalizzazioni e commissioni di massimo scoperto trimestrali, computando le valute delle singole operazioni dal giorno in cui la banca ha acquistato o perduto la disponibilità degli dei relativi importi, con esclusione delle c.d. spese di tenuta conto.; B) Con riferimento agli impugnati contratti di mutuo: 1 - calcolare il tasso effettivamente applicato al contratto di mutuo ; 2 - accertare se il tasso effettivo corrisponde a quello indicato nel contratto di mutuo (o nell'atto di erogazione e quietanza); 3 - calcolare la rata dovuta applicando il tasso indicato nel contratto (il tasso effettivo deve coincidere con quello indicato nel contratto) tenendo conto delle date di erogazione e dei rimborsi; se la rata così calcolata risulta inferiore a quella prospettata nel piano di ammortamento, calcolare il maggiore costo complessivo del finanziamento; 4 - se il tasso indicato nel contratto non corrisponde a quello effettivo applicato: I. sviluppare un nuovo piano di ammortamento utilizzando il tasso legale vigente alla sottoscrizione del contratto; II. adeguare il tasso per il calcolo degli interessi ai saggi legali vigenti nei successivi periodi; III. calcolare il debito residuo (seguendo i criteri di cui ai punti I. e II.) alla data di estinzione naturale del contratto tenuto conto dei versamenti pro tempore effettuati.”.
Il CTU giungeva alle seguenti conclusioni: a) Per quanto attiene ai quesiti sub (A): n°1:
l'ammontare complessivo delle competenze addebitate a titolo di interessi ultralegali, interessi anatocistici, c.m.s., c.d. giorni valuta e spese tenuta conto per tutta la durata del rapporto è risultato pari ad € 476.240,48 (Lire 922.130.533) così suddivise: - interessi a debito L. 724.728.697 (€. 374.187,84); - interessi a credito L. 510.989 (€.263,90); C.M.S. L. 195.364.325 (€.100.897,25); Spese L. 2.748.500 (€.1.419,48); n°2: l'effettivo dare-avere in regime di saggio legale di interesse, senza capitalizzazioni e commissioni di massimo scoperto trimestrali, computando le valute delle singole operazioni dal giorno in cui la banca ha acquistato o perduto la disponibilità degli dei relativi importi, con esclusione delle c.d. spese di tenuta conto è pari a: Saldo a deb. in linea capitale L. 51.537.703 (€. 26.617,00); Interessi passivi L. 104.422.575 (euro 53.929,76); interessi attivi L. 1.137.264 (euro 587,35); Saldo debito correntista L. 154.823.014 (euro 79.959,41).
In sostanza, applicando gli interessi nella misura legale, con esclusione di qualsiasi forma di capitalizzazione degli interessi, escludendo la commissione di massimo scoperto, e computando infine le operazioni di accredito effettivo delle valute dal giorno in cui la banca ha acquisito o perduto la disponibilità dei correlativi importi, la CTU tecnico-contabile ha evidenziato che il debito effettivo degli attori è appena superiore ad un quarto della somma ad essi richiesta dalla banca convenuta.
Per quanto attiene ai quesiti sub (B) il CTU ha rilevato che : n.1)
il tasso applicato nel piano di ammortamento (e nell’esecuzione del rapporto) al contratto di mutuo rep. n°13439 (quello di lire 350.000.000) è pari al 14,276%; il tasso applicato nel piano di ammortamento (e nell’esecuzione del rapporto) applicato al contratto di mutuo rep. n°14885 (quello di lire 1.000.000.000) è pari al 13,423%. Da tanto discende che il tasso del piano d’ammortamento (14,276%) non corrisponde a quello indicato nella parte letterale del contratto di mutuo di Lire 350.000.000 rep. n°13439 (13,8 % annuale) e che il tasso del piano d’ammortamento (13,423%) non corrisponde a quello indicato nel contratto di mutuo di Lire 1.000.000.000 rep. n°14885 (13 annuale %). Ancora, il CTU ha accertato che la rata dovuta, per il mutuo rep. n° 13439, applicando il tasso indicato nel contratto sarebbe stata pari a Lire 32.212.961 (€ 16.366,61), comportando un maggiore costo complessivo del finanziamento di (Lire 655.623.764 - Lire 644.259.219) = Lire 11.364.545, pari ad € 5.869,30; la rata dovuta, per il mutuo rep. n° 14885, applicando il tasso indicato nel contratto sarebbe stata pari a Lire 89.330.225 (€ 46.135,21), comportando un maggiore costo complessivo del finanziamento di (Lire 1.815.127.907 – Lire 1.786.604.491) = Lire 28.523.416 pari ad € 14.731,11.
La consulenza tecnico-contabile, disposta da questo Giudice, ha elaborato differenti piani di ammortamento, che utilizzano il tasso legale vigente alla sottoscrizione del contratto (in applicazione di quanto previsto dall’art. 1284 c.c. nelle ipotesi di indeterminatezza del tasso), adeguando il tasso alle variazioni intervenute, ed ha calcolato il debito residuo alla data di estinzione naturale del contratto, evidenziando saldi minori dovuti dagli attori, rispetto a quelli quantificati dalla convenuta.
La situazione contabile relativa al mutuo con rep. N°13439 di lire 350.000.000 ammonta ad euro 121.232,96.
La situazione contabile relativa al mutuo con rep. N° 14885 di lire 1.000.000.000 ammonta ad euro 433.583,53.
Al 10.4.2000, tuttavia, il conteggio degli interessi si considera cristallizzato, in quanto a tale dato la V. Srl è stata ammessa alle procedure di amministrazione controllata ed al successivo concordato.
Rigetta tutte le altre domande di parte attorea e contiene il residuo credito della banca, come evidenziato in CTU, nella misura di € 79.959,41 oltre interessi legali semplici, per il contratto di apertura di credito con scoperto di conto corrente bancario; di euro 121.232,96, relativamente al mutuo con rep. N°13439 di originarie lire 350.000.000 e di euro 433.583,53 relativamente al mutuo con rep. N° 14885 di originarie lire 1.000.000.000, sempre oltre interessi legali semplici.
Tenuto conto dell’accoglimento della domanda attrice, per quanto di ragione, e per l’effetto della sensibile riduzione dell’esposizione debitoria si ritiene di compensare per i 2/3 le spese di giudizio, condannando per il residuo 1/3 la banca al pagamento delle competenze processuali e di tutte le spese di CTU.

P.Q.M.

Il Giudice Onorario del Tribunale di Bari - Sezione Distaccata di Rutigliano, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da V. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Avv. A. G. V., nonché per i sigg.ri A. G., Pietro e V. N. L. V. nei confronti di INTESA SAN PAOLO IMI S.p.A. (incorporante del Banco di Napoli Spa), in persona del suo rappresentante pro tempore, e di INTESA SAN PAOLO IMI S.p.A. (incorporante del Banco di Napoli Spa), in persona del suo rappresentante pro tempore, così provvede: accoglie la domanda per quanto di ragione e, per l'effetto:
1) dichiara l’invalidità a titolo di nullità parziale del contratto di apertura di credito mediante affidamento con scopertura sul conto ordinario c/c n.27.1845 e sul conto secondario confluente c/c n. 60/6 per anticipazione su effetti SBF, oggetto del rapporto tra parte attrice e convenuta, con riferimento alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, di determinazione ed applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all’applicazione della provvigione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi per giorni valuta, all’applicazione delle spese forfetarie, determinando così il residuo dare di parte attrice, per come evidenziato nella CTU in atti, in € 79.959,41 oltre interessi legali semplici;
2) dichiara l’annullamento parziale dei contratti di mutuo sopra indicati ed in particolar modo, ai sensi dell’art. 1284 c.c., 1283 c.c. e 1419 c.c., la nullità della clausola dell’interesse ultralegale nella parte in cui vi è stata accertata la difformità tra tasso contrattuale dichiarato nella parte letterale ed il superiore tasso numerico effettivamente applicato nel piano di ammortamento allegato al medesimo contratto, determinando così il residuo dare di parte attrice, per come evidenziato nella CTU in atti, ricalcolato al tasso legale semplice di volta in volta vigente, in euro 121.232,96, relativamente al mutuo con rep. N°13439 di originarie lire 350.000.000 ed in euro 433.583,53 relativamente al mutuo con rep. N° 14885 di originarie lire 1.000.000.000, oltre agli interessi legali semplici.
3) compensa per i 2/3 le spese legali e condanna le convenute, in solido fra loro, al pagamento delle spese e competenze residue del giudizio, che liquida per il restante 1/3 in complessivi € 5.000,00, di cui € 170,00 per esborsi - oltre le spese di C.T.U., ove effettivamente corrisposte dagli attori -, € 1.830,00 per diritti ed € 3.000,00 per onorari, oltre spese forfetarie, IVA e CAP come per legge, con distrazione a favore dell’Avv. Antonio Tanza, dichiaratosi antistatario.
Rutigliano, 29 ottobre 2009

Il Giudice

Dott. Pietro MASTRONARDI
Cancelliere



XXII




( in via di pubblicazione)


IL TRIBUNALE
PER QUESTI MOTIVI

definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da A. P. nei confronti di Banca Toscana S.p.A :
- accoglie la domanda e per l'effetto condanna la Banca Toscana S.p.A a corrispondere ad A. P. l'importo di € 83.270,53 oltre interessi al tasso legale dalla data della domanda (20 ottobre 2004) alla data di pubblicazione della sentenza;
condanna la Banca Toscana S.p.A. a rifondere ad A. P. le spese del presente giudizio che si liquidano in € 3.000,00 per onorari, ín € 3.484,00 per diritti ed € 320,00 per spesa oltre I.V.A. a Cap e spese generali con pagamento ín favore dal suo difensore che ha dichiarato di averle anticipate per sua conto.

Così deciso in Firenze il 20 ottobre 2008
Il Giudice
Dott. LUCA MINNITI
Il Cancelliere
Loretta Eusebi

Depositata il 29 ottobre 2008



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