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Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2007
III
TRIBUNALE CIVILE DI LECCE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il GOA della Prima Sezione Stralcio, avv. Diego D’Onghia Rogadeo, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 96/07
R.G.N. 5410/1994
TRA
il sig. SCRASCIA Maurizio e la sig.ra RENO Anna Maria, entrambi residenti in Galatone (LE), rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Tanza, elettivamente domiciliati presso lo studio di costui in Lecce alla via Martiri d’Otranto n. 4 in virtù di mandato a margine del ricorso in riassunzione del 26.01.2001;
- attori –
CONTRO
La BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in Siena alla Piazza Salimbeni n° 22, (già Banca Lezzi & Megha S.p.A., poi Banca del Salento, poi Banca 121 S.p.A.), rappresentata e difesa dall’avv. Nicole Petrucci ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Lecce alla Via Cavour n° 56 in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione del 04.05.2001;
- convenuta –
All’udienza del 28.02.2006 la causa è stata riservata in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti:
Per gli attori (udienza del 25.10.05), l’avv. Tanza precisava le proprie conclusioni “riportandosi integralmente a quelle già rassegnate in atti”.
Per la convenuta (udienza del 25.10.05), l’avv. Petrucci precisava le proprie conclusioni “riportandosi a quelle già rassegnate nella comparsa di risposta e previo richiamo del CTU a chiarimenti al fine di quantificare il saldo del rapporto con il ricalcalo al tasso legale dal 01.01.92 al 17.04.94 e al tasso convenzionale del 18% che risulta da pattuizione scritta per il periodo successivo”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 14.11.1994, il sig. Scroscia Maurizio e la moglie, sig.ra Reno Anna Maria, convenivano in giudizio l’allora Banca Lezzi & Megha S.p.A. (poi divenuta Banca del Salento, Banca 121 e infine Banca Monte dei Paschi di Siena), in persona del suo l.r.p.t., al fine di ottenere la nullità, o in subordine l’annullamento, dei contratti di apertura di credito di conto corrente stipulati dal Sig. Scrascia nonché la nullità o l’annullamento della fideiussione prestata dalla sig.ra Reno. Inoltre gli attori chiedevano di procedersi al ricalcalo dell’effettivo saldo creditore-debitore del conto corrente a mezzo di CTU tecnica-contabile.
In particolare gli attori, sostenevano che la Banca aveva fatto ricorso a forme di finanziamento c.d. a “breve termine” (quali appunto l’elasticità di cassa) per finanziare lo scoperto di c/c del sig. Scroscia – conto che, al contrario, necessitava di un’istruttoria e di un mezzo tecnico di finanziamento rapportato al “medio-lungo” periodo (ad esempio, un mutuo): In tal modo la Banca avrebbe fatto crescere, colpevolmente e in via esponenziale, i tassi di interesse debitori sino a far lievitare il tasso effettivo globale (T.E.G.) al 68,44%, così come ricalcolato dalla CTP di parte attorea.
Gli attori altresì eccepivano che l’Istituto di Credito, alterando i c.d. “numeri banca”, avesse determinato ulteriori ed indebite competenze in proprio favore.
Alla luce di quanto sopra, gli attori ritenevano la Banca colpevole di non essersi comportata secondo le regole della correttezza e della buona fede e di aver infine applicato interessi usurari.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio la Banca convenuta la quale, contestando recisamente ogni avversa richiesta ed eccezione, spiegava domanda riconvenzionale al fine di veder condannare gli attori al pagamento di £. 13.199.825 oltre interessi convenzionali pari al 18% annuo dal 30.09.94 sino al soddisfo.
All’udienza del 24.10.00, il giudizio veniva interrotto a causa dell’incorporazione per fusione tra ala Banca Lezzi & Megha S.p.A. e la Banca del Salento.
Il giudizio veniva quindi riassunto dagli attori con ricorso del 26.02.01.
Veniva espletata CTU tecnico-contabile – con successivo supplemento – al fine di procedere al ricalcalo del saldo del c/c intestato al sig. Scrascia e, infine, all’udienza del 28.02.06, la causa veniva riservata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea risulta fondata e va accolta per quanto di ragione.
Il presente giudizio, incardinato nel lontano 1994, riguarda l’annosa problematica del ricorso degli Istituti di Credito a clausole quali il richiamo al c.d. “uso piazza” per la determinazione del tasso di interesse debitore ultralegale nonché alla capitalizzazione trimestrale degli interessi a credito.
Successivamente all’entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria – che ha ritenuto nulla la c.d. “clausola uso piazza” per l’individuazione del tasso debitore ultralegale – la Suprema Corte, nel 1999, ha compiuto la nota “svolta epocale” aprendo il “nuovo corso” in materia di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, dichiarati illegittimi e in quanto tali non dovuti. Successivamente la stessa Corte ha ribadito tale “nuovo corso” con numerose, costanti e univoche pronunce.
Alla luce di quanto sopra, codesto tribunale ritiene doveroso far proprio codesto nuovo ed oramai consolidato indirizzo giurisprudenziale, indirizzo richiamato tra l’altro in modo puntuale e copioso dal procuratore di parte attrice.
Pertanto, si conviene con quanto asserito dal CTU all’ipotesi n° 2, il quale, in sede di supplemento di consulenza tecnica d’0ufficio – una volta ottenuta tutta la documentazione utile e necessaria relativa al periodo in esame (27.11.86 – 30.09.94) – ha proceduto al ricalcalo del saldo del c/c secondo i seguenti parametri:
- ha sostituito al tasso debitore convenzionale ultralegale individuato a mezzo della clausola “uso piazza” il tasso legale per tempo in vigore;
- ha sostituito alla illegittima capitalizzazione trimestrale del saldo debitore la capitalizzazione annuale.
In ordine alle contestazioni sollevate in comparsa conclusionale dalla Banca convenuta in relazione all’ammissibilità dell’ulteriore documentazione depositata dagli attori in sede di consulenza tecnica d’ufficio, non si può che rilevare che la detta eccezione è tardiva in quanto sollevata solo in sede di conclusionale.
Utilizzando i predetti criteri, il sig. Scrascia risulta creditore della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., per il saldo di c/c n. 63440.0, di €. 2.836.,29 (£. 5.491.822) oltre interessi legali a partire dal 30.09.94 sino al soddisfo.
Infine, in ordine alla eccepita nullità della fideiussione prestata dalla sig.ra Reno, non si può che rilevare come la stessa è rimasta meramente declamatoria: nel corso del giudizio, difatti, non è mai stata coltivata da parte attrice la quale non ha in alcun modo motivato né provato la detta eccezione di invalidità del negozio di garanzia.
La condanna alle spese del presente giudizio segue la soccombenza.
PQM
Il GOA di Lecce, pronunciando definitivamente, sulla domanda proposta dal sig. Scrascia Maurizio e dalla sig.ra Reno Anna Maria contro la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., con atto di citazione del 14.11.1994, così provvede:
1. accoglie la domanda spiegata da parte attrice nell’atto di citazione introduttivo dichiarando illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori nonché il ricorso alla clausola c.d. “uso piazza” per il calcolo degli interessi ultralegali e per l’effetto condanna la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. a pagare al sig. Scrascia Maurizio €. 2.836,29 (£,. 5.491.822) oltre interessi legali a partire dal 30.09.94 sino al soddisfo;
2. rigetta la domanda di nullità della fideiussione prestata dalla sig.ra Reno in quanto non provata;
3. condanna la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese legali del presente giudizio in favore del procuratore di parte attrice, dichiara,tosi antistatario, che liquida in €. 5.337,00 (€. 3.077,00 per diritti; €. 2.160,00 per onorari; €. 100,00 per spese non documentate) oltre rimborso forfetario 12,50%, IVA e CAP come per legge.
Così deciso in Lecce il 28 novembre 2006.
Il Giudice Onorario Aggregato
Avv. Diego D’Onghia Rogadeo
REPUBBLICA TALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MONZA in composizione monocratica, in persona del dott. Claudio Antonio Tranquillo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 411/07
R. G. N. 13O48/2004
tra
Jeans di R. Ambrogio di R. Daniela e C. s.a.s., e Daniela R. in proprio, rappresentati e difesi dagli avv.ti Simona Vidè e Antonio Tanza, elettivamente domiciliati presso lo studio legale Galbiati & .Pozzoli,
attori
Contro
Banca Intesa s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Enrico Brugnatelli, Laura Cattaneo e Filippo Carimati, elettivamente domiciliata in Monza, via Italia n. 50, presso lo studio dell’avv. Carimati,
convenuta
All’udienza del 27.10.2006 le parti hanno precisato le conclusioni come da allegati
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Jeans di R. Ambrogio di R. Daniela e C. s.a.s, e Daniela R. in proprio hanno convenuto in giudizio la Banca Intesa s.p.a. (succeduta al Banco Ambrosiano Veneto s.p.a.). Hanno esposto che Jeans di R. Ambrogio di R. Daniela e C. s.a.s. ha intrattenuto dai 31.12.1982 un rapporto dì apertura di credito con affidamento mediante scopertura sul c.c. n. 77805/98 con la filiale di: Monza del Banco ambrosiano veneto, avente n. 77800 e dall’11.12.1985 col n. 77805/98. L’esposizione deR.nte dal rapporto è stata ripianata dagli esponenti tramite un prestito personale, ma si contesta la doverosità degli addebiti, consistiti in realtà in interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto, antergazione e postergazione delle valute, capitalizzazione composta trimestrale degli oneri, spese e commissioni. Si è costituita la convenuta Banca Intesa s.p.a., la quale ha esposto che la società attrice ha intrattenuto un rapporto di conto corrente con l’allora Banco Ambrosiano Veneto (n. 77805/98), di cui in data 14.5.1984 aveva approvato le relative condizioni. Nel merito ha poi contestato le avverse domande. Con sentenza non definitiva del 23.1.2006 la causa è proseguita unicamente al fine di esperire c.t.u. (ausiliario del giudice la dott.ssa Maria Cristina Abbiati), come da seguente quesito: “esaminati gli atti di causa, ed in particolare gli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente intercorso tra le parti, provveda il c.t.u. a riliquidare il saldo finale dei conto corrente oggetto della lite a decorrere dai 23.11.1994, previa sostituzione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori con la capitalizzazione annuale dei medesimi e contestuale applicazione del tasso d’interesse legale fino al 18.12.1994 e del tasso d’interesse convenzionale così come individuato sub documento 27)
FOGLIO DI PRECISAZIONE CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE
Voglia l’On.le Tribunale adito, respinta ori altra istanza, senza accettazione di contraddittorio su eventuali domande nuove avversarie, fatta comunque la riserva d’appello già svolta;
CONDANNARE le convenute banca, sulla base delle risultanze
contabili, alla restituzione della somma illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre agi interessi legali creditori in favore degli odierni istanti;
CONDANNARE in ogni caso la parte soccombente al pagamento delle spese e competenze di giudizio con distrazione in favore dei sottoscritti procuratori antistatari,
CONCLUSIONI
della convenuta Banca Intesa s.p.a.
Voglia l’lilmo sig. Giudice, contrariis reieclis e previe le declaratoria del caso e senza accettazione di contraddittorio su eventuali domande nuove avversarie, ferma restando in ogni caso la gia formulata riserva di appello differito avverso la precedente sentenza non definitiva n. 439 del 6.2.2006, così giudicare:
respingere le domande formulate dagli attori, assolvendo la Banca concludente da ogni pretesa avversaria; o comunque accogliendo le sue difese ed eccezioni esposte anche in via di subordine;
= con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.
= in via istruttoria, respingere le istanze istruttorie avversarie;
- in subordine, sempre in via is1uttoria, la Banca chiede, senza alcun inversione dell’onere della prova, che venga, ammesso, all’occorrenza, come si deduce in via subordinata, il seguente capitolo di prova. con il teste il sig. Massimo T. (domiciliato presso .intesa Sistemi e Servizi s.p.a., via Langhirano in -43100- Parma):
« Vero che la lettera 9.7.1992 come da fac-simile riportato nella Circolare n. 155. del 2.7.1992 che misi rammostra (cfr. :doc. 35 di parte convenuta) è stata sistematicamente inviata a tutta la Clientela del Banco Ambrosiano Veneto.».
fascicolo Banca Intesa per i periodi e nelle ipotesi ivi previste (apertura di fido ed eventuali depositi consentiti) tenuto conto dei giorni di valuta effettivamente applicati da Banca Intesa”.
Occorre premettere che in sede di formulazione del quesito Banca intesa si è richiamata sostanzialmente alla tesi che sostiene la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi sul presupposto dell’applicabilità dell’art. 1194 c.c., ed è stata fatta propria in giurisprudenza dalla Corte d’appello di Torino con sentenza 5.11.2001, in causa Zetabi s.r.l. contro Banca popolare di Novara (in BBTC, supplemento al fasc. 4/2004, p. 34). Secondo tale ricostruzione, le rimesse dei correntisti dovrebbero essere intese come pagamenti da. imputarsi, ai sensi dell’art. 1194 c.c., dapprima agli interessi e poi al capitale. Poiché il più delle volte tali rimesse sono idonee a estinguere integralmente il debito di interessi, ne consegue che al termine del trimestre residua solo un debito di capitale; con la conseguenza che nel trimestre successivo su tale somma potrebbero essere calcolati a buon diritto gli interessi. L’argomentazione non sembra da condividersi anzitutto dalla parte della giurisprudenza (Tribunale di Catania 23 10 2003, in causa Banco di Sicilia s.p.a. contro Fallimento club 84) ha obiéttato che l’art. 1994 c.c. non può applicarsi nel caso di saldo passivo di conto corrente, perchè la disposizione postula che sia il credito di capitali che d’interesse siano simultaneamente liquidi ed esigibili (si cita a sostegno Cass. 26 6 1997, n 5707), mentre i saldi passivi, allorquando si è in corso di rapporto, e almeno fintanto che lo stesso non viene chiuso (in ipotesi, anche per recesso della banca), non sono esigibili.
Quest’ultima controargomentazione sembra però erronea. La ratio dell’art 1194 è quella di consentire al creditore di continuare a godere pienamente della maturazione degli interessi sul capitale, e per tale motivo la norma prevede che il pagamento parziale vada imputato prima agli interessi già dovuti e poi al capitale. Il capitale, in altri termini, si abbatte dopo l’abbattimento degli interessi, a meno che questi siano già venuti à scadenza e il debito di capitale non ancora. Se ciò è vero, ne consegue che qualora il debito di capitale e interessi verranno a scadenza, pur futura, ma in tino stesso momento (come accade quando la banca, recedendo dal rapporto, concede un termine al correntista debitore per ripianare il debito complessivo, senza distinzione di capitale e interesse), permane la ratiò dell’art. 1194, proprio perché il debito di interessi non viene a scadenza prima del debito di capitali.
In realtà, l’argomentazione della corte d’Appello di Torino è fal1ce pe dùe ragioni. Anzitutto la stessa, in linea di fatto, non chiarisce come mai l’anatocismo trimestrale sarebbe legittimo in caso di mancate rimesse da parte del correntista In altri termini, la corte d’appello dice se ci sono rimesse del correntista, si deve applicare l’art 1194; ma cosa accade quando non ci sono rimesse da dt correntista? Ne consegue che si tratta di un’argomentazione che non copre tutte le possibili ipotesi di sviluppo dei rapporti di conto corrente: e quindi già se ne riduce la portata. in secondo luogo, la stessa Corte d’appello sostiene che la banca “ben potrebbe redigere l’estratto conto imputando le rimesse del cliente anzitutto a decurtazione degli interessi passivi (.. )“, ammettendo che si tratta di un comportamento possibile di fatto non praticato dalle banche Queste ultime infatti, secondo la stessa Corte ritengono “contabilmente più chiaro conteggiare sul capitale le variazioni deR.nti da rimesse addebitando poi gli interessi scalari in sede di chiusura periodica”. Ciò, a dire della corte, non inciderebbe sulla sostanza giuridica del fenomeno. Ma è evidente che siamo di fronte ad un periodo ipotetico. dell’irrealtà: se la banca addebitasse le rimesse agli interessi anziché a capitale, l’addebito in chiusura trimestrale non sarebbe un debito di interessi. Tuttavia il punto è che è la stessa corte d’appello di Torino a sostenere che in realtà le banche, per loro comodità contabile, addebitano le somme versate dai correntisti dapprima a capitale e poi, se qualcosa residua, agli interessi.
Ciò giuridicamente è possibile, posto che l’art. 1194 c.c. è norma dispositiva, come tale derogabile per accordo delle parti (arg. ex art. 1194 c.c.) e pertanto anche dalle clausole d’uso (art. 1340 c,c.), tra le quali rientra ciò che costituisce la prassi del settore bancario (che evidentemente contabilizza in deroga all’art. 1194, consentendo l’imputazione prima a capitale e poi a interessi). Ne consegue allora che l’argomentazione ex art. 1194 e.c. si basa su di un’ipotesi fattuale che la stessa corte d’appello da atto che in realtà non si verifica (le banche potrebbero imputare prima a interessi e poi capitale).Dunque non è il caso di dare credito alla tesi in questione.
In sede di elaborazione la dottoressa Abbiati ha ‘elaborato due ipotesi, alternative tra di loro, basata la prima sul presupposto òhò per i periodi temporali non coperti dal doc. 27 trovino applicazioni i tassi pattuiti per i periodi immediatamente precedenti, e la seconda sul presupposto che trovino applicazione i tassi legali vigenti pro. tempore.
Nel primo caso, il saldo a credito dell’attrice è pari a € 3 146,91, nel secondo a € 4.598,17. Ciò posto l’impiego del doc. 2 attiene al tasso d’interesse “così come individuato,” ossia con riguardo ai concreti presupposti applicativi individuati nel documento medesimo, che tiene al tasso relativo alla parte dì fido non coperta da garanzia, e al tasso sull’eventuale scoperto consentito oltre il limite dell’apertura di credito. Ne consegue che per le residue operazioni e per i restanti periodi trovano applicazione, mancando valide pattuizioni sul punto, i tassi d’interesse legali.
Per quanto concerne la mancata elaborazione del periodo decorrente dal 21 12 1990 (data di interruzione della prescrizione), come da pag. 17 della sentenza non definitiva suddetta, si osserva la e i’ettezzé. dell’osservazione di parte attrice (che certo avrebbe peraltro potuto rilevare con maggiore tempestività la circostanza, atteso che anche la, formulazione del quesito avviene nel contraddittorio delle parti), non si ritiene di riconvocare il c t u a chiarimenti, che assumerebbero valore di una vera e propria integrazione per un distinto periodo; si ritiene corretto liquidare una somma ulteriore così da addivenire ad un totale di € 8.000,00 a titolo di debito restitutorio, oltre interessi nella misura legale (data la natura legale dell’obbligo di restituzione) dalla data del saldo finale intercorso tra le parti (17 12 2004, come individuata dal c t u) fino alla data dell’effettivo pagamento Quanto alle spese del giudizio, manifestamente sproporzionata, anche alla luce del valore effettivo della causa, è la somma di oltre € 21.000,00 pretesa dalla difesa di parte attrice, tenuto conto del fatto che trattasi di causa di naturale seriale, inerente nella sostanza a sole questioni di diritto, rispetto alle quali peraltro le argomentazioni a sostegno della pretesa di parte attrice (ormai ampiamente discusse e reperibili in qualunque rivista giuridica) potevano trovare sufficiente esposizione nell’atto introduttivo della lite (COSÌ da giustificare una valutazione di eccessività e superfluità dei restanti atti). Consegue la conformità della loro riduzione al riparto di € 7.000,00, di cui € 800,00 per spese, € 1.500,00 per diritti ed € 4.700,00 per onorari, oltre rimborso spese generali e c.a.p (non anche i.v.a.: cfr. Cass. n. 3843/1995); tali spese sono da distrarsi a favore dei procuratori di parte attrice. Per questi motivi il tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda e/o eccezione respinta
CONDANNA
Banca Intesa s.p.a. al pagamento in favore di Jeans di R. Ambrogio di R. Daniela & C. s.a.s. e di R. Daniela di € 6.000,00, oltre interessi legali dal 17.12.2004 al saldo, a titolo di ripetizione, e a favore degli avv.ti. Simona Vidè e Antonio Tanza di € 7.000,00, di cui € 800,00 per spese, € 1.500,00 per diritti ed € 4.700,00 per onorari, oltre rimborso spese generali e c.a.p.
Monza, 30.1.2007
il Giudice
dott. Claudio Tranquillo
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