Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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articoli 2003

In edicola

Su Famiglia Cristiana n. 51 del 21-28 dicembre 2003

ARGENTINA, CIRIO E ORA ANCHE PARMALAT

BOND IN POLVERE

Truffe, carte false, bilanci alterati, banche compiacenti, migliaia di risparmiatori raggirati. Come difendersi dopo l’ennesimo scandalo?


Argentina, Cirio e Parmalat. La finanza allegra di grandi gruppi italiani. Le banche e i bond truffaldini. Scandali finanziari con migliaia di risparmiatori sul lastrico. Miliardi di euro in fumo. Le procure di mezza Italia mobilitate e un centinaio di top manager e banchieri sotto inchiesta, tra cui Cesare Geronzi, presidente di Capitalia. Pesanti le ipotesi di reato: truffa, associazione per delinquere, false comunicazioni...

Un «disegno criminoso» da far paura, scrivono i magistrati, che ha incrinato il già fragile rapporto di fiducia tra banche e clienti. Può essere che alla fine qualche abile avvocato riesca a far dichiarare innocenti gli alti dirigenti delle maggiori banche italiane e i manager delle aziende coinvolte, ma lo scandalo rimane pesante.

Al di là delle vicende giudiziarie ancora aperte, le perdite sono reali: 25.000 miliardi di vecchie lire per i bond argentini, 3.000 miliardi di vecchie lire per Cirio bond e 20.000 miliardi di vecchie lire per il clamoroso buco della Parmalat.

Uno scandalo che è stato definito la Enron europea (alludendo alla bancarotta del gruppo energetico americano). I primi allarmi erano stati lanciati l’8 dicembre, alla scadenza di un prestito obbligazionario da 150 milioni di euro. Poi la crisi è divampata e una settimana dopo il cavalier Calisto Tanzi, numero uno della Parmalat, è finito sotto inchiesta.

Al suo posto è subentrato Enrico Bondi, il supermanager dell’amministrazione controllata. Che deve salvare il salvabile, mentre ogni giorno che passa si accavallano le incredibili notizie sulla voragine di carte false dei conti Parmalat, su cui indagano le procure della Repubblica di Milano e Parma. A farne le spese saranno ancora una volta migliaia di risparmiatori che hanno acquistato le obbligazioni della multinazionale dell’agroalimentare italiano?

«Il Governo prenderà in mano il caso Parmalat, intenzionato a porre un freno alla "crisi da bond" che sta scuotendo la fiducia dei risparmiatori e la reputazione dell’azienda Italia a livello internazionale. Ma gli italiani dovranno stare più attenti al loro salvadanaio e resistere alle sirene dei super-rendimenti». L’invito è arrivato dal presidente del Consiglio Berlusconi, che ha usato parole dure sul crack della multinazionale di Collecchio, ma anche sulle vicende Cirio e dei bond argentini. Le ultime scoperte del caso Parmalat, ha ammesso Berlusconi, «hanno dell’incredibile» e rendono la situazione «molto grave». Affinché questi casi «non si ripetano mai più», il Governo farà la sua parte.



Bufere giudiziarie in Puglia

Intanto un’altra bufera giudiziaria si è abbattuta sulla ex Banca 121, ora acquisita dal Monte Paschi di Siena, i cui dirigenti sono accusati di truffa aggravata e continuata per avere ingannato migliaia di clienti in tutta Italia vendendo loro prodotti finanziari che venivano presentati come sicuri, con nomi che richiamavano i titoli di Stato, come i buoni o i certificati del tesoro e che, invece, sicuri non erano affatto. Oltre 2.500 persone sono state truffate solo nella zona di Bari, 54 milioni di euro in titoli di Stato e conti correnti sequestrati e 23 dirigenti centrali e locali indagati. Insomma, uno scandalo tira l’altro, mentre tra i risparmiatori traditi aleggia una domanda cruciale: ci si può ancora fidare delle banche che piazzano "titoli spazzatura"?

«Che domanda imbarazzante», dice sorridendo l’avvocato Antonio Tanza, vicepresidente dell’Adusbef (associazione di consumatori impegnata nella difesa dei clienti delle banche). «Non ci sono le condizioni per fidarsi degli istituti di credito, perché godono di molti privilegi e di controlli inefficaci. Il più clamoroso dei privilegi è il diritto di non stare ai patti. Le banche, unico caso in Italia, possono cambiare un contratto unilateralmente», spiega Tanza. «Un diritto che deriva dall’ambigua interpretazione del principio costituzionale della tutela del risparmio, che conferisce agli istituti di credito un potere enorme, cosicché banche e cittadini paradossalmente non sono uguali di fronte alla legge».

A complicare ulteriormente le cose è il sistema dei controlli affidato alla Banca d’Italia che, a quanto pare, non ha funzionato. La principale accusa lanciata alla massima istituzione finanziaria pubblica è l’ambiguità del suo ruolo: controllore e controllato allo stesso tempo. Con quale risultato?

«Migliaia di risparmiatori allettati da un esercito di promotori finanziari d’assalto assoldati dalle banche», spiega Tanza, «promotori senza adeguata preparazione, veri e propri imbonitori che hanno convinto i bot people a dirottare i loro risparmi su obbligazioni e prodotti finanziari sofisticati».

Fino all’inizio del 2001, nei bar si mescolavano le battute sul calcio e quelle sui warrant appena acquistati on line. Si scommetteva con i put (su una futura perdita o sul guadagno di un titolo) come se fosse il Lotto.

È frutto di questo clima l’acquisto dei bond argentini, fortemente sponsorizzati dalle banche che promettevano rendimenti altissimi, pur essendo a conoscenza del rischio di insolvenza del Paese latinoamericano. Ma ci sono scandali, per così dire, "minori", come quello che ha coinvolto la Bipop Carire i cui vertici hanno totalizzato 30 reati. Una vicenda poco raccontata, con 45 banchieri del gruppo indagati, mentre molti milioni di euro di risparmi sono andati in fumo. Il governatore di Bankitalia Fazio, intervenendo alla VI Commissione finanze e tesoro del Senato e della Camera dei deputati del 2 ottobre 2002, dedicava alla Bipop un apposito capitolo, in cui condannava le «irregolarità gestionali e il connesso danno all’immagine che hanno contribuito a un’ulteriore contrazione del titolo della Bipop-Carire».

Fatti e misfatti che raggiungono l’apice nell’affaire dei bond argentini e Cirio. Titoli venduti in Italia senza rating, cioè senza la certificazione dell’emittente (Stato o azienda). «Titoli che erano nel portafoglio delle banche, che se ne sono liberate in tempo utile, scaricandoli sugli ignari risparmiatori, con il beneplacito della Banca d’Italia», denuncia Tanza. Una storia incredibile che getta una luce sinistra sul nostro sistema bancario. Ora il caso Parmalat appesantisce il quadro finanziario italiano. Il gruppo, fiore all’occhiello dell’agroalimentare, aveva presentato nel 2002 un bilancio in pareggio costruito come un castello di carte false, crollato al soffio del gelido vento di questo scandalo invernale.



Giuseppe Altamore

GLI "AZIONISTI" DI BANKITALIA


S
tranamente la Banca d’Italia è una società per azioni che appartiene a banche italiane e, in misura minore, a compagnie d’assicurazione. E sorprendentemente l’elenco dei suoi azionisti è riservato. Per fortuna ci ha pensato un dossier di Ricerche & Studi di Mediobanca, diretta da Fulvio Coltorti, a scoprire quasi tutti i proprietari della Banca d’Italia. Spulciando i bilanci di banche, assicurazioni eccetera, ha annotato le quote che segnalavano una partecipazione nel capitale della Banca d’Italia. Così il ricercatore è riuscito a ricostruire gran parte dell’azionariato della nostra massima istituzione finanziaria. Come si può notare, tre banche da sole "controllano" la Banca d’Italia (da R & S, Ricerche & Studi di Mediobanca, 2003, pag. 1.149).









E TRA LE BANCHE PARTE
LA CORSA ALL’INDENNIZZO

Si muovono in ordine sparso le operazioni di risarcimento.
Ma ormai il rischio è quello di una crisi di tutto il sistema.



C'è ’un debito che sulle banche pesa più di qualsiasi altro: il debito di fiducia. I vari casi Cirio, Parmalat, Banca 121 e via fallendo, oltre ad aver mandato in fumo le sostanze di migliaia di risparmiatori, hanno minato la credibilità di tutto il sistema. Le solide facciate dei palazzi che ospitano i principali istituti di credito sono sempre meno rassicuranti per i risparmiatori.

E così si tenta di correre ai ripari. Il mondo del credito non fa più finta di nulla di fronte a questo domino di fallimenti e insolvenze che ormai è finito sotto i riflettori della magistratura: decine di banche sono chiamate a rendere conto del loro operato, di come hanno concesso prestiti alle imprese e di quanto abbiano informato i loro clienti, scaricando sui loro conti correnti il debito concesso a colossi aziendali di cartapesta, offrendo in cambio obbligazioni che in realtà erano carta straccia.

La parola d’ordine è: recuperare credito d’immagine. Molti colossi che fino a pochi mesi fa vedevano l’ipotesi di indennizzo come il fumo negli occhi, non si limitano più a sponsorizzare congressi su finanza ed etica, ma avviano i primi passi concreti per rinnovare la fiducia dei risparmiatori. Le iniziative sono in ordine sparso.

San Paolo Imi ha cominciato a fine ottobre a esaminare i primi casi di clienti traditi dai bond Cirio. Banca Intesa, che ha circa 8.000 clienti coinvolti, oltre ad aver partecipato all’emissione del debito del gruppo agroalimentare attraverso la controllata Caboto, sta lavorando con le associazioni dei consumatori per arrivare a un’ipotesi di conciliazione.

Il segnale più eclatante lo ha dato l’Unicredit di Alessandro Profumo, che ha costituito una commissione presieduta dal professor Guido Rossi, ex presidente della Consob e grande esperto di conflitti d’interessi, con il compito di esaminare le sottoscrizioni Cirio della banca di piazza Cordusio. Sarà interessante vedere i risultati dei lavori della commissione, anche perché il team di esperti darà una sorta di giudizio ad ogni pratica: valuterà cioè quanto il sottoscrittore fosse consapevole del rischio cui andava incontro.

Ormai è una corsa a chi presenta l’iniziativa più convincente. Anche il presidente di Capitalia Geronzi annuncia operazioni analoghe. Quanti saranno i fortunati indennizzati? E in che tempi? Fin qui le iniziative riguardano il crack Cirio. Ma come si comporteranno le banche con i casi Parmalat, Banca 121 e via dicendo? L’effetto domino in questi giorni non si ferma. E tutti si augurano che non sia troppo tardi. Perché quello dei crack è un tarlo che si estende addirittura a tutto il sistema industriale, col rischio di non intercettare la ripresa economica e di non poter varare la riforma fiscale, come dice il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che teme un crollo di tutto il sistema.

Gran parte del mondo imprenditoriale si è finanziato con le obbligazioni. Che succederà se i sottoscrittori non rinnoveranno i bond delle aziende? Al di là del risparmio tradito, questo è il grande rischio che riguarda il "sistema Italia": che le banche, da sostegno alla crescita, ne divengano il principale freno, il buco nero capace di risucchiare tutti gli sforzi per superare la crisi di competitività che attanaglia il Paese. Francesco Anfossi


Panorama

Del 20.11.03 pagg. 85 e ss.

RISPARMIO TRADITO: DIETRO IL CASO BIPOP

Prima mi presto i soldi e poi ti rovino

Cinquanta milioni di euro bruciati in investimenti temerari, perfino nel fallito colosso Enron. Operazioni spericolate sulle quali Bankitalia non è intervenuta. Lasciando i clienti al loro destino. E come poteva mancare la Enron? No, non poteva. E infatti c’è anche il mostruoso crac della società elettrica americana di Kenneth Lay nelle 53 pagine con cui la procura di Brescia ha appena chiuso le indagini sullo scandalo della Bipop-Carire, banca nata dalla fusione tra Popolare di Brescia e Cassa di Reggio Emilia. Quelle dedicate alla Enron sono poche righe, nella descrizione del disastro bancario tracciata dai pubblici ministeri bresciani Giancarlo Tarquini, Antonio Chiappani e Silvia Bonardi, ma servono per meglio chiarire le attività di quello che i tre pubblici ministeri chiamano un «comitato occulto d’affari». Perché gli inquirenti, che dopo due anni di inchiesta ora stanno per chiedere il rinvio a giudizio per 45 indagati, fra le tante operazioni di finanza allegra imputate al management della Bipop-Carire, e sistematicamente nascoste a investitori e azionisti, hanno accertato anche un’esposizione di 50 milioni di euro nei confronti di 50 società a rischio, fra le quali proprio la Enron. I reati ipotizzati dalla procura bresciana sono molti e gravi. Si sale dall’aggiotaggio al falso, dall’appropriazione indebita all’associazione per delinquere, che finora era stata utilizzata nel settore soltanto per il crac del Banco ambrosiano. Per i suoi colpi di scena lo scandalo Bipop-Carire sembra quasi un giallo di Agatha Christie. Anzi, assomiglia proprio ad Assassinio sull’Orient Express: perché c’è il cadavere, c’è un treno che s’è fermato sotto la valanga e c’è perfino un investigatore che s’è visto passare davanti l’assassino. La soluzione del giallo, adesso, dovranno trovarla i giudici bresciani: dovranno dire chi ha ucciso la Bipop-Carire, un istituto di credito che fino a due anni fa correva come un treno e che è finito acquisito dal gruppo Capitalia. E forse dovranno stabilire perché mai Hercule Poirot, cioè la Banca d’Italia, non si sia accorto di nulla pur viaggiando su quello stesso convoglio. Iniziata con la fusione tra i due istituti di Brescia e di Reggio nell’estate del 1999, la storia della Bipop-Carire descrive la classica parabola di una «banca dei miracoli» che cresce a dismisura e alla fine esplode in una bolla di sapone. A guidarla, negli anni del boom, si alternano due dei 45 indagati di oggi: il bresciano Bruno Sonzogni, ex parà della Folgore, e il romano Maurizio Cozzolini. Per tutti, i due amministratori delegati sono veri geni della finanza. Lanciata sui sentieri dorati della new economy, la Bipop-Carire acquista banche e società. Spesso prevale la megalomania. Un’operazione per tutte: nel 2000 Sonzogni compra per 2,5 miliardi di euro la tedesca Entrium, una «banca sul web». Nel marzo di quell’anno, al vertice della quotazione di 12,6 euro per azione, la Bipop-Carire vale oltre 20 miliardi d’euro: come la Fiat. Poi la finanza via internet rallenta, si ferma, e cominciano le difficoltà per chi ci ha investito tanto. I primi scricchiolii di bilancio risalgono alla fine dell’estate 2001. Quindi un esposto dell’Adusbef, l’Associazione per la difesa degli utenti di servizi bancari e finanziari, denuncia alla procura di Brescia gravi irregolarità: «Ci viene segnalato» riferisce Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, «che esiste una lista di clienti privilegiati della banca: ottengono affidamenti miliardari. E i soldi, in parte, servono per acquistare azioni della Bipop-Carire e tenerne artificialmente alto il prezzo». La situazione precipita. Nell’ottobre 2001 parte l’inchiesta giudiziaria. Intanto la Kpmg, società di revisione, boccia i bilanci della Bipop-Carire: è la prima volta, tanto che ora i pm bresciani ipotizzano che i consulenti della stessa Kpmg, per troppo tempo, abbiano «limitato la propria analisi a mero e acritico recepimento dei dati forniti dalla banca». Nei conti, improvvisamente, emergono le perdite, si scoprono sofferenze e ammanchi. Passano i mesi e migliaia di risparmiatori possono solo piangere sui soldi versati. Nel 2002 l’istituto viene inglobato nel gruppo bancario Capitalia. Infine l’azione Bipop-Carire viene cancellata da Piazza Affari. Oggi, sulla base di 80 mila pagine fra documenti e testimonianze, i pm si sono convinti che in due anni i 45 indagati e il loro «occulto comitato d’affari» abbiano saccheggiato la banca: cercando di arginare il crollo della new economy eseguivano spericolate operazioni sui future per somme quasi pari a 5 mila miliardi di lire al giorno; e i clienti «garantiti», spesso gli stessi manager inquisiti, avrebbero ottenuto centinaia di milioni d’euro senza garanzie. Uno degli indagati, il bresciano Mauro Ardesi, si difende con i denti: è stato il primo azionista privato della banca, con il 9 per cento, ma è uscito dal consiglio d’amministrazione alla fine del 2000. Assistito dal penalista Gian Piero Biancolella, Ardesi sostiene di essere la principale vittima dello scandalo. Perché, dice, è stato «tirato dentro» nell’acquisizione Entrium, indebitandosi per mille miliardi di lire e consegnando tutte le sue azioni in pegno alla Banca popolare di Milano. Ardesi, però, si era impegnato anche a non venderle per due anni. Questo impedimento, con il successivo crollo di borsa, gli ha strappato l’intero patrimonio. Intanto, mentre sta per partire la richiesta di rinvio a giudizio penale e l’Adusbef ha già ricevuto un mandato da 4.800 risparmiatori che vogliono costituirsi parte civile contro i futuri imputati, a Brescia sono state avviate decine di cause civili contro il gruppo Capitalia, in quanto «erede» del buco.
L’avvocato Antonio Tanza, Vicepresidente dell’Adusbef, da solo ne segue una cinquantina: «So che anche la Capitalia vuole essere parte civile nel processo penale» dice. «Bene. A me, per ora, si sono rivolti oltre 600 risparmiatori danneggiati. Anche noi chiederemo risarcimenti, ma credo che sarà la Capitalia a pagarli». Resta il capitolo Banca d’Italia. I pm bresciani accusano 32 manager della Bipop-Carire di avere «sistematicamente omesso e occultato» la verità dei conti alle autorità di controllo. Prima dello scandalo, la Banca d’Italia aveva condotto un’ispezione nel 1997. Dopo la denuncia delle malversazioni, una nuova ispezione era partita nell’ottobre 2001 e si era conclusa nell’aprile 2002 con «un giudizio nettamente negativo sulla gestione». Ma c’è chi ora attacca anche l’istituto centrale. L’accusa non è da poco: omessa vigilanza. «In via Nazionale» sostiene Lannutti «si conosceva lo scandalo Bipop-Carire sei mesi prima che scoppiasse: l’11 aprile 2001 il vertice della vigilanza di Bankitalia si era incontrato con tre ex consiglieri reggiani della banca». Perché, chiede l’Adusbef, non è stato fatto nulla già allora? È un giallo nel giallo. Ci vorrebbe davvero un Poirot.

I NUMERI DI UN DISASTRO

Le principali cifre del disastro Bipop-Carire contenute nelle accuse della procura di Brescia 2,58 miliardi di euro il valore quotidiano di rischiose operazioni speculative sui future, eseguite dalla Bipop-Carire e nascoste alla Banca d’Italia. 536 milioni di euro il buco improvvisamente scoperto nei bilanci dell’istituto alla fine del 2001. 250 i clienti vip delle gestioni patrimoniali della banca, tra i quali anche la Caritas bresciana, cui venivano garantiti rendimenti elevati per gonfiare la raccolta. 490 i milioni di euro concessi nel 2001 senza garanzie a 10 tra clienti e amministratori della banca stessa. 94 i milioni di euro erogati dalla banca nel solo giugno 2000 a una serie di clienti e amministratori, allo scopo occulto di acquistare azioni della Bipop-Carire per sostenerne il prezzo. Maurizio Tortorella



ESPRESSO

Del 23.10.03 .

Compri il Btp ma lo Stato non c’entra

La vera forza d’urto della Banca del Salento era in luoghi come Acquatica del Capo, un paese di 5 mila abitanti a una manciata di chilometri da santa Maria di Leuca. Fino a tre anni fa l’unica Banca presente nel comune era l’istituto leccese, che così, senza alcuna concorrenza, poteva piazzare ai propri clienti, fra i quali molti pensionati, complessi prodotti d’ingegneria finanziaria. Quando i risparmiatori si sono accorti che, ad esempio, avevano contratto mutui al posto dei piani di accumulo che si immaginavano, e che stavano perdendo quattrini senza poterci granché, l’incantesimo della banca innovativa nata in Puglia è andato in frantumi. Per fronteggiare il rischio di migliaia di cause, il Monte dei Paschi, nuovo proprietario della Banca del Salento, ha deciso con un coraggio inusuale nel sistema bancario di aprire dei tavoli di confronto per cercare un accordo sui casi contestati. I primi incontri sono avvenuti in estate e “hanno portato a risultati positivi, con il recupero in alcuni casi del 90 per cento del capitale investito”, dice Antonio Tanza, l’avvocato pugliese e vice presidente dell’Adusbef che rappresenta 1.300 risparmiatori. “Il problema”, aggiunge, “è che i clienti vengono ammessi ai tavoli troppo lentamente . Con i ritmi attuali non riusciremo a esaminare tutti i casi in tempi accettabili”. Intanto dopo i casi “My Way” e “4 You”, i primi a finire nell’occhio del ciclone, le rivendicazioni dei risparmiatori si sono allargate anche ad altri prodotti. Dietro etichette rassicuranti con i nomi di titoli di stato come Btp e Ctz associati a parole tipo “Tel” o “Index” venivano venduti in realtà prodotti ad alto rischio. Alcuni di questi sono in scadenza nel prossimo mese di gennaio e, continua Tanza, non tutti gli acquirenti hanno già realizzato di aver perso parte dei loro risparmi. Luca PIANA

GAZZETTA del MEZZOGIORNO

del 17 ottobre 2003

Depositate due sentenze del Giudice di Pace di Lecce, che si è pronunciato non più secondo equità ma in base al diritto

Assicurazioni di nuovo condannate ai rimborsi

Buone notizie per gli automobilisti che hanno versato somme in più alle compagnie di assicurazione. Il giudice di pace di Lecce Cosimo Rochira ha depositato ieri due sentenze, probabilmente le prime in Italia, che condannano gli istituti assicurativi al risarcimento delle somme percepite indebitamente, negli anni dal 1995 al 2000. E tanto - e siamo alle ragioni della novità - perché il giudice si è pronunciato non in base al principio di equità ma secondo diritto. Come si ricorderà, nel 2001 l'Autorità garante per la concorrenza aveva accertato l'esistenza di una sorta di «cartello» fra alcune compagnie di assicurazione che aveva fatto lievitare i premi a carico degli automobilisti. Non solo. Aveva condannato al pagamento di settecento miliardi di lire ben ventidue delle trentanove compagnie aderenti all'«accordo». Le associazioni di difesa dei consumatori, fra le quali l'Adusbef, il Codacons e altre, si erano subito date da fare per proporre ricorsi al giudice di pace, così da recuperare quel 20 per cento circa quantificato dall'Autorità garante. Intervenne allora il Governo che con il decreto legge n.18 dell'8 febbraio 2003 - da molti battezzato come decreto «salva compagnie» - sottrasse la materia al Giudice di pace per assegnarla ai Tribunali, che avrebbero giudicato secondo diritto. Ed è a questo punto, nel maggio successivo che il giudice leccese Cosimo Rochira accoglie la richiesta di due automobiliste salentine, ammette la Consulenza tecnica d'ufficio e l'affida a un commercialista di Gallipoli, esperto di problemi assicurativi e revisore dei conti. Il professionista lavora tutta l'estate; tagliandini assicurativi in mano, calcola tutti gli importi che anno per anno dovevano essere versati in base alla legge sul «bonus/malus» e tira fuori la differenza esatta di quanto era stato versato in più: attorno al 19 per cento. Viene così prodotto proprio ciò che il decreto «salva compagnie» richiede per scoraggiare il più callido degli assicurati. «Non ho fatto altro che applicare le norme del codice in tutta normalità - si schermisce il giudice Rochira - Quello che invece credo che debba essere evidenziato è proprio la velocità con la quale l'Ufficio ha fornito una risposta alla domanda di giustizia dei cittadini, in un periodo segnato da due mesi e mezzo di astensione degli avvocati». Anche l'Adusbef di Lecce, ha «seguito» con molta pazienza i ricorsi di alcuni suoi soci e il suo presidente, l'avvocato Antonio Tanza è stato il primo a chiedere e ottenere la consulenza tecnica d'ufficio, l'unica che apre la porta al risarcimento. «Non avevo dubbi sulla giustezza della strada da seguire - ha detto Tanza - il lavoro certosino di conteggio delle somme versate in più doveva però essere validato dall'autorità giudicante. Per fortuna nel Salento non mancano giudici illuminati e animati da grande entusiasmo. Adesso attendiamo il deposito di altre sentenze favorevoli al riconoscimento dei rimborsi». Cesare Mazzotta



Il Sole 24 Ore
di venerdì 11 luglio 2003

"FINANZA & MERCATI" pag. 31
CIRIO, INDAGA ANCHE MILANO

Continuano a nascere cause civili contro le banche, Consob e Bankitalia per "omessa vigilanza"

A macchia d’olio. Le inchieste penali sul caso dei Cirio-bond si fanno in tre: oltre alle Procure di Monza e Roma, secondo indiscrezioni anche la Procura di Milano si sarebbe messa al lavoro su questa vicenda. Il tutto mentre si moltiplicano le cause civili presentate sia contro le banche che hanno venduto i bond, sia contro Consob e Banca d’Italia. La vicenda del collocamento presso i piccoli risparmiatori dei Cirio-bond, insomma, si fa ogni giorno più incandescente. E per gli obbligazionisti, che il 23 luglio prossimo saranno chiamati a votare nelle assemblee di Londra a favore o contro il piano di ristrutturazione della Cirio, la scelta si fa sempre più complicata.

Procure alla carica. Tutto è iniziato a febbraio con le denunce di alcuni risparmiatori presentate alla Procura di Monza. Le indagini penali avviate dalla Guardia di Finanza di Seregno e dirette dal sostituto procuratore Walter Mapelli si sono subito rivolte ad accertare le modalità di collocamento di un’obbligazione (quella emessa nel 2001 da Cirio Holding Luxembourg) durante il periodo del cosiddetto “mercato grigio”: l’obiettivo è capire se i bond furono richiesti esplicitamente dai risparmiatori o se furono in qualche modo “spinti” dagli sportellisti. Nell’ambito della stessa indagine, alcuni dirigenti bancari sono stati iscritti nel registro degli indagati con una precisa ipotesi di reato: truffa. Dato il clamore di questa iniziativa, altre denunce hanno iniziato a fioccare. In tutta Italia. E altri procuratori si sono messi al lavoro. Qualche settimana fa secondo indiscrezioni è stata la Procura di Roma a mettersi in moto: è possibile che il suo obiettivo sia di allargare il campo d’azione a tutte le sette obbligazioni emesse dal gruppo alimentare. Anche Consob e Bankitalia – che a loro volta hanno avviato delle indagini pare stiano collaborando con le Procure, inviando ai Pm i documenti emersi dai loro accertamenti. In fase ancora più embrionale, invece, l’indagine partita presso la Procura di Milano in seguito a nuove denunce. Secondo indiscrezioni molto attendibili anche se non confermate dai diretti interessati tutto sarebbe iniziato circa una settimana fa. Ma presto a queste tre Procure se ne potrebbero aggiungere altre: molti altri risparmiatori potrebbero infatti presentare nuove denunce. Allargando ulteriormente il campo delle indagini. Con lo stesso obbiettivo: capire se il comportamento delle bari-che nella vendita di queste obbligazioni — andate poi in default — sia stato corretto oppure no.

Cause civili a pioggia. Ma anche sul fronte civilistico il “caso” Cirio si allarga a macchia d’olio. In questi giorni l’avvocato Angelo Castelli ha annunciato circa 140 atti di citazione contro le banche collocatrici dei bond. In questi stessi atti sono chiamate in causa anche Consob e Bankitalia per «omissione di vigilanza».. La richiesta è il risarcimento dei danni in solido. E stata anche fissata la data della prima udienza a Milano: il 20 dicembre. Potrebbero svolgersi a metà ottobre, invece, le udienze per gli atti di citazione depositati dall’avvocato Antonio Tanza, vicepresidente dell’Adusbef, per conto di circa 300 risparmiatori che si sono rivolti all’Intesa dei consumatori. In questo caso le cause sono indirizzate contro le banche collocatrici e contro la Consob. Ma le prossime cause civili che saranno notificate il 30 settembre —afferma Tanza — saranno rivolte anche contro la Banca d’Italia. Anche in questo caso per «omessa vigilanza». Morya Longo



Libero

di domenica 25 maggio 2003 (p.17)

Fondo che perde cambia nome
del Prof. Beppe Scienza

I pessimisti dicono che al peggio non c'è limite. Forse hanno in mente i disastri prodotti in Italia dal risparmio gestito, di cui se ne scopre sempre qualcuno di nuovo. Prendiamo infatti un caso recente: quei due famigerati prodotti finanziari del Monte dei Paschi di Siena, che rispondono agli accattivanti nomi di "4 You" e "My Way" e su cui Libero ha riferito più volte. Sono formule bislacche, che hanno condotto oltre 90.000 risparmiatori a indebitarsi per acquistare quote di un fondo comune e un’obbligazione non quotata. Al riguardo si potrebbe anche aprire una parentesi sui soliti dissidi fra i numerosi difensori dei consumatori. Mentre alcuni hanno accettato un compromesso penoso, altri come i responsabili dell’Aduc o il battagliero Antonio Tanza dell’Adusbef, non intendono transigere. Ma non di questo vogliamo parlare, bensì del fondo comune sottoscritto da quei risparmiatori e anche da parecchi altri. A causa infatti di uno dei soliti cambiamenti di nome, quasi nessuno s’è accorto che si tratta dell’attuale Ducato Geo Europa Alto Potenziale, appunto del Monte dei Paschi. Tale fondo si rivolgeva, nel 2000, a chi voleva puntare sulla Nuova Economia. Certo che, soprattutto col senno del poi, possiamo dire che i rischi erano notevoli. Qual era però lo scenario più fosco per chi acquistava titoli telefonici, telematici, di Internet ecc.? Il fallimento di tutte le società di cui comprava azioni. Ebbene, con Spazio Europa Nuovo Mercato – allora si chiamava così - è andata perfino peggio. Cosa capiterebbe infatti a un fondo comune i cui titoli finissero tutti per non valere più nulla? La sua quota non scenderebbe a zero, grazie al particolare regime fiscale del risparmio gestito. In virtù del credito d'imposta del 12,5%, la perdita sarebbe solo dell'87,5%. Ebbene, a fine febbraio 2000 la quota del fondo valeva 9,707 euro (e fra l’altro non si era neppure ai massimi delle quotazioni). Dopo tre anni 1,004 euro con un ammirevole -89,7%. In lettere "meno ottantanove virgola sette per cento", pregevole risultato della gestione professionale del risparmio. Com’è possibile? Persino l'ipotetico azzerarsi di tutte le azioni in portafoglio, che comunque non s'è verificato, di per sé avrebbe portato la quota a 1,213 euro. Non sotto. Già, ma in un fondo può arrivare denaro fresco e il gestore può investire male anche quello. Così la distruzione di ricchezza prosegue. Inoltre esistono meccanismi di commissioni congegnati al fine di prelevare denaro quando i titoli momentaneamente salgono, senza rimetterne quando scendono. Non diamo quindi alle Borse la colpa di perdite simili. Basti dire che copiando pedissequamente l’andamento del mercato tecnologico americano (Nasdaq) un gestore avrebbe comunque salvato un terzo della somma iniziale. Che fa già una bella differenza rispetto anche ad altri fondi, come ING Internet, che con un meno 86% fa lo stesso spavento (vedi www.beppescienza.it ). Per altro il discorso è generale, perché il caso esaminato è estremo ma emblematico. Praticamente tutta l'industria del risparmio gestito è strutturata in modo da addebitare ogni sorta di costi ai clienti, producendo risultati inferiori a quelli che ottiene (con meno rischi!) chi fa da solo.



Il Sole 24 Ore

di domenica 11 maggio 2003

MY Way? Può essere la punta dell’iceberg

Federica PEZZATTI intervista l’avv. Antonio TANZA – Vicepresidente di ADUSBEF

ANTONIO TANZA “Per la vicenda Mps si prospetta un accordo con i clienti. Ma ci sono molti altri casi di investitori in forte perdita per via di bond strutturati venduti come titoli di stato”

“Ci saranno altri casi MY WAY e 4YOU. Accanto a questi contratti capestro c’è una miriade di altri strumenti che diventeranno famosissimi”. A dirlo è Antonio TANZA, avvocato che sta seguendo circa 3mila clienti del Monte dei Paschi e che si occupa anche dei bond Argentina e Cirio. I nomi delle nuove pietre dello scandalo: Visione Europa, 121 Performance, ma soprattutto BTp Tel-index, BTp Option ondine, BoT Strike 2001 o CTz Action 2001. La quasi omonimia con i titoli di stato non è ovviamente causale ma voluta, sostiene Tanza, che è anche vicepresidente dell’Adusbef, per attirare la popolazione dei Bot people. Insomma il bubbone deve ancora scoppiare. E l’accusa in questo caso potrebbe essere quella di truffa contrattuale. La procura di Trani ha già cominciato a fare degli accertamenti. Avvocato Tanza, come si può difendere chi ha fatto cattivi affari? Noi attualmente per quanto riguarda My Way stiamo puntando in alcuni casi sulla possibile annullabilità del contratto per errore nella forma del consenso, talvolta associato a dolo, e richiediamo il ripristino delle posizioni e la restituzione delle rate versate con interessi legali. Attualmente abbiamo già inviato 20 atti di citazione per circa 120 clienti. Poi ci sono situazioni in cui si possono rilevare violazioni del Testo Unico della Finanza in particolare degli articoli che vanno dal 21 al 26 relativi alla contrattualistica e alla possibilità di effettuare scelte consapevoli. Ci sono anche delle transazioni in corso con il Monte dei Paschi di Siena e l’Adusbef sta partecipando agli incontri … Stiamo trattando una bozza di accordo che contiene tre tipologie di casi. A seconda della situazione i clienti che si rivolgeranno a una delle associazioni che aderiscono all’intesa, otterranno il rimborso totale o parziale. Ma ciò non toglie che nel contempo si continuino a preparare eventuali azioni legali. E i casi Cirio e Argentina come li state affrontando? Anche in questi frangenti ci appelliamo alla responsabilità delle banche che hanno venduto il prodotto, o forse sarebbe meglio dire che hanno scaricato le obbligazioni nei portafogli dei risparmiatori. In particolare riteniamo che, oltre ad eventuali vizi contrattuali, gli intermediari abbiano una responsabilità professionale e deontologica.

Su Famiglia Cristiana n. 19 dell'11 maggio 2003

ECONOMIA
ANCHE L’ANTITRUST SCENDE IN CAMPO CONTRO IL "CARO-POLIZZE", MA È TROPPO TARDI
IN COMPAGNIA DEI FURBI

L’indagine sui prezzi è stata decisa addirittura nel 1996. Intanto, abbiamo subìto incrementi medi delle tariffe Rc auto del 100 per cento. E nel frattempo, il Governo...

Si sono messi d’accordo, realizzando uno dei più grandi cartelli della storia. Tutti compatti, senza una parvenza di concorrenza, per catturare clienti che hanno dovuto pagare, in media, aumenti del 100 per cento. Può sembrare lo sfogo di un automobilista. Invece è il pesante atto d’accusa dell’Autorità antitrust presieduta da Giuseppe Tesauro.

Secondo l’Antitrust, i premi delle polizze Rc auto sono volati alle stelle: dall’avvio della liberalizzazione, nel 1994, sono non solo raddoppiati, ma, nel caso di alcuni profili tariffari, hanno anche registrato picchi del quadruplo, fino a sfiorare il quintuplo rispetto a nove anni fa. Come dire: la liberalizzazione non ha funzionato, ha fallito nel suo principale obiettivo, quello di far scendere i prezzi. Colpa delle compagnie, sottolinea l’Antitrust, che hanno però la scusa del fortissimo aumento dei costi (+70 per cento dal 1992), anche se si sono mosse in "modo omogeneo", limitandosi a trasferire sulle polizze i maggiori costi.



L’avvocato Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, specializzato
in diritto dei consumatori, spera in una legge sull’azione legale collettiva
(foto Scalcione).


Gli aumenti sono stati poi eccezionali per i ciclomotori. Ad esempio, in provincia di Napoli, nel gennaio 2003, a un neoassicurato era richiesto, in media, un premio pari addirittura a 19 volte quello che avrebbe pagato nove anni prima. Tra le Province oggetto dell’indagine, l’incremento minore dei premi per i ciclomotori si è avuto a Padova, dove comunque un neoassicurato paga un premio pari circa sei volte quello previsto fino al 1994. Attualmente, prosegue l’Antitrust, in diverse Province, a un consumatore che intenda stipulare una polizza per un ciclomotore viene richiesto un premio che può essere pari al valore del mezzo stesso.

Oltre ai giganteschi premi richiesti, emerge il fallimento della liberalizzazione. L’attenzione dell’Antitrust si concentra sulla «relazione verticale ed esclusiva» tra compagnie e agenti assicurativi.




«È come se un negozio mettesse in vendita un solo prodotto», dice Paolo Landi, segretario di Adiconsum. «La relazione dell’Antitrust non fa che rimarcare le denunce che noi facciamo da anni. C’è da chiedersi, piuttosto, come mai, se la delibera per l’avvio dell’indagine è del 29 luglio 1996, abbiamo dovuto attendere sette anni per avere i risultati che tutti ormai conoscevano. Risultati che, per di più, sono stati forniti a un anno di distanza dal varo della riforma del settore assicurativo», continua Landi. «Se la relazione di Tesauro fosse stata resa pubblica durante la discussione in Parlamento, forse avremmo potuto correggere il tiro, per esempio introducendo una norma che limitasse la possibilità per i carrozzieri di imporre alte tariffe per le riparazioni».

Il nodo del costo dei risarcimenti tocca il delicato tema delle truffe alle compagnie, che, nell’ultimo anno, sono gradualmente diminuite grazie a una banca dati che permette di scoprire i furbi. «I costi dei risarcimenti», sottolinea l’Ania, l’associazione delle compagnie, «sono la causa prima dell’aumento dei prezzi. I dati citati dall’Antitrust mostrano che, fra il 1994 e il 2002, i costi dei risarcimenti per le compagnie sono aumentati del 70 per cento. Malgrado la riduzione dell’incidenza delle spese di gestione avvenuta nel periodo, il settore è risultato costantemente in perdita».



Il Governo "salvacompagnie"

Tanto in perdita da costringere il Governo a fare una legge per convertire il cosiddetto decreto "salvacompagnie", che era stato approvato per evitare la valanga di ricorsi degli utenti, che chiedevano alle società di restituire parte dei premi versati in più, a causa degli aumenti decisi dal cartello delle 39 compagnie sanzionato dall’Antitrust.

Milioni di euro che i consumatori non vedranno mai più. «C’è, infatti, una grave lacuna del nostro sistema di tutela giudiziaria», precisa l’avvocato Antonio Tanza, vicepresidente dell’Adusbef, «che non permette l’azione di gruppo riparatoria e risarcitoria». È ciò che gli americani chiamano class action, vale a dire la possibilità della tutela collettiva dei consumatori, per esempio nel caso di una richiesta di risarcimento per un contratto telefonico che è lesivo del diritto e degli interessi degli utenti. Ma potrebbe essere pure il caso delle polizze auto. Giuseppe ALTAMORE

In "PATRIMONI" del mese di Maggio 2003 - MILANO FINANZA -
il primo mensile per la gestione del patrimonio

"Quattro anni di cattivi affari" di Elena DAL MASO (pagg. 76 e ss.)

(...) Antonio TANZA, vice presidente di Adusbef, associazione specializzato in diritto bancario ed assicurartivo, ha chiamato in Tribunale Banca 121 (oggi MPS) per alcune opzioni del tipo Btp/Ctz ... vendute ad un cliente di 77 anni. Nel fascicolo del cliente l'istituto di credito aveva scritto che egli era intenzionato ad investire in titoli azionari il 50% del proprio risparmio, non il 100% come poi sarebbe accaduto. Nell'atto di citazione, l'avvocato Tanza ha chiesto la restituzione delle perdite subite (danno emergente), il lucro cessante (quanto l'investitore avrebbe guadagnato comprando il titolo di stato) ed il danno esistenziale (lo stress subito). Ovvero capitale più il 15% di interessi (...) Nel frattempo, Banca 121 ha informato la famiglia di Andrea Piconese, il ragazzo affetto da sindrome Down al quale l'istituto di credito aveva venduto il My Way di voler restituire il capitale accollandosi le perdite. (...)


CORRIERE DELLA SERA

di domenica 11 maggio 2003

DIRITTI

Tre proposte di legge per introdurre la «
class action»


Qui ci vorrebbe proprio un’azione di massa. Così un singolo danneggiato potrà tutelare tutti i consumatori


Torti di massa? Azioni di gruppo. E' questo il principio che regola la class action, l'azione di classe: quella possibilità che hanno i cittadini degli Stati Uniti - del Canada, del Brasile, di Israele, dell'Australia - o le loro organizzazioni di chiedere alle imprese un risarcimento collettivo. Una banca, una compagnia di assicurazioni, una società petrolifera, un'impresa di potere insomma, vi danneggia? Basta che un cittadino che ha subito lo stesso torto si rivolga al giudice invocando la class action: se vince la causa, potrete essere risarciti anche voi, e altre migliaia di consumatori. Con perdite enormi per le casse delle aziende. E' clamoroso il caso della Philip Morris, condannata a rifondere 10 miliardi di dollari a 300 mila consumatori. E' storia la class action presentata negli anni '60 da Ralph Nader contro la Corvette Chevrolet, che prendeva fuoco per un difetto. Sono film di class action «Erin Brockovich» e «Azione Civile», con Julia Roberts e John Travolta. L’idea di introdurre la class action è stata lanciata di recente sul Corriere da Alessandro Penati.
«Se in Italia ci fosse stata la class action - dice Massimo Cerniglia, avvocato dell'Adusbef - i consumatori danneggiati dal cartello delle assicurazioni sulle polizze auto avrebbero potuto essere risarciti senza ricorso al giudice di pace». «E le banche italiane - rincara Elio Lannutti, presidente - ci avrebbero pensato due volte prima di proporre i bond argentini e Cirio o prodotti come My Way-4 You. La class action è un deterrente».
Perciò ora l'Intesa dei consumatori (Adusbef, Federconsumatori, Codacons, Adoc) e due partiti dell’opposizione, Ds e Margherita, chiedono di introdurla in Italia. L'Intesa sta mettendo a punto un progetto di legge d'iniziativa popolare, nome provvisorio «Azione di classe» ed entro luglio sarà varato.
I Ds e la Margherita hanno invece presentato, il 26 e il 27 marzo, due proposte di legge molto simili fra loro. In sostanza, introdurrebbero la class action modificando l’articolo 3 della legge 281 del '98 che disciplina i diritti dei consumatori. «Oggi le associazioni possono soltanto inibire i comportamenti scorretti delle imprese: chiedere loro, insomma, di non farlo più - spiega l'avvocato Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, che ha stilato la proposta dei Ds -. Con la modifica, potranno anche reclamare un risarcimento collettivo».
L’'introduzione della class action non sembra però così facile. «Ci rendiamo conto che è complicatissimo farla passare», ammette Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. Per motivi di ordine legislativo ed economico. «Modificare qualche articolo della 281 non basta, sarebbe necessaria una riforma radicale delle regole del processo civile - dice Loriana Zanuttig, che insegna diritto processuale all'Università di Brescia ed è uno degli avvocati che fece risarcire dalla Givaudan i cittadini di Seveso colpiti dalla diossina -. Bisogna stabilire non solo chi può farla e come, che effetto ha la sentenza, come si tutela l'azione dell'altro, che limiti porre».
E se sulla necessità di un limite al risarcimento concorda l'economista Renato Brunetta, europarlamentare di Forza Italia: «Mi piace che i consumatori siano tutelati, ma non bisogna abusare dello strumento: è aberrante che una causa possa portare alla chiusura di un’azienda». La questione della complessità legislativa viene sollevata anche da Giampaolo Galli, ex capo ufficio studi di Confindustria. Oggi è direttore generale dell’Ania, l'associazione delle assicurazioni. Che proprio stasera, al ministero delle Attività produttive, dovrebbe firmare il protocollo d'intesa con le associazioni dei consumatori sull'Rc auto: nel quale ha rifiutato («Non era la sede») di inserire un paragrafo sulla class action. «Personalmente, non ho un atteggiamento di chiusura verso la class action - dice Galli -. Ma non esiste in nessun Paese d'Europa. E richiederebbe un cambiamento radicale del nostro ordinamento giuridico, a cominciare dall'articolo 24 della Costituzione, che dichiara irrinunciabile il diritto ad agire in giudizio del singolo cittadino. E implicherebbe un riequilibrio delle funzioni dell'Antitrust».
«Le grandi imprese temono questo tipo di contestazione, perché avrebbe un effetto dirompente», commenta l'economista Tommaso Di Tanno, che ha curato la fusione Generali-Ina. Ma perché allora in America la grande industria accetta la class action? «Perché negli Usa il consumatore è, prima di tutto, un investitore. Che mette i suoi soldi in Borsa, quindi va tutelato». Non etica, insomma: necessità. Di mercato. Alessandra Puato


GAZZETTA del MEZZOGIORNO

del 18 aprile 2003

Iniziativa dell'onorevole Rotundo a tutela degli utenti Rc auto, Adusbef ora spuntano le «azioni di gruppo»


Una proposta di legge made in Salento , per ridurre gli effetti impopolari del «decreto salva compagnie», con il quale di recente il governo ha di fatto vanificato le azioni risarcitorie di milioni di automobilisti che avevano pagato un premio maggiorato del venti per cento a 39 imprese di assicurazioni. L'iniziativa legislativa porta la firma del deputato dei Ds Antonio Rotundo, che insieme ad Anna Finocchiaro e Francesco Bonito hanno pensato di introdurre anche nel nostro ordinamento le cosiddette "azioni di gruppo", sul modello della legislazione Usa e di altri paesi. Se il disegno di legge verrà convertito in legge, si consentirà di trattare, con un unico procedimento giudiziario, una molteplicità di richieste o di pretese individuali, originate da un unico atto illecito e di estendere i benefici della decisione a tutti i soggetti coinvolti. «Un pò come avviene negli Usa quando una moglie fa causa ai grossi potentati del tabacco, perchè il marito è morto di cancro a causa del fumo delle sigarette - ha spiegato Antonio Tanza, vicepresidente nazionale dell'Adusbef, una delle associazioni di tutela dei consumatori raggruppate nell'Intesa - una possibilità che qui da noi ancora non c'è e che si cerca di introdurre ». Ma cosa cambierebbe in concreto se passasse questa legge che, a quanto pare, raggruppa interessi trasversali? «Intanto si introduce la richiesta di risarcimento del danno che finora la legge dei consumatori, la 281 del 1998, non consente - chiarisce Tanza - e poi c'è da considerare che i risarcimenti decisi dal giudice sarebbero piuttosto consistenti, trattandosi di una grande platea di danneggiati. Denari che verrebbero assegnati alle varie associazioni di tutela dei consumatori». La proposta di legge, che si compone di un solo articolo, riconosce infatti alle associazioni dei consumatori l'azione collettiva non solo di natura inibitoria, ma anche risarcitoria. «In sostanza si introduce la figura del danno punitivo - spiega Rotundo - anche per evitare che le imprese siano stimolate a persistere nella produzione di un danno all'utenza». Con la proposta di legge presentata invece, le imprese titolari di contratti di massa (come acqua, telefono, auto, gas ecc..) ci penserebbero due volte prima di commettere illeciti, sapendo che potrebbero essere chiamate a risarcire grosse somme, sulla base non della richiesta di un singolo, ma di tutta una platea di consumatori.Cesare Mazzotta



PANORAMA del 10 aprile 2003 a pag. 173

SOLDI & BIDONI - GLI SVILUPPI DEL CASO FOR 4 YOU

Ma questo è un mutuo! di EDMONDO RHO

Dopo la condanna dell'Antitrust per pubblicità ingannevole nuove speranze per i risparmiatori.

(...) Verificare sempre che il contratto corrisponda a quanto detto a voce. "Un documento fondamentale è il profilo di rischio firmato dal cliente, il consiglio è non firmare in banca in un secondo tempo documenti che possano sanare situazioni irregolari" dice l'avv. Antonio TANZA di Lecce, vicepresidente nazionale dell'ADUSBEF (...)

EDMONDO RHO


In "PATRIMONI" del mese di Aprile 2003 - MILANO FINANZA -
il primo mensile per la gestione del patrimonio

"Dal guru allo psicologo, ma attenti ai falsi profeti" di Elena DAL MASO

(...) Il richiamo di Fazio è giunto all'indomani delle dimissioni presentate dal Direttore Generale del Monte dei Paschi di Siena Vincenzo DE BUSTIS, pare anche in seguito alle polemiche con le associazioni dei consumatori. Queste ultime guidate da ADUSBEF, organizzazione non profit, specializzata in diritto bancario ed assicurativo, hanno accusato MPS di vendere a scopo previdenziale due prodotti gemelli, My Way e 4 You, dalla complicata ingegneria finanziaria, dai costi molto alti, da cui uscire prima del tempo è molto oneroso. "I ricorsi ricevuti da ADUSBEF sono più di 5.000, le cause avviate un centinaio oltre ad una cinquantina di denunce", spiega Antonio TANZA, avvocato, vice presidente di Adusbef. "Oggi MPS ha aperto una trattativa per una soluzione stragiudiziale delle vertenze". Ma se per MPS alcune vertenze sono già chiuse, con la risoluzione dei contratti e la restituzione del capitale, il problema della gestione del risparmio, come ha sottolineato autorevolmente il Governatore della Banca d'Italia, resta caldo (...)

In "PATRIMONI" del mese di Aprile 2003 - MILANO FINANZA -

il primo mensile per la gestione del patrimonio

Ancora sull'Argentina. Sul numero di marzo di M. ho letto, a pag. 22, un articolo relativo alle obbligazioni argentine. L'anno scorso la banca mi ha fatto sottoscrivere titoli argentini per 15mila Euro. Cosa posso fare? A.Z.

Risponde Antonio TANZA vice presidente di ADUSBEF. Dimostrare la colpevolezza di una banca non è semplice ed andare in giudizio può risultare costoso e dannoso. Quando ci si rivolge ad un'associazione di consumatori o ad un legale privato, purchè specializzato in diritto bancario e finanziario è il caso di far visionare tutta la documentazione, ovvero contratto documenti sui rischi ed obbiettivi d'investimento, ordini conferiti, che sia per permettere all'esperto di confrontare la conformità di questi documenti alle delibere Consob e al testo unico della finanza. Se la banca non consegna i documenti a semplice richiesta verbale, potete ottenerli inviano una lettera raccomandata all'istituto. Se a questo punto l'istituto non li consegna entro novanta giorni successivi, è possibile ottenerle con decreto ingiuntivo.

GAZZETTA del MEZZOGIORNO

del 1 aprile 2003

Nuove citazioni per la «121»
E adesso gli avvocati aprono il fronte dei prodotti «strutturati»

Nuove azioni giudiziarie contro i prodotti del gruppo Monte dei Paschi. Una decina di citazioni sono state depositate al Tribunale civile. Riguardano i cosiddetti prodotti "strutturati" che, dietro sigle rassicuranti per via dell'assonanza con nomi dei titoli del Tesoro (Btp Option, Btp Tel, Ctz on line, Bot Reverse), si sarebbero rivelati delle spericolate scommesse sull'andamento di azioni quotate nei mercati esteri. A sentire le ragioni degli avvocati, si tratterebbe di prodotti destinati ad una clientela particolare che vuole giocare in borsa e che, comunque, sa di avere a che fare con investimenti ad alto rischio. I sottoscrittori, dunque, non si sarebbero dovuti cercare fra clienti senza esperienza finanziaria, a bassa scolarizzazione e avanti negli anni. Ecco perché i due legali hanno chiesto di trasmettere gli atti alla Procura qualora fossero ravvisati ipotesi di rilevanza penale e di acquisire la documentazione di Banca 121 per verificare quanti "prodotti strutturati" siano stati venduti. Fra i sottoscrittori che si sono rivolti agli avvocati figura un pensionato di 80 anni che lamenta di aver "bruciato" una parte dei suoi risparmi (circa 16 mila euro), mentre era certo di aver investito in Titoli di Stato. La stessa convinzione avrebbe «ispirato» un disabile, con problemi di vista, che lamenta una perdita di 13mila euro. E, infine, nella lista compare anche un agronomo che ha visto finire in cenere qualcosa come 36 mila euro.

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GAZZETTA del MEZZOGIORNO

del 27 marzo 2003

La Procura di Trani apre un'inchiesta su altri tre prodotti della Banca 121:

Bot Reverse, CTZ Reverse e BTP TEL.

TRANI Anche la Procura della Repubblica di Trani ha aperto un'inchiesta sul caso dei prodotti finanziari di Banca 121. Nella cassaforte del pm Antonio Savasta continua a crescere un faldone, nato con 3 sole denunce, ma col tempo divenute circa 100.
Al di là dei casi denunciati, il «GICO» della Guardia di Finanza di Bari, su delega del magistrato inquirente, ha passato al setaccio le posizioni di altri 280 investitori che sinora non hanno presentato denuncia.
Quattro i prodotti finanziari sotto accusa. Oltre all'ormai noto «My way» la Procura tranese ha puntato l'indice su «Bot Reverse», «CTZ Reverse» e «BTP TEL», quest'ultimo legato alle sorti azionarie di titoli telefonici sulle Borse di Milano, Parigi ed Amsterdam.
Sinora nel registro degli indagati sono stati iscritti i nomi di alcuni promotori finanziari e responsabili di filiale di Trani, Bisceglie e Barletta. I fatti contestati si riferiscono al biennio 2000/02. Il pm Savasta ipotizza il reato di concorso in truffa. Antonello Norscia

LA STAMPA

del 26 marzo 2003

C´E´ ANCHE L´EX PRESIDENTE DELLA BANCA 121
Due indagati per il fondo My Way


L' ex presidente di «Banca 121» (ora gruppo Mps), Giovanni Semeraro, sarebbe indagato per truffa nell'ambito delle indagini della procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce sul prodotto finanziario «My Way». L'indagine è stata avviata nelle scorse settimane dopo che alla procura di Lecce è giunta la prima delle oltre 100 denunce-querele di risparmiatori che si sono rivolti prima all'Adusbef, poi ai magistrati affermando di essere vittime di un raggiro. L'iscrizione del nome del Semeraro e di quello del direttore di una filiale di «Banca 121» di un Comune della provincia di Lecce è stata fatta dal pm inquirente Paola Guglielmi che ha incaricato un proprio consulente, Francesco Moliterni, docente di diritto bancario penale dell'università di Bari, di compiere una consulenza sul contratto presumibilmente atipico sottoscritto dal cliente della banca che ha sporto denuncia. In sostanza, nella denuncia-querela il risparmiatore afferma di essere stato truffato perchè al momento della stipula credeva di sottoscrivere un contratto di investimento e non di finanziamento a costi e a rischi molto alti, come successivamente si sarebbe rivelato il prodotto. Il pm Guglielmi ha anche avviato indagini per risalire ai componenti del Consiglio di amministrazione della banca che hanno votato il lancio del prodotto sul mercato.


GAZZETTA del MEZZOGIORNO

del 26 marzo 2003


Avviso di garanzia dopo le denunce dei risparmiatori
Lecce, il banchiere Semeraro
nel registro degli indagati




lecce C'è un nome eccellente nell'inchiesta sui prodotti finanziari della «Banca 121». La Procura ha iscritto sul registro degli indagati Giovanni Semeraro, il banchiere leccese, ex presidente del consiglio di amministrazione della Banca 121 (ex Banca del Salento, ora sotto le insegne di Monte dei Paschi di Siena). L'ipotesi di reato è quella di truffa. A mandargli l'avviso di garanzia è stato il sostituto procuratore Paola Guglielmi, sotto la cui lente è finita una delle centinaia di denunce presentate dai risparmiatori che lamentano di essere stati «ingannati» da «My Way», il prodotto finanziario presentato come un investimento redditizio, ma che poi si è rivelato un mutuo.
Insieme con il banchiere, patron dell'Unione sportiva Lecce, è finito sul registro degli indagati anche il responsabile della filiale dove è stato sottoscritto il contratto. Subito disposta una consulenza tecnica: l'incarico è stato affidato al professor Francesco Moliterni della Scuola di specializzazione in Diritto penale bancario dell'Università di Bari.
Ma sui prodotti finanziari «My Way» e «4 You» indagano le procure di mezz'Italia. Una raffica di sequestri ha annunciato, in questi giorni, l'apertura di diverse inchieste.
Sequestri nella sede dell'istituto di credito sono stati disposti dai magistrati di Bari, di Trani e di Taranto. A Brindisi, poi, sul tavolo del sostituto procuratore Montinaro sono giunte più di 30 denunce e lo stesso magistrato, giusto ieri, ha spedito i finanzieri in quella che fu la sede centrale della banca, nella zona industriale di Surbo. Altre 30 denunce, ma a Lecce, sono al vaglio del sostituto procuratore Maria Consolata Moschettini. Sulla vicenda s'indaga perfino a Modena.
«My Way» e «4 You» sono prodotti finanziari che, almeno sulla carta, dovevano assicurare un rendimento certo. E finché i mercati borsistici hanno viaggiato con il vento in poppa le promesse sono state mantenute. Ma con la caduta verticale delle Borse è crollato anche il miraggio dei rendimenti. Così è venuto fuori che «My Way», prodotto di alta ingegneria finanziaria, sintesi di almeno quattro contratti diversi racchiusa in una formula di matematica finanziaria, non ha mantenuto le promesse. Dietro quella formula, riportata nelle note di presentazione del contratto, ci sono un contratto di mutuo, la concessione di un finanziamento, l'acquisto di obbligazioni della European Investiment Bank. Insomma, i clienti hanno denunciato di aver scoperto solo oggi di aver sottoscritto non un piano previdenziale ma un vero e proprio mutuo per garantire investimenti ad alto rischio. Ora che gli investimenti sono andati male, le associazioni dei consumatori accusano la banca di chiedere la restituzione del capitale per consentire di recedere.
Le associazioni dei consumatori sono appunto sul piede di guerra. Adusbef è pronta a dare battaglia: accusano la banca di aver immesso sul mercato un «prodotto ingannevole», di aver fatto sottoscrivere i contratti in assenza di informazioni complete e di non aver messo in guardia gli investitori (spesso anziani e in un caso anche un disabile) dei rischi molto alti a cui andavano incontro. Ora trascinano la questione non solo nelle procure ma anche davanti alle autorità di vigilanza: Banca d'Italia e Consob. È stato chiesto anche il ritiro immediato dal mercato di alcuni prodotti finanziari di Banca 121 e il rimborso delle somme versate dai risparmiatori, pari a circa un miliardo e 600 milioni di euro.
Gli accertamenti della magistratura sono in pieno svolgimento. I finanzieri della sezione di polizia giudiziaria della Guardia di finanza di Lecce, diretti dal colonnello Salvatore Refolo, hanno concluso i sequestri. Sono stati acquisiti i contratti (sarà utile per individuare i promotori finanziari che hanno presentato l'affare ai clienti) e la delibera del consiglio di amministrazione della banca (per individuarne i componenti) che, nel '95, ha varato i due prodotti finanziari. Sequestrati anche i carteggi che riguardano l'acquisto delle obbligazioni della European Investiment Bank: serviranno ad accertare il trasferimento del prezzo di collocamento.
La vicenda sta creando non poca agitazione. E le dimissioni di Vincenzo De Bustis, direttore generale del Monte dei Paschi di Siena, ex Banca del Salento e 121, oggi all'esame di un Consiglio d'amministrazione straordinario, potrebbero avere a che fare proprio con i prodotti finanziari contestati.



Gianfranco Lattante

GAZZETTA del MEZZOGIORNO
Pagina 13 di Lecce del 15 marzo 2003



PRODOTTI FINANZIARI,

300 RISPARMIATORI IN ASSEMBLEA: “NON SAPEVAMO CHE QUELL’INVESTIMENTO ERA A RISCHIO”

L’ADUSBEF SI PREPARA ALLA BATTAGLIA DI CARTE BOLLATE.



Acquarica del Capo. Circa 400 persone, provenienti anche da Alessano e Presicce, hanno preso parte ieri pomeriggio a un’assemblea pubblica che si è tenuta, presso la sala consiliare di Palazzo Villani, tra i risparmiatori che hanno visto andare in fumo i loro investimenti affidati ai promotori finanziari della Banca 121. Si tratta dei sottoscrittori del prodotto finanziario conosciuto come “My way”, un piano che con il tracollo delle borse ha provocato la perdita di oltre il 50% del valore dell’investimento. Tra i presenti, gente esasperata per aver perduto 50 milioni di vecchie lire, altri addirittura parlavano di 40mila euro. Tutti sostenevano di aver saputo solo di recente di aver sottoscritto un piano d’investimento ad alto rischio. E secondo un primo calcolo approssimativo, ad Acquarica a causa di questo prodotto finanziario sarebbero andati in fumo diversi miliardi di vecchie lire.

L’assemblea si è tenuta in un clima di tensione, alla presenza del vicepresidente nazionale dell’Adusbef, l’avvocato Antonio Tanza. L’incontro è stato preceduto da una manifestazione pacifica che alcune decine di persone hanno inscenato nel primo pomeriggio nei pressi della sede del Monte dei Paschi, l’istituto bancario che ha accorpato la Banca 121.

Molti i casi eclatanti emersi nel corso dell’assemblea. C’è chi ha dichiarato di essere stato indotto a sottoscrivere un mutuo con la stessa banca per poter poi sottoscrivere il piano in questione. Altri lamentavano il fatto che l’impegno assunto di fatto impedisce di contrarre altri mutui, anche per l’acquisto di una casa.

E allo scopo di avviare gli eventuali procedimenti giudiziari, l’avvocato Tanza ha delegato il vice parroco a raccogliere tutti i dati personali degli interessati. Ma a quanto è dato di sapere, esistono anche spiragli per una transazione caso per caso. Giancarlo COLELLA

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GAZZETTA del MEZZOGIORNO

11 marzo 2003

assicurazioni: Ora la Corte costituzionale dovrà decidere sulla validità della normativa
Rc-auto, da Lecce alla Consulta
Il giudice di pace: illegittimo il decreto salva-compagnie?
E il Garante dà il via libera alla banca-dati per frenare le truffe


LECCE È stata depositata ieri mattina l'ordinanza, la prima in Italia, con la quale il giudice di pace leccese Luigi Piro, ha sollevato una questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale sulla Rc-auto. Nel mirino dell'operatore di giustizia salentino, il decreto legge urgente n. 18 del febbraio scorso, con il quale il governo ha sottratto al giudice di pace la competenza a decidere secondo equità sui ricorsi degli assicurati che chiedevano il rimborso del 20 per cento dei premi versati, alle 39 compagnie di assicurazioni multate dall'Autorità garante.

Il «fumo» di illegittimità incostituzionale del provvedimento, bollato da più parti come «decreto salva-compagnie» ha preso corpo a Lecce negli uffici di via Brenta. La vicenda ha preso lo spunto dalla richiesta di rimborso avanzata dall'Adusbef (una delle associazioni dei consumatori riunite nell'«Intesa»), rappresentata dagli avvocati Antonio Tanza, vice presidente dell'Adusbef e Salvatore De Gaetanis, in difesa di Domenico Nigro, assicurato con la compagnia Lloyd Adriatico, convenuta in giudizio per risarcire 903 euro, pari al 20 per cento dei premi versati dall'automobilista. E proprio in questo contesto il giudice di pace Luigi Piro ha ritenuto sussistenti i presupposti per sollevare il sospetto di legittimità costituzionale, essendo stati violati - secondo quanto riportato dallo stesso giudice - gli articoli 3, 24, 25, 41, 77, 101, 102 e 104 della Costituzione.

Vari e diversificati i motivi che hanno indotto il giudice di pace leccese a «sospettare» della legittimità del provvedimento che sostituisce il secondo comma dell'articolo 113 del codice di procedura penale, con un altro dove viene esclusa la competenza del giudice di pace nel caso di contratti conclusi secondo l'articolo 1342 del codice civile, i cosiddetti contratti collettivi o di massa (per esempio, fornitura di acqua, luce, gas, telefono e assicurazioni auto). Il decreto violerebbe i principi di ragionevolezza e di uguaglianza, perchè la legge crea di fatto disparità di trattamento giuridico; le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario; il diritto di difesa e principi di necessità e urgenza per l'emanazione di decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quali sono gli effetti pratici dell'ordinanza del giudice di pace salentino? Intanto si prevede che in tutta Italia, i giudici di pace aggiorneranno le udienze dei procedimenti in corso fino al pronunciamento della Suprema Corte. Come dire che vengono sospesi i giudizi in corso.

Nel frattempo, da quanto è dato di sapere, le associazioni di consumatori stanno «lavorando ai fianchi» le compagnie di assicurazioni per mettere a punto una sorta di «accordo-quadro», con lo scopo di evitare contenziosi giudiziari e nel contempo, per rimborsare, a titolo di ristoro, una parte pattuita di quanto accertato su larga scala dall'Autorità del garante. Adesso l'ordinanza verrà notificata oltre ai procuratori delle parti, anche ai due presidenti della Camera e del Senato e al presidente del Consiglio dei ministri e verrà trasmessa alla Consulta. Sono 18 milioni gli automobilisti che attendono fiduciosi.

Dice l'avvocato Antonio Tanza, vicepresidente nazionale dell'Adusbef, che ha ottenuto la «chiamata in causa» della Consulta: «È una prima vittoria importante. Adesso il decreto salvacompagnie è stato messo in forse. Sono convinto che questa non sarà la sola rimessione alla Corte costituzionale. Intanto - aggiunge il legale salentino - domani (oggi per chi legge, ndr) il giudice barese Goffredo si pronuncerà su analoga eccezione di incostituzionalità presentata dal mio collega Massimo Melpignano (delegato Adusbef di Terra di Bari, ndr). Adesso il cittadino danneggiato da quella che è una palese violazione della normativa antitrus può sperare», conclude Tanza.


Cesare Mazzotta



AGIS (ECO) - 10/03/2003 - 17.50.00
RC AUTO: DL SALVACOMPAGNIE RINVIATO A CONSULTA (2)=

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RC AUTO: DL SALVACOMPAGNIE RINVIATO A CONSULTA (2)= (AGI) - Roma, 10 mar - "Questa disposizione normativa che modifica l'art.1342 del Codice Civile - fa notare l'Adusbef in una nota a nome dell'Intesa dei consumatori - e' stata adottata dal Governo per mettere una pietra tombale sui diritti dei cittadini che chiedevano il rimborso dei premi RC Auto indebitamente percepiti da numerose Compagnie di Assicurazione sanzionate dall'Antitrust, sanzione confermata dal T.A.R. del Lazio e dal Consiglio di Stato. Nelle 12 pagine di motivazioni dell'ordinanza, il Giudice di Pace di Lecce solleva questione di legittimita' costituzionale e quindi dispone la sospensione del procedimento in corso. "La modifica dell'art. 113 c.p.c. di fatto, sottrae il contenzioso afferente i contratti di massa al vaglio secondo equita' - si spiega nell'ordinanza - ed introduce per questa tipologia contenziosa il grado d'appello, in precedenza escluso potendosi invece impugnare le sentenze pronunciate secondo equita' dinanzi alla Cassazione. Tutto cio' comportera' l'allungamento dei tempi della giustizia, l'aumento dei costi con l'introduzione di altro grado del giudizio, la negazione (o comunque l'estrema difficolta') all'esercizio del diritto di difesa". (AGI) Red/Def 101757 MAR 03




ADNK (ECO) - 10/03/2003 - 18.47.00
18:55 RC AUTO: 'SBARCA' IN AULA ALLA CAMERA DECRETO 'SALVA COMPAGNIE' (

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18:55 RC AUTO: 'SBARCA' IN AULA ALLA CAMERA DECRETO 'SALVA COMPAGNIE' ( (Adnkronos) - Si gioca, invece, su un altro tavolo la partita tra consumatori e Ania per i rimborsi e sembra profilarsi una soluzione. Le compagnie assicurative sposano la proposta avanzata dal ministro delle Attivita' produttive Antonio Marzano di sconti per i neopatentati, ma considerano comunque indispensabile l'approvazione del decreto che impedisce di fatto i ricorsi al giudice di pace. ''Gli orientamenti formulati dal ministro Marzano in materia di Rc auto rappresentano per l'Ania una interessante elaborazione per aprire un nuovo e positivo rapporto con gli assicurati'' -hanno fatto sapere venerdi' scorso-. Le compagnie intanto confermano la disponibilita' a proseguire negli incontri per perfezionare un accordo sugli indirizzi proposti dal ministro. L'approvazione del decreto legge resta comunque ''indispensabile''. Oggi, intanto, e' stato rimesso alla Corte Costituzionale per sospetta illegittimita' il decreto. E a depositare la relativa ordinanza e' stato il giudice di pace di Lecce. (Rem/Pe/Adnkronos) 10-MAR-03 18



ADNK (ECO) - 10/03/2003 - 13.40.00

13:47 RC AUTO: INTESA, DECRETO 'SALVACOMPAGNIE' RINVIATO A CONSULTA

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Roma, 10 mar. - (Adnkronos) - Il decreto 'salvacompagnie' e' stato oggi rinviato alla Consulta per sospetta incostituzionalita', dal Giudice di Pace di Lecce, Luigi Piro. Ad annunciarlo e' l'Intesa dei Consumatori, che in una nota sottolinea: '' le legittime contestazioni dei consumatori al 'colpo di spugna' che il governo ha voluto dare in favore delle Compagnie di assicurazioni hanno gia' conquistato la Giurisprudenza piu' sensibile ai problemi dei cittadini''. Il Giudice di Pace di Lecce, Luigi Piro, chiamato a pronunciarsi sul giudizio promosso da un utente Adusbef di Lecce, ha oggi depositato l'ordinanza, la prima in Italia, di rimessione degli atti processuali alla Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto legge 8 febbraio 2003, n.18, per la violazione della legge nella parte in cui, a modificazione dell'art. 113 comma 2 del codice di procedura civile, sottrae alla valutazione secondo equita' i giudizi pendenti innanzi agli Uffici del Giudice di Pace e relativi ai contratti c.d. di massa. (segue) (Stg/Rs/Adnkronos) 10-MAR-03 13:47

ADNK (ECO) - 10/03/2003 - 13.40.00

13:47 RC AUTO: INTESA, DECRETO 'SALVACOMPAGNIE' RINVIATO A CONSULTA (2)

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13:47 RC AUTO: INTESA, DECRETO 'SALVACOMPAGNIE' RINVIATO A CONSULTA (2) (Adnkronos) - Nelle 12 pagine di motivazioni dell'ordinanza, il Giudice di Pace di Lecce -rendono noto Adoc, Adusbef, Federconsumatori e Codacons-, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art.1 del provvedimento per violazione degli articoli 3, 24, 25, 41, 77, 102 e 104 della Costituzione. E dispone la sospensione del procedimento in corso; ordina la notificazione dell'ordinanza ai procuratori delle parti ed al presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato. (Stg/Rs/Adnkronos) 10-MAR-03 13:47





ANSA (ECO) - 10/03/2003 - 12.36.00
RC AUTO: DECRETO FRENA-RICORSI FINISCE ALLA CONSULTA (2)

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(ANSA) - ROMA, 10 MAR - E' stato il giudice di Pace di Lecce Luigi Piro, annuncia l'Intesa, a chiedere il giudizio della Corte Costituzionale. Il giudice, che era stato chiamato a pronunciarsi sul giudizio promosso da un utente Adusbef di Lecce, rappresentato dagli avvocati Antonio Tanza (vicepresidente Adusbef), Salvatore De Gaetanis e Massimo Melpignano, tutti a nome dell'Intesa, oggi ha sciolto la riserva del 5 marzo e ha depositato l'ordinanza, che accoglierebbe ''pienamente'' le violazioni ravvisate dai consumatori. Si tratta della violazione del principio di ragionevolezza, che vieta che la legge ponga in essere una disciplina che direttamente o indirettamente dia vita a una non giustificata disparita' di trattamento delle situazioni giuridiche; di violazione del principio di uguaglianza, dal momento che secondo l'Intesa il decreto ''riserva un ingiustificato trattamento di favore nei confronti dei cosiddetti 'contraenti forti'; violazione delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario; violazione del diritto di difesa; violazione dei principi di straordinaria necessita' e urgenza per l'emanazione di decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Il testo integrale dell'ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale sara' pubblicato domani sui siti dell'Intesa dei consumatori. Prosegue intanto in Parlamento l'iter per la conversione in legge del decreto, che oggi sara' esaminato dall'aula della Camera dopo il via libera della Commissione Giustizia.(ANSA). FP


ANSA (ALT) - 10/03/2003 - 12.08.00


RC AUTO: DECRETO FRENA-RICORSI FINISCE ALLA CONSULTA

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GIUDICE DI PACE DI LECCE DEPOSITA REMISSIONE SU ART. 1 (ANSA) - ROMA, 10 MAR - Il decreto che rende piu' complicati i ricorsi degli utenti contro le compagnie assicuratrici per l'Rc Auto finisce alla Consulta. Un giudice di pace di Lecce, secondo quanto annuncia l'Intesa dei consumatori, ha infatti depositato l'ordinanza (la prima in Italia) di remissione degli atti processuali alla Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1 del decreto. In particolare, ricorda l'Intesa, l'articolo 1 del decreto, modificando il codice di procedura civile, ''sottrae alla valutazione secondo equita' i giudizi pendenti innanzi agli Uffici del Giudice di Pace e relativi ai contratti cosiddetti di massa di cui all'art. 1342 codice civile''.(SEGUE). FP





- 24 febbraio 2003 -

“SCANDALI AL SOLE” su Radio Capital

di Alessandro SORTINO, con Dina LAURICELLA

Pensionistica o finanziamento?

'My Way'... e non è una canzone!


C’è una grande crisi economica,

LO SAPPIAMO!

...e se io vi dicessi che nonostante la crisi 90 mila famiglie italiane, anche a reddito medio basso, si sono fatte prestare centinaia di milioni da una banca per comprare azioni e obbligazioni... ci credereste?

Incredibile!

MA E' VERO, E' ACCADUTO!

I circa 90 mila sottoscrittori del piano finanziario My Way , proposto dalla pugliese Banca 121, hanno sottoscritto un mutuo trentennale per acquistare dei titoli.

Un mutuo per il quale tocca pagare anche un paio di milioni al mese!

La domanda è questa:

sapevano quello che facevano?

Tra i 90 mila sottoscrittori, abbiamo scelto di intervistarne uno

molto particolare!

Il calciatore del Parma e della nazionale

ANTONIO BENARRIVO

LA STORIA

"Vengo contattato da un signore della Banca 121, con cui ci accordiamo telefonicamente. Non si è parlato per niente di finanziamento, attenzione! ...lo dico perché questa è la chiave del discorso. Mi è stata proposta, come dicevo, una pensionistica... Mi sono accorto della realtà quando sono andato a chiedere un mutuo per la casa e il direttore della banca mi ha detto che ero segnalato alla Centrale dei rischi. Ma come? "Sì", mi ha risposto " Tu hai fatto un finanziamento con la Banca 121 in My Way""Come in May Way? Ma è una pensionistica!" Risposta di lui:"No, My Way è un finanziamento PURO!"

Benarrivo credeva di sottoscrivere un piano di accumulo e invece stava chiedendo alla banca soldi in prestito per comprare azioni e obbligazioni. Ora si trova segnalato alla Centrale di rischio e ha difficoltà ad ottenere un mutuo per comprare casa.

Benarrivo

E gli altri



OTTANTANOVEMILANOVECENTONOVANTANOVE



sottoscrittori?

SONO IN RIVOLTA!

Ecco chi difende i risparmiatori di Oria, in provincia di Brindisi:
"Hanno praticamente setacciato il territorio alla caccia di risparmiatori. Quelli che hanno sottoscritto il May Way sono tantissimi... in realtà è un finanziamento, un mutuo, che però le persone ritenevano essere un piano di accumulo, come una semplice polizza assicurativa"...

Ma è possibile che così tanti risparmiatori siano caduti in questo equivoco? Un ex dipendente di Banca 121, che vuole restare anonimo, ci ha confessato cosa accadde nei giorni della grande vendita:
"Quando c'è stata l'esigenza da parte della banca di incrementare il suo volume d'affari, perchè doveva essere incorporata al Monte de' Paschi, ci hanno chiesto di far leva sulla fiducia che il cliente aveva in noi che stavamo allo sportello... in fondo si instaura un certo rapporto di fiducia anche grazie alla conversazione quotidiana!
Inizialmente non si capivano esattamente i rischi del prodotto perché questo appariva luminescente, era veramente appetibile! Noi stessi non abbiamo avuto consapevolezza dei rischi, o comunque delle difficoltà che avrebbero causato ai risparmiatori! Molti sono segnalati alla Centrale rischi, molti non avranno più una vita, finanaziariamente parlando, NORMALE!"

Noi ci siamo fatti mandare uno dei contratti firmati e abbiamo verificato. Un importante prospetto informativo relativo alle obbligazioni...

...E' IN LINGUA INGLESE

Per comprendere la formula di disinvestimento bisogna sciogliere una complicata

ESPRESSIONE MATEMATICA!



Ci proviamo noi a spiegare il piano finanziario:
"Dal contratto derivano le seguenti conseguenze:
- Il cliente paga sul mutuo un interesse di circa il 6,7% quando l'obbligazione che acquista con lo stesso mutuo gli rende, a conti fatti, poco più del 4%;
- Il cliente non vede assolutamente nulla, perché questi titoli restano depositati in pegno presso la banca e nella sostanza è solo il cliente che per quindici o per trent'anni, deve , ogni mese, versare una somma rilevante in favore della banca;
- Non viene detta al cliente un'altra cosa importante: che nel momento in cui viene contratto il mutuo, viene fatta anche la segnalazione del debito alla Centrale dei rischi tenuta dalla Banca d'Italia."

Risponde Fabio De Libera, responsabile servizi finanziari Banca 121



LA TELEFONATA

Alcuni dei vostri clienti si sono trovati inscritti nella Centrale dei rischio delle banche!
Questa era una questione presente nell'atto della vendita del prodotto - che veniva ovviamente rappresentato al cliente in maniera puntuale - proprio perché il prodotto ha come punto di forza sia la possibilità di diversificare i pagamenti, andando ad investire prevalentemente in uno strumento obbligazionale, sia, alla scadenza, la garanzia del rimborso del capitale e delle rate pagate...
Ecco! Però a noi hanno detto che questi prospetti erano scritti in inglese!
No! Poiché l'emittente Bay è un'emittente sovrannazionale, la parte del contratto che riguardava il collocamento dell'obbligazione (quindi la sua collocazione in Italia) era scritto in inglese, ma era accompagnato da una traduzione in lingua italiana...
Completa?
Sì! Era sufficientemente esaustiva!
No! Era completa oppure no? Sufficientemente esaustiva...
La traduzione era completa, certo!
Alcune clausole non erano tradotte, erano in inglese!
Attenzione! Non sono clausole che riguardano il contratto, sono clausole che riguardano sostanzialmente la componente obbligazionaria, o meglio, il titolo di alcune clausole che ovviamente riguardavano la lingua inglese...
Perché? Che ci voleva a tradurre anche quelle?
Come che ci voleva a tradurle?
Beh, già che vendete un prodotto, almeno vendetelo in italiano, dal momento che i clienti sono persone semplici...
Guardi, c'era una traduzione in italiano e quindi la possibilità di andare a verificare quello che si andava a comprare! Sicuramente!

Ringraziamo l'avvocato Antonio Tanza dell'ADUSBEF per aver collaborato alla realizzazione di questa inchiesta!



LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

del 15 febbraio 2003



I legali al lavoro
Adusbef dà battaglia sulla Rc Auto


I rimborsi Rc Auto al centro di una battaglia annunciata dall'Adusbef, che potrebbe spostare la megavertenza fino alla Corte costituzionale. I legali dell'associazione che difende gli interessi dei consumatori, avvocati Massimo Melpignano (rappresentante dell'Adusbef in Terra di Bari) e Antonio Tanza (vicepresidente nazionale) stanno preparando le eccezioni di costituzionalità da sollevare nei prossimi giorni davanti ai giudici di pace chiamati a decidere sulle controversie. Sotto accusa il decreto legge numero 18 dell'8 febbraio scorso, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10. Secondo gli avvocati dell'Adusbef, il provvedimento andrebbe contro alcune norme della Carta fondamentale e in definitiva danneggerebbe ingiustamente i cittadini-utenti della strada e quindi del servizio assicurativo. Come? Complicando la procedura di rimborso e rendendola più costosa. Infatti, spiega l'avvocato Melpignano, il decreto legge «sottrae alla valutazione secondo equità le controversie che nascono dai contratti di massa», fra i quali rientrano i contratti assicurativi. Questo significa due cose. La prima è che il cittadino non può più chiedere il rimborso del premio non dovuto costituendosi in giudizio senza l'assistenza di un legale; la seconda conseguenza è che il verdetto del giudice di pace è impugnabile in Tribunale. In poche parole, secondo l'Adusbef il provvedimento legislativo del Governo finisce per scoraggiare le richieste di rimborso dei premi Rc Auto per i costi che comporterebbe, insomma «perché la spesa non vale l'impresa». Sul piano costituzionale, secondo i legali dell'associazione, il decreto viola il principio sancito dall'articolo 3, perché finisce per trattare in modo diverso situazioni analoghe: insomma perché il giudizio di equità non si dovrebbe applicare ai contratti di massa e ad altri casi sì? Inoltre, fra l'altro, precisano all'Adusbef, il decreto interferirebbe nelle funzioni giudiziarie perché la norma «è diretta a incidere su concrete fattispecie sub iudice». c.strag.



LA REPUBBLICA

del 06 febbraio 2003

Banca 121, pressing sugli agenti "Dovevamo vendere a ogni costo"

Polemiche anche sul mutuo My Way che sarebbe stato spacciato come accumulo Un documento sindacale ora agli atti della Procura critica i vertici aziendali

DAVIDE CARLUCCI

VENDERE, vendere, vendere. Era questo l' imperativo che ha portato un promotore finanziario della Banca 121 a rifilare a decine di clienti di Oria rischiosissimi prodotti finanziari e con pesanti perdite, provocando denunce e un' inchiesta della Procura? Sì, secondo Tommaso Carone, l' avvocato che assiste i creditori danneggiati. E che al pubblico ministero Pierpaolo Montinaro, ha inviato una denuncia dei sindacati circolata a ottobre all' interno tra i dipendenti dell' istituto di credito leccese. Il documento, sottoscritto da Fabi , sindacato autonomo dei bancari, Fisac-Cgil, Uil-Ca e Sindirigenti credito, riferisce di un incontro con il direttore generale dell' ottobre del 2002 nel quale si accenna alla "prossima scadenza dei prodotti strutturati e della gravità delle problematiche connesse. Abbiamo ribadito ancora una volta – dicono i sindacalisti – le circostanze in cui tra il ‘99 e il 2001 furono effettuate le campagne di vendita di prodotti finanziari: tempi brevissimi di collocamento a fronte di volumi per centinaia di miliardi; un elevatissimo numero di clienti contattati per proporre gli arbitraggi, sulla base degli elenchi forniti alle filiali dalle strutture centrali preposte; la complessità delle componenti tecniche dei prodotti; budget imposti e performance conseguite dalle filiali". I sindacati denunciano anche la "assenza della modulistica" e il "pressing quotidiano ed esasperato da parte della catena gerarchica" che espongono "personalmente i colleghi a una serie di rischi sotto il profilo professionale, legale e dell' incolumità fisica". Ci sono queste "pressioni" dietro il caso di Oria o si è trattato solo del comportamento spregiudicato di un promotore finanziario (poi licenziato dall' azienda)? Sarà l' inchiesta della Procura a fornire risposte. Di certo, ora, c' è solo la rabbia dei creditori di Oria. Che hanno contratto mutui – a loro dire, inconsapevolmente – anche per decine di migliaia di euro. E che ora temono soprattutto che i loro nominativi vengano inseriti nella centrale rischi di Bologna in quanto "insolventi", una macchia che potrebbe pregiudicare il loro accesso al credito per dieci anni. "Per mesi– continua Carone - la Banca 121 non li ha mai informati sull' andamento degli investimenti se non con comunicazioni che descrivevano la quantità dei titoli acquistati all' epoca, senza dire quanto valevano o no". Michele ha 27 anni ed è disoccupato: "Mi sono rivolto al negozio finanziario nel ' 99. Avevo bisogno di mettere da parte 150 mila lire al mese, frutto dei miei lavoretti in campagna. Ho chiesto di apr ire un conto corrente minimo. Il promotore mi ha detto: c' è un conto che ti permette di accumulare qualcosa in più. Oggi sono andato a chiudere il conto ma non lo posso più fare. Non ho pagato le ultime due rate e ho paura di finire nei guai. In famiglia non sanno niente. Mi ritrovo debitore senza mai aver visto una lira. E nelle mie stesse condizioni si ritrova molta gente a Oria". E non solo. L' avvocato Antonio Tanza, leccese, vicepresidente nazionale dell' Adusbef, associazione dei consumatori, calcola "migliaia di cause avviate in tutt' Italia" contro "My way" e "4you", i due prodotti finanziari sotto accusa a Oria. "Ne abbiamo già vinta una a Caltanissetta per un "4you", il cui meccanismo è identico al My way: è un mutuo camuffato da piano di accumulo venduto come "prodotto previdenziale" e "a basso rischio". è un mutuo i cui proventi vengono investiti al 50 per cento in un titolo obbligazionario che dopo 30 anni servirà a mala pena a restituire il capitale investito ma non gli interessi. L' altra me tà finisce in titoli di azionario spinto. Ora le famiglie stanno perdendo una marea di soldi. Un imprenditore di San Cesario ha perso 90mila euro, un industriale di Monteroni ha contratto un "My wy" da 750mila euro. Loro forse possono permettersi di estinguere ma chi non può pagare che fa?". ...



PANORAMA n. 6 del 06 febbraio 2003 a pag. 129

PROTESTE CLIENTI: MPS nei guai

My Way, in Banca Debito a modo mio.

Un piano, presentato per avere un capitale a scadenza, è in realtà un contratto di mutuo.

Frank Sinatra cantava «I did it my way», ovvero: ho sempre fatto tutto a modo mio. E la replica di My way è stata proposta dalla Banca Mps (già Banca 121 e prima ancora Banca del Salento) con un piano finanziario di questo nome.

Il My Way. poi ribattezzato «4 You» dagli altri istituti dei gruppo Monte dei Paschi di Siena (che hanno convinto oltre 90 mila risparmiatori a sottoscrivere questi contratti) è un piano a lunghissimo termine, da 30 a 15 anni, in cui non si accumula il capitale. ma si restituisce quanto la banca ha “prestato al cliente che, per comprare obbligazioni e fondi azionari, si è in realtà indebitato firmando un contratto di mutuo”.

LE CAUSE Il piano My Way sta suscitando diverse azioni legali da parte di associazioni dei consumatori come l’Adusbef (064818632, info@adusbef.it). “uno strumento tipico del risparmio come il mutuo viene utilizzato per acquistare prodotti finanziari rischiosi, presentando il piano come un accumulo pensionistico e non come un indebitamento” sostiene l’avvocato Antonio Tanza di Lecce, vicepresidente nazionale dell’Adusbef che spiega “Abbiamo impugnato il contratto con alcune cause pilota poiché secondo noi non c’e stata trasparenza: il documento fondamentale è il profilo di rischio firmato dal cliente”.

L’avvocato Roberto Vassalle di Mantova, anch’egli impegnato in numerose cause contro il gruppo Monte dei Peschi, aggiunge: “Una prima sentenza del tribunale di Caltanissetta, nel 2001, ha dichiarato nullo un contratto My Way. Il piano è presentato come prodotto previdenziale, si tratta di pubblicità ingannevole” (la sentenza è edita in www.studiotanza.it ).

I CONSIGLI. Sui piani My Way e 4 you sono arrivate numerose lettere a Panorama Portfolio:il consiglio dei legali è «non firmare in banca documenti che possano sanare, in secondo tempo, situazioni irregolari». E cosa rischia chi smette di pagare? «il cliente è imprigionato dal contratto che prevede una penale, se non paga, interessi debitori del 15 per cento sul conto corrente virtuale aperto con il My Way» dice Tanza. Infine, attenzione ai costi legali: un’eventuale causa può non convenire se la somma da pagare è modesta. Edmondo RHO

LA REPUBBLICA

del 05 febbraio 2003

Oria, i risparmiatori contro Banca 121. Aperta un' indagine

"Rovinati dall' investimento truffa"

L' inchiesta è stata affidata allo stesso pm che indaga sui concorsi per vigili a Francavilla Alcuni continuano a non sporgere denuncia perché sperano ancora di recuperare il denaro la puglia degli scandali Il broker avrebbe bruciato i soldi di decine di persone in disastrosi fondi sudamericani con perdite dell' 80 per cento

DAL NOSTRO INVIATO DAVIDE CARLUCCI

ORIA -Due anziane sorelle, l' una zitella e l' altra vedova, avevano deciso di provare, a settant' anni passati, il brivido dell' investimento finanziario. Emozioni, pensavano, ne avrebbero provate ben poche, in realtà, visto che il promotore finanziario della Banca 121, Mario Corin to, aveva prospettato, al momento della vendita del "prodotto", un fondo con pochi margini di rischi e un più che allettante tasso di interesse, pari all' 11,9 per cento. Per questo le due signore si erano fidate subito, affidando al giovane manager dal volto e dalla cravatta rassicuranti, il frutto di risparmi e rendite di una vita: centottantunomila euro, che non sono bruscolini. "Qualche settimana fa sono andate in banca a ritirare i ricavi: sono solo quarantanovemila euro", racconta ora il loro difensore, Tommaso Carone. A lui e ad altri avvocati si sono rivolti tutti quelli che a Oria non l' hanno presa come la solita sbornia post-new economy e hanno denunciato tutto alla Procura della Repubblica: l' inchiesta è stata affidata al pm Pierpaolo Montinaro, lo stesso che indaga sui concorsi-farsa di Francavilla. Decine di abitanti di questo diffidente paese agricolo si erano fidati del promotore che ai suoi clienti, più che sogni di ricchezza, prometteva sonni tranquilli. Ma in realtà regalava mutui dai no mi inglesi che li trasformavano in inconsapevoli debitori a vita. "Ai sottoscritti – denunciano altri due risparmiatori, lui di Oria, lei di Manduria – è stato fatto sottoscrivere, travisandolo per un semplice piano di accumulo e risparmio o come egli riferiva espressamente una "polizza tipo assicurazione di risparmio" un mutuo cosiddetto "My way" della durata di 15 anni con 178 rate mensili con scadenza 31 gennaio 2015 il cui importo erogato è stato investito in prodotti azionari ad alto rischio". Non è la prima volta che "My way" finisce sotto accusa: da tempo, ad esempio, l' Adusbef, associazione dei consumatori, promuove campagne contro questo particolare piano di investimenti, sollevando presso la Consob il caso di un ragazzo down di Lecce, Andrea Piconese, al quale sarebbe stato fatto sottoscrivere un contratto senza che egli ne fosse pienamente consapevole. I due risparmiatori di Oria, invece, lamentano di aver "affidato nelle mani di Corinto 15 milioni di lire perché ne curasse l' investimento con strumenti finanziari sicuri e oggi non hanno contezza di quanto sia l' ammontare del capitale residuo investito". E ancora: "Che lo strumento sottoscritto fosse ad alto rischio si è appreso solo qualche giorno or sono, allorquando i sottoscritti hanno ricevuto dalla Banca una comunicazione con la quale venivano informati che Corinto non operava più per la 121". L' istituto di credito, infatti, a settembre ha liquidato il suo promotore finanziario. E allora è iniziata la processione dei risparmiatori delusi verso il negozio finanziario 121 di piazza Lama, a Oria, e verso la filiale di Francavilla Fontana della stessa banca. Le lamentele erano le stesse dei due coniugi di Oria: "Noi abbiamo espressamente richiesto al promotore un piano di accumulo consistente in versamenti mensili per l' acquisto di quote di fondi a basso rischio. Nella cruda realtà, il piano di investimento rappresenta un indebitamento in un' unica soluzione a fronte di un investimento contestuale in titoli ad altissima volatilità". Facile i mmaginare la loro rabbia quando si sono accorti che "i titoli hanno accumulato una minus valenza del 60 per cento". E le incongruenze non finiscono qui, assicura l' avvocato Carone: "Qui a Oria sono stati venduti centinaia di "My way" persino a disoccupati e nullatenenti. Oppure sono stati concessi titoli con scadenza trentennale a settantenni. Secondo noi è una truffa".



- 5 febbraio 2003 -

“SCANDALI AL SOLE” su Radio Capital

di Alessandro SORTINO

Cara Rc-Auto...

I rimborsi arrivano o no?





Ma che bello! Arriva la concorrenza!
I prezzi scenderanno!!!
Quante volte vi hanno raccontato questa favoletta?
Per i telefoni…
per l’energia elettrica…
per la benzina…
Ma soprattutto per le ASSICURAZIONI!
Nel ‘95 il mercato delle RC AUTO è stato liberalizzato
Le conseguenze?
Ecco cosa scrive il documento di programmazione economico finanziaria a firma del ministro Tremonti

I NUMERI

Il Dpef 2002 calcola che in sei anni, tra il dicembre del 1996 ed il dicembre del 2002, vi sia stato un aumento del 94,65 % dei premi rc-auto

94,65 per cento?

Alla faccia del libero mercato!

Ecco cosa ha scoperto l’autorità garante della concorrenza e del mercato, dopo una lunga inchiesta conclusa con una mega multa a danno delle compagnie assicuratrici…

IL DOCUMENTO

“E’ emersa l'esistenza di un esteso e pervasivo scambio di informazioni tra numerose imprese relativo a prezzi, sconti, incassi, costi dei sinistri e di distribuzione.”

Ah! Si scambiavano le informazioni!

“I comportamenti delle imprese di assicurazione, costituiscono una complessa intesa orizzontale finalizzata allo scambio di informazioni sensibili di natura commerciale”

Ah! C’era un intesa. E perché?

”L'intesa accertata ha quale oggetto di restringere e falsare il gioco della concorrenza nei mercati nazionali dell'assicurazione auto. Il circuito informativo è idoneo ad incidere in modo decisivo sulle scelte di prezzo a danno dei consumatori.”

A danno dei consumatori!

La sentenza dell’autorità è stata confermata dal Tar e dal Consiglio di Stato.

Dunque non ci piove!

Siccome le compagnie si mettevano d’accordo, abbiamo pagato tariffe più care del dovuto.

Le associazioni dei consumatori hanno organizzato i RICORSI ai giudici di pace e in grande maggioranza li hanno vinti

Ecco Elio Lanutti e l’avvocato Tanza, dell’ADUSBEF:

”Poiché le compagnie non sanno perdere, sono andate in Cassazione… è stata pubblicata la sentenza, nella quale si afferma che 18 milioni di assicurati delle compagnie multate hanno diritto al risarcimento.”

”Le sentenze del giudice di pace sono provvisoriamente esecutive, per cui noi procederemo con i pignoramenti delle somme presso le singole agenzie che non hanno restituito il maltolto… I diritto è indubitabile!”

A questo punto le assicurazioni si ribellano

Ecco cosa dichiara l’Ania, cioè la “confindustria” delle compagine assicurative:

LA FRASE

“Non trattiamo neanche un solo euro”

Neanche un euro.

Ma allora le sentenze non valgono niente!?

Vabbè, proverò io a chiamare Marco Fusciani, direttore dell’Ania: vediamo se riesco a fargli ammettere qualcosa…

LA TELEFONATA

Buonasera, come sta?
Abbastanza bene! Un po’ affaticati e di corsa, ma a questo siamo abituati!
Per carità, non corra!
Eh?!
Dico, non corra, per carità! Sennò il bonus malus…
No, è pericoloso correre per strada, poi si fanno i sinistri! Sono danni sociali oltre che assicurativi!
Sono in corso queste trattative con il governo, voi non volete risarcire nulla!
Non è che non vogliamo risarcire nulla, noi siamo consapevoli che non è esistito nessun cartello dei prezzi, e quindi non sussiste alcun diritto al risarcimento!
Quindi è un complotto delle ‘Toghe rosse’ pure quello nei vostri confronti? Quello della Cassazione…
La Cassazione, vede, non ha mai detto quello che le è stato fatto dire nella comunicazione…
E le sentenze dell’autorità garante?
Non c’entrano nulla! Si sono limitate semplicemente…
A dire che c’era un cartello, perché c’era un cartello!
No, perché c’era uno scambio di informazioni.
Il fatto che in sei anni ci sia stato un aumento del 94,65% delle tariffe…
Chi lo ha inventato questo dato, mi perdoni?!
C’è scritto sul documento di programmazione economica del dicastero Tremonti.
Bisogna andare a vedere come lo rilevano!
Ma allora lei contesta tutto! Allora non possiamo parlare, se lei contesta tutti i dati!
Io sto manifestando la nostra posizione.
Bene, quindi voi siete tranquilli?
Noi siamo sereni.
Ecco, perché allora è così difficile ottenere le quietanze?
Ci vogliono dei tempi tecnici ordinari…
Però è un diritto dei consumatori, lei questo lo ribadisce?
Certamente, non abbiamo mai contestato questo discorso!

E meno male! Un diritto almeno c’è stato riconosciuto!

I clienti delle assicurazioni hanno diritto di ottenere dalle compagnie le prove dei loro pagamenti, in gergo le “quietanze”, fondamentali per presentare istanza al giudice di pace.

Il diritto c’è. Proviamo a farlo valere

”Ce le chiedono tutti, ma non è che noi non le vogliamo dare! Ma noi dei pagamenti abbiamo solo schermate video, non è che abbiamo la stampa!”

”Guardi, deve rivolgersi direttamente alla direzione.”

”Guardi, i clienti devono parlare direttamente con l’agenzia.”

”E’ una richiesta che va fatta alla direzione… Guardi, glielo dico in modo un po’ crudo: se lei mi vuole fare causa, solo io le posso fornire gli elementi, perché se lei va davanti al giudice di pace senza niente in mano, ando’va?!”

CONCLUSIONE

Altro che scontro giuridico! Altro che battaglia di princìpi! Questo è semplice e becero ostruzionismo.

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LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

del 1° febbraio 2003 : Nazionale - Economia Pag. 12

Parte dal Giudice di pace di Lecce il «riscatto» degli automobilisti italiani. E' stata depositata ieri la prima sentenza in Italia, emessa secondo ........

Parte dal Giudice di pace di Lecce il «riscatto» degli automobilisti italiani. E' stata depositata ieri la prima sentenza in Italia, emessa secondo equità, con la quale il giudice di pace Corrado Serio, ha condannato la Sara Assicurazioni al risarcimento della somma richiesta da Giovanni De Gaetanis, un automobilista leccese che si era rivolto all'associazione di difesa dei consumatori Adusbef di Lecce, per recuperare 613,57 euro, pari al venti per cento dei premi versati dal 1995, al 2002, oltre alle spese processuali a favore dell'automobilista, pari a 575 euro.
«E' una sentenza innovativa in quanto afferma nuovi principi - commenta l'avvocato difensore Antonio Tanza, vice presidente nazionale dell'Adusbef, con sede a Lecce in via Martiri D'Otranto, 4 - basati sull'applicazione della legge quadro 281 del '98. Trattandosi di sentenza esecutiva, tra due settimane avremo anche i soldi, grazie al pignoramento della cassa di una delle agenzie Sara in provincia di Lecce. E' innovativa anche perchè - aggiunge il legale dell'associazione dei consumatori - è la prima che affronta il problema della prescrizione, fissandone la decorrenza dalla chiusura del contratto o dall'ultimo versamento. Questa - aggiunge Tanza - è solo la prima vittoria nel Salento, dove migliaia di assicurati attendevano questo risultato per presentare i ricorsi al Giudice di pace».
Le compagnie indagate dall'Autorità garante della concorrenza, sono 39 e rappresentano l'ottanta per cento dei mercati assicurativi auto e moto; successivamente l'autorità garante ne ha individuato 17, fra quelle che hanno commesso infrazioni più gravi.
Nel caso concreto, l'assicurato leccese, ha esibito in giudizio il pagamento di premi per complessivi 3.067,86 euro, che hanno consentito di avanzare la richiesta di 613,57 euro, pari al 20 per cento, tenuto conto degli interessi e della rivalutazione monetaria. Secondo l'Autorità garante, dopo la liberalizzazione delle tariffe, dal giugno '94 al gennaio 2000 si è registrato un sostanziale raddoppio del premio medio pagato dagli assicurati. «Il consumatore ha diritto alla correttezza, alla trasparenza e all'equità - recita la sentenza del giudice Serio - elementi che consentono di promuovere azioni individuali per il risarcimento dei danni».
«La sentenza emessa dal giudice di pace di Lecce - osserva soddisfatto l'avvocato Tanza - può essere impugnata solo per vizi di legittimità. In sostanza significa che le compagnia deve pagare, trattandosi di sentenza in via equitativa». L'intesa fra gli istituti di assicurazione era stata realizzata ricorrendo alla Rc-Log, una società di consulenza, che veicolava informazioni idonee a supportare accordi sui premi da corrispondere. Si tratta, in buona sostanza di un «cartello», anche se le compagnie non vogliono ammetterlo. «Il pregiudizio per l'utente è tanto più grave - si legge nella sentenza - atteso che questi è obbligato a contrarre per legge».
«Anche a Lecce, dopo anni di vessazioni, siamo finalmente giunti alla resa dei conti tra compagnie assicurative e consumatori - fanno sapere trionfanti dall'Adusbef - la sentenza del giudice Serio ritiene che l'intesa di cartello costituisca una violazione che va punita». «Ci si augura vivamente che la compagnia ricorra in Cassazione - ironizzano dall'Adusbef di Lecce - il giudice non potrà che consolidare un equitativo orientamento giurisprudenziale, che finalmente risarcisce gli utenti da un galoppante ed ingiustificato aumento dei premi».
L'Intesa dei consumatori, intanto, annuncia per lunedì 3 febbraio manifestazioni a Roma e Milano sulla vicenda dei rimborsi Rc-Auto. E diffida il Governo «a cambiare le regole del gioco a partita già iniziata con una leggina salva-assicurazioni».
«Le competenze sono dei giudici di pace per tali controversie - si legge in una nota di Adusbef, Adoc, Codacons e Federconsumatori - non già dei tribunali, come già scritto dall'ordinamento e confermato dall'ultima, limpida sentenza della Cassazione. Rammenti il Governo - prosegue - quel precedente tentativo di una legge "salva-banche" che dopo quella iniqua e ingiustificata "leggina" fu dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Ed in ballo vi erano interessi di 3 milioni di cittadini, vittime dell'anatocismo bancario, non già 30 milioni di assicurati impoveriti da mezzo secolo di vessazioni e malefatte assicurative».Cesare Mazzotta





LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO - LECCE

del 29 gennaio 2003 : Lecce - Prima Pagina



Compagnie alla sbarra

Assicurazioni: Rimborso dei premi, al via i processi
Ecco che cosa bisogna fare per attivare il ricorso

Compagnie di assicurazione alla sbarra anche a Lecce. Sono cominciate davanti al giudice di pace i processi per il rimborso dei premi pagati dai consumatori dal 1995 al 2001. In quel periodo alcune compagnie hanno lievitato il costo delle polizze in maniera scriteriata e l'Antitrust le ha multate, consentendo agli automobilisti di ottenere il rimborso del 20 per cento. Questa mattina davanti al giudice di pace sono arrivate due cause, attivate da altrettanti consumatori che si sono rivolti all'avvocato Antonio Tanza, vicepresidente nazionale dell'Adusbef, l'Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari. I giudici si sono riservata la decisione. In entrambi i casi si è chiesta la condanna della Sara assicurazioni al pagamento di alcune migliaia di euro. Non tutti, però, possono presentare ricorso. Lo possono fare solo gli assicurati delle compagnie sanzionate: Sai, Generali, Helvetia, Lloyd Adriatico, Azuritalia, Milano, Ras, Reale Mutua, Zurigo, Allianz Subalpina, Assitalia, Toro, Unipol, Winterthur, Axa, Fondiaria e Gan. Dal '95 al 2001 hanno realizzato un vero e proprio "cartello", aumentando le tariffe. Per attivare il ricorso occorre, innanzitutto, inviare una lettera di rimborso alla compagnia di assicurazione. Il modello può essere ritirato gratuitamente agli sportelli della Adusbef Onlus che si trovano a Lecce, in via Martiti d'Otranto, 4 e a Galatina in corso Porta luce, 20 (telefono 0832/241493 - 0836/566094) e negli uffici della Adiconsum, l'Associazione italiana difesa consumatori e ambiente promossa da Cisl onlus. la sede dell'Adiconsum è in via della Libertà, 79 (telefono 0832/314888). Passati quindici giorni senza risposta o con risposta negativa si può presentare ricorso al giudice di pace per chiedere la restituzione delle somme indebitamente percepite dalle compagnie. Al ricorso, però, è necessario allegare anche le copie delle quietanze dei premi pagati alla propria compagnia negli anni 95-2001.





LA STAMPA
Del 16/1/2003 Sezione: Economia Pag. 16

Rc Auto, la Cassazione condanna le compagnie

NELLA SENTENZA PRINCIPI CHE APRONO SPIRAGLI PER LA TUTELA DELLA CONCORRENZA

«Cartello di 17 società tra il `95 e il 2000, da rimborsare fino al 20% del premio»

Ora 17 compagnie di assicurazioni non potranno fare altro che rimborsare i consumatori per aver alzato i prezzi delle polizze auto tra il 1995 e il 2000 quando avevano dato vita ad un cartello anticoncorrenziale. La Corte di Cassazione mette la parola fine a una battaglia che va avanti da due anni: i consumatori ora potranno rivolgersi direttamente ai giudici di pace, senza spendere un euro e difendersi da soli. E´ scritto nella sentenza 17475/02 pubblicata ieri e scritta dal giudice Onofrio Fittipaldi sulla sentenza del 9 dicembre scorso. Una vittoria comunque per le associazioni dei consumatori soprattutto perché alcuni passaggi della sentenza fissano dei paletti importanti in vista di future battaglie. «C´è la capacità e la legittimazione - scrive Fittipaldi - del consumatore finale di avvalersi dello strumento risarcitorio nei confronti dell´avvenuta violazione». Ovvero si riconosce lo status giuridico del consumatore finale. E poi ancora si stabilisce «la risarcibilità assoluta di quelle intese vietate dalle regole a tutela del corretto funzionamento dei mercati e della concorrenza che danneggiano il consumatore finale». Criterio che allarga il campo di azioni ben al di fuori del caso delle assicurazioni. In altri termini: quando le aziende si fanno la guerra o decidono di mettersi d'accordo violando le regole e alla fine danneggiano il consumatore, si può chiedere il risarcimento, anche se non basta l'intesa in sè a provocare il danno. Una decisione che interessa, secondo le associazioni dei consumatori, addirittura 18 milioni di italiani. In realtà, se fanno fede i conti dell´Antitrist si arriva a 10 ovvero gli assicurati di Alliance subalpina, Assitalia, Axa, Azuritalia, Fondiaria, Gan, Generali, Helvetia, LLoyd adriatico, Milano, Ras, Reale Mutua, Sai, Toro, Unipol, Winterthur, Zurigo. In origine le società condannate erano 39. Il Consiglio di Stato ha poi ridotto il numero a 17. «Chi è rimasto fuori - fa notare l´avvocato dell´Adusbef Antonio Tanza - per ora si è salvato perché secondo i giudici, pur avendo partecipato al cartello, ha fatto talmente pochi contratti da non poter incidere in maniera decisiva sul prezzo finale». I giudici di pace italiani sono stati inondati di cause (sono già centomila per i consumatori, 18 mila da 3 mila euro ciascuna secondo l´Ania) e richieste di rimborso. L´Adusbef ne sta ricevendo 1500 al giorno. E gli ex pretori hanno cominciato a pronunciarsi a favore degli automobilisti. Le assicurazioni allora hanno posto un quesito di competenza alla Suprema Corte. L´Axa, assistita dai legali Aldo Frignani e Natalino Irti, ha impugnato una sentenza del giudice di pace di Acquaviva delle Botti (provincia di Bari) convinta che sui rimborsi dovesse decidere la Corte d´Appello. Tanza è sicuro che «se la Cassazione avesse dato ragione ad Axa sarebbe stata la fine tutti i ricorsi perché in Appello le spese legali di partenza si aggirano sui 300 euro, quando l´importo medio da restituire si aggira sul milione di lire». Non ne sarebbe più valsa la pena insomma, se non per una questione di principio. Invece è stato stabilito che «il giudice di pace può risarcire fino al 20% del premio». Una via rapida (si dice che un giudice di Mirandola - il paese di Pico in provincia di Modena - addirittura stia affrontando le cause verbalmente) e soprattutto conveniente. Le assicurazioni però avvertono: ora il rimborso non è automatico, bisognerà valutare caso per caso. «A fronte delle sentenze favorevoli di alcuni giudici di pace - fa sapere l´associazione presieduta da Fabio Cerchiai - ci sono 400 sentenze della Cassazione che sono state favorevoli alle assicurazioni e hanno negato il diritto al rimborso. Quanto sollevato dai consumatori può rilevarsi fuorviante per gli assicurati e indurli a inutili contenziosi giudiziari con le loro compagnie di assicurazione».



ANSA (ECO) - 14/01/2003 - 19.16.00

RC AUTO: RIMBORSI; MIGLIAIA RICORSI, DECIDERA' GIUDICE PACE

ADUSBEF, VINTE CENTINAIA CAUSE; ANIA, MA DANNO VA PROVATO (ANSA) - ROMA, 14 GEN - Una valanga di ricorsi sono stati o stanno per essere presentati dai consumatori per chiedere alle compagnie di assicurazione il rimborso per il danno ricevuto dall'intesa sulle Rc Auto sanzionata dall'Antitrust tre anni fa. Solo l'Adusbef ha raccolto 46.000 richieste di rimborso ma i procedimenti attivati potrebbero essere piu' del doppio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, riferisce l'associazione dei consumatori, affida la questione ai giudici di pace e di conseguenza facilita i ricorsi per i quali non ci sono costi processuali ne' spese per avvocati. I rimborsi sono mediamente fino a 516 euro, ovvero un milione delle vecchie lire. L'Ania replica: non e' corretto generare facili aspettative; il danno va provato e il risarcimento non e' automatico. Secondo i dati dell'associazione che rappresenta le imprese una sentenza su tre finora e' stata a favore delle societa'. - I RIMBORSI DOPO MULTA ANTITRUST. La vicenda nasce dalla multa comminata dall'Antitrust, nel 2000, a 17 compagnie di assicurazione per un'intesa che violava la concorrenza. La condanna e' stata confermata anche dal Tar del Lazio e dal Consiglio di Stato. Le associazioni dei consumatori hanno invitato i possessori delle polizze a chiedere alle compagnie, anche per via giudiziale, il rimborso per il danno subito, fino al 20% del premio versato. - LA CASSAZIONE RENDE TUTTO PIU' FACILE. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, riferisce l'Adusbef, affida la questione ai giudici di pace, anziche' alla Corte d'appello come chiesto da una compagnia di assicurazione. Tradotto: ''niente spese processuali e niente spese per avvocati'', ricorda il presidente dell'Adusbef Elio Lannutti, fino a rimborsi per 516 euro, esattamente la cifra intorno alla quale si aggira il 90% dei ricorsi. Un altro elemento importante e' che ''viene riconosciuto il risarcimento - afferma l'avvocato Antonio Tanza, vicepresidente dell'Adusbef - al consumatore in quanto tale; altro elemento e' che il giudice di pace puo' procedere ad una liquidazione equitativa del danno, senza dunque la necessita' di provare la quantificazione dello stesso''. - RIMBORSI, FINORA VINTI CENTINAIA DI RICORSI. Le richieste sono decine di migliaia. Solo l'Adusbef ha raccolto 46.000 ricorsi ma gli sportelli ad hoc attivati in Italia dalle diverse associazioni dei consumatori sono 400 e le richieste di rimborso potrebbero aggirarsi sulle 100.000. Sono 17 le compagnie, 18 milioni invece i consumatori che potrebbero avere diritto al rimborso. ''I ricorsi gia' vinti sono centinaia - dice ancora Lannutti - e per quello che ci riguarda finora non ne abbiamo perso nessuno''. - CHI HA DIRITTO E COME SI FA. Hanno diritto tutti gli assicurati ad una delle 17 compagnie multate (sono: Allianz Subalpina, Assitalia, Axa, Azuritalia, Fondiaria, Gan, Generali, Helvetia, Lloyd adriatico, Milano, Ras, Reale Mutua, Sai, Toro, Unipol, Winterthur, Zurigo; non basta pero' che la societa' faccia parte di un gruppo multato). Anche chi ha un motorino puo' chiedere il rimborso. La procedura, spiega l'Adusbef, e' semplice: basta mandare una raccomandata all'assicurazione chiedendo il rimborso del 20% del premio; se non si ha una risposta entro 15 giorni si deposita l'atto di citazione (le associazioni dei consumatori hanno predisposto moduli-tipo disponibili anche on line), allegando tutta la documentazione. Poi la parola spetta al giudice di pace. ''E' bene precisare - conclude Lannutti - che si tratta comunque di un giudizio e non di un gratta-e-vinci''. - ANIA: 1 SENTENZA SU 3 E' A FAVORE IMPRESE. L'Ania, l'associazione che organizza le imprese di assicurazione, avverte: il diritto non e' automatico e non e' corretto generare inutili aspettative. A fonte delle 700 cause vinte dai consumatori, 400 ricorsi infatti sono finiti invece a favore delle imprese. Questo almeno secondo i dati in possesso dell'associazione a fine 2002. Il diritto al risarcimento, spiegano all'Ania, non discende solo dal fatto in se' dell'intesa vietata. In altre parole l'intesa sanzionata non implica automaticamente che esista un danno e dunque il diritto al risarcimento. Il diritto al risarcimento deve essere provato caso per caso, tanto e' vero che a fronte di sentenze a favore dei consumatori ce ne sono altre che hanno negato il diritto.(ANSA). TU



LA STAMPA
del 15/1/2003 Sezione: Economia Pag. 19

SENTENZA DELLA CASSAZIONE
Via libera ai rimborsi su Rc Auto

ROMA

La Corte di Cassazione mette la parola fine sui rimborsi delle Rc Auto: i consumatori potranno rivolgersi direttamente ai giudici di pace, senza spendere un euro, chiedere e ottenere dalle compagnie la restituzione delle somme pagate in più tra il 1995 e il 2001 a causa «del cartello tra 17 compagnie assicurative». L´ultimo grado di giudizio della giustizia italiana si è pronunciato alla fine di dicembre. Questa mattina sarà pubblicata la motivazione della sentenza, scritta dal giudice Onofrio Fittipaldi. Due pagine dattiloscritte che interessano, secondo le associazioni dei consumatori, quasi dieci milioni di italiani. Sono più di due anni che assicurazioni, Adusbef, Codacons & C. si danno battaglia. Prima la sentenza dell´antitrust che ha riconosciuto la violazione della concorrenza per 39 società con tanto di multa da 700 miliardi di lire. Tutto confermato dal Tar del Lazio, così come dal Consiglio di Stato che però ha circoscritto la condanna a 17 compagnie. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato i giudici di pace italiani sono stati inondati di cause e richieste di rimborso. Le cause in totale sarebbero comunque già più di centomila. «Le assicurazioni allora - spiega l´avvocato Antonio Tanza - hanno giocato l´ultima disperata carta». L´Axa ha impugnato una sentenza del giudice di pace di Acquaviva delle Botti (provincia di Bari) di fronte alla Corte di Cassazione chiedendo che l´organo competente a giudicare le richieste di rimborso fosse la Corte d´Appello. Secondo i consumatori si rischiava la morte di tutti i ricorsi perché in Appello le spese legali di partenza si aggirano sui 300 euro, quando l´importo medio del «maltolto» è di 500 euro. Invece nell´ultimo grado di giudizio è stato stabilito che «il giudice di pace ben può risarcire fino al 20% del premio». Una via molto più rapida e soprattutto gratuita visto che non sono previsti né bolli né assistenza legale. I moduli pre stampati solo da compilare si possono trovare sui siti internet www.adusbef.it. Tutto facile? A sentire l´Ania, l´associazione che raccoglie le assicurazioni, pare di no: il diritto non è automatico e non è corretto generare inutili aspettative, a fronte delle 700 cause vinte dai consumatori, 400 ricorsi infatti sono finiti invece a favore delle imprese. «L´intesa sanzionata - fanno notare all´Ania - non implica automaticamente che esista un danno e dunque il diritto al risarcimento che invece deve essere provato caso per caso».



IL SECOLO XIX

del 15/1/2003 Sezione: Economia: Pag. 12

Rc Auto, una valanga di ricorsi contro il cartello delle compagnie
I consumatori chiedono il rimborso del danno subito per la mancata concorrenza

Roma

Una valanga di ricorsi sono stati o stanno per essere presentati dai consumatori per chiedere alle compagnie di assicurazione il rimborso per il danno ricevuto dall'intesa sulle Rc Auto sanzionata dall'Antitrust tre anni fa. Solo l'Adusbef ha raccolto 46.000 richieste di rimborso ma i procedimenti attivati potrebbero essere più del doppio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, riferisce l'associazione dei consumatori, affida la questione ai giudici di pace e di conseguenza facilita i ricorsi per i quali non ci sono costi processuali nè spese per avvocati. I rimborsi sono mediamente fino a 516 euro, ovvero un milione delle vecchie lire. L'Ania replica: non è corretto generare facili aspettative; il danno va provato e il risarcimento non è automatico. Secondo i dati dell'associazione che rappresenta le imprese una sentenza su tre finora è stata a favore delle società. La vicenda nasce dalla multa comminata dall'Antitrust, nel 2000, a 17 compagnie di assicurazione per un'intesa che violava la concorrenza. La condanna è stata confermata anche dal Tar del Lazio e dal Consiglio di Stato. Le associazioni dei consumatori hanno invitato i possessori delle polizze a chiedere alle compagnie, anche per via giudiziale, il rimborso per il danno subito, fino al 20% del premio versato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, riferisce l'Adusbef, affida la questione ai giudici di pace, anziché alla Corte d'appello come chiesto da una compagnia di assicurazione. Tradotto: "niente spese processuali e niente spese per avvocati", ricorda il presidente dell'Adusbef Elio Lannutti, fino a rimborsi per 516 euro, esattamente la cifra intorno alla quale si aggira il 90% dei ricorsi. Un altro elemento importante è che "viene riconosciuto il risarcimento - afferma l'avvocato Antonio Tanza, vicepresidente dell'Adusbef - al consumatore in quanto tale; altro elemento è che il giudice di pace può procedere ad una liquidazione equitativa del danno, senza dunque la necessità di provare la quantificazione dello stesso". Le richieste sono decine di migliaia. Solo l'Adusbef ha raccolto 46.000 ricorsi ma gli sportelli ad hoc attivati in Italia dalle diverse associazioni dei consumatori sono 400 e le richieste di rimborso potrebbero aggirarsi sulle 100.000. Sono 17 le compagnie, 18 milioni invece i consumatori che potrebbero avere diritto al rimborso. "I ricorsi già vinti sono centinaia - dice ancora Lannutti - e per quello che ci riguarda finora non ne abbiamo perso nessuno".


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