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Anatocismo e Usura > Come non fallire per banca...
IL TRIBUNALE DI MATERA RIGETTA ANCORA
UN’ISTANZA DI FALLIMENTO RICHIESTA DA UNA BANCA
ADUSBEF riporta un altro successo nei giudizi fallimentari instaurati da istituti di credito: il Tribunale di Matera, con proprio decreto 5 luglio 2001, ha rigettato la richiesta di fallimento di una persona fisica, associato ADUSBEF, assistito dal VicePresidente ADUSBEF Avv. Antonio TANZA (www.studiotanza.it), artigiano edile, sulla base di una presunta esposizione derivante da saldi passivi su c/c bancari.
L’associato, che ha preventivamente contestato in sede giudiziale tali esposizioni, ha dedotto la propria qualità di artigiano edile e la conseguente non assoggettabilità alla dichiarazione fallimentare che, come noto, interessa esclusivamente gli imprenditori commerciali (art. 5 L.F.) e la insussistenza dei titoli di credito vantati dalla ricorrente banca sulla scorta dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di illegittimità degli interessi e competenze bancarie sui c/c.
Il Tribunale, nel rigettare il ricorso della banca, ha correttamente ed in via assorbente rilevato la natura artigianale dell’attività del presunto debitore desumibile da dati fattuali da accettarsi con riferimento alla situazione in atto al momento della decisione e la solvibilità dello stesso derivante dalla mancanza di altre istanze di fallimento.
Si riporta di seguito il testo del decreto del Tribunale materano.
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI MATERA
Il Tribunale di Matera, riunito in Camera di Consiglio e composto dai sigg.ri Magistrati:
Dott. Dino Maria SEMERARO Presidente
Dott. Rosa BIA Giudice Rel.
Dott. Roberto SCILLITANI Giudice
- letto il ricorso proposto dalla Intesa Gestione Crediti nei confronti del debitore Xxxxx Yyyyyy, esercente attività di artigiano edile in Montescaglioso, rappr. e difeso dall’Avv. Antonio TANZA;
- udito il giudice relatore;
ha messo il seguente
DECRETO
Il ricorso è rigettato.
L’esame della documentazione prodotta dal debitore rivela la natura di artigiano del Yyyyyy: risulta, infatti, un volume di affari e un reddito annuale di modesta entità, parametri questi – anche in considerazione del tipo di attività svolta dal debitore – ai quali deve essere ancorato il giudizio circa la ricorrenza del presupposto soggettivo richiesto dalla legge fallimentare. Occorre sottolineare che, secondo il costante orientamento espresso in giurisprudenza e ritenuto condivisibile da questo collegio, l’indagine sulla sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per la declaratoria di fallimento deve essere condotta con riferimento alla situazione in atto al momento della decisione (…).
Non meno rilevante è inoltre la circostanza che nei confronti del Yyyyyy non sono stati proposti altri ricorsi per declaratoria di fallimento (indice di una generale situazione debitoria dello stesso che non presenta allarme sociale).
P.Q.M.
Visti gli artt. 1 e 5 L.F.,
rigetta il ricorso ed autorizza la restituzione dei titoli al creditore (…).
Così deciso in Matera il 5.7.2001.
Il Giud. Est. Il Presidente
(dott. Rosa BIA) (Dr. Dino Maria SEMERARO)
Lecce, lì 24 settembre 2001.
Avv. Antonio TANZA
Vicepresidente ADUSBEF
_________________________
IL TRIBUNALE DI MATERA RIGETTA LA RICHIESTA DI FALLIMENTO DI UN’AZIENDA ASSEDIATA DALLE BANCHE: L’ASSOCIATA ADUSBEF HA CONTESTATO IL PRESUNTO CREDITO BANCARIO (fondato su estratti conto gravati da anatocismo, interessi, commissioni, valute, ecc..)
(Avv. Antonio TANZA)
Con sentenza del 22 marzo 2001 il Tribunale Civile e Penale di Matera – Sezione Fallimentare - ha escluso lo stato di insolvenza di una società che ha contestato il presunto credito vantato da due istituti di credito che avevano chiesto il fallimento dell’azienda.
E’ l’ennesima dimostrazione dell’assoluta perdita di valore dell’estratto conto bancario e l’assoluto superamento del valore probatorio dell’art. 50 del D.Lgs. 385/93.
Nel contratto di conto corrente bancario è la banca che tiene il conto e, attualmente, lo tiene contra legem, basandosi sull’arroganza delle coperture politiche dei poteri forti e con buona pace di quella nota parte della dottrina attaccata più al denaro che alla scienza.
L’anatocismo, cioè quel meccanismo che capitalizza (trimestralmente) l’interesse (interesse compensativo, interesse per giorni di valuta, commissioni, ecc.), rende del tutto inattendibile il documento bancario che in se e per se non può altro che provare ciò che un credito certo, liquido ed esigibile non è e non potrà mai essere.
La commissione per inutilizzo di affidamento, divenuta contabilmente un’operazione senza alcuna causa giustificatrice e definita per prassi bancaria commissione di massimo scoperto trimestrale è un negozio assolutamente nullo e sconosciuto, anche nel contratto che dovrebbe prevedere la stessa applicazione.
Gli interessi debitori per valuta fittizia, unitamente alle commissioni di massimo scoperto trimestrale, all’anatocismo e alle altre commissioni si sommano ed incrementano nel tempo in forma geometrica, rischiando di superare il tasso di soglia.
Questa realtà induce sempre più spesso la più illuminata Magistratura a negare la concessione di Decreti Ingiuntivi fondati sulla erronea contabilità bancaria ed a rigettare istanze di fallimento basate su titoli inesistenti.
Pubblichiamo il provvedimento del Tribunale di Matera relativo al caso di un iscritto ADUSBEF che ha visto rigettare le istanze di fallimento promosse da due banche, a cui si erano affiancati una serie di altri creditori (poi soddisfatti): il provvedimento è in linea con quelli ultimamente emessi dal Tribunale di Cremona, Bari, Santa Maria C. V. e dalla Corte d’Appello di Brescia (che confermava Trib. Cremona), già tutti pubblicati su questo sito.
Inoltre il Tribunale sottolinea il fatto che l’insolvenza va valutata al momento dell’emanazione del provvedimento e non della presentazione delle istanze: l’aver ottenuto un buon numero di desistenze è prova evidente della capacità reattiva e produttiva dell’azienda.
Tribunale di Matera Sez. Fallimentare
Il Tribunale di Matera, riunito in Camera di Consiglio e composto dai sigg.ri Magistrati:
Dott. Dino Maria SEMERARO Presidente
Dott. Rosa BIA Giudice Relatore
Dott. Roberto SCILLITANI Giudice
- letta l’istanza di fallimento proposta nei confronti della ELEMER Srl (Avv. Tanza e Giordano);
- udito il Giudice Relatore;
- preso atto della desistenza dei creditori Valinox, Irem, Lo ponte, Ficarra, Disopra, Di Biase, Coniglio,Anelina, Matera, Lucciardi, Laviola, Galgano, Gabriele, Franco, Tarturo, Montefinese, Alderisi, Viggiani, Foxboro Curatela Fallimento Costruttori e della circostanza che i crediti di Eletto e Lacava sono stati parzialmente soddisfatti;
- considerato che era stato concesso alla ditta debitrice termine per consentire di sanare la situazione debitoria;
- considerato che i crediti del BANCO di Napoli e della BNL sono contestati, perché risultano pendenti giudizi di accertamento della somma dovuta, alla stregua della illegittima capitalizzazione degli interessi trimestrali e del mancato rispetto della normativa antiusura;
ha emesso il seguente
DECRETO
Il ricorso è rigettato.
Premesso, infatti, che in questa sede devono essere esaminati solo gli aspetti attinenti alla sussistenza delle condizioni soggettive e oggettive necessarie per la dichiarazione di fallimento, va rilevato che nel caso in esame non può dirsi, allo stato, sussistente il presupposto di cui all’art. 1 della L.F.
Secondo il costante orientamento espresso in giurisprudenza l’indagine sullo stato di insolvenza deve essere condotta con riferimento alla situazione in atto al momento della decisione circa l’istanza di fallimento (cfr. Cass. 80/5377; Cass. 90/1439; Trib. Modena, 4/7/86, Trib. Milano 18/3/85): e nel caso in esame sussistono validi elementi che inducono ad escludere la sussistenza.
In merito, si osserva che la società debitrice, pure versando alla data di proposizione dei ricorsi in stato di insolvibilità, desumibile dall’importo dei debiti, ha successivamente sanato la propria situazione di dissesto.
Ha infatti provveduto a raggiungere una intesa per la definizione della pendenza debitoria con i creditori sopra indicati, residuando solo i crediti nei confronti dei dipendenti Eletto e Lacava.
Curerà il debitore di soddisfare anche tali ultime pendenze al fine di evitare l’aggravio delle spese relative ad eventuali procedure esecutive.
Sulla base di tanto non può, pertanto, ritenersi la sussistenza dello stato di insolvenza, richiesto dall’art. 5 L.F. ai fini della dichiarazione di fallimento
P. Q. M.
Applicato l’art. 5 l.f., rigetta il ricorso ed autorizza la restituzione dei fascicoli previa copia fotostatica di tutti gli atti contenuti a cura degli istanti.
Così deciso in Camera di Consiglio il 21/3/2001.
IL PRESIDENTE
Dott. Dino Maria SEMERARO
Il GIUDICE Rel.
Dott. Rosa BIA
Depositata in Cancelleria, oggi 22marzo 2001.
Successivamente, lo stesso Tribunale ha rigettato altra istanza di fallimento in una fattispecie in cui l’utente aveva contestato il presunto credito in epoca successiva al deposito dell’istanza.
Tribunale di Matera Sez. Fallimentare
Riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati :
1 - Dott. Dino Maria Semeraro - Presidente
2 - Dott. Rosa Bia – Giudice
3 - Dott. Roberto Scillitani - Giudice Relatore
Letta la istanza di fallimento de "La Sud Agricola Immobiliare S.r.l.", proposta nell'interesse del Banco di Napoli.
Vista la memoria difensiva depositata nell'interesse della debitrice, e la documentazione prodotta da entrambe le parti;
Rilevato
che, a fronte del consistente credito di cui al ricorso, ammontante a circa £. 2.000.000.000, il debitore in sede di comparizione ha ammesso una debitoria nei confronti del Banco di Napoli per circa £. 200.000.000, nonchè ulteriori debiti verso altri Istituti di credito per circa £. 500.000.000;
che il credito del Banco di Napoli è stato comunque contestato giudizialmente, sia pure con azione intrapresa successivamente alla proposizione della istanza di fallimento, e che le informative acquisite hanno evidenziato una debitoria complessiva pari a circa £. 3.000.000.000;
che, nonostante tali consistenti debiti la debitrice ha documentato di possedere un patrimonio del valore di oltre £. 50.000.000.000, costituito essenzialmente da un impianto di deposito frigorifero, come da perizia stragiudiziale asseverata in atti;
Ritenuto
che, a fronte di ciò, solo la sussistenza di corposi indizi di insolvenza potrebbero giustificare il fallimento richiesto;
che, tuttavia, non si ravvisano elementi univocamente significativi di uno stato di decozione della debitrice, atteso che il patrimonio della medesima non risulta assolutamente assoggettato ad azione esecutive da parte del Banco istante, in virtù delle quali il credito dedotto (comunque incerto nel suo complessivo ammontare) avrebbe verosimilmente trovato soddisfacimento;
che a carico della debitrice non risultano elevati protesti e che la procedura esecutiva relativa al pignoramento immobiliare trascritto da tale Baldassarre D. è stata estinta con provvedimento del G.E. del 18.01.94, quindi abbondantemente prima del deposito del deposito della istanza di fallimento;
P.Q.M.
rigetta l'istanza.
Si comunichi.
Matera, 02.05.01
Questi decreti sono l’ennesima conferma di una linea di tendenza: nonostante la pessima legislazione posta in essere dall’ultimo Governo (anatocismo, mutui, ecc..), la Magistratura sta riscattando il ruolo di garante del riequilibrio delle posizioni contrattuali, rivalutando la posizione sostanziale del contraente debole (quella formale è a volte compromessa dal legislatore) spesso costretto da leggi inique (e, a volte, anche male interpretate) ad un ruolo di vera e propria vittima del rapporto contrattuale predisposto ed imposto dal mondo bancario con la complicità di alcune istituzioni.
Si segnala, infine, in tema di anatocismo, il crollo della c.d. tesi romana da parte dello stesso tribunale che l’aveva rispolverata. Dopo essere stato più volte riformato dalla Corte d’Appello Capitolina, il Tribunale di Roma, con una sentenza del gennaio 2001, ha ritrattato l’assurda teoria che, alcune volte, si è avuta la disavventura di vedere copiata da altri giudici di merito simpatizzanti delle teorie filobancarie.
Ci si chiede: perché si parla ancora di anatocismo, quando non c’è più nulla da dire?
Basta leggere con attenzione le motivazioni elaborate dal Consigliere Dott. Salmè nella storica sentenza della S.C. del 16 marzo 1999 per rendersi conto della malafede o stupidità di coloro che non hanno ancora capito o non vogliono capire cos’è l’uso normativo, l’invalidità della pattuizione anatocistica anteriore alla maturazione dell’interesse semestrale, ecc..
Lecce – Roma, 9 maggio 2001
Avv. Antonio TANZA
VicePresidente ADUSBEF