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Panorama
del 13 dicembre 2006
Tango bond, ultima chance
di Edmondo Rho
Alla fine del 2006 scatta la prescrizione per recuperare i soldi.
Ecco le contromosse.
Intanto in Usa i fondi vanno all'attacco.
Per i 450 mila risparmiatori italiani che hanno investito in bond argentini arriva un nuovo incubo: la prescrizione del credito. Il 24 dicembre 2001 lo stato argentino ha dichiarato default, cioè di non poter adempiere il pagamento delle sue obbligazioni. Dopo 5 anni, che stanno per scadere, scatta la prescrizione per la riscossione del capitale nominale dei titoli di stato emessi al portatore. Interessi compresi. In altre parole, non si ha più diritto a chiedere indietro i soldi investiti.
Le associazioni dei risparmiatori suggeriscono di inviare una raccomandata (vedere box) per interrompere la prescrizione nei confronti dello stato argentino.
In materia di prescrizione, però, non vanno confusi i termini: è quinquennale solo nei confronti del debitore, lo stato argentino. Invece per l'eventuale azione di responsabilità contro la banca che ha materialmente collocato i titoli il termine è decennale e decorre dalla sottoscrizione dell'ordine.
Ma attenzione: «Il diritto a rivalersi nei confronti della banca può venire meno se non si interrompe la prescrizione nei confronti dell'Argentina» avverte Antonio Tanza, vicepresidente dell'Adusbef. La lettera all'Argentina può essere inviata da tutti: sia dai risparmiatori che nel frattempo hanno accettato l'offerta di scambio del governo di Buenos Aires (perdendo oltre il 70 per cento dell'investimento); sia da quelli che hanno percorso la via dell'arbitrato proposto dalla Task force Argentina organizzata dall'Abi e presieduta da Nicola Stock; sia, infine, da coloro che ancora non hanno deciso cosa fare o hanno già fatto causa alle banche. Intanto, sul fronte dei tango bond c'è una novità: la creazione dell'American task force for Argentina creata da Robert Shapiro, già guru di Bill Clinton e sottosegretario al Commercio Usa, per conto di un gruppo di hedge fund. «L'iniziativa tende a far riaprire il negoziato a livello governativo con l'Argentina» spiega Pietro Paganini, che rappresenta in Italia il gruppo di Shapiro, «sennò c'è il rischio che altri paesi sudamericani, come l'Ecuador, facciano bancarotta seguendo l'esempio dei tango bond».
Shapiro ha anche incontrato il governo italiano spiegando che dal caso dei bond argentini il fisco italiano ha perso 4,2 miliardi di dollari di tasse non incassate
LA STAMPA
Del 27 novembre 2006
Elio Lannutti, se gliene dessero l'opportunità, saprebbe come
sottrarre dall'indigenza le famiglie Italiane.
Recupererebbe 14 miliardi di euro dai fondi dormienti delle banche, 5 miliardi dal diritto di signoraggio, 4 miliardi dalle accise sui carburanti, 3 miliardi dai servizi assicurativi, e poi due miliardi di qui, due miliardi di là, e arriverebbe alla cifra di 45 miliardi di euro. Quasi una Finanziaria e mezzo. Poi prenderebbe questi 45 miliardi e li consegnerebbe agli italiani. Sono poco meno di ottocento euro a testa, compresi i neonati, i pensionati, gli invalidi, le casalinghe, gli immigrati. Tutti. Purtroppo questa cuccagna ci è negata per il semplice motivo che Elio Lannutti non è stato eletto al Parlamento, e non è in grado di tenere fede a quello che ha chiamato "il mio impegno". Elio Lannutti è un sociologo-giornalista di 57 anni con una propensione per le battaglie civili che comprendono lo scandalo dei bond argentini e la pubblicità occulta del maresciallo Rocca. Lannutti lotta per tutti. Il suo destriero è l'Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari), che ha fondato nel 1987, che ha sessantamila iscritti e che, generalmente, lo conferma in sella per acclamazione. Attraverso l'Adusbef, Lannutti esercita il fervore e l'eclettismo. Avete dei problemi con l'anatocismo? Collegatevi con Adusbef.it e cliccate. L'esperto designato da Lannutti è l'avvocato Tanza, della delegazione Adusbef di Lecce/Galatina. Il sito è una miniera per il ragioniere avvelenato che è in noi. "Rc auto ed immigrati. Quali criticità?"; "Le banche fanno il pieno. Al mutuo cercano di affiancare un derivato sui tassi"; "Responsabilità della società di intermediazione per l'attività illecita del promotore". Apocalittico Se uno avesse il tempo di seguire nel dettaglio tutte le indicazioni dell'Adusbef di Lannutti, dimezzerebbe le sue uscite. O, più probabilmente, trascorrerebbe l'esistenza in causa contro società telefoniche e casse di risparmio. E forse morirebbe giovane per eccesso di scariche adrenaliniche. Qui c'è il modulo da stampare per costituirsi parte civile contro la Parmalat, là quello per ricorrere al Tar contro le bollette truffaldine, e in mezzo si avverte che la Dad (Deutsche Adressdienst GmbH di Amburgo) sta inviando "a un gran numero di entità titolari di siti internet" dei comunicati che sembrerebbero ufficiali e invece no, vogliono scroccare denari. E nel frattempo si apre un fronte apocalittico: "Non ci facciamo intimidire dai potentati economici cinesi, che non rispettano i diritti degli utenti e dei risparmiatori". Uomo di mondo Ma non bisogna lasciarsi fuorviare. Non è tutto burocratico, cavilloso, polveroso come pare. Lannutti non è soltanto un fautore puntuto della trasparenza del bollettino postale. E' anche un uomo di genuina passione. Nelle brevi biografie di cui si dispone, si fa sovente cenno alle umili origini. Figlio di un contadino della provincia di Chieti, sa che cosa è la terra, che cosa sono i suoi frutti, le stagioni. E sa, soprattutto, che cosa sono i sacrifici. Poi è un uomo di mondo, e infatti ha sposato una donna francese. Conosce i mezzi di comunicazione, e la sua missione passa dalle cancellerie come dalle telecamere, e a chi lo dimenticasse ricorda sovente della volta in cui fu "il mandante della tentata consegna del tapiro d'oro all'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio". Questo asse col Gabibbo testimonia la vivacità intellettuale di Lannutti. La cedolare secca non ha segreti, per lui. Ma se c'è da manifestare sotto Palazzo Koch, ricorre disinvoltamente alla gergalità di piazza, e intona: "San Vittore / l'unico protettore / del risparmiatore". Comunista convinto In Fazio, lo si sarà intuito, individuò il nemico mortale. Nel figlio più illustre di Alvito si conciliavano infatti le due categorie per le quali Lannutti ammazzerebbe: i poteri forti e la religione. E qui c'entrano i suoi esordi nella vita pubblica, compiuti nelle truppe di Democrazia proletaria. E' stato fra i fondatori di "Avvenimenti" con Mario Capanna e Lidia Menapace. Si dichiara "comunista convinto". E quando infine Fazio cedette, per lui fu come la Rivoluzione d'Ottobre: "Festeggiamo la caduta di un tiranno". Nella circostanza, il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, stilò una lista di possibili e autorevoli successori di Fazio: Lannutti e Tommaso Padoa-Schioppa, nell'ordine. Siccome invece venne nominato Mario Draghi, Pecoraro pensò di concedere a Lannutti il modo di incidere nella società dalle aule parlamentari. Alle scorse Politiche lo candidò per la Camera, ma neanche l'elettore lo premiò. Extraparlamentare Chi a questo punto avesse maturato il desiderio di conoscere Lannutti, sappia che dentro Montecitorio non lo troverà, ma fuori sì. Gira e rigira staziona con accoliti e cartelli sotto all'obelisco per sollecitare interventi risolutivi a proposito del caso Parmalat, o degli aumenti del bolli per le motociclette, o dell'infedeltà delle etichette alimentari, o delle rivendicazioni del sindacato gestori stabilimenti balneari. Lì, intercetta gli amici deputati cui fa sottoscrivere una profusione di interrogazioni parlamentari che vuole bipartisan, perché Lannutti è comunista, ma è fermamente persuaso che le tasche dei poveretti non abbiano colore. Poi intercetta i giornalisti che riportano le sue "accuse senza appello", qualche volta variate in "bocciature senza appello", e nelle cronache Lannutti non dice, non dettaglia, non sottolinea, non riferisce, lui "sbotta" o magari "tuona". Il filarino con Di Pietro Uno così, che "Avvenimenti" lo fondò anche insieme con Leoluca Orlando, che qualificò Franco Carraro col titolo di "mammasantissima" dello sport corrotto, che invoca ritmicamente la terapia di San Vittore, che emette sentenze e stabilisce bocciature "senza appello", uno così non poteva non avere un filarino con Antonio Di Pietro. I due si incontrarono nel '98 sul terreno comune. Entrambi sapevano quanto è dura la terra. Entrambi erano stati emigranti in Germania. Entrambi si erano riscattati negli allori accademici, Di Pietro laureandosi in legge, Lannutti in sociologia con Franco Ferrarotti. E poi erano affratellati da un'ansia di giustizia dai tratti raggelanti. Di Pietro accettò, per conto dell'Adusbef, di farsi "paladino dei piccoli azionisti", e Lannutti si specchiò nei tempi e non gli dispiacque che il suo popolo d'iscritti venisse definito "rete di delatori civici". Si riunirono a Roma, incazzatissimi, decisi a ribaltare tutto questo mondo che non va, e Lannutti osservò: "Adesso va di moda, ma a manifestazioni come queste io partecipo da quindici anni". Mani pulite, insomma, era già in lui ben prima che spuntasse Mario Chiesa. E prosegue oggi, che Di Pietro ha la Mercedes blu, e Lannutti la foto sul sito col tapiro d'oro in mano.
( Stampa, La del 27/11/2006 )
MI MANDA RAI TRE
con Andrea VIANELLO
27 ottobre 2006
Investimenti
SCOMPARSI I RISPARMI AFFIDATI ALL’ASSESSORE
L’uomo, che lavorava come promotore finanziario, godeva della fiducia di numerosi cittadini del comune di Maruggio, in provincia di Taranto. Tra i clienti coinvolti anche il parroco.
SCOMPARSI I RISPARMI AFFIDATI ALL’ASSESSORE
Servizio a cura di Chiara Zammitti
PANORAMA del 18 ottobre 2006
Attualità italiana
Quelli che vendono i fatti nostri
di Bianca Stancanelli 18/10/2006
Dopo lo scandalo delle intercettazioni alla Telecom e il tariffario per ogni tipo di dati delicati, ci si chiede cosa contengano gli archivi informatici delle aziende. Solo quelle pubbliche hanno 1.309 database che custodiscono tutto di noi. Ecco cosa sapere e cosa non fare per non rischiare.
Il sondaggio arriva dalla Gran Bretagna. Porta la firma di un'affidabile società, YouGov, che ha tra i suoi clienti l'Economist e Sky News: su 1.385 uomini d'affari, il 29 per cento ha ammesso d'avere rubato più dati che poteva al momento di cambiare azienda. Un'impresa? No, un gioco da ragazzi: quasi uno su quattro, il 24 per cento, si è servito di un banale lettore mp3 o di un memory stick.Osserva Ernesto Savona, direttore di Transcrime, centro di ricerca sulla criminalità transnazionale fondato dall'Università di Trento e dalla Cattolica di Milano: «Dalle abitudini sessuali al conto in banca, ognuno di noi è registrato in ogni attimo della sua vita. E sul mercato c'è una forte domanda di informazione: i dati sono una merce, si vendono e si comprano>>.
Le cronache del caso Telecom stanno lì a dimostrarlo. Marco Bernardini, un investigatore privato che ha lavorato per Giuliano Tavaroli, capo della sicurezza del colosso telefonico, ha illustrato ai magistrati milanesi il tariffario per accedere alle informazioni di una miriade di banche dati: dall'Anagrafe tributaria al Casellario giudiziario, dall'Inps al Sisde, il servizio segreto interno, dai tabulati telefonici alla Motorizzazione. Ma quante sono le banche dati, pubbliche e private, in Italia? Impossibile dirlo. Un primo, parziale censimento è stato fatto dal Cnipa, il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione. Risultato? Un elenco che comprende 1.309 database, custoditi da 51 amministrazioni centrali, in pratica il cuore dello Stato.
Dentro c'è di tutto: dal mastodontico Ced del ministero dell'Interno agli archivi dell'Aci, l'Automobile club, dall'Anagrafe tributaria alle scommesse sulla corsa Tris registrate dall'Unire, l'Unione per l'incremento delle razze equine. Milioni di dati, delicati e non, sono stivati in quegli archivi. «Centottanta terabyte, un'enormità» calcola Gianni Nota, funzionario del Cnipa. «E un terzo corrisponde alla banca dati dei Carabinieri, che tra il 2000 e il 2002 si è sviluppata moltissimo e oggi è una delle maggiori del Paese».
L'avanzata dell'informatica moltiplica dati e archivi. Tra il 2004 e il 2005, ha calcolato ancora il Cnipa, il patrimonio d'informazioni nelle amministrazioni centrali è cresciuto del 64,4 per cento. E poi c'è il vastissimo, insondato universo delle banche dati private.Domanda Francesco Pizzetti, dalla primavera 2005 presidente dell'Autorità garante della privacy (vedere intervista qui sotto): «Quanti consumatori si rendono conto che, acquisendo la carta di fidelizzazione di un supermercato, in cambio di alcuni modesti regalini, consentono di conoscere tutta la loro attività di spesa? E quanti sanno che con sistemi automatici di trattamento dati da lì si può trarre una quantità spaventosa d'informazioni: dal reddito familiare alla presenza in casa di anziani o donne fertili?>>.
La verità è che ognuno di noi produce continuamente dati. Anche quando, in perfetta solitudine, siede davanti allo schermo del computer. Ha avvertito Massimo Marchiori, docente di computer science all'Università di Venezia: «Esistono dossier molto dettagliati sulle navigazioni online che ognuno di noi effettua. Questi dossier vengono venduti ai pubblicitari e costituiscono le principali fonti di introito dei vari motori di ricerca, Google per primo». L'estate scorsa una misteriosa svista informatica ha fatto approdare in rete i dati di tre mesi di ricerche di 658 mila utenti di America on line. Il nome degli internauti era sostituito da un codice cifrato, ma con un accorto gioco di incroci i giornalisti del New York Times sono riusciti a risalire all'identità di almeno uno di loro.
Dagli Usa all'Italia, gli allarmi per i buchi nella sicurezza delle banche dati sono continui. Nel pieno della tempesta Telecom, Clemente Mastella, ministro della Giustizia, si è visto recapitare la lettera, regolarmente firmata (forse, però, con un nome falso), di un ex «consulente tecnico di varie procure» che raccontava come avesse violato, nell'ordine, il sistema informativo dell'Arma dei carabinieri, la rete Sdi di tutte le forze di polizia fino a inserirsi nel Cnag di Milano, il Centro nazionale dell'autorità giudiziaria, per consultare liberamente l'elenco delle utenze intercettate. Ha scritto sul quotidiano genovese Il Secolo XIX un esperto del calibro di Umberto Rapetto: «Chi ipotizza blindatissime strutture con specialisti fidelizzati e inavvicinabili, archivi elettronici impermeabili a qualsivoglia tentativo di effrazione o di semplice bypass, deve fare i conti con una sconfortante realtà». Rapetto ha puntato i riflettori sull'«inesplorato reggimento dei cococo, l'invisibile battaglione dei ragazzi dei call center, i programmatori assunti con contratto interinale», la miriade di persone che hanno accesso a banche dati e alle quali può esser fatta balenare la possibilità di guadagnare un po' di soldi cedendo informazioni.
Ma c'è anche l'inquietante sottobosco di investigatori privati, pubblici funzionari, uomini delle forze dell'ordine che spuntano qua e là nell'ormai numeroso campionario di scandali, dal dimenticato caso Laziomatica, con le incursioni nel cervellone dell'anagrafe capitolina, al recente arresto, a Milano, di un'impiegata della procura e dell'addetto stampa del comandante regionale della Finanza, entrambi accusati di commerciare in informazioni riservate. Tra i più richiesti, sono i dati finanziari. Racconta Antonio Tanza, avvocato e vicepresidente dell'Adusbef, associazione di consumatori: «Viene da me un signore: ha chiesto un mutuo, il direttore della sua banca gli ha risposto che non può darglielo perché è "grigio". Indaghiamo. Scopriamo che la banca si è rivolta a una centrale rischi privata, l'Experian, che, mettendo insieme informazioni di vario tipo, redige un profilo a colori dei possibili debitori: dal celeste al grigio. Il signore in questione aveva comperato anni prima, con un prestito, un tappeto di valore e una macchina. Aveva saldato tutto, ma il suo nome, per errore, non era stato cancellato dall'elenco dei debitori. Ed era diventato grigio, ovvero un cattivo pagatore. C'è voluta una vera battaglia legale per farlo tornare bianco». Spiega Tanza: «Chiunque chieda un prestito viene segnalato alla centrale rischi della Banca d'Italia. È una misura doverosa: evita che, per esempio, con una sola busta paga si ottengano più prestiti. Solo che a Bankitalia le informazioni arrivano dalle banche, che a volte non sono sollecite nell'aggiornarle». Il risultato è che si può finire, senza saperlo, in un elenco di cattivi pagatori e vedersi sbattere la porta di una banca senza capire perché.
Nella giungla delle banche dati esistono vaste zone d'ombra. A Bolzano, per esempio, c'è un avvocato, Francesco Coran, convinto che il Ris di Parma, il Reparto d'investigazioni scientifiche dei carabinieri, abbia creato, scavalcando la legge, una banca dati del dna. Tutto è cominciato nel maggio scorso, con un processo per furto contro Ilir Zefi, un albanese di trent'anni, difeso dall'avvocato Coran. A Zefi i carabinieri sono arrivati confrontando la sua impronta genetica con i 400 profili di dna archiviati nel 1998, durante un'indagine su uno stupro a Bressanone. «Quell'archivio è una banca dati genetica, creata al di fuori di ogni legge» è insorto l'avvocato, chiedendo al Ris la distruzione dei dati di Ilir Zefi e al garante della privacy di pronunciarsi sulla questione. «Nessuna banca dati, piuttosto un repertorio informatico di tracce genetiche, ricavate in indagini giudiziarie, a disposizione del solo Ris di Parma» hanno risposto i carabinieri. Sulla frontiera dei dati sensibili, la battaglia è aperta.
PANORAMA n. 39 del 28 settembre 2006 pag. 166
Economia e Carriera
Interessi, assedio alle banche
di Edmondo Rho
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Associazioni di consumatori in campo per i rimborsi ai clienti in rosso
Per anni le banche italiane hanno trattenuto ai clienti gli "interessi sugli interessi" per finanziamenti e conti correnti in rosso: una pratica chiamata anatocismo ormai ritenuta illegittima dalle sentenze dei tribunali e della Cassazione. Ora qualche azienda di credito ha iniziato a rimborsare i clienti e le associazioni di risparmiatori invitano esplicitamente i clienti coinvolti a fare causa alle banche. Così l'Adusbef, in particolare in Puglia, e l'Assorisp protection, associazione nata nel novembre 2005 con sede a Milano e Genova.
La Corte di cassazione ha definitivamente sentenziato, nel novembre 2004, l'illegittimità di questa prassi bancaria: gli istituti di credito hanno cercato di resistere, per tutto il 2005 e l'inizio del 2006. Ma negli ultimi mesi è avvenuta la svolta. L'avvocato Antonio Tanza di Lecce, vicepresidente dell'Adusbef, sostiene che "il 2006 è l'anno dei rimborsi per i correntisti che hanno tenuto il conto in rosso". Cita in proposito una "riunione segreta del marzo scorso in cui l'Abi ha raccomandato a tutte le banche italiane di transigere questo contenzioso, per loro di certo perdente, evitando il massacro nei tribunali".
Decisione che sarebbe stata presa poco prima del ricambio ai vertici dell'Abi, ora presieduta da Corrado Faissola. Ecco perché negli studi legali dei correntisti che hanno fatto causa, sostiene Tanza, stanno arrivando "lettere di difensori delle banche che propongono transazioni, ma ovviamente a buon prezzo".
Il fenomeno è vasto: gli interessi sugli interessi sono stati calcolati illecitamente dalle banche sia nel caso di finanziamenti sia nel caso di scoperto di conto corrente. Perciò il problema ha riguardato molti risparmiatori oltre che imprenditori, costretti in certi casi al fallimento.
Ma come funziona l'anatocismo? Esempio: se su una somma di 10 mila euro, alla fine del periodo in considerazione (di solito un trimestre), era maturato un interesse di 100, dal primo giorno successivo le banche conteggiavano gli interessi non più su 10.000 bensì su 10.100, e così via.
Marina Acconci, uno dei legali dell'Assorisp protection, ricorda che "tutti i risparmiatori e gli imprenditori che sono stati costretti dalle banche a pagare gli interessi sugli interessi, in qualsiasi tempo ciò sia avvenuto, possono iniziare una causa per ottenere il risarcimento". I costi per chi aderisce alle associazioni dei risparmiatori sono limitati.
L'importante è che il cliente della banca "si procuri tutti gli estratti conto integrali per il periodo in cui ha operato in scoperto di conto corrente" suggerisce Acconci. La prescrizione è decennale, dal momento della chiusura del conto: di fatto, affermano le associazioni dei risparmiatori, non vi è limite temporale per tutti gli anni anteriori al 2000.
Anno in cui un provvedimento dell'allora governo D'Alema tentò di "sanare" l'anatocismo, dopo le prime sentenze sfavorevoli alle banche pronunciate dalla Cassazione negli anni 90.
Ma anche dopo il 2000 l'anatocismo è dichiarato illegittimo dai giudici: per esempio il tribunale di Grosseto, con due provvedimenti di giugno e luglio, "ha rilevato che l'anatocismo trimestrale su interessi passivi provoca al cliente un danno non certo paragonabile all'irrisorio beneficio dell'anatocismo trimestrale sul conto attivo" ricorda Tanza dell'Adusbef.
Che racconta l'episodio di un imprenditore di Palmi: oltre a recuperare dalle banche in sede civile centinaia di migliaia di euro, "è riuscito a trascinare i presidenti e funzionari di tre banche nazionali in tribunale con l'accusa di usura". Il processo si svolgerà il prossimo 5 ottobre
UNA PRASSI CONDANNATA
Piccola guida all'anatocismo
- CHE COS'È
L'anatocismo è una prassi bancaria che consiste nel far pagare gli interessi sugli interessi nel caso di prestiti o conti in rosso.
- LA SENTENZA
Dopo le prime decisioni dei giudici a favore dei correntisti, l'anatocismo è stato definitivamente condannato con sentenza della Cassazione del 2004.
- A CHI RIVOLGERSI
Adusbef (tel. 0836566094 o 0836562035) e Assorisp protection (tel. 0266703906 o 0108394428)
Panorama.it del 12/6/2006
Economia e Carriera
Crac, caccia ai soldi spariti di Edmondo Rho
Oltre 30 mila investitori in titoli Parmalat si sono costituiti parte civile al processo.
E ora parte la corsa per la Cirio
L'ultima speranza per riavere i soldi bruciati nei crac finanziari ha un nome burocratico-giuridico: atto di costituzione di parte civile. E l'avvocato Carlo Federico Grosso detiene un record nel settore. Al processo di Parma per bancarotta, contro Calisto Tanzi e altri 63 imputati, si è costituito parte civile per conto di 32 mila portatori di bond Parmalat. Più o meno il numero di abitanti di una città media: Grosso lo sa, è «una cifra assolutamente pazzesca», ma valuta con Panorama che «se i processi penali vanno avanti in modo abbastanza spedito, i clienti possono ottenere il risarcimento dei danni». Come si fa a costituirsi parte civile, e quanto si può ottenere? Conviene rivolgersi alle associazioni (vedere il riquadro in alto) che difendono gli interessi dei risparmiatori. L'obiettivo è appurare le responsabilità penali di chi ha causato il crac, dal quale è derivato un grave danno per chi aveva investito nei titoli (obbligazioni o azioni) di quella azienda. E al termine del processo penale possono arrivare anche i risarcimenti. Un altro legale, il vicepresidente dell'Adusbef Antonio Tanza, spiega: «Noi siamo una decina di avvocati dell'associazione, con circa 700 clienti che si sono costituiti parte civile nel processo Parmalat e una richiesta danni complessiva di circa 30 milioni di euro». Tanzi sarà in grado di pagare? Difficile. Così gli avvocati diversificano le richieste puntando anche sulle banche. Racconta Grosso: «Io mi sono costituito, per conto di un comitato di clienti del Sanpaolo Imi che mi hanno scelto come penalista, sia a Parma sia nei tre processi iniziati a Milano. E speriamo dai giudici milanesi di avere la prima sentenza di condanna entro Natale». Particolare importante: nel processo di Milano per aggiotaggio sui titoli Parmalat (seconda tranche, giudice Tacconi, prossima udienza il 30 giugno) sono imputati i dirigenti di sei banche. E in questo caso, secondo Grosso, «la capienza per il risarcimento c'è. Tutto sta a vedere se gli imputati saranno condannati: la procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio e noi, come legali dei risparmiatori, ci siamo già costituiti parte civile». Anche l'Assorisp, associazione con sede a Milano e Genova, mette in luce che «la presenza di molti risparmiatori, come parti civili nei procedimenti penali, ha una grande utilità perché aumenta il peso dell'accusa». Uno dei legali dell'Assorisp, Marina Acconci, partner della Lexjus, sottolinea che prima di costituirsi come parte civile «si può intervenire come persona offesa, se c'è stato comportamento scorretto degli amministratori o dei dirigenti della società. E in questo caso l'avvocato del risparmiatore partecipa anche alle indagini: per chi ha investito in Finpart, Finmatica, Giacomelli, Finmek, Bipop c'è ancora la fase istruttoria e ci si può costituire subito». Dopo di che, comunque, conviene costituirsi come parte civile, all'udienza preliminare: «Per la Cirio bisogna affrettarsi» avverte l'avvocato Acconci «e costituirsi entro il 16 giugno, quando a Roma inizia, davanti al giudice dell'udienza preliminare Callari, il processo contro Sergio Cragnotti e altri, tra cui i dirigenti di grandi banche come Cesare Geronzi». «Per la Cirio l'Adoc» aggiunge il presidente Carlo Pileri «si costituisce parte civile anche come associazione, insieme a circa 40 risparmiatori». Ma per la Cirio il maggior numero di risparmiatori probabilmente sceglierà il Codacons, associazione segnalata da Striscia la notizia. Resta comunque la possibilità di chiedere i danni alle banche che hanno collocato i titoli prima dei crac. L'avvocato Federica Marchese, uno dei legali dell'Assorisp, sostiene che «circa il 40 per cento delle cause promosse negli ultimi sei mesi è stato chiuso dalle banche, ancor prima di andare davanti ai giudici: con le transazioni hanno risarcito tra l'80 e il 100 per cento del capitale investito, più le spese».
MilanoFinanza - Denaro & Politica
Numero 112, pag. 2 del 8/6/2006 di Rosaria Talarico
Usura, una mina per le banche Un tribunale contesta la prassi.
Nel calcolo del tasso di usura vanno considerati tutti i balzelli applicati dalla banca. La novità, che potrebbe mettere in seria difficoltà gli istituti di credito, è stata sancita in un provvedimento di rinvio a giudizio di alcune banche che ha concluso un'istruttoria a Palmi. Secondo il tribunale, i tassi pattuiti tra istituti e aziende risultavano sempre 'legali all'atto di apertura del rapporto (tan, tasso annuo nominale)', ma poi venivano 'superati, in concreto, i tassi soglia fissati dai decreti ministeriali attraverso l'applicazione di commissioni, remunerazioni e spese'. In pratica, secondo i giudici, queste 'debbono essere ricomprese nel calcolo del taeg (tasso effettivo globale) di riferimento'. Peccato che così le banche superino facilmente le soglie di usura e rischino grosso, come è capitato ai vertici di tre grandi banche: il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, il presidente della Bnl, Luigi Abete e l'ex presidente della Banca Antonveneta, Dino Marchiorello, tutti rinviati a giudizio dal gip Carlo Alberto Indellicati su richiesta del pm Alberto Cianfarini. Stessa sorte per altri otto impiegati e dirigenti dei tre istituti di credito. Tutto era iniziato con l'esposto della De Masi, un'azienda calabrese stremata dai tassi sempre più elevati richiesti dalle banche per la gestione di vari contratti di apertura di credito con scoperto di conto corrente. L'elevato costo del denaro era causato, si legge nell'ordinanza, 'applicando in maniera abnorme la commissione di massimo scoperto, interpretando in maniera distorta la circolare della Banca d'Italia, secondo la quale la cms non entra nel calcolo del taeg'. Soddisfatto uno dei legali del gruppo De Masi, l'avvocato Antonio Tanza 'è il primo provvedimento emesso da un tribunale italiano contro tanti e importanti istituti di credito. Nel codice penale si legge chiaramente che fa parte del costo del denaro ogni remunerazione, a eccezione di imposte e tasse'. Pronta la replica del legale di Geronzi che giudica 'insopportabili i provvedimenti giudiziari che, violando principi di legalità e responsabilità personale, fanno ricadere sul presidente imputazioni estranee alla sua funzione'.
Parmalat: 5 giugno 2006
PARMALAT: ADUSBEF, BANCHE AVUTO UNA GRANDE RESPONSABILITA'
CI OPPORREMO A RICHIESTA COSTITUZIONE PARTE CIVILE ISTITUTI
PARMA
(ANSA) - PARMA, 5 GIU - Secondo Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef e legale di parte civile per svariate centinaia di consumatori nell'udienza preliminare per il crac Parmalat, "in primo luogo ci sono gli imputati, ma anche le banche hanno avuto una grande responsabilità nella creazione e nella diffusione di questi bond". Tanza, in una pausa dell'udienza preliminare che è cominciata oggi, ha anche spiegato che si opporrà a una eventuale richiesta di costituzione di parte civile da parte delle banche. "Ci aspettiamo risarcimenti dal mondo bancario - ha affermato - il cosiddetto tesoro di Tanzi è sempre rimasto nascosto. Quel che è certo è che ci sono tanti e tanti miliardi che sono stati incassati dalle banche". (ANSA).
(Dell'inviato Stefano Rottigni) (ANSA) - PARMA, 05 GIU - Nell'auditorium Paganini, alla periferia di Parma, per la prima udienza del procedimento del crack Parmalat, mancava il principale protagonista, Calisto Tanzi, ma soprattutto mancavano i consumatori danneggiati e la città. Non c'erano le centinaia di persone che si ritengono truffate dall'ex management di Collecchio che, invece erano scese in più occasioni in massa a Milano per esprimere la loro rabbia per il denaro perduto. Solo una sparuta rappresentanza, cinque o sei, capeggiati da Olindo, di Salsomaggiore, 80 anni che aveva messo via 85 milioni di lire in caso di malattia e che ora recrimina e inveisce contro "le banche, perché sono tutti delinquenti". Ma non si sente un po' solo in questa battaglia? "Sì, sono qui solo, la gente fa bene ad andare al mare, perché tanto quei soldi non li vedrà più". L'udienza scorre sonnolenta con la lunga teoria delle richieste di costituzioni di parte civile. Il più battagliero tra i legali è Antonio Tanza ("non scrivete Tanzi, per favore") che ritiene come il signor Olindo, "le banche tra i principali responsabili nella diffusione e nella creazione di questi maxi-bond". Il vicepresidente dell' Adusbef, che rappresenta circa 800 consumatori, dalle banche spera di avere un risarcimento, perché "il cosiddetto tesoro di Tanzi é sempre rimasto nascosto, mentre è certo che le banche hanno incassato centinaia di miliardi". E di banche si è parlato anche in udienza, quando si è saputo che la Procura ha depositato una notevole mole di documentazione acquisita nel procedimento che riguarda alcuni istituti raggiunti nei mesi scorsi dall'avviso di chiusura delle indagini per concorso in bancarotta fraudolenta (alcune anche per usura) e in quello che coinvolge il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi. Uno dei legali di Tanzi, Giampiero Biancolella, anche oggi, pur se non formalmente, ha ribadito la richiesta che questi filoni vadano riuniti, "se non si vuole dar credito alla tesi, peraltro smentita dalle Autorità giudiziarie di Parma e Bologna, che quattro ragionieri di Collecchio abbiano potuto truffare tutti per anni, banche comprese". L' ex patron di Parmalat, oggi assente perché impegnato in clinica per alcuni accertamenti, "ha intenzione di partecipare alle udienze", assicura Biancolella che dà per "pacifico e scontato" il contributo del suo assistito all'accertamento della verità. "Perché egli stesso - spiega il legale - intende capire come tutto ciò sia potuto accadere". I difensori di Tanzi, quindi, chiederanno al gup Antonio Truppa la riunione dei procedimenti, "perché riguardano coimputati" e la vicenda "deve essere tratta unitariamente". E la Procura sembra d' accordo, anche se vede meglio la trattazione unitaria in dibattimento. "Il processo deve essere unico per due motivi - spiega il procuratore di Parma, Gerardo Laguardia - per ragioni organizzative, in quanto ormai è rimasto un solo pm, e per avere un panorama completo di quanto é accaduto". Il deposito degli atti degli altri due procedimenti servirebbe proprio a questo, con particolare riferimento alla posizione di Capitalia e Geronzi. I problemi, ragiona Laguardia, si verificheranno eventualmente in Tribunale, dove alcuni giudici potrebbero risultare incompatibili, perché si sono occupati nel passato o si occuperanno nel frattempo del caso come gip. Laguardia esprime poi soddisfazione per quello che dal 2003 ad oggi sono riusciti a fare gli ex pm Antonella Ioffredi, Silvia Cavallari ("le due ragazze", le definisce affettuosamente) e il pm superstite della pattuglia impegnata nel caso più gravoso che abbia mai investito la Procura di Parma, Vincenzo Picciotti. "Non ho notizie dell'arrivo di un nuovo sostituto", racconta Laguardia il quale aggiunge che era stata "ventilata" l'ipotesi dell'aggregazione di un sostituto di Milano. Anche di questo non ha più notizie e "dovrebbe comunque trattarsi di uno dei tre che si sono occupati dell'inchiesta Parmalat e ci vorrebbe la sua disponibilita". Soddisfazione, ma anche amarezza infine per il procuratore che, sollecitato dai giornalisti, riflette sul lavoro svolto e considera che "il sistema dei controlli non funziona e che il concetto di legalità è stato messo sotto i piedi". Storie già viste, durante Tangentopoli dice, ma ancor prima nel '76, proprio a Parma con il processo per il cosiddetto 'scandalo ediliziò che portò alla sbarra degli imputati ex amministratori e qualche parlamentare. "Anche in quell' occasione - ricorda - emerse che esisteva quella che Antonio Di Pietro chiamo poi la 'corruzione ambientale''. Tra non molto, infine, la Procura chiuderà l'inchiesta sul filone turismo, incentrato su Parmatour, per il quale il pm Picciotti sta scrivendo il capo d'imputazione, mentre ci vorrà qualche tempo, invece, per la chiusura della indagini sul Parma Calcio. L'udienza preliminare prosegue domani con la richiesta di costituzione di altre parti civili.(ANSA).
Trend On Line
Crac Parmalat: iniziato oggi il maxi-processo per 64 imputati. Banche estere pronte a negoziare sulle revocatorie di Alberto SUSIC
05.06.2006 14:01
La settimana si apre all’insegna degli acquisti per Parmalat che dopo aver terminato l’ultima seduta della scorsa ottava con un rialzo di oltre un punto, continua a guadagnare terreno anche oggi. Il titolo infatti si presenta a ridosso dei massimi di giornata, a quota 2,46 euro, con un progresso dell’1,23% e quasi due milioni di azioni già passate di mano. A sostenere gli acquisti sul titolo dell’azienda di Collecchio è un certo ottimismo diffusosi sull’esito delle revocatorie, con i primi segnali di apertura da parte delle banche estere. Secondo quanto riportato da alcune indiscrezioni di stampa, secondo cui i principali istituti di credito stranieri sarebbero pronti a trattare sul fronte delle revocatorie. La maggior parte di queste ultime però sono a carico delle banche italiane che non sembrano mostrare invece alcuna disponibilità in merito. A porre l’accento sugli istituti di credito è anche il vicepresidente dell’Adusbef, Antonio Tanza, il quale attribuisce proprio alle banche una grande responsabilità nella creazione e diffusione delle tante obbligazioni emesse sul mercato dall’azienda parmense. In questa direzione, sono attesi risarcimenti dal mondo bancario, che ha incassato svariati miliardi di euro e lo stesso Tanza ha dichiarato che non sarà disposto a cedere ad un’eventuale richiesta delle stesse di costituirsi parte civile. Dichiarazioni queste che giungono nel giorno in cui ha avuto inizio a Parma l’udienza preliminare del maxi-processo sul crac del colosso alimentare di Collecchio. Quella di oggi è la prima delle tre udienze che vedono imputate ben 64 persone, tra cui l’ex patron Calisto Tanzi, insieme al figlio Stefano, al fratello e al suo braccio destro Fausto Tonna. Diversi i capi d’accusa che vanno dall’associazione a delinquere, contestata a 44 degli imputati, alla bancarotta fraudolenta, al falso in bilancio e alle false comunicazioni sociali. Nonostante sia stato predisposto uno spazio sufficiente ampio per accogliere un pubblico particolarmente ampio, tra avvocati, risparmiatori e stampa, si è appreso che nessuno degli imputati è presente in aula, compreso lo stesso Tanzi, assente in quanto costretto a sottoporsi nel pomeriggio ad alcuni accertamenti clinici. Uno dei suoli legali, Giampiero Biancolella, ha dichiarato che il suo assistito ha interesse perchè la ricostruzionedei giudici sia la più puntuale possibile e che venga stabilito con chiarezza che la Parmalat non e' stata messa in piedi per creare una grande truffa. Biancolella ha altresì aggiunto che verrà fatta battaglia in aula, anche al fine di fare chiarezza, nel tentativo di capire in che modo l’azienda, che già aveva problemi economici, sia potuta andare avanti con la collocazione di nuovi bond. Pochi invece i risparmiatori presenti al processo, rappresentati in aula non solo dall’Adusbef ma anche da un’altra importante associazione di categoria, il Codacons, che per voce del suo presidente, Carlo Rienzi, ha fatto sapere che sarà portata avanti una lotta affinché i risparmiatori vedano riconosciuti i loro diritti e riescano ad ottenere equi indennizzi monetari.
GENTE
Dossier banca
25 maggio 2006 n. 21
«Il correntista dovrebbe tenere accesi i riflettori su cinque aspetti fondamentali», spiega l’avvocato Antonio Tanza, che è anche vicepresidente dell’Adusbef, «gli interessi, le valute, le spese forfettarie, la commissione di massimo scoperto e l’anatocismo». Prima di tutto, gli interessi: «Spesso questa voce è indicata come Tan, ovvero Tasso annuale nominale, ma attenzione: nominale significa appunto sulla carta. Il tasso che viene invece effettivamente praticato è il Taeg, Tasso annuale effettivo globale: è questo che dà la misura reale di quanto si paga».
Poi ci sono i giorni valuta, che nell’estratto conto si trovano come differenza tra le due colonnine data operazione e data valuta. «Si tende a trascurarli, ma a ben vedere, si può notare che quando versiamo soldi alla banca, quel movimento viene post-datato, e la banca ci pagherà meno interessi; quando, invece preleviamo del denaro, la data dell’operazione risulta anticipata, il che comporta l’addebito di interessi per un periodo di tempo in cui io non abbiamo realmente goduto di quei soldi. Insomma, la valuta funziona come un sistema per produrre interessi fittizi, che non esistono nella realtà, ma solo nei numeri della banca. Un metodo che aveva una giustificazione storica (si pensi a quando per spedire un assegno da Roma a Milano ci volevano effettivamente dei giorni), ma che oggi, con le banche che hanno la disponibilità immediata di tutte le somme, è pretestuoso. Un’assurdità storica che genera maggiori guadagni per il mondo bancario: si pensi che, in media, con l’effetto valuta, l’anno diventa di 420 giorni piuttosto che di 365!».
Un’altra voce è quella delle spese forfettarie: «Spesso sono poco chiare agli occhi del correntista, che non capisce bene per che cosa sta pagando. Anche perché il costo del denaro, la sua remunerazione, dovrebbe essere rappresentato dagli interessi. è un po’ come se io vado a comprare il burro al supermercato, leggo il prezzo e poi prima di uscire mi chiedono una cifra per contribuire al pagamento delle spese generali».
Ancora, la commissione di massimo scoperto: «è un’aliquota che si calcola sul massimo indebitamento toccato in un trimestre: viene applicata, non per il tempo in cui si è effettivamente protratto il picco, ma su tutti i 90 giorni. Quindi, un interesse che non tiene conto dell’effettivo utilizzo del denaro nel tempo. Anche in questo caso, esisteva una giustificazione precisa nel passato, quando si chiamava commissione sul non utilizzo ed era il prezzo che il cliente pagava alla banca perché tenesse a disposizione quella data somma. Il correntista poteva usufruirne e pagare gli interessi, o non usarla, e pagare questa commissione, molto più bassa. Oggi, invece, ha l’effetto solo di un interesso aggiuntivo. La commissione di massimo scoperto può essere poi anche extra fido: più elevata, quasi tre volte quella entro il fido, si applica sugli scoperti di conto oltre il limite del fido.
In questo caso, quindi, può essere considerata alla stregua di una penale».
Infine, l’ultimo fattore “moltiplicatore”, ovvero l’anatocismo, che è un metodo di calcolo: «L’interesse si deve misurare su base annua, ma spesso, le banche lo fanno trimestralmente, sommando interessi e commissioni di massimo scoperto al capitale e utilizzando poi questa base come capitale nel trimestre successivo. In sintesi, l’anatoscismo fa diventare capitale negativo interessi e commissione di massimo scoperto, accelerando la crescita del debito e la maturazione di interessi passivi. Un comportamento illecito, come ha ribadito la Corte di Cassazione nel 2004, ma che spesso viene perpetrato dalle banche. I correntisti che decidono di fare causa vincono, certo. Ma, per ora, sono soltanto lo 0,8 per cento di chi potrebbe farlo». Rossana Linguini
AFFARI ITALIANI : il primo quotidiano on line
http://canali.libero.it/affaritaliani/contestazioneadusbef.html
Lunedí 15.05.2006 16:39
Il parere legale dell' avv. Antonio Tanza, vice presidente Adusbef
L’utente che scommette o che formula dei pronostici sui risultati delle competizioni sportive ha il diritto che le stesse competizioni si svolgano secondo le regole della correttezza, in modo da garantire la parità di chances. Il pagamento della schedina, la correttezza della compilazione e la consegna della stessa, secondo le modalità del regolamento, costituiscono l’obbligazione dell’utente. Dall’altra parte vi sono gli enti che gestiscono le scommesse e lucrano parte delle stesse (infatti, solo parte del monte delle scommesse viene devoluta nelle vincite) e, pertanto, hanno il dovere di garantire la correttezza e la regolarità della gara.
Nel momento in cui si verifica una forzatura della regolarità del gioco a causa di terze persone (calciatori ed arbirtri) ne deriva la responsabilità di chi doveva garantire la liceità della competizione e che ha omesso o trascurato la vigilanza necessaria per evitare l’evento. Detta responsabilità da “culpa in vigilando” non può che gravare sugli enti che gestiscono e lucrano sulle scommesse, in quanto il verificarsi del fatto delittuoso prova la inidoneità e/o omissione dei mezzi necessari e sufficienti per evitare l’evento.
Se così non fosse, sarebbe privo di causa negoziale l’arricchimento derivante a tali enti dalle scommesse: verrebbe a mancare da parte di detti enti la controprestazione (della garanzia del corretto e leale svolgimento della competizione) a fronte del pagamento della scommessa. Pertanto, gli enti gestori delle scommesse sul gioco del calcio hanno un obbligo contrattuale al corretto adempimento della loro obbligazione: per l’art. 1218 c.c. “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Il garantire la correttezza nella gara non è impossibile (se così non fosse si dovrebbe vietare il totocalcio), mentre il verificarsi dell’evento prova, in se e per sé, la mancanza di mezzi idonei ad evitarlo. Solo ora, dopo le indagini della Procura, si sono resi pubblici episodi verificatisi nei vari campi che avrebbero dovuto allarmare qualsiasi persona con un minimo di responsabilità. Altri articoli (artt. 1223, 1375, 1176, ecc..del codice civile garantiscono, sotto altri profili, il corretto adempimento delle obbligazioni).
Se detti enti sostengono che non hanno l’obbligo di garantire la correttezza della gara, verrebbero meno il sinallagma contrattuale (ovvero la corrispettività delle reciproche obbligazioni) e la stessa causa negoziale, con la conseguenza di un illegittimo arricchimento da parte degli stessi enti da cui discende il correlativo obbligo di restituire tutte le somme incassate dalle schedine giocate.
Infatti per l’art. 2041 c.c. “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l'arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l'ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda”.
Se, infine, non si vuole qualificare l’obbligo degli enti garanti delle scommesse come un obbligo contrattuale, questi sono comunque tenuti a rispondere del loro operato omissivo, quale ne sia la gravità, in quanto per l’art. 2043 c.c. “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” e quindi anche qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che non lo ha impedito a risarcirlo. La platealità di alcune condotte poste in essere dagli odierni indagati pone gli enti nell’evidente violazione dei loro obblighi di vigilanza e controllo.
NOI, TARTASSATI dalle BANCHE
INTERESSI: imprese rimborsate
di Edmondo RHO
(PANORAMA del 4 maggio 2006, pag. 158-159)
...."La prescrizione decennale, per chiedere il risarcimento, decorre solo dalla chiusura del conto". E questo significa "che si possono ottenere i rimborsi a partire persino dal 1942, quando entrò in vigore il codice civile" aggiunge l'Avvocato Antonio TANZA di Lecce, vicepresidente dell'ADUSBEF: "la Cassazione ha dichiarato la nullità dell'anatocismo anche per tutti i tipi di mutuo, compresi quelli fondiari". Peccato che i clienti non sappiano qual'è la formula su cui si calcolano gli interessi, nè sullo scoperto dei conti correnti, nè sui mutui. Possono venire in soccorso le associazioni dei consumatori: "Alcune delegazioni ADUSBEF sono in grado di effettuare i calcoli per il rimborso" spiega Tanza, che sul sito www.studiotanza.it ha pubblicato circa 90 sentenze sull'anatocismo....
UNA DURA LEZIONE PER LE BANCHE
di Giuseppe ALTAMORE
(FAMIGLIA CRISTIANA del 19 marzo 2006 n. 12)
Maturano nei tribunali di tutta Italia centinaia di vertenze giudiziarie intentate da Adusbef e da singoli avvocati contro le banche che hanno venduto bond argentini a 450.000 risparmiatori. «Spesso si tratta di bond che gli Istituti di credito avevano nel loro portafoglio titoli», spiega l’avvocato Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, «e quando la situazione finanziaria del Paese sudamericano volgeva al disastro li hanno appioppati ai loro clienti, sottacendo alla maggior parte di loro la rischiosità dell’investimento. L’arroganza delle banche, forti del protezionismo della Banca d’Italia, viene ora giustamente punita dai giudici».
Ricordiamo che ci sono state delle dure sanzioni, pari a 10,2 milioni di euro, inflitte a 400 amministratori di primari istituti di credito, per aver ripetutamente violato i regolamenti Consob e il Testo unico della Finanza. «Per le banche, che hanno violato la legge», aggiunge Tanza, «e quei principi minimi di etica bancaria che devono ispirare il comportamento di chi propone l’investimento, non facendosi scrupolo di appioppare bond-bidone a investitori privi della minima conoscenza dei mercati e della propensione al rischio, dopo le sanzioni pecuniarie pubblicate, è facile pronosticare una vera e propria ecatombe giudiziaria, per non parlare della fiducia e della reputazione ridotta al lumicino». Le numerose sentenze a favore dei clienti si basano soprattutto sull’obbligo che hanno le banche di informare per iscritto sul livello di rischio dell’investimento. G.A
PARMALAT: BANCHE; ADUSBEF, ESCLUSE PARTI CIVILI ALTRE BANCHE
UNA SCELTA CHE NON AIUTA LE VITTIME DEL CRACK PARMALAT
(ANSA) - ROMA, 1 mar 2006 - "Se le banche sapevano la situazione della Parmalat come mai il Tribunale di Milano ha accolto la costituzione di parte civile del San Paolo Imi, che ha inventato un escamotage giuridico, come quello di far finta di tutelare i suoi clienti dopo averli consapevolmente ingannati?". Se lo chiede in una nota il Presidente Adusbef Elio Lannuti in merito al processo Parmalat per aggiotaggio e diffusione di notizie false al mercato contro le banche estere, iniziato oggi a Milano. "E' singolare - si legge - la posizione assunta dal tribunale di Milano nelle precedenti udienze di accettare la costituzione di parte civile del comitato dei risparmiatori del San Paolo Imi, che conta oltre 32 mila associati, e di escludere le costituzioni di tutte le associazioni di consumatori che avevano presentato richiesta a nome di decine di migliaia di risparmiatori". "Adusbef resta sconcertata - continua la nota - rispetto alla decisione di accogliere i rappresentanti del San Paolo Imi, che ha scelto il doppio ruolo, imputato e parte civile allo stesso tempo, per intorbidire le acque ed attenuare responsabilità gravissime nella vendita di prodotti bidone alla propria clientela". " Migliaia di risparmiatori rappresentati dall'avvocato Antonio Tanza, Vice presidente Adusbef chiederanno la costituzione di parte civile contro Bank of America, Ubs, Morgan Stanley, Deutsche Bank, Citibank e Nextra, rinviate a giudizio dai Pm di Milano". (ANSA)
Panorama.it del 10/2/2006
ARGENTINA, CIRIO, PARMALAT
Truffati dai bond, quando conviene fare causa
di Edmondo Rho
Protesta dei consumatori truffati dai bond Parmalat
Gli acquirenti sono prevalentemente anziani, in taluni casi vedove con figli a carico. Hanno in genere bassissima propensione al rischio e nessuna consapevolezza della rischiosità dell’investimento. Ma anche persone esperte hanno subito perdite. Vademecum di consigli e indirizzi per cercare di recuperare una parte dei soldidi " Tutti i servizi di Panorama.it per il risparmio L’identikit del risparmiatore truffato con i bond emerge da un’analisi di Panorama, che ha incrociato le statistiche di due associazioni di risparmiatori: l’Assorisp e l’Adoc. Nel 46 per cento gli investitori che hanno perso quasi tutti i loro soldi con queste obbligazioni sono pensionati. Vivono prevalentemente nel Nord Italia, con basso livello d’istruzione (al massimo arrivano alla terza media nel 56 per cento dei casi).
Quanto ha investito il bond people?
Mediamente 40 mila euro, ma non mancano casi in cui si arriva a cifre molto più alte: il 3 per cento degli investitori che si sono rivolti all’Assorisp supera i 700.000 euro, mentre tra chi si è fatto assistere dall’Adoc il 7,3 per cento ha perso tra i 50 mila e i 200.000 euro. I più diffusi sono i bond di Argentina (38 per cento dei casi), Cirio (19 per cento) e Parmalat (24 per cento). Tra gli altri titoli finiti nel risparmio tradito, Finmek e Finmatica. L’Adoc rileva: "Gli acquirenti sono prevalentemente anziani, in taluni casi vedove con figli a carico, portatori di handicap. Hanno in genere bassissima propensione al rischio e nessuna consapevolezza della rischiosità dell’investimento realizzato che veniva presentato in banca come perfetto sostituto dei buoni postali o dei buoni del Tesoro". Elio Lanutti, presidente dell’Adusbef, un’altra associazione di risparmiatori, conferma: "La maggior parte è povera gente, spesso persone indotte dalle banche a investire la loro liquidazione in strumenti rischiosissimi". OCCHIO ALLA DATA DI EMISSIONE
C’è anche un cavillo legale che riapre la speranza per chi ha investito in bond argentini. Su 113 emissioni, solo 13 "potevano essere legittimamente collocate ai privati: erano le sole provviste del prospetto Consob", nota l’Assorisp. Queste 13 obbligazioni, con un ammontare di 4 miliardi di euro sui 14 investiti dai risparmiatori italiani, sono tutte emesse nel 1999: il 19 marzo, 26 aprile, 1 e 16 luglio, 21 ottobre, 9 e 26 novembre, 7 e 21 dicembre. Per tutti gli altri tango bond, si può chiedere il risarcimento: l’Assorisp sostiene che "anche se l’investitore dovesse aver firmato l’informativa sul rischio e sull’eventuale conflitto di interessi, il contratto d’acquisto che ha sottoscritto è nullo, in quanto il titolo che gli è stato venduto non poteva essere assolutamente collocato a privati".
INFORMATI CORRETTAMENTE O NO?
"Si può fare causa alla banca, in ogni caso, se i risparmiatori non sono stati informati correttamente sui rischi dei titoli argentini", aggiunge Francesco Avallone della Federconsumatori: l’associazione vicina alla Cgil "ha già ottenuto 14 sentenze favorevoli ai risparmiatori sui tango bond, e le banche stanno pagando senza fare appello". L’Assorisp nota anche che "la legge impone di informare chiunque (e quindi non solo, come si potrebbe essere portati a credere, le persone meno istruite, ma anche quelle con maggiori competenze in campo finanziario) in relazione ai rischi specifici che il singolo investimento proposto comporta". E proprio in questa direzione va una recente, interessante sentenza a Catania: racconta Lannutti che "persino un funzionario bancario, addetto all’ufficio titoli con oltre 35 anni d’esperienza, avendo comprato bond è stato integralmente rimborsato. In tutto, abbiamo un migliaio di cause pendenti e già un centinaio di sentenze positive".
I TAVOLI DI CONCILIAZIONE CON LE BANCHE
Carlo Pileri, presidente dell’Adoc, associazione di emanazione Uil, ricorda "gli accordi di conciliazione con alcune banche, che hanno riconosciuto i propri torti". Ma quanti sono riusciti a recuperare i loro risparmi? La Capitalia ha rimborsato 3.743 persone che avevano comprato bond Parmalat, Cirio e Giacomelli. La Banca Intesa, sugli stessi titoli, d’accordo con le associazioni dei consumatori ha risarcito 6.187 clienti, il 44 per cento delle oltre 14 mila richieste. L’Unicredit ha rimborsato solo per Cirio 1.503 risparmiatori. Il Monte dei Paschi ha conciliato con 4.751 sottoscrittori di "My Way" e "4 you" (in questo caso, non si trattava di bond ma di piani definiti come "previdenziali", in realtà basati su un forte indebitamento nei confronti della banca). In tutto, poco più di 16 mila risarcimenti. Cioè l’1,3 per cento su 1 milione 200 mila persone coinvolte nel risparmio tradito, secondo i calcoli di Assorisp: meno di 300 mila hanno chiesto un rimborso o fatto causa alle banche.
CAUSE, LE ASSOCIAZIONI CONTENGONO I COSTI
Tra chi non ha ancora fatto niente, emerge un dato. "La pigrizia: il 50 per cento rinuncia persino all’incontro, gratuito, con i nostri legali" dice il commercialista genovese Umberto Santi, presidente dell’Assorisp, riferendo il dato dei primi due mesi di attività della sua associazione. E ciò malgrado centinaia di sentenze abbiano già condannato le banche a risarcire gli investitori in bond. Antonio Tanza, avvocato leccese e vicepresidente dell’Adusbef, aggiunge: "Molti risparmiatori non sanno che conviene costituirsi parte civile nei processi penali contro i dirigenti delle banche. Iniziano il primo marzo per Parmalat e il 30 marzo per Cirio". Da notare che tutte le associazioni, grazie all’adesione di avvocati impegnati nella tutela dei risparmiatori, contengono i costi delle azioni legali alle banche: per esempio l’Assorisp annuncia che sarà richiesto soltanto il rimborso delle spese vive, già predeterminate in partenza, con il pagamento di un "contributo unificato" (cui si aggiunge sempre una marca da 8 euro) che va da un minimo di 170 euro per le cause di valore fino a 26.000 euro, fino a un massimo di 1.110 euro per cause di valore superiore a 520.000 euro.
I DOCUMENTI NECESSARI
Per ogni causa da promuovere contro le banche, l’Assorisp ricorda che il risparmiatore dovrà fornire i seguenti documenti: - fissati bollati o comunque contabili bancarie comprovanti l’acquisto dei titoli per cui si chiede il risarcimento (indispensabile) - se possibile, ogni altro documento fornito dalla banca in relazione all’operazione eventualmente in possesso del risparmiatore (come contratti quadro, profili di rischio fatti sottoscrivere dalla banca, prospetti informativi firmati e quant’altro) - i dati anagrafici, codice fiscale, indirizzo dell’investitore. Inoltre, tutte le associazioni richiedono l’iscrizione (costa di solito tra i 30 e 50 euro all’anno) che in genere può avvenire anche compilando una scheda che si trova nei loro siti.
A CHI RIVOLGERSI
Ecco i numeri di telefono e i siti di alcune associazioni che aiutano le vittime del risparmio tradito: Adusbef - tel. 064818632 oppure 0836566094 www.adusbef.it oppure Adoc tel. 0645420928 oppure 0686327211 http://adoc.org Assorisp - tel. 0266703906 oppure 010566645 www.assorisp.com Codacons - tel. 063725809 www.codacons.it Federconsumatori - tel. 0642020755 www.federconsumatori.it.
MATRIX (Canale 5)
con Enrico MENTANA
23 gennaio 2006 - CINQUANTUNESIMA PUNTATA
"Quanto costano le banche?".
Ieri sera Matrix, ha ottenuto una media di 1milione 239mila spettatori, con 6milioni 786mila contatti.
Dopo i recenti scandali, tema centrale della puntata sono ancora una volta le banche, ma questa volta l'occhio è puntato sul consumatore.
Quanto costa aprire un conto corrente?
Quali sono i rischi per il consumatore?
Come si possono evitare le truffe?
Le banche italiane sono veramente più care di quelle europee?
A questi e ad altri interrogativi si è cercato di rispondere in una puntata dal titolo "Quanto costano le banche?".
Ospiti della trasmissione:
· il Ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno ed il Segretario di "Rifondazione Comunista" Fausto Bertinotti,
· il Direttore centrale dell'ABI Enrico Granata, il Sen. Avv. Gaetano Scamarcio (già Sottosegretario del Ministero di Grazia e Giustizia) ed il Vice presidente di ADUSBEF, l’Avv. Antonio TANZA;
· il Segretario Generale "FALBI-CONFSAL" Luigi Leone, lo scrittore e giornalista Beppe Scienza, l'inviato di "Striscia la Notizia" Valerio Staffelli ed il Presidente dell'ADUSBEF, Dott. Elio Lannutti.
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CHI E’ IL PIU’ RIGOROSO ED AFFIDABILE ESPONENTE DEI CONSUMATORI ?
LANNUTTI (ADUSBEF) STRACCIA TUTTI, CON QUASI IL 50 PER CENTO DEI VOTI.
SEGUONO MOLTO DISTANZIATI, COLLA (CONFCONSUMATORI); TREFILETTI (FEDERCONSUMATORI) RIENZI (CODACONS), LANDI (ADICONSUM); ULTIMO DONA (UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI) CHE PUR E’ STATA LA PRIMA ASSOCIAZIONE
CONSUMATORI ITALIANA (NATA NEL 1956). TUTTE LE ALTRE NEGLI ANNI OTTANTA.
“Quali i più rigorosi difensori dei diritti dei consumatori e più affidabili esponenti del consumerismo italiano” ? Nel consueto sondaggio on-line (che ricordiamo,non è basato su un campione rappresentativo della popolazione adulta distribuito su aree geografiche omogenee,ma è diventato un serio indicatore delle tendenze e delle preferenze dei consumatori),effettuato da Adusbef nella settimana dal 9 al 14 gennaio 2006 e consultabile sul sito . (8.000 visite medie giornaliere, 9.882 utenti iscritti all’apposito forum di discussione,il presidente dell’Adusbef, Elio Lannutti,risulta il più votato,con il 47,8 per cento dei consensi.
Tra i 6 rappresentanti dei consumatori, Adiconsum, Adusbef, Codacons, Confconsumatori, Federconsumatori,Unione Nazionale Consumatori, estratti a sorte tra le 17 associazioni iscritte nel CNCU (Consiglio Nazionale Consumatori Utenti) immessi sul sito per il consueto sondaggio on-line (inserite in ordine alfabetico), che è diventato un modello partecipativo di grande successo sui temi più attuali, il presidente dell’Adusbef (forse anche perché giocava in casa),è risultato –con 585 voti su 1.225- il più votato.
Mara Colla,ex sindaco di Parma e presidente di Confconsumatori,con il 25,9 per cento e 317 voti,si è piazzata al secondo posto; Rosario Trefiletti,presidente Federconsumatori al terzo posto con il 14 per cento delle preferenze e 172 voti; appaiati al quarto posto con il 5,4 per cento e 66 voti ciascuno, Carlo Rienzi, presidente del Codacons e Paolo Landi,presidente Adiconsum, all’ultimo Vincenzo Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (che pur vanta di essere stata la prima associazione italiana nata nel 1956),con l’1,6 per cento e 19 preferenze.
Il sondaggio del mese
attivo dal 9 gennaio 2006
Quali i più rigorosi difensori dei diritti dei consumatori e più affidabili esponenti del consumerismo italiano?
Adiconsum - Paolo landi
5,4% (66)
Adusbef - Elio Lannutti
47,8% (585)
Codacons – Carlo Rienzi
5,4% (66)
Confconsumatori - Mara Colla
25,9% (317)
Federconsumatori - Rosario Trefiletti
14,0% (172)
Unione Naz. Consumatori - Vincenzo Dona
1,6% (19)
Totale voti: 1225
Roma,16.1.2005
IL GIORNALE del 17-1-2006
Bankitalia: allarme usura allo sportello
Sotto accusa le cosiddette «commissioni di massimo scoperto».
Lettera di «richiamo» a tutti gli istituti di credito italiani
di Mario Attanasio - da Milano
Bankitalia lancia l'allarme usura. In banca. Preoccupata per i «rischi reputazionali», Via Nazionale ha inviato una lettera a tutte le banche italiane mettendo sotto accusa le cosiddette «commissioni di massimo scoperto». Nel mirino della vigilanza della Banca d'Italia sono finiti gli interessi e le spese che gli istituti pretendono dai clienti quando il conto corrente va in rosso. Commissioni che, secondo l'istituto centrale, supererebbero, in alcuni casi, la soglia d'usura e che hanno un notevole «impatto sulle condizioni economiche complessivamente applicate alla clientela». Primo campanello d'allarme, scrivono i funzionari della vigilanza di Via Nazionale, è il «crescente interesse della magistratura e degli organi investigativi». E l'aumento esponenziale dei casi sottoposti «al vaglio dell'autorità giudiziaria» crea apprensione non solo per l'immagine del sistema bancario, ma anche per i «rischi operativi». Alla base della questione, infatti, ci sarebbero dei banali errori di calcolo. E qui Bankitalia punta il dito contro la scarsa chiarezza della legge sull'usura, che avrebbe «posto numerosi dubbi interpretativi» e quindi rappresenterebbe la causa principale degli errori commessi dalle banche nel calcolare le commissioni di massimo scoperto. La lettera, firmata da Francesco Frasca e Giovanni Castaldi (due dei dirigenti di Bankitalia alla ribalta della cronaca delle scalate bancarie), è del 2 dicembre 2005, ma dovrebbe essere arrivata in tutte le banche italiane proprio in questi giorni. Prima, infatti, secondo la prassi, la missiva ha fatto il giro dei capi delle filiali della Banca d'Italia sparse per tutta la penisola. E insieme con il «richiamo scritto», i tecnici di Bankitalia hanno messo a punto anche una sorta di vademecum: un paio di pagine per aiutare tutte le banche a calcolare queste commissioni nel pieno rispetto della legge.
La preoccupazione dell'istituto da ieri guidato dal neo Governatore Mario Draghi, peraltro, è confermata da una recente pronuncia del tribunale di Ascoli Piceno che ha condannato, proprio per interessi usurari, Antonveneta e Capitalia. I due istituti di credito saranno costretti a restituire immediatamente presunti interessi usurari per complessivi 160mila euro a un'impresa edile, la cui situazione patrimoniale risultava compromessa anche dai pagamenti richiesti dalle banche. Sulla base di una consulenza tecnico-contabile sui conti correnti della società dal 1997 a oggi, infatti, il giudice ha prefigurato l'ipotesi di interessi usurari tout court, mascherati da voci relative a spese e commissioni bancarie. Quanto ai tassi usurari, gli ultimi dati dicono che è scesa al 7,455% (dal 7,50% di fine settembre) la soglia oltre la quale i tassi fissi vengono considerati, appunto, d'usura. Il nuovo livello, indicato trimestralmente dalla Banca d'Italia (e che viene calcolato aumentando del 50% i tassi di interesse medi rilevati sul mercato), è stato fissato al 4,97% e al 3,85% rispettivamente per i mutui a tasso fisso e quelli a tasso variabile accesi tra il primo gennaio e il 31 marzo 2006.
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