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Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2011
Tribunale di Lecce, Sez. Dist. Campi Salentina, Dott. Italo Mirko De Pasquale, Sentenza n. 23 del 07 febbraio 2011;
Tribunale di Pescara, Dott.ssa Chiara Serafini, Sentenza del 9 febbraio 2011 n. 145
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO Dl PESCARA
in composizione monocratica in persona della dott.ssa Chiara Serafini ha emesso la seguente
SENTENZA NON DEFINITIVA
nella causa civile di primo grado iscritta al ruolo generale affari contenziosi al numero 2436/2006, riservata in decisione all'udienza del 22.09.2010,
TRA
M. N., in nome e per conto di M. C. elettivamente domiciliato in Pescara, corso Vittorio Emanuele II n. 10 presso lo studio dell'avv, Mariateresa De Carlo, che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Antonio Tanza giusta procura a margine dell'atto di citazione;
attore
la BANCA NAZIONALE DEL LAVORO s.p.a, in persona del legale rappresentante p.t.; elettivamente domiciliata in Pescara, via Firenze n. 122, presso lo studio dell'avv Lucio Stenio de Benedictis, che la rappresenta e difende in virtù di procura generale alle liti in atti;
convenuta
OGGETTO: contratto di conto corrente bancario, nullità di clausole di pattuizione di interessi ultralegali, anatocistici, usurari, commissioni di massimo scoperto - azione di accertamento del saldo effettivo del conto corrente - azione di ripetizione di indebito
CONCLUSIONI: all'udienza del 22.09.2010 i procuratori delle parti hanno concluso come da verbale.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione ritualmente notificato M. Camillo, nella qualità di titolare del rapporto di apertura di credito con affidamento su conto corrente ordinario n. 017975 (successivamente n. 17975), accesso presso la filiale di Pescara della Banca Nazionale del Lavoro, ha convenuto in giudizio l'istituto di credito per sentire dichiarare la nullità delle clausole contrattuali di determinazione dei tassi di interesse in misura superiore a quella legale mediante rinvio al c.d. "uso piazza", la nullità della pattuizione e applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, dei cd. "giorni valuta", delle commissioni di massimo scoperto e degli altri oneri non convenuti dalle parti, accertare l'eventuale applicazione di tassi di interesse in violazione del disposto della I. n. l08/1996e, per l'effetto, accertare il saldo del conto corrente sulla base della riclassificazione contabile del medesimo e condannare conseguentemente la banca alla restituzione delle somme illegittimamente percepite.
L'attore ha chiesto altresì dichiararsi la nullità di ogni obbligazione accessoria al rapporto principale, ed in particolare della fideiussione omnibus prestata, nonché condannarsi la banca a rettificare l'illegittima segnalazione alla centrale rischi presso la Banca d'Italia, in ragione del rischio a sofferenza falsamente quantificato e, per l'effetto, condannarsi la convenuta al risarcimento dei danni subiti.
Si è costituita in giudizio la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. chiedendo dichiararsi inammissibili, improcedibili ovvero rigettare poiché infondate le domande dell'attore.
La convenuta ha altresì chiesto il rigetto della domanda in ragione del disposto dell'art. 2034 c.c., vertendosi in ipotesi di azione di ripetizione di prestazione eseguita in adempimento di una obbligazione naturale.
2. Va preliminarmente disattesa l'eccezione proposta dall'istituto di credito ai sensi dell'art. 2034 c.c..Nella specie, infatti, l'eventuale corresponsione di interessi ultralegali o anatocistici non dovuti non è avvenuta in esecuzione di un dovere morale o sociale, bensì, piuttosto in ossequio al disposto di una specifica clausola contrattuale (della quale viene chiesto dichiararsi la nullità, sia pure con effetto ex tunc, solo in questa sede) quindi in adempimento di una obbligazione giuridica ancorché invalida. La prestazione non può pertanto definirsi spontanea considerato altresì che la banca applica gli interessi ultralegali e la capitalizzazione operando direttamente sul conto corrente e senza alcuna possibilità per il correntista, di manifestare una specifica contraria volontà al riguardo.Il presupposto del pagamento spontaneo non è neppure ravvisabile quando la banca procede alla capitalizzazione degli interessi in difetto di una precisa regolamentazione contrattuale, trattandosi evidentemente di pretesa non rispondente al riconoscimento da parte del cliente di una prassi valida nei rapporti con la banca, né tantomeno del dovere morale di corresponsione delle relative poste debitorie.
3. L'istituto di credito ha poi dedotto che la mancata contestazione da parte dell'attore degli estratti conto periodicamente inviati precluderebbe la contestazione degli addebiti effettuati sul conto corrente. Va al riguardo osservato che l'approvazione del conto ex art. 1832 c.c. (applicabile al conto corrente bancario in forza del richiamo operato dall'art- 1857 c.c.) rende incontestabili le relative annotazioni, derivanti dalla mancata impugnazione nella loro realtà effettuale, ma non comporta la decadenza da eventuali eccezioni relative alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori (contratto ed altre pattuizioni) da cui dette annotazioni derivano (cfr ex multis Cass. n,6514/2007; Cass. n. 11749/2006; Cass. n. 10376/2006).
4. Nei merito parte attrice ha dedotto la nullità delle clausole che prevedono l'applicazione di interessi in misura superiore a quella legale mediante rinvio agli "usi su piazza. Il rapporto di conto corrente per cui è causa ha avuto inizio, secondo quanto prospettato dall'attrice, prima del 1960 e avrebbe contemplato, sin dalla sua apertura, la c.d. "clausola uso di piazza. La circostanza, non è stata specificamente contestata dall'istituto dì eredito (cfr sul punto, a parziale riscontro documentale, la nota del 3 0.06.1977 con la quale la convenuta ha unilateralmente comunicato al cliente le condizioni generali disciplinanti il rapporto, tra le quali figura, all'art. 7, anche la pattuizione censurata dall'attore). Con successivi contratti del 19.11.1997, del 6.03.1998 e del 03.04.2003 le parti hanno espressamente pattuito il tasso di interesse applicato al rapporto e la banca si è espressamente riservata il diritto di modificare unilateralmente le condizioni pattuite, salvo diritto di recesso del correntista, da esercitarsi nel termine di quindici giorni dalla data della comunicazione della variazione applicata. La Suprema Corte, con la sentenza n. 4490 /2002 ha chiarito che, nel regime anteriore alla entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria 17 febbraio 1992, poi trasfusa nel testo unico 1 settembre 1993, n. 385, la clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legali, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale. Al riguardo non rileva la presenza di accordi di cartello interbancari, diretti a fissare i tassi di interesse attivi e passivi in modo vincolante in ambito nazionale, atteso che tali accordi, se garantiscono l'obiettività del criterio di determinazione del tasso di interesse, debbono tuttavia ritenersi nulli in applicazione dell'art. 2. della legge 10 ottobre 1990, n.287 - applicabile nei confronti delle aziende ed istituti di eredito ai sensi del successivo articolo 20 - che vieta le, intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ricomprendendo espressamente tra tali intese quelle che detto risultata perseguano o determinino attraverso attività consistenti nel fissare, direttamente o indirettamente, prezzi di acquisto o di vendita dei rispettivi prodotti. L'assenza di qualsiasi riferimento integrativo, rectius chiarificativo dell'uso piazza previsto contrattualmente, nella fattispecie in esame, rende tale pattuizione nulla per contrasto con l'art 1284, comma terzo c.c. Ne consegue che i tassi applicabili di volta in volta sono nulli laddove abbiano superato la misura legale. Con riferimento al periodo successivo all'entrata in vigore della legge L. 154/1992,la sentenza n. 4490/2002 ha riaffermato il principio, ornai consolidato, che la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale che faccia riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza "è in ogni caso divenuta inoperante a partire dal 9 luglio 1992, data di entrata in vigore dell'indicato ius superveniens, atteso che la previsione imperativa, da esso posta (art.4 della legge 17 febbraio 1992, n. 154, poi trasfuso nell'art. 117 del testo unico1I settembre 1993, n. 385), che sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, se non incide, in base ai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo, sulla validità delle clausole contrattuali già concluse, impedisce tuttavia, che esse nei rapporti ancora in corso, possano produrre per l'avvenire ulteriori effetti. Per i contratti stipulati in epoca anteriore alla legge 154/1992, ma ancora in vigore, non essendo applicabile la nuova normativa, la validità della clausola relativa agli interessi deve quindi essere valutata esclusivamente in base all'art. 1284 comma terzo cc. Non è quindi necessario che i contratti indichino il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati" alla stregua del disposto dell'art. 117 del T.U., essendo condizionata la validità della pattuizione contenente la determinazione degli interessi unicamente al rispetto del requisito della forma scritta. Ne discende che qualora la clausola sia nulla - in quanto il tasso non risulta determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati - anche per il periodo successivo all'entrata in vigore della legge n. 154/1992 i tassi debitori applicabili di volta in volta sono nulli laddove abbiano superato la misura legale, in assenza di una diversa pattuizione scritta delle parti. Va peraltro osservato che la mera comunicazione unilaterale nell'estratto conto del tasso di interesse applicato dall'istituto di credito non può essere considerata equipollente ad un nuovo accordo in ordine alla determinazione degli interessi. Né al riguardo sembra poter essere valorizzato l'omesso esercizio da parte del cliente del diritto di recesso previsto dall'art 118 T.U.385/1993, da intendersi quale accettazione tacita del tasso debitore da parte del cliente, considerato peraltro che una nuova pattuizione sugli interessi dovrebbe rivestire la forma prescritta dall'art. 117 T.U. n. 385/1993. Nella specie, come sopra chiarito, la clausola di rinvio agli "usi su piazza" ha regolato il rapporto di conto corrente tra le parti sino alla convenzione del 19.11.1997. In ragione della nullità, per le ragioni sopra esposte, della clausola e tenuto conto che per i contratti stipulati in epoca anteriore alla legge 154/1992, ma ancora in vigore, non essendo applicabile la nuova normativa, la validità della clausola relativa agli interessi, e le conseguenze dell'eventuale nullità, devono essere essere valutate esclusivamente in base all' 1284 comma terzo c.c., al rapporto in esame deve essere applicato il tasso di interesse legale sino al 19.11.1997. Per il periodo successivo, le variazioni del tasso di interesse devono considerarsi efficaci solo se conformi all'art. 15 del contratto, specificamente approvato dal M., che disciplina lo ius variandi dell'istituto di credito in ossequio al disposto dell'art. 118 T.U.385/l993, ovvero previa comunicazione scritta al correntista e fatto salvo, comunque, il diritto di recesso. Secondo la prospettazione dell'istituto di credito l'attore avrebbe dedotto la nullità della clausola relativa all'applicazione degli interessi in misura superiore a quella legale solo limitatamente agli interessi debitori. Ne discenderebbe, pertanto, che nella ricostruzione del rapporto di conto corrente, gli interessi creditori dovrebbero essere liquidati nella misura convenzionale, applicata dalla banca. L'assunto non può essere condiviso. Nella parte motiva dell'atto di citazione l'attore ha espressamente eccepito la nullità tout court della clausola, che sarebbe conseguentemente "improduttiva di ogni effetto" (cfr pag. 4), invocando l'applicazione del"l'interesse legale annuale, sia sui saldi attivi che passivi" (cfr pag. 6). Nelle conclusioni del medesimo atto, sebbene l'attore abbia invocato la nullità della predetta clausola solo con riferimento agli interessi debitori, ha poi chiesto la ricostruzione di tutto il rapporto "in regime di tasso legale di interesse" e conseguentemente la condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e riscosse, in virtù della predetta ricostruzione, oltre agli interessi legali creditori. Conclusivamente, alla luce dell'esame complessivo dell'atto introduttivo del giudizio e non in base al solo tenore letterale della domanda (cfr per tutte Cass. n 1 8183/2009, Cass. n. 4828/2006), la domanda di nullità deve ritenersi proposta con riferimento alla pattuizione relativa alla determinazione degli interessi attivi e passivi mediante rinvio agli usi su piazza con conseguente ricostruzione del rapporto di conto corrente in virtù dell'applicazione ai saldi attivi e passivi del tasso di interesse legale.
5. Secondo la prospettazione dell'attore il contratto per cui è causa sarebbe altresì affetto da nullità limitatamente alla clausola che contempla la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi maturati sul conto. Appare sul punto sufficiente ripercorrere brevemente le fasi del noto dibattito dottrinario e giurisprudenziale in materia, prendendo le mosse dall'intervento della Suprema Corte con le note sentenze del 1999 (in particolare Casa. n. 2374/1999 che ha chiarito: "Tanto più nel caso di contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della disposizione di cui all'art. 4 della legge 17febbraio 1992 (trasfusa poi nel TU delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al D. Lgs. I settembre 1993. n. 385) che vieta le clausole contrattuali di rinvio agli usi, si rivela nulla la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, avente ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, giacché essa si basa su di un meni uso negoziale e non su di una vera e propria norma consuetudinaria ed interviene anteriormente alla scadenza degli interessi ", nonché Cass. n. 309/1999) con le quali è stata riconosciuta la natura negoziale e non normativa degli usi bancari in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente e, quindi, la nullità delle relative clausole apposte nei contratti di conto corrente. L'arresto della giurisprudenza di legittimità ha reso necessario l'intervento del legislatore che con l'art. 25 del D.L,vo 4 agosto 1999 n. 342 ha introdotto il secondo ed il terzo comma dell'art. 120 T.U.B. conferendo al CICR. il compito di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. A seguito dell'entrata in vigore della delibera CICR del 9.02.2000 deve essere considerata valida la pattuizione di capitalizzazione di interessi purché l'addebito e l'accredito avvengano a tassi e con periodicità contrattualmente stabiliti e sempre che nell'ambito dello stesso conto corrente prevista la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori. Con riferimento agli effetti della declaratoria di nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, è necessario stabilire se, nella riliquidazione del saldo di conto corrente, l'interesse debba essere capitalizzato con diversa scadenza (semestrale o annuale), ovvero debba computarsi sul capitale puro. Secondo una prima opinione giurisprudenziale sarebbe applicabile la cadenza annuale di capitalizzazione,in conformità alla cadenza temporale degli interessi ex art 1284. 1° comma, cc. ("il saggio degli interessi legali è determinato /...] in ragione di anno"), che sarebbe applicata dalle banche a favore della clientela ed anche contemplata dalla delibera del CICR. Secondo l'impostazione preferibile, di contro, in conseguenza della nullità della clausola, contenuta in un contratto di conto corrente bancario, con cui si prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, non sussiste un diritto della banca all'anatocismo semestrale o annuale, non sussistendo alcuna possibilità di sostituzione legale o inserzione automatica di clausole che dispongano una capitalizzazione degli interessi passivi con una diversa periodicità Deve ribadirsi, in particolare, che il ricorso all'applicazione analogica di altre disposizioni, previste in materia di chiusura di conto o di saggio di interessi, non è invocabile nel caso di specie. Va infatti in via generale osservato che l'art. 1831 c.c., che prevede, la chiusura semestrale del contratto di conto corrente ordinario, non è applicabile al conto corrente bancario, sia in ragione del tenore letterale dell'art. 1857 c.c., che non richiama l'art. 1831, per il conto corrente bancario, sia in considerazione della profonda diversità di struttura tra il conto corrente bancario - che prevede l'esigibilità a vista del saldo ex art. 1852 c.c. - e il conto corrente ordinario, che prevede l'inesigibilità delle prestazioni ex art. 1823 c.c. Il conto corrente ordinario è infatti un contratto con durata limitata alla periodicità stabilita convenzionalmente fra le parti; scaduto il termine, il contratto ha esaurito la sua normale operatività e si conclude con la richiesta di pagamento da parte di colui che alla chiusura del conto risulta avere una posizione a credito. Il conto corrente bancario, invece, è un contratto di durata, in cui il rapporto non si rinnova ad ogni chiusura di conto; la chiusura, cioè, non è prodromica al saldo ed alla conclusione del contratto, ma è una mera operazione contabile che non è richiesta dal tipo negoziale (tanto da non essere prevista nelle norme che regolano i conti correnti bancari). Va poi osservato che l'art. 1284 c,c disciplina il saggio degli interessi, cioè l'entità del tasso e la decorrenza degli interessi legali, non derogando in alcun modo all'art. 1283 c.c., che è l'unica che stabilisce le condizioni per la produzione degli interessi sugli interessi (anatocistici) e della quale indubbia è la natura imperativa. (contrariamente all'art. 1284 c.c., la cui natura dispositiva giustifica la derogabilità con la pattuizione di interessi convenzionali). Tale impostazione ha peraltro trovato recente riscontro nella citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 24418/2010, per la quale, dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c., gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna. In conclusione, deve ritenersi che alla nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi e delle commissioni di massimo scoperto non consegua alcuna capitalizzazione. sino all'eventuale adeguamento della banca alle disposizioni di cui alla delibera CICR in base al disposto dell'art. 7 della citata deliberazione qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate le banche possono provvedere all'adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela. L'eventuale natura peggiorativa delle nuove condizioni contrattuali deve essere valutata ex ante ed in astratto, a prescindere dalle concrete successive modalità di svolgimento del rapporto di conto corrente (ad esempio in relazione al tasso di interesse effettivamente applicato e all'andamento del rapporto), sicché nelle ipotesi, come quella per cui è causa, in cui. ad una capitalizzazione annuale degli interessi creditori e trimestrale degli interessi debitori viene sostituita la pari capitalizzazione trimestrale la variazione deve essere considerata migliorativa per il correntista. La banca ha poi dedotto di aver ottemperato, con decorrenza dall'1.07.2000 alle disposizioni della delibera CICR; la circostanza non è stata oggetto di specifica contestazione. Con il contratto del 03.04.2003 le parti hanno comunque espressamente convenuto la pari capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi. Conclusivamente il rapporto di conto corrente deve essere depurato, in virtù dei principi sopra chiariti, da qualsiasi forma di capitalizzazione degli interessi passivi sino all'adeguamento della banca al disposto della delibera CICR del 9 febbraio 2000.
6. (...)
7. (...)
8. L'attore ha anche sollevato la questione dell'invalidità dell'addebito delle c.d., "valute fittizie", ossia del metodo che la banca utilizza per protrarre i giorni solari del prestito al correntista, favorendo l'aumento degli interessi debitori in favore di essa per un periodo temporale in cui prestito non c'è stato. La giurisprudenza di legittimità (Cfr. Cass. n. 2545172) ha in passato ritenuto, in via generale, che debba essere considerata soltanto la "data" di ciascuna operazione e non già la "valuta", posto che, ai sensi dell'art 1852 c.c., il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito dal conto. In ossequio a tale orientamento giurisprudenziale si è quindi sostenuto che - per quanto riguarda i prelevamenti si deve riportare la valuta corrispondente al giorno del pagamento dell'assegno, ovvero del giorno in cui la banca perde effettivamente la disponibilità del mentre, per quanto riguarda i versamenti, si riporta la valuta corrispondente al giorno in cui acquista effettivamente la disponibilità del denaro mentre per quanto riguarda i versamenti, si riporta la valuta corrispondente al giorno in cui la banca acquista effettivamente la disponibilità del denaro (sul punto, si vedano Cass., n. 3507/1989; C.Cass. n. 1764/1988; Cass. n. 13143/2002). La materia è ormai espressamente disciplinata dall'art. 120 del d.lgs 385/1993 per il quale gli interessi sui versamenti presso una banca di denaro, di assegni circolari emessi dalla stessa banca e di assegni bancari tratti sulla stessa succursale presso la quale viene effettuato il versamento sono conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento e sono dovuti fino a quello del prelevamento. Deve quindi concludersi che l'addebito di interessi per valute, fittiziamente appostate, sia invalido se operato in difetto di specifica pattuizione scritta al riguardo e, ratione temporis, in violazione dell'art. 120 TUB. Nella specie, premesso che le condizioni di contratto allegate alla nota del 30.06.1977, il cui art. 7 prevede che gli assegni pagati dall'azienda di credito vengano addebitati sul conto corrente dalla data di emissione, non risultano sottoscritte e accettate dal correntista, mentre la medesima previsione, contemplata nei contratti del 19.11.1997 e del 06.03.1998 risulta in contrasto con l'art. 120 TUB, entrato in vigore nelle more, deve conclusivamente applicarsi al rapporto di conto corrente per cui è causa la valuta corrispondente al giorno in cui la banca ha acquistato o perso la disponibilità del denaro. 9. Parte attrice ha formulato istanza ex art. 210 c.p.c. chiedendo ordinarsi alla banca convenuta di depositare la documentazione afferente il conto corrente per cui è causa e risalente al periodo compreso tra il 1961 e il 1973 (cfr nota depositata il 24.04.2007 e verbale udienza del 6.06.2007.). In base al disposto dell'art. 119 TUB il cliente ha diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente le singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Nella specie, trattandosi di documentazione relativa ad un lasso temporale anteriore al decennio, la banca non può ritenersi tenuta alla sua conservazione e nessun argomento di prova può essere desunto dalla mancata esibizione degli estratti conto a seguito dell'ordinanza del 06.06.2007. Di contro, l'omessa produzione della documentazione contabile integra il mancato assolvimento dell'onere probatorio gravante sul correntista in ossequio ai principi dettati dall'art. 2697 c.c. e non può pertanto trovare applicazione, nella specie, il "movimento fittizio con valuta mediana utilizzato dal consulente tecnico per riconciliare il saldo finale dell'ultimo estratto conto disponibile e quello iniziale successivo. L'istituto di credito ha specificamente contestato le risultanze della consulenza tecnica espletata sotto tale profilo. La causa deve pertanto essere rimessa sul ruolo istruttorio al fine di ricostruire il rapporto a partire dal saldo iniziale del primo estratto conto prodotto; qualora venga riscontrata la mancanza di alcuni degli estratti conto relativi al periodo esaminato il etti dovrà prendere in considerazione il saldo inziale del primo estratto conto successivo utile, decurtandolo delle somme epurate dalle precedenti movimentazioni in base ai principi sopra esposti.
10. Il giudizio, dunque, dovrà, come da separata ordinanza, essere rimesso sul ruolo istruttorio al fine di procedere, mediante apposita CTU contabile e tenuto conto dei principi in diritto affermati con la presente decisione, ad accertare il saldo contabile del conto corrente per cui è causa.
11. (...)
12.(...)
13. La regolamentazione delle spese di lite è riservata alla sentenza definitiva.
PQM
Il Tribunale di Pescara in composizione monocratica, non definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da M. C. nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa,
dichiara la nullità delle clausole del contratto di conto corrente n. 017975 (rinumerato in 17975), acceso presso la filiale di Pescara, della Banca Nazionale del Lavoro relative alla determinazione degli interessi in misura superiore a quella legale mediante rinvio agli "usi su piazza";
dichiara la nullità delle clausole del contratto di conto corrente n. 017975 (rinumerato in 17975), acceso presso la filiale di Pescara della Banca Nazionale del Lavoro relative capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e annuale degli interessi attivi;
dichiara l'illegittimità degli addebiti effettuati dalla convenuta sul rapporto di conto corrente a. 017975 (rinumerato in 17975) in ragione dell'applicazione di commissioni di massimo scoperto e di altri oneri a carico del correntista e della antergazione e postergazione delle valute nei limiti e per le causali di cui in motivazione;
(...)
rimette la causa sul ruolo istruttorio come da separata ordinanza;
spese al definitivo.
Pescara, 02.02.2011
Il giudice
Dott.ssa Chiara Serafini