Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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La centrale della BI e quelle private

Le centrali dei rischi

CENTRALE DEI RISCHI PRESSO LA BANCA D'ITALIA:
UN'ORIGINALE SOLUZIONE VIENE DA UN'ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI LECCE DEL 25 agosto 2003 ( clicca qui per visualizzarla)

Per un libro sull'argomento: Rosanna CAFARO – Paolo PAGLIARO : "L’accesso al credito. Banche dati, centrali rischi e privacy" della Collana "Cosa & Come – Banca e Borsa" ed. Giuffrè, 2004, € 19,50.


LA TUTELA DEGLI UTENTI BANCARI E LE SEGNALAZIONI DEI CREDITI BANCARI ALLA CENTRALE DEI RISCHI: UTENTE ADUSBEF OTTIENE GIUSTIZIA

(a cura della Delegazione ADUSBEF della Puglia: avv. Antonio TANZA)

Un associato ADUSBEF ha ottenuto un ordinanza per la cancellazione della segnalazione di credito “a sofferenza” effettuata da una banca alla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia.

Il Tribunale di Brindisi, Prima Sezione Civile, Pres. Terzi, Est. Guida, con Ordinanza emessa nella Camera di Consiglio del 20 luglio 1999[1], nella causa iscritta al n. 30 del 1999 del R.G. del Contenzioso Civile tra T.F. Tecnologie per il Futuro s.r.l. e Banca del Salento S.p.A., avente ad oggetto un reclamo ex art. terdecies c.p.c., avverso l’ordinanza del G.I. della causa di merito, datata 20 aprile 1999, con la quale si dichiarava inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c., con il quale, in corso di causa, l’utente bancario chiedeva al G.I. che volesse ordinare alla banca convenuta di revocare la segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia operata dall’istituto di credito.

Nel ricorso ex art. 700 c.p.c. la parte ricorrente esponeva che la banca aveva disposto, a seguito dell’impugnazione del presunto credito bancario, il mutamento del suo credito vantato nei confronti dell’utente da una posizione di “incaglio” ad una di “sofferenza” e che, determinando, al 31 dicembre 1998, in lire 924.000.000 un credito che al 31 dicembre 1995 era stato quantificato in lire 594.000.000, aveva effettuato la segnalazione alla Centrale dei Rischi creando gravissimi danni, atteso che, la Banca Commerciale Italiana aveva chiesto spiegazioni di tale segnalazione e sospeso il credito.

Il G.I. dichiarava inammissibile il ricorso per diversità del petitum rispetto alla causa di merito pendente tra le medesime parti: il giudizio pendente aveva per oggetto l’accertamento dell’ammontare del credito della banca fino al saldo del 31 dicembre 1995; mentre, invece, il ricorso ex art. 700 c.p.c. era strumentale all’accertamento dell’ammontare del credito della banca fino al saldo del 31 dicembre 1998.

Lo stesso giudice trasmetteva, però, il ricorso al Procuratore della Repubblica di Brindisi, in quanto contenente una sostanziale denuncia di illeciti penalmente rilevanti nella parte in cui rileva l’illegittimità dell’incremento delle pretese creditizie della banca, nel corso di tre anni.

Il Tribunale, in sede di reclamo, non solo dichiara ammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. ma “… ordina alla Banca del Salento S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, di procedere immediatamente al ritiro e/o alla revoca della segnalazione alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia relativa al credito vantato nei confronti della T.F. Tecnologie per il Futuro S.r.l., comunque ponendo in essere tutte le attività che saranno necessarie al fine di far venir meno gli effetti della predetta segnalazione”.

Il ricorso è ammissibile, secondo il Tribunale brindisino, poiché non appare fondato il presupposto su cui si basa la decisione del giudice di prime cure e cioè che sia ancora in essere un rapporto creditizio tra la banca e l’utente.

Infatti, la domanda di accertamento negativo introdotta dall’utente con l’atto di citazione presuppone implicitamente il venir meno del rapporto contrattuale instaurato con l’istituto di credito, tant’è che da un lato la società attrice contesta radicalmente la sussistenza di un’eventuale credito e dall’altro, comunque, il quantum così come determinatosi.

In ogni caso l’istituto, dal canto suo, aveva richiesto la risoluzione contrattuale ed aveva spiegato domanda riconvenzionale.

Non esistendo, dunque, secondo il Tribunale, alcun rapporto contrattuale tra le parti discende logico che tutte le attività che da quel rapporto traggono origine rientrano nell’ambito del giudizio di merito già pendente e “ben può rientrarvi una illegittima ed arbitraria segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia !”.

In questo senso appare analoga anche la causa petendi tra giudizio di merito ed istanza cautelare ex art. 700 c.p.c., e cioè “la lesione del diritto d’impresa, diritto costituzionalmente garantito”.

Conclude l’ordinanza, sul punto dell’ammissibilità del ricorso, evidenziando come la procedura cautelare atipica trova la sua fondatezza proprio nella pretesa di risarcimento dei danni avanzata dalla società attrice per i presunti comportamenti arbitrari che sarebbero stati posti in essere nel corso del rapporto dalla banca e proseguiti anche nel corso del giudizio di merito e che si sarebbero sostanziati nella erronea segnalazione alla Centrale dei Rischi.

Il Tribunale prosegue con una mirabile disamina della fondatezza del ricorso anche nel merito, analizzando prima l’esistenza del fumus e poi del periculum.

“…la Centrale dei Rischi è stata istituita al fine specifico di consentire la conoscibilità, da parte degli istituti di credito, del rischio complessivo collegato ad un cliente e dare, quindi, la possibilità di valutare meglio l’affidabilità del cliente stesso sia ex ante, cioè al momento della verifica dell’opportunità di concludere un contratto che preveda un’esposizione della banca, sia nel corso dell’esecuzione di un rapporto già concluso (cfr. Tribunale di Cagliari, ord. 28 novembre 1995).”

Ciò premesso il Collegio ritiene che: “…è di tutta evidenza come una segnalazione erronea alla centrale dei rischi possa determinare una lesione del diritto d’impresa, potendo creare difficoltà insormontabili all’imprenditore che voglia accedere al credito bancario o potendo determinare la revoca di quello già concesso. In un sistema informativo generalizzato, infatti, teso proprio a consentire a tutti gli aderenti del circuito bancario la possibilità di valutare i rischi dell’affidamento richiesto, l’eventuale segnalazione di una posizione di rischio, con connessa rilevante difficoltà di andare a verificare le effettive cause, comporta, o comunque può comportare, un effetto a catena di mancati affidamenti o, peggio, di revoca di quelli già concessi. Vi è di più. Una errata segnalazione può incidere anche sul regime della libera concorrenza e sullo stesso sistema creditizio: il mancato accesso al credito di un’impresa o la revoca degli affidamenti porta ad avvantaggiare le altre imprese operanti nel medesimo settore, così come può essere fuorviante per le stesse altre banche condizionandone la loro politica creditizia”.

Dunque, l’erronea segnalazione alla Centrale dei rischi crea un danno sia all’utente che alle altri istituti creditizi.

Il Tribunale, poi, evidenziando come la stessa Banca d’Italia prevede un dovere degli intermediari di effettuare la rettifica di una segnalazione tramite il servizio di prima informazione osserva che:”..E’ possibile, quindi, procedere ad una correzione di un’eventuale segnalazione erronea da parte dell’intermediario che l’ ha operata, a maggior ragione se ciò deriva da un ordine del giudice !”

Circa la correttezza delle modalità di segnalazione nell’ordinanza si evidenzia come “… non è, quindi, corretto ritenere che la segnalazione sia un fatto automatico e non implichi, invece, una valutazione della banca in ordine alla insolvenza del cliente, insolvenza che deve essere tale da legittimare l’appostazione del credito a sofferenza. E’, infatti, questo il passaggio che determina, poi, l’automatismo della segnalazione: tutte le posizioni di sofferenza, infatti, a prescindere dalla loro entità, vanno segnalate, ma è la banca che deve decidere se lo stato di insolvenza del cliente è tale che non vi sono più possibilità, rectius, vi sono rilevantissime difficoltà di recuperare il credito. Va, inoltre, ulteriormente evidenziato come tutta la procedura si svolga senza contraddittorio: è la banca, cioè, che procede nella istruttoria e può anche non interpellare il cliente, ma effettuare la segnalazione anche senza comunicarglielo. La procedura, in conseguenza dei rilevantissime effetti pratici che può determinare, appare di per sé anomala e, comunque, poco garantista : deve, perciò, richiedersi, in virtù dei generalissimi principi di correttezza e buona fede, alla Banca una più che attenta diligenza nella istruttoria e nella conseguente, eventuale, segnalazione. … Per stato di insolvenza non si richiede l’accertamento, da parte della banca, dello stato di decozione dell’impresa ché tale nozione attiene la normativa fallimentare ed appartiene alla competenza giurisdizionale, ma indubbiamente la banca deve ancorare la sua valutazione a qualche elemento oggettivo a sua disposizione, elemento che non può essere il mero ritardo nel pagamento o la sussistenza della pendenza di un giudizio per l’accertamento del credito!”.

Relativamente al periculum il Tribunale osserva che questo è rappresentato “dalla impossibilità o, comunque, rilevantissima difficoltà per l’imprenditore oggetto dell’erronea segnalazione alla C.R. di accedere al credito bancario o di vedersi chiudere le fonti di credito già in essere”.

Seppure crescente, il numero delle decisioni che affrontano la materia della segnalazione dei crediti alla centrale dei rischi è, ancora, sparuto.

Detta ordinanza si pone in linea con le statuizioni del Tribunale di Roma, Sez. II, ordinanza del 18 marzo 1998, Pres. Misiti, Est. Nazzicone, I.G.E. S.r.l. e Rialti c/ Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. e con quelle del Tribunale di Cagliari, ordinanza del 28 novembre 1995, Pres. Pisotti, Est. Amato, VI.SAN. di Nino Villa Santa s.a.s c/ Banco di Napoli S.p.a., centrando però in maniera più puntuale e completa le varie tematiche.

L’ordinanza del 18 marzo 1998 emessa dalla Sez. II del Tribunale di Roma[2], in maniera ancora più radicale da quanto previsto dal Tribunale di Brindisi, ritiene che la segnalazione in sofferenza deve essere subordinata alla presenza del requisito soggettivo del debitore di trovarsi nell’incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni con il suo patrimonio (art. 5 L.F.) o in un uno stato oggettivo di difficoltà economico-finanziaria[3].

In particolare osserva che: “ … il mero inadempimento del debito verso la banca, eventualmente anche accompagnato da un esplicito rifiuto ad adempiere, se non è correlato ad un oggettivo stato di difficoltà di adempiere alle proprie obbligazioni, non comporta la qualificazione della posizione del credito come in sofferenza. L’eventuale iscrizione, da parte della banca, del credito in tale categoria, nonostante il mero inadempimento senza insolvenza, costituisce un comportamento illecito suscettibile della conseguenza del risarcimento del danno”.

Il Tribunale di Cagliari[4] nella citata ordinanza sostiene come in caso di segnalazione erronea (per negligenza o imperizia nella valutazione della sussistenza dei presupposti prescritti per la segnalazione) , ovvero “abusiva (per l’intenzionalità della comunicazione di dati non veritieri) alla Centrale dei rischi, la banca è tenuta a risarcire i danni causati al cliente, a titolo di responsabilità contrattuale, se la segnalazione è avvenuta nell’ambito di un rapporto negoziale già operante tra le parti o, altrimenti, a titolo di responsabilità extracontrattuale.

Il Collegio ha precisato che: “Possono in generale ipotizzarsi alcune situazioni esemplificative di contegni implicanti l’uno o l’altro profilo di responsabilità, chiaramente a seconda che il comportamento dell’istituto di credito sia posto in essere, erroneamente, o, in ipotesi, addirittura intenzionalmente, nell’ambito di un rapporto negoziale già operante tra le parti, ovvero venga realizzato in violazione degli obblighi generali di astensione e tutela imposti dai principi in materia di responsabilità extracontrattuale: 1) la banca segnala alla Centrale dei rischi un affidamento del cliente per un credito superiore a quello effettivamente in essere; 2) la banca segnala alla Centrale dei rischi un affidamento del soggetto per un credito inesistente; 3) la banca segnala alla Centrale dei rischi una posizione di rischio definibile come sofferenza, a fronte della piena capacità del soggetto, cliente o terzo, di far fronte regolarmente all’eventuale debito con il suo patrimonio. Quanto alla natura dei comportamenti denunziati, può brevemente farsi riferimento, riguardo alle ipotesi di erroneità delle segnalazioni, ad alcuni dei casi probabilmente più evidenti : a) la possibile negligenza nelle registrazioni dei dati presso la centrale dei rischi, innanzitutto, sotto l’aspetto anagrafico, come nell’ipotesi della sostituzione di un soggetto ad un altro, fortemente indebitato verso il sistema bancario, ovvero indicato come non solvibile; b) la negligenza e l’imperizia nella valutazione della sussistenza dei presupposti per le registrazioni dei dati presso la Centrale dei rischi, in relazione all’ammontare dell’esposizione debitoria del soggetto nei confronti della banca, come nel caso di mancata indicazione dei limiti esatti del debito, in relazione al relativo titolo negoziale; c) la negligenza e l’imperizia nella valutazione della sussistenza dei presupposti per le registrazioni dei dati presso la Centrale dei rischi, in relazione allo stato di insolvenza od alle situazioni sostanzialmente equiparabili, come nell’ipotesi dell’imprenditore che sia titolare di un patrimonio aziendale sicuramente idoneo, in termini di entità e di quantità dei beni che ne fanno parte, a far fronte all’obbligazione menzionata. Riguardo alle ipotesi, invece, di intenzionalità della segnalazione alla Centrale rischi, di situazioni non veritiere, ci si può limitare ad indicare, in questa sede, la possibilità che, a fronte di fondate contestazioni del cliente in ordine ad una pretesa della banca, quest’ultima utilizzi la segnalazione come mezzo di illecita pressione, rivolta ad esempio ad una definizione più sollecita ed a condizioni gradite della controversia . sotto altro profilo, riguardo cioè alle conseguenze delle segnalazioni erronee o abusive, può rilevarsi che la posizione del soggetto segnalato può essere pregiudicata sotto diversi profili: a) viene innanzi tutto, almeno indirettamente, limitato l’accesso del soggetto segnalato, al mercato del credito, tenuto conto del fatto che, se è vero che non viene astrattamente impedita la possibilità di concessione di nuovi affidamenti, questi vengono sostanzialmente ostacolati dalla difficile dimostrabilità, agli altri istituti di credito, della fondatezza dell’eventuali contestazioni del credito o della piena solvibilità pure eventualmente sostenute in sede giudiziale; b) in alcuni casi la stessa segnalazione potrebbe provocare uno stato di vera e propria insolvenza del soggetto segnalato, collegata all’impossibilità di soddisfare regolarmente le obbligazioni assunte con mezzi normali di pagamento (art. 5 L.F.) come nell’ipotesi in cui, in conseguenza della registrazione, da un lato la persona segnalata non riesca più ad attingere a fonti di finanziamento ordinarie, e, dall’altro, si trovi a dover far fronte a nuove ed imprevedibili situazioni debitorie, rappresentate dal recesso da parte di altre banche da rapporti di finanziamento in corso, dovuto all’apparente situazione di rischio. Attraverso il meccanismo delle segnalazioni non veritiere alla Centrale dei rischi, inoltre, l’istituto di credito non solo potrebbe vanificare gli obbiettivi della rilevazione dei rischi, ma arrivare a danneggiare le impresi concorrenti, con una deformazione a loro esclusivo danno della reale situazione debitoria e della affidabilità economica complessiva del soggetto segnalato. Deve ritenersi conseguentemente ipotizzabile, in astratto, il ricorso alla tutela cautelare atipica, al fine di ottenere un ordine di ritiro o revoca di una segnalazione illegittima, in quanto potenzialmente idonea a pregiudicare, in modo irreparabile, la posizione del soggetto segnalato, ed al fine di evitare il prevedibile danno al patrimonio dello stesso, nelle more della proposizione dell’azione di merito diretta ad accertare l’illiceità del comportamento dell’istituto di credito ed alla eventuale condanna al risarcimento del danno”.

Il Tribunale di Roma, Sez. I, con l’ordinanza del 05 agosto 1998[5], Gesis S.r.l. (ricorrente ex art. 700 c.p.c.) c/ Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., ha correttamente ritenuto che la segnalazione a sofferenza implica una valutazione globale, da parte della banca o altro intermediario, della condizione economico-finanziaria del cliente, ossia della capienza e consistenza del suo patrimonio complessivamente considerato.

Il Tribunale di Padova, con ordinanza del 13 settembre 1993[6], di fronte all’istanza cautelare di un’impresa italiana avente in corso un contratto per la fornitura di impianto industriale all’Iraq, parzialmente non eseguito a causa dei provvedimenti di embargo conseguiti alla guerra del Kuwait ha ordinato alle banche italiane garanti del contraente iracheno e controgaranti dell’impresa fornitrice non solo lo svincolo di tutte le garanzie, ma anche la comunicazione dell’estinzione delle correlative obbligazioni dell’impresa alla Centrale dei rischi.

Questo recente progresso della giurisprudenza di merito si allontana dagli altri pochi precedenti editi i quali hanno affrontato l’argomento in termini molto sbrigativi e lesivi del dei diritti del consumatore.

ADUSBEF promuoverà una serie di giudizi tesi a contestare l’ingiustificato unilaterale potere delle banche di segnalazione “a sofferenza” delle posizioni ritenute scomode: vi è assoluta necessità di controllo e di contraddittorio.

Non si possono continuare ad accordare alle istituzioni bancarie diritti antidemocratici di coercizione e soffocamento della libertà imprenditoriale e privata.

La segnalazione “a sofferenza” o dovrà essere effettuata da un Garante che assicuri, attraverso l’esame soggettivo ed oggettivo dell’utente, la neutralità e necessità della segnalazione o, più correttamente, dovrà essere eliminata, essendo, peraltro, gravemente lesiva del diritto alla riservatezza.

Lecce, 14 gennaio 2000 Avv. Antonio Tanza


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[1] Attualmente inedita.

[2] In corso di pubblicazione su Banca, Borsa e Titoli di credito.

[3] Cfr. G. SCOGNAMIGLIO, Sulla segnalazione a sofferenza nella centrale dei rischi della Banca d’Italia, in Banca, Borsa e Titoli di credito, 1999, II, pag. 303.

[4] Edita in Banca, Borsa e Titoli di credito, 1997, II, pag. 358 e ss.

[5] Inedita.

[6] Edita in Riv. It. Dir. Pubbl. comunit. 1994, p. 407 ss.

UTENTE ADUSBEF FA ANCORA CENTRO

Banche dati e Centrali dei Rischi: il prossimo muro da abbattere !

(a cura dell’Avv. Antonio TANZA)



La Suprema Corte nel 2002, con una serie di memorabili pronunce (cfr. www.adusbef.it e www.studiotanza.it ), ha rafforzato ulteriormente l’orientamento contrario all’uso piazza e all’anatocismo (in tutte le sue forme applicative).

E’ anche definitivamente tramontata in Cassazione la c.d. tesi romana (in verità già stroncata dalla stessa Corte d’Appello di Roma): non possono applicarsi al conto corrente bancario le norme del conto corrente ordinario.

In effetti alcuni giudici del Tribunale di Roma non avevano fatto altro che rispolverare (su illuminato parere della nota e solita dottrina filobancaria) tesi ipotizzate negli anni 60 da qualche studioso, ma che non hanno avuto alcuna fortuna, sia allora che adesso.

Fine altrettanto ingloriosa avranno le recenti sentenze del Tribunale di Napoli (pro-anatocismo) che non conoscono neppure gli usi storicamente vigenti presso la Camera di Commercio di Napoli ed ancor meno gli usi nazionali del 1961 rilevati dal Ministero del Commercio.

Orbene, queste ulteriori conferme, offrono un definitivo quadro di diritto sostanziale idoneo e sufficientemente maturo per ingaggiare una battaglia ancora più dura contro il sistema bancario.

Infatti gli istituti di credito, alle strette, giocano la carta tattica di cercare di distruggere il nemico (cioè il cliente sfruttato e spremuto) prima ancora di combattere: con l’illegittima segnalazione alle varie Centrali dei rischi (oramai accanto a quella della Banca d’Italia, convivono tutta una serie di altre banche dati oltremodo pericolose, in quanto non regolate normativamente) bollano di una immeritata infamia l’utente che si vede sbarrata, ovunque, la porta di accesso a qualsivoglia credito.

Non andiamo lontani dal vero se consideriamo l’arbitrario ed unilaterale potere di decidere la vita o la morte di un imprenditore in primis, ma più in generale di tutti gli utenti bancari, esercitatato attraverso la segnalazione alle Centrali dei Rischi, come il più importante strumento di persuasione oggi utilizzabile dalle banche.

Ed infatti, se lo ius variandi, della cui antigiuridicità si è gia detto tutto il possibile, impedisce all’utente di negoziare i costi del rapporto su un piano di perfetta reciprocità, la segnalazione alla Centrale Rischi va ben oltre poichè non solo annienta la volontà negoziale dell’utente, ma lo obbliga a soddisfare le obbligazioni imposte unilateralmente dalla banca alle condizioni a quest’ultima gradite: pena la perdita perpetua della libertà commerciale.

Certamente, non può essere questa la finalità di uno strumento che, al contrario, ha visto la sua istituzione proprio per garantire certezza e stabilità finanziaria.

Scopo della Centrale dei rischi (presso la Banca d’Italia) è di contribuire a migliorare la qualità degli impieghi degli intermediari partecipanti al servizio, fornendo agli stessi un'informativa utile, anche se non esaustiva, per la valutazione del merito di credito della clientela e, in generale, per l’analisi e la gestione del rischio creditizio. Viene in tal modo perseguito l’obiettivo di accrescere la stabilità del sistema creditizio.

E’ evidente che, attraverso queste brevi linee esplicative, si demanda al complesso sistema degli intermediari il compito, non solo di segnalare la concessione dei crediti (attività priva di qualsiasi forma di professionalità), ma anche quello più complesso e delicato di dare una definizione qualitativa del credito concesso.

In altri termini, chi presta del denaro non può assolutamente disinteressarsi delle finalità per le quali viene impiegato, né tantomeno di verificare in concreto l’effettivo utilizzo per il quale è stato prestato.

Ovviamente, il sistema creditizio italiano, a causa della sua assoluta carenza di professionalità e lungimiranza, non è in grado di porre in essere un attività di questo tipo, sulla falsa riga di quello che succede in tutte la maggiori piazze finanziarie del mondo.

Fin qui i danni potrebbero essere tutto sommato accettabili dall’utenza, se non fosse per il fatto che, una volta presa in prestito una certa somma di denaro, non sono ammessi errori o peggio ancora situazioni congiunturali negative di alcun tipo.

E’ in questi frangenti che emerge in tutta la sua capacità distruttiva la prepotenza della banca, che al fine di garantire ulteriormente un proprio credito, non esita a passare quella metaforica corda intorno al collo rappresentata dalla segnalazione alla Centrale Rischi. Ovviamente come posizione a sofferenza.

Purtroppo per gli utenti, il legislatore italiano anche in questo caso ha deciso di tutelare la posizione forte del rapporto, con la conseguenza che in assenza di fatti imprevedibili al momento dell’approvazione di leggi così punitive per l’utenza non esiste un idoneo strumento giuridico per ribellarsi a queste angherie!

Ci risiamo: da un lato abbiamo la tavola rotonda del potere politico-finanziario che predispone unilateralmente le regole del gioco, dall’altro la Giustizia, quale entità sovrumana, che dopo tanta ingiustizia rompe clamorosamente quel perfetto giocattolo.

In altri termini, il legislatore non poteva prevedere che, a seguito della corretta applicazione degli artt. 1283 1284 del c/c, la banca non è in realtà titolare di un credito nella misura pretesa, se non addirittura debitrice nei confronti dell’utente.

Le banche, quasi emulando gli imperatori romani, decidono, con il pollice verso, di segnalare alla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia le posizioni di rischio degli utenti fastidiosi come posizioni “a sofferenza”, qualificandoli di fatto come soggetti che si trovano in stato di insolvenza, pur non giudizialmente accertata, ovvero in “situazioni sostanzialmente equiparabili” all’insolvenza.

Dette segnalazioni vengono operate dalle banche intenzionalmente al solo fine di ottenere una definizione più sollecita ed a condizioni gradite dell’instauranda vertenza.

Gli istituti di credito incorrono, dunque, in due gravi violazioni:

a. segnalare alla Centrale dei rischi la posizione “a sofferenza” a fronte della piena e dimostrabile capacità del soggetto, cliente o terzo, di far fronte regolarmente al presunto debito con il suo patrimonio;

b. segnalare alla Centrale dei rischi posizioni con importi assolutamente non dovuti.

Detti abusi, ultimamente, vengono, però censurati dalla Magistrature che, incurante dell’ira funesta del potere politico, ha correttamente applicato il diritto!

Recentemente il TRIBUNALE DI SAVONA, collegialmente riunito, con Ordinanza del 11 giugno 2002, su reclamo ex art 669 terdecies c.p.c., proposto dalla Cassa di Risparmio di Savona avverso l’Ordinanza del 4 aprile 2002 (G.U. dr. Lorena CANEPARO), con cui si ordinava alla reclamate di procedere alla cancellazione dalla Centrale Rischi la posizione a sofferenza dell’utente, oltre a riproporre una serie di questioni giuridiche inerenti ai presupposti necessari ai fini di una corretta segnalazione a sofferenza (ormai consolidati in tutte le pronunce vertenti sull’argomento), è andato oltre.

Se le precedenti pronunce in materia (cfr. www.studiotanza.it - speciale Centrale dei Rischi), avevano analizzato i soli presupposti e fra questi, in primis, quello inerente il concetto e la conseguente sussistenza dell’insolvenza; l’Ordinanza del Tribunale di Savona si segnala per un ulteriore elemento: è la prima ad introdurre valutazioni di merito sulla effettiva sussistenza del credito vantato dalla banca.

In altri termini, lungi dal poter stabilire l’esatto dare avere tra le parti, il Collegio richiamando per relationem il diritto sostanziale sull’anatocismo ed avendone accertato l’applicazione al rapporto di c/c intercorrente fra le parti del procedimento cautelare, ha censurato la condotta della banca non solo sotto il profilo dei presupposti necessari per una valida segnalazione, ma, anche e soprattutto, per l’entità del credito segnalato!

Rileva il Collegio: “del pari sussistente deve inoltre essere considerato il presupposto del fumus boni juris (anch’esso messo in dubbio, nella sua sussistenza, dalla Banca reclamante): in considerazione del fatto che la reclamante ha proceduto per lungo tempo, nel corso del rapporto di conto corrente intrattenuto con la controparte, ad addebitare alla stessa ingenti somme a titolo di interessi trimestralmente capitalizzati, ed in considerazione del fatto che la capitalizzazione trimestrale degli interessi è stata considerata del tutto illegittima dal recente orientamento espresso dalla Suprema Corte nella pronuncia n. 2374 del 1999 (orientamento pienamente condiviso da questo Tribunale) le deduzioni degli attori in ordine alla non integrale debenza dell’importo rivendicato dalla CA. RI. SA. S.p.a. devono infatti allo stato considerarsi fondate”.

Sono facilmente intuibili gli effetti devastanti della pronuncia in esame su un consolidato comportamento tenuto delle banche; infatti, se da un lato devono comunque sussistere dei presupposti giuridici ai fini di una valida segnalazione, dall’altro, deve necessariamente sussistere anche il credito vantato.

Orbene, i giudici di Savona hanno dedotto tale insussistenza sulla sola ricorrenza dell’anatocismo, ma è ormai pacifico che la gran parte dei crediti vantati dalle banche si fonda sull’illegittimo ricorso all’uso piazza nella determinazione del tasso debitore.

Pertanto, anche sulla scorta di recenti pronunce dei Tribunali Fallimentari in merito al concetto di insolvenza, si apre una nuova fase del ricorso ex art. 700 c.p.c. ai fini della cancellazione o rettifica di una illegittima segnalazione alla Centrale Rischi

Segue la trascrizione dei provvedimenti citati:



TRIBUNALE CIVILE di SAVONA

Procedimento cautelare n.1139/02


fra R. Mario di R. Angelo & C. S.n.c., R. Angelo e R. Chiara (procuratori: avv. Francesco Selini e Antonio Tanza)

e Cassa di Risparmio di Savona S.pa. (procuratori: avv. Ferdinando Acqua Barralis e Giorgio Villani);

Il Giudice
sciogliendo la riserva;

esaminati gli atti;

rilevato:

che presupposti di ammissibilità sono:

A)limiti derivanti dalla funzione residuale della norma
B) necessità che la situazione giuridica dedotta sia qualificabile come diritto soggettivo

C) necessità che il diritto dedotto nella istanza cautelare sia poi fatto valere in un. processo ordinario di cognizione per ottenere una decisione di merito; che l’art 700 cpe richiede che il danno verificabile durante lo svolgimento del processo ordinario assurga agli estremi dell’irreparabilità;

che si tratti di un periculum in mora qualificato consistente nella imminenza ed irreparabilità di un pregiudizio al diritto che si vuole fare valere in via ordinaria, che la giurisprudenza riconosce l’irreparabilità del pregiudizio anche con riferimento ai diritti di credito, limitandone , peraltro, la sfera di operatività; che è da considerarsi irreparabile il pregiudizio derivante dalla violazione o dalla minaccia della violazione di diritti a contenuto patrimoniale , ma a funzione non patrimoniale;

che in questo caso il permanere del diritto in stato di insoddisfazione per tutto il tempo necessario per l’emanazione di una sentenza al termine di un processo a cognizione piena sarebbe causa di un pregiudizio per definizione irreparabile in quanto il titolare non potrebbe godere della situazione di libertà o non potrebbe soddisfare bisogni primari, non altrimenti satisfattibili;

che deve considerarsi alla stessa stregua l’ipotesi in cui, pur essendo in presenza di un diritto a contenuto e funzione esclusivamente patrimoniale. lo scarto tra danno subito (anche a causa del protrarsi della violazione durante il giudizio di merito) e danno risarcito sia eccessivo ( tale ricostruzione è stata proposta per le ipotesi di concorrenza sleale, appalto e per la materia societaria);

che, applicando i principi appena esposti al caso di specie, si osserva quanto segue; che il ricorso è ammissibile in quanto residuale:

che, ai fini di quanto dispone l’art 701 cpc, perché possa parlarsi di causa pendente per il merito e, quindi, di competenza del giudice istruttore della stessa a pronunciare sulla domanda di provvedimento d’urgenza, occorre che sussista un rapporto di inerenza attuale fra tale domanda e la lite in corso, nel senso che questa deve comprendere l’accertamento del diritto alla cui tutela tende, in via provvisoria, il provvedimento ex art 700 cpc;

che la parte che richiede il provvedimento cautelare ha l’onere di indicare, nell’istanza, la domanda di merito che intende successivamente proporre o quella già pendente, se l’istanza è proposta nel corso della causa di merito;

che il problema della ammissibilità della domanda ex art 700 cpc in corso di causa deve essere risolto sulla base del principio della identificazione delle azioni ( e delle domande, con la cui la proposizione delle azioni vengono esercitate) secondo i loro elemento costitutivi: soggetti, causa pretendi e petitum;

che, in particolare, l’elemento base identificatore è la causa petendi: i fatti dedotti quali costitutivi del diritto fatto valere e quali integranti la sua violazione, attuata o minacciata;

che nella causa di merito pendente nanti il Tribunale di Savona le domande promosse da parte attrice sono declaratoria della nullità parziale del contratto di apertura di credito inter partes, l’accertamento dell’effettivo dare-avere tra le parti, l’inefficacia delle pretese della Banca in contrasto con la legge 108 96, la condanna alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e riscosse è la condanna della Banca al risarcimento dei danni a seguito di eventuale illegittima segnalazione alla centrale rischi presso la Banca d’Italia;

che, pertanto, la domanda ex art 700 cpc in corso di causa, nella fattispecie de qua, è ammissibile;

che parte ricorrente chiede che il Tribunale ordini alla Cassa di Risparmio di Savona spa di procedere immediatamente alla revoca e al ritiro della segnalazione alla centrale rischi della Banca d’Italia asserendo che tale segnalazione è stata effettuata senza un rigoroso accertamento della presunta e contestata situazione di insolvenza della impresa ed addirittura prima della revoca dei fidi;

che presso la centrale dei rischi devono convergere le segnalazioni, effettuate dagli istituti di credito, oltre che degli affidamenti da questi concessi superiori ad un certo ammontare. delle posizioni di rischio definibili come “sofferenze”:

che dette “sofferenze” devono essere individuate nei crediti nei confronti di soggetti che si trovino in stato di insolvenza, pur non ancora giudizialmente accertata, ovvero in situazioni sostanzialmente equiparabili;

che la centrale dei rischi è uno strumento (fra gli altri) di cui la Banca d’Italia si avvale per l’esercizio dell’attività, che le compete, di vigilanza e controllo sulla funzione propria degli istituti bancari: la raccolta dei risparmio e l’erogazione dei crediti:

che l’attività svolta dalla Banca d’Italia è attività di interesse pubblico, svolta per la realizzazione di un interesse pubblico;

che, in tale ambito, la raccolta delle segnalazioni di crediti bancari in sofferenza e la conseguente comunicazione delle segnalazioni agli istituti bancari sono finalizzate a consentire a questi la valutazione della solvibilità dei richiedenti il credito e, in definitiva, alla tutela del complesso dei risparmiatori;

che, a fronte di questo interesse pubblico, , realizzantesi a mezzo delle dette segnalazioni e comunicazioni, è la posizione del concessionario del credito bancario segnalato e comunicato “in sofferenza” concessionario che, per quanto qui interessa, e generalmente, è un imprenditore;

che la posizione vantata dall’imprenditore è una posizione di diritto soggettivo: diritto complessivo della personalità ( sia per le persone fisiche sia per le persone giuridiche) nella sua amplissima, indefinibile varietà di aspetti; specificantesi per l’imprenditore quale diritto all’immagine, alla reputazione, che si è creata e mantiene nell’ambiente in cui opera, esercitando la sua attività (il cosiddetto diritto d’impresa);

che il diritto dell’imprenditore all’immagine, alla reputazione viene sacrificato di fronte alla preminente realizzazione dell’interesse pubblico, che si concreta con la segnalazione e là conseguente comunicazione dei credito bancari in sofferenza;

che tale sacrificio del diritto, a fronte dell’interesse pubblico, è giustificato soltanto dalla, e limitato alla effettiva posizione di sofferenza del credito;

che, altrimenti, in mancanza di questa posizione giustificativa, la segnalazione effettuata, da un istituto bancario alla Centrale dei rischi è illegittima e lesiva del diritto dell’imprenditore all’immagine, alla reputazione;

che la lesione arrecata al diritto dell’imprenditore all’immagine, alla reputazione è di notevole gravità, perché consiste nell’esclusione dell’imprenditore dal credito bancario o nella difficoltà di accedervi; il che incide negativamente sull’esercizio dell’attività imprenditoriale, per il quale l’accesso al credito bancario è essenziale;

che l’istituto bancario, prima ed al fine di effettuare la segnalazione, deve procedere con più attenta diligenza all’istruttoria per l’accertamento della posizione o meno di sofferenza del credito ; tanto più che procede a quella istruttoria unilateralmente, senza che vi partecipi, in qualche forma di contraddittorio, l’imprenditore interessato;

che per stato di insolvenza non si richiede l’accertamento, da parte della banca, dello stato di decozione dell’impresa che tale nozione attiene la normativa fallimentare ed appartiene alla competenza giurisdizionale, ma indubbiamente la Banca deve ancorare la sua valutazione a qualche elemento oggettivo a sua disposizione, elemento che non può essere il mero ritardo nel pagamento o la sussistenza della pendenza di un giudizio per l’accertamento del credito;

che effettuata la comunicazione alla Centrale dei rischi della Banca d’Italia, cui seguirà la comunicazione- agli altri istituti bancari, è configurabile l’esistenza del pregiudizio imminente ed irreparabile per il diritto dell’imprenditore nel tempo necessario per la sua tutela in via ordinaria, sussistendo, quindi, la legittimazione alla proposizione della domanda cautelare di provvedimento d’urgenza ex art 700 cpc;

che, nell’analisi del comportamento della Cassa di Risparmio di Savona spa, va evidenziato, per quanto, allo stato ,agli atti:

-la lettera di revoca delle linee di credito, con contestuale intimazione alla assenta debitrice ed ai fideiussori del rientro della somma di lire 203873553 è stata dalla Banca datata 8 i (produzioni 3

-l’operazione di giro passaggio a sofferenze è stata effettuata dalla Banca in data 15/1/2001 per un importo di lire 192906926 (prod. n 6);

-la segnalazione alla Centrale rischi della Banca d’Italia è stata effettuata dalla Banca prima del 3 i per un importo di lire 207000000 (prod n 7 pagina 40 del tabulato dicembre 2000 dell’estratto Banca d’Italia);

-l’importo utilizzato presso la CARISA risulta scendere, nelle segnalazioni dalla Banca alla Centrale rischi, a lire 195000000 il 31 a lire 168000000 il 28 a lire 149000000 il 31 a lire 138000000 il 30 prod 7 pagine 44, 48, 52, 56);

che la Banca, nella causa di merito, per dimostrare il presupposto della revoca

dell’affidamento ha affermato:

- che la ditta non avrebbe avuto nel 1999 nessun dipendente e che dal 26 avrebbe disposto la chiusura dell’unità locale per esposizione di via Aurelia 256;

- che la ditta avrebbe ipotecato i propri immobili in data 20 a favore della Banca di Genova e di 5. Giorgio per una somma di gran lunga superiore ai finanziamenti ricevuti;

- che nel maggio 2000 la CARISA rilevava che il conto corrente era incagliato e che esistevano insoluti verso la Ligure leasing;

- che la ditta non avrebbe fornito la documentazione richiesta dalla Banca per il riesame delle linee di credito;

- che sarebbe stato sottaciuto il decesso dei fideiussori R. Mario e Vigo Rosetta;

che parte ricorrente, a confutazione di tali affermazioni, ha dedotto:

- che la ditta nel 1999 aveva 6 dipendenti (prod 8 e 9) e che la unità locale di via Aurelia n 256 è diventata sede della R. sas di R. Marialda (prod 10 e 11);

- che il valore degli immobili non è inferiore all’ipoteca rilasciata, come risulta da perizie (prod 12 e 13) e che è prassi normale che il valore dell’ipoteca richiesta superi il valore del credito finanziato, tanto è vero che a fronte di una linea di credito di lire 200 milioni, la stessa CARISA ha chiesto ed ottenuto dalla ditta fideiussioni di terzi per lire 12820000000 (prod n 14);

- che la posizione verso la Ligure Leasing è risultata addirittura creditoria , avendo la ditta pagato più di quanto dovuto (prod. 15, 16, 17);

- che non solo la ditta aveva fornito alla banca tutta la documentazione richiesta per il riesame delle linee di credito, ma che addirittura la signora Pinuccia Calliman., funzionaria della Banca, si era personalmente recata nella azienda a visionare la reale situazione, riportando di pugno sulla scheda utilizzata per il controllo precedente tutte le modificazioni positive intervenute nella situazione patrimoniale della ditta ( prod 18);

- che non è vero che sia stato sottaciuto il decesso di due dei quattro fideiussori (prod. n 19 e 20);

che, pertanto, sulla base dei documenti allo stato prodotti, ritiene il giudice che la segnalazione effettuata alla Centrale dei rischi da parte della Cassa di Risparmio di Savona sia frutto di una erronea valutazione dei presupposti per poterla porre in essere;

PQM
ORDINA alla Cassa di Risparmio di Savona di revocare l’effettuata segnalazione alla Centrale dei rischi della Banca d’Italia della posizione di sofferenza del credito relativamente alla posizione della R. MARIO DI R. A&C SNC con sede legale in Ceriale (SV)

Si comunichi

G.U. Lorena CANEPARO
SAVONA, Li 3



A questo punto la banca, non paga della prima brutta figura, proponeva reclamo, guadagnando una seconda sonora disfatta.



Il TRIBUNALE DI SAVONA


riunito in camera dì consiglio nelle persone dei magistrati

dr. Margherita ZUCCOLINI Presidente

dr. Daniela VEGLIA Giudice

dr. Davide ATZENI Giudice - rel.

visti gli atti del procedimento di reclamo cautelare n. 1139/02 r.g. recl. e gli atti del procedimento ti. 1281/01 r.g., fra R. Mario di R. Angelo & C. S.n.c., R. Angelo e R. Chiara (procuratori: avv. Francesco Selini e Antonio Tanza) e Cassa di Risparmio di Savona S.pa. (procuratori: avv. Ferdinando Acqua Barralis e Giorgio Villani); sentiti i procuratori delle parti; udita la relazione del giudice relatore

OSSERVA

Parte reclamante ha dedotto l’inammissibilità del ricorso ex art. 700 rilevando che tale ricorso, quando viene proposto nel corso della causa di merito, deve essere rivolto ad ottenere la medesima tutela cui è diretto l’atto di citazione, e che nel caso di specie tale identità di tutela non sarebbe sussistente.

Al riguardo osserva il Tribunale che la disciplina dei mezzi di tutela cautelare dettata dal codice di rito non prevede che la domanda cautelare debba avere necessariamente il medesimo contenuto della domanda di merito: è infatti sufficiente che essa possa svolgere una funzione strumentale rispetto a tale ultima domanda, ovverosia che essa abbia la funzione di conservare l’utilità, per l’attore, dell’accoglimento della domanda principale, dimodochè il tempo necessario per lo svolgimento del processo non porti di fatto al verificarsi, a danno dell’attore, di pregiudizi irreparabili che non potrebbero più trovare ristoro in un eventuale accoglimento della domanda principale medesima.

Nel caso di specie è indubbio che il permanere della segnalazione alla Centrale Rischi della Banca D’Italia, oltre a comportare per la società attrice il danno all’immagine ed alla reputazione (cd diritto d’impresa) già correttamente sottolineato dal Giudice di prime cure, determina per la stessa una maggiore difficoltà — se non addirittura l’impossibilità — di ricorrere al credito presso altri istituti bancari, con conseguenze che potrebbero condurre, in ultima analisi, alla paralisi dell’attività commerciale da essa svolta ed al suo successivo fallimento.

Orbene, è evidente che qualora tali evenienze avessero luogo ai danni della società attrice, verrebbe vanificata ha stessa funzione della domanda volta ad ottenere il risarcimento per equivalente dei danni subiti dalla stessa, in quanto tali pregiudizi non potrebbero trovare pieno ristoro attraverso l’accoglimento della domanda di risarcimento; ciò induce a ritenere sussistente, nel caso di specie, il descritto rapporto di strumentalità, con conseguente piena ammissibilità, sotto questo aspetto, della domanda di tutela urgente ex art. 700 c.p.c. proposta dagli attori.

Dalle considerazioni testé esposte discende la piena Sussistenza del presupposto del periculum in mora necessario per la concessione dell’invocata tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c.; del pari sussistente deve inoltre essere considerato il presupposto del fumus boni juris (anch’esso messo in dubbio, nella sua sussistenza, dalla Banca reclamante): in considerazione del fatto che la reclamante ha proceduto per lungo tempo, nel corso del rapporto di conto corrente intrattenuto con la controparte, ad addebitare alla stessa ingenti somme a titolo di interessi trimestralmente capitalizzati, ed in considerazione del fatto che la capitalizzazione trimestrale degli interessi è stata considerata del tutto illegittima dal recente orientamento espresso dalla Suprema Corte nella pronuncia n. 2374 del 1999 (orientamento pienamente condiviso da questo Tribunale) le deduzioni degli attori in ordine alla non integrale debenza dell’importo rivendicato dalla CA.RI.SA. S.p.a. devono infatti allo stato considerarsi fondate.

Anche il rilievo effettuato dalla Cassa di Risparmio di Savona S.p.a. per il quale non potrebbe esserle ordinato di revocare l’erronea segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’ Italia in quanto il potere di rettifica della segnalazione può essere materialmente esercitato esclusivamente dalla Banca d’Italia medesima e non da essa reclamante deve considerarsi - al pari di quello precedentemente esaminato -infondato.

E’ ben vero, infatti, che il potere di procedere materialmente alla rettifica dell’erronea segnalazione può essere esercitato solamente dalla Banca d’Italia; tuttavia è altrettanto vero che secondo la normativa sulle segnalazioni contenuta nel Foglio Informativo della Centrale Rischi la Banca d’Italia non può procedere alla rettifica fino a quando l’autore della segnalazione non abbia inviato apposita domanda in tal senso (nel senso della possibilità, a seguito della proposizione di ricorso ex art. 700 c.p.c., di ordinare all’istituto segnalante di procedere alla rettifica dell’erronea segnalazione cfr Trib. Roma, 3.11.1995, in motivazione).

La banca reclamante ha poi dedotto di essere stata tenuta ad effettuare la segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia in quanto la controparte, oltre a non aver saldato l’intero debito, non aveva neppure riportato il debito di cui ai conto corrente nei limiti del fido.

Al riguardo il Tribunale ritiene di doversi riportare alle corrette considerazioni del Giudice di prime cure (che devono considerarsi qui integralmente trascritte), il quale, dopo aver sottolineato che secondo le istruzioni di vigilanza per gli enti creditizi dettate dalla Banca d’Italia la segnalazione alla Centrale Rischi (lungi dal poter essere effettuata sulla base del solo mancato saldo del debito da parte del correntista) presuppone l’avvenuto riscontro, da parte dell’ istituto segnalante, di una situazione di “sofferenza” (laddove per “sofferenze” devono essere intesi i crediti vantati verso clienti che versino in gravi e non transitorie difficoltà economiche e finanziarie tali da consigliare, per il rientro dell’ esposizione l’inizio di atti di rigore: cfr le istruzioni di vigilanza sopra menzionate), e dopo aver constatato sulla base degli atti di causa che tale situazione di sofferenza, nel caso di specie non poteva essere riscontrata nelle condizioni economiche della società attrice, ha concluso per l’insussistenza nella fattispecie portata al suo esame, dei presupposti necessari per farsi luogo alla segnalazione.

Per i motivi suesposti il reclamo deve considerasi infondato, e va pertanto rigettato.

PQM

• rigetta il reclamo;

• manda alla Cancelleria di. comunicare la presente ordinanza.

Savona, 11/06/02

Il Giudice Estensore

Davide ATZENI

Presidente

Margherita ZUCCOLINI



Pubblichiamo anche il testo della lettera da mandare alle Banche comunicanti ed alle “Centrali dei rischi” per accertarsi dell’avvenuta comunicazione-pubblicazione ed il titolo della stessa.



RACCOMANDATA A.R.

Data

Spett.le Direzione

BANCA __________

Settore “Centrale dei Rischi”

Filiale di ... (indicare la filiale più vicina)

Via ... , Città







Spett.le

____________________

Settore “Centrale dei Rischi”

Filiale di ... (indicare la filiale più vicina)

Via ... , Città



Oggetto: dati inseriti in “Centrale dei rischi” in Banca d’Italia sul nominativo:



Nome Società, con sede in ….. partita iva ... oppure, se persona fisica Nome e Cognome, nato a ... il ..., residente in cod. fiscale


A norma della delibera del Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio del 29 marzo 1994, il sottoscritto (se persona giuridica: nella qualità di legale rappresentante della Società)

chiede

che siano comunicati senza ritardo i dati personali trattati ed inseriti in “centrale dei rischi”, con indicazione della loro esatta origine e scopo.

Nel contempo si attende la comunicazione del nominativo del Responsabile da Voi preposto ai sensi della Legge 675/96.



Distinti saluti.

Firma



Verificate le discrasie tra le posizioni sostanziali e quelle pubblicizzate non rimane che intimare stragiudizialmente la cancellazione e poi, nel caso di silenzio, rivolgersi alla Magistratura.

Lecce – Roma 7 dicembre 2002

Vicepresidente ADUSBEF Onlus


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