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SSUU e nuovo Quesito

Anatocismo e Usura > Cosa puoi fare subito!

Sentenza 24418/10 Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione:
Gli effetti sulle "nuove"consulenze tecniche

(Avv. Antonio Tanza www.studiotanza.it e Dott. Comm. Fabio Massimo Blasi)


La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha definitivamente stabilito con la Sentenza 24418/10 i seguenti principi di diritto:

"Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati".

"L'interpretazione data dal Giudice di merito all'art. 7 del contratto di conto corrente bancario, stipulato dalle parti in epoca anteriore al 22 aprile 2000, secondo la quale la previsione di capitalizzazione annuale degli interessi contemplata dal primo comma di detto articolo si riferisce solo ad interessi maturati a credito del correntista, essendo invece la capitalizzazione degli interessi a debito previsto dal comma successivo su base trimestrale, è conforme ai criteri legali di interpretazione del contratto, ed in particolare, a quello che prescrive l'interpretazione sistematica delle clausole; con la conseguenza che, dichiarata la nullità della surriferita previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un'eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna."

Il secondo principio impone una conseguenza inconfutabile: tutti i saldi (trimestrali e non) risultanti dagli estratti conto redatti dalle banche (relativi a rapporti di apercredito sorti anteriormente al 22 aprile 2000) sono errati, se non altro per contenere illegittimi interessi anatocistici.

Pertanto il saldo da considerare per definire un versamento solutorio o non solutorio non è quello rinvenibile dagli e/c bancari, ma è il "saldo ricalcolato", ovvero il saldo depurato dalle competenze bancarie illegittimamente addebitate dalla banca, giorno per giorno, nel corso del rapporto.
Queste competenze, com'è noto, possono essere costituite dagli interessi ultralegali illegittimi (ad es. perché determinati secondo gli usi di piazza o in altri modi indeterminati ed indeterminabili), dalle valute fittizie, dalle commissioni sul massimo scoperto trimestrale, dalle spese forfettarie e sulla capitalizzazione composta.
Ciò comporta che, a seguito della determinazione in CTU del
"saldo ricalcolato" (adoperando i quesiti depurativi delle illegittime competenze bancarie utilizzati dalla Magistratura), saranno veramente eccezionali i versamenti effettuati dal correntista che potranno andare a coprire lo scoperto eccedente i limiti dell'affidamento, avendo, quindi, valenza solutoria.
Nella quasi totalità dei casi, l'utente che ottiene un'apercredito con scoperto in conto non supera l'affidamento concesso dall'istituto di credito nel primo trimestre o in quelli immediatamente successivi, anche perché il c.d.
ultrafido è una facilitazione concessa dalla banca per periodi limitatissimi e per importi assolutamente irrisori.
E' notorio che, in sede di riclassificazione del conto corrente epurato dalle illegittime competenze bancarie, dopo i primi trimestri, i saldi debitori risultanti dagli e/c si riducano sensibilmente, trimestre dopo trimestre, la debitoria fino a raggiungere saldi addirittura creditori: "
Una volta esclusa la validità della clausola sulla cui base sono stati calcolati gli interessi, soltanto la produzione degli estratti … consente, attraverso una integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, di determinare il credito della banca, semprechè la stessa non risulti addirittura debitrice, una volta depurato il conto dalla capitalizzazione degli interessi non dovuti." (cfr. Cassazione civile , sez. I, 01 marzo 2007, n. 4853).

Insomma il conto
"scoperto" (cioè il conto passivo extrafido) deve essere quello che supera la soglia dell'affidamento dopo che è stato depurato da anatocismo ed altre competenze illegittime derivanti da nullità originarie.
Il
dies a quo della prescrizione decennale, quindi, decorrerà solo per quella parte della rimessa sul conto corrente che supererà il "saldo ricalcolato" (e non certo l'errato saldo bancario); con l'effetto che quella quota di versamento sarà imputabile alla parte di competenze bancarie legittime.

Pertanto ai consueti quesiti che i vari giudici hanno deciso di adottare al filone del contenzioso della ripetizione delle indebite competenze bancarie, andrà aggiunto il seguente:

"Accerti il CTU sulla base dei risultati raggiunti nei quesiti precedenti (quindi, tenendo conto dei saldi ricalcolati depurati dalle illegittime competenze bancarie e non degli erronei saldi evidenziati nei vari conti correnti bancari) se nel corso del rapporto si siano verificati dei versamenti che abbiano superato il limite dell'affidamento (contrattuale o comunque desumibile a mezzo dell'analisi dei tassi e/o numeri debitori entro e/o fuori fido annotati negli e/c bancari o negli scalari, o rilevabile dall'analisi delle categorie comunicate alla Centrale dei rischi, o dai contratti di fideiussione, ecc.). Nell'ipotesi in cui si sia verificato detto superamento il CTU consideri "pagate" con i successivi versamenti del correntista il capitale e le competenze legittime in esubero dell'affidamento e, quindi, prescritte dopo il decorso decennale dalla data in cui è stata effettuata l'operazione, utilizzando il metodo d'imputazione utilizzato dalla banca durante il rapporto in deroga a quello previsto alternativamente alla volontà del creditore dall'art. 1194 c.c."

Assolutamente distorti sarebbero i risultati a cui si perverrebbe considerando come validi i saldi passivi evidenziati negli e/c bancari: solo il
"saldo ricalcolato" mediante l'epurazione delle illegittime competenze bancarie evidenzia un saldo reale (l'effettivo dare-avere) rispetto al quale va rapportato un successivo versamento per poterlo considerare alla stregua di un pagamento, tale da poter formare oggetto di ripetizione ( ove risulti indebito), in quanto abbia avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca.

Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto
"scoperto" ricalcolato i cui versamenti sono destinati a coprire il passivo eccedente i limiti dell'affidamento. Non è così, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo ricalcolato superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere.



Sopra l'ingannator cade l'inganno:
appunti sull'inapplicabilità dell'art. 1194 cc al conto corrente di corrispondenza.
(dell'Avv. Antonio Tanza adusbef@studiotanza.it )


La ragione di tale disposizione (1194 c.c.) risiede nel fatto che qualora il pagamento fosse imputato prima al capitale e poi agli interessi, il creditore subirebbe un danno: "Diminuendo infatti l'entità del capitale dovuto, diminuirebbe autonomamente la capacità di quest'ultimo a produrre interessi, in quanto rapidamente decrescerebbe uno dei coefficienti mediante cui viene qualificato l'oggetto dell'obbligazione di interessi" (O.T. SCOZZAFAVA, Gli interessi dei capitali, p. 160).
Nel conto corrente bancario, come è a tutti noto, è solo ed esclusivamente l'istituto di credito che provvede alle registrazioni contabili del rapporto, cioè è la banca (il creditore) che decide, in piena autonomia, l'imputazione del versamento effettuato dal correntista.
Quindi, nel conto corrente bancario è lo stesso creditore (banca) che, al momento del versamento dell'utente, imputa le somme prima al capitale e non agli interessi e spese.
Infatti
la banca, alla fine di ogni trimestre, si limita a riunire gli interessi ed altri oneri in una voce che qualifica come capitale trascrivendola in un'appostazione contabile del trimestre successivo : nulla di più.
Come insegna la Suprema Corte sulle disposizioni del Codice Civile
in materia di imputazione dei pagamento, per il loro carattere suppletivo, prevale la volontà delle parti, desumibile anche da presunzioni, che, tuttavia, va verificata con riferimento all'epoca del singolo pagamento.
Abitualmente la banca liquida le competenze con l'indicazione nel riassunto scalare dei diversi numeri creditori e debitori e sulla cui base calcola gli interessi, senza attuare poi alcuna distinzione al momento dell'imputazione.
Anzi, la banca ha applicato anche per tali interessi la lucrosa capitalizzazione periodica, manifestando, in modo in equivoco, la volontà di rinunziare all'applicazione del criterio legale di imputazione: ne consegue che gli effetti di tale rinunzia sono irreversibili una volta avvenuto il pagamento.
In poche parole è la stessa banca che disapplica autonomamente l'art. 1194 c.c. e non può certo il giudice (terzo e giusto) soccorrere con le sentenze le decisioni contrattuali del contraente forte, che dispotizza sull'utente contraente debole, da anni fagocitato dalle decisioni vessatorie, autonome ed arbitrarie del sistema bancario.
La tenuta del conto corrente è effettuata dalla banca che imputa (autonomamente) tutti i pagamenti a capitale, ovvero è la banca che manifesta la volontà di imputare le rimesse al capitale, in quanto è essa stessa a redigere l'estratto conto: chi non si pronuncia è solo il cliente (contraente debole), che subisce il rapporto bancario come sistema connotato dalla regola del prendere o lasciare.
Anche nel caso di un conto corrente allo "scoperto", per applicare l'art. 1194 c.c., occorrerebbe che la banca avesse invocato l'imputazione dell'importo relativo ai versamenti prima agli interessi e poi al capitale: sarebbe altresì necessario che la banca, in corrispondenza di un accredito su di un conto che abbia sconfinato, incameri la somma versata imputandola espressamente prima agli interessi e poi al capitale.
Al contrario, la banca, registra gli accrediti senza attuare distinzione alcuna, limitandosi a riunire gli interessi e oneri vari in un' unica voce che qualifica come capitale, trascrivendola in un' appostazione contabile del trimestre successivo con l'applicazione per tali interessi e competenze, della lucrosa capitalizzazione periodica, manifestano inoltre la volontà di rinunziare all'applicazione del criterio legale di imputazione (anche di quelli di cui all' art. 1194 c.c.): gli effetti di tale rinunzia sono irreversibili, come già si è detto, una volta avvenuto il pagamento.
Pertanto, nonostante gli immani sforzi delle menti contabili prestate al facil soldo delle banche, non potrà l'ingannator rimangiarsi l'inganno con il quale per tanti anni ha sfruttato il correntista.



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