Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


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Parma / Velletri

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2009

IX

X

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VELLETRI


Il dott. Giancarlo Triscari in funzione di Giudice Unico presso il Tribunale di Velletri: pronunciato la seguente

SENTENZA n. 548/09

nel procedimento iscritto al n. 3478 del registro generale degli. affari civili contenziosi dell'anno 22001 cui è riunito il procedimento n. 3759/2003,

promosso da

per il procedimento n. 3478/2001:

S. srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché P. Paolo e G. Giulia, elettivamente domiciliati in Roma, Via Savoia n. 81, presso lo studio dell'avv. Giandomenico Raggio ed avv. Antonio Tanza, dai quali sono rappresentati e difesi pre procura a margine dell'atto di citazione


Attori


contro

Banca di Roma spa in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Velletri, via U. Mattoccia n. 54, presso lo studio dell'avv. Piergiorgio Lungarini, dal quale è rappresentata e difesa per procura generale pera atto notaio Zappone di Roma del 29 ottobre 1993

Convenuta


per il procedimento n. 3759/2003:

Capitalia spa, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Velletri, via U. Mattoccia n. 54, presso lo studio dell'avv. Piergiorgio Lungarini, dal quale è rappresentata e difesa per procura generale pera atto notaio Zappone di Roma del 29 ottobre 1993

Contro


S. srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché P. Paolo e G. Giulia, elettivamente domiciliati in Roma, Via Savoia n. 81, presso lo studio dell'avv. Giandomenico Raggio ed avv. Antonio Tanza, dai quali sono rappresentati e difesi pre procura a margine dell'atto di citazione

Convenut
i

Avente ad oggetto: accertamento obbligazioni pecuniaria

Conclusioni per le parti:
come all'udienza del 30 giugno 2008


FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente proposto parte attrice conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale la banca di Roma spa ed esponeva: di avere intrattenuto con la convenuta un rapporto bancario consistente in una apertura di credito con affidamento mediante scopertura su conto corrente con inizio dal 29 luglio 1991; che successivamente il suddetto rapporto si è evoluto in una serie di rapporti accessori; che il suddetto rapporto bancario era garantito da fideiussione omnibus da P. Paolo e G. Giulia; che la banca si riteneva creditrice di un notevole importo debitorio, mentre numerosi addebiti dovevano essere contestati in quanto risultavano applicati interessi, competenze, remunerazioni e costi non concordati e non dovuti, comunque superiori a quelli nominali, in particolare si evidenziava : a) la nullità della clausola di determinazione dell'interesse ultralegale mediante il rinvio al c.d. "uso piazza", con conseguente applicazione dell'interesse annuale legale; b) la assoluta non determinazione circa i giorni valuta, con effetti lucrativi in favore della banca; c) i contratti successivi alla legge sulla trasparenza bancaria non erano stati consegnati, sicché il tasso ultralegale ivi indicato non poteva essere applicato; d) le variazioni dei tassi di interesse erano avvenute senza alcuna comunicazione nel corso dello svolgimento del rapporto, con conseguente applicazione, anche in questo caso, del solo tasso di interesse legale; e) la illegittimità delle pattuizioni relative alla capitalizzazione trimestrale dell'interesse passivo; f) la inammissibilità della commissione di massimo scoperto; g) il superamento del tasso soglia tenuto conto del tasso effettivo globale di cui ai rapporti di conto corrente in oggetto; h) la illegittimità della segnalazione alla centrale rischi.
Chiedevano, in primo luogo, l'accertamento dell'esatto dare-avere tra le parti, tenuto conto dei motivi di invalidità posti a fondamento dell'azione di accertamento della proposta; inoltre chiedevano la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito.
Si costituiva parte convenuta che eccepiva l'infondatezza delle ragioni poste a fondamento della domanda di accertamento e risarcitoria di parte attrice , in particolare deduceva: che le modifiche circa i tassi di interesse erano state regolarmente comunicate a controparte e che, in ogni caso, il tasso inizialmente concordato era del 20,75%, sicché ogni successiva variazione era comunque svolta in modo migliorativo per il cliente; che, comunque, l'adempimento di interessi ultralegali costituiva un'obbligazione naturale non ripetibile; che la capitalizzazione trimestrale degli interessi costituiva un uso normativo sicché era legittima la clausola contrattuale che li prevedeva; che era priva di fondamento la questione della illegittimità della commissione di massimo scoperto e che, inoltre, nella determinazione del superamento del tasso soglia, non doveva tenersi conto dell'importo dovuto a tale titolo; che la segnalazione alla centrale rischi era legittima essendo atto dovuto.
In via riconvenzionale, poi, chiedeva la condanna di parte attrice al pagamento in proprio favore della somma di £ 738.418.891, quale saldo debitorio sui conti correnti, oltre interessi ovvero, in via subordinata riconvenzionale, riconoscere la sussistenza del credito per avere gli attori sottoscritto in male fede i contratti di controcorrente, fonte di responsabilità ai sensi dell'art. 1338 c.c..
Con ordinanza del 9 marzo 2002 il giudice rigettava la istanza della convenuta di emissione di ordinanza ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c..
Con separato atto di citazione, da cui derivava il procedimento n. 3759/2003, la Banca di Roma (ora Capitalia spa) conveniva in giudizio gli attuali convenuti proponendo nei confronti degli stessi, in via principale, la medesima domanda che, in sede di procedimento n. 3478/2001, aveva proposto in via riconvenzionale.
Si costituivano i convenuti in epigrafe che assumevano la medesima linea difensiva di cui all'atto di citazione del procedimento di più tarda data.
Con ordinanza del 21 gennaio 2004 il giudice disponeva la riunione del procedimento n. 3759/2003 a quello portante il n. 3478/2001.
L'attività istruttoria è consistita nel conferimento di incarico a c.t.u. contabile.
Quindi il Giudice, all'udienza del 30 giugno 2008, sulle conclusioni delle parti, assumeva la causa in decisione, assegando alle stesse i termini di cui all'art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE


Ai fini della definizione della presente controversia, occorre definire le diverse questioni che le parti
hanno prospettato in ordine ai criteri da applicare al fine di pervenire alla esatta determinazione della misura della eventuale posizione debitoria della parte attrice.
Sulla validità della clausola di determinazione degli interessi.
Una prima questione attiene alla validità o meno della clausola con cui si determina il tasso di interesse facendo riferimento alle condizioni applicate sulla piazza.
Con riferimento alla presente fattispecie, va detto che sia il contratto di apertura di conto corrente dal 29 luglio 1991, che i successivi contratti di apertura di credito, prevedono l'applicazione di tassi di interessi debitori facendo richiamo alle condizioni praticate usualmente dalla azione di credito sulla piazza (vd. Art. 7 norme di cui al contratto del 29 luglio 1991, poi richiamato per relationem anche dai successivi contratti).
Sul punto va detto che il richiamo agli usi di piazza, mediante apposita clausola di rinvio ai medesimi, poteva consentire alla banca di applicare in via unilaterale al cliente interessi anatocistici, ragion per cui la l. 154/1992 ha previsto la nullità assoluta di simili clausole di rinvio inserite nei contratti conclusi successivamente all'entrata in vigore della legge (1 maggio 19923), ovvero, per i contratti stipulati anteriormente , la riduzione del tasso alla misura legale, senza capitalizzazione alcuna.
E' dunque a tale previsione normativa che occorre fare riferimento nella presente fattispecie.
Non convince, va detto, la tesi difensiva dell'istituto di credito convenuto secondo cui le parti avevano già individuato un tasso di interesse e le successive variazioni sarebbero da considerarsi in senso favorevole al contraente, sicché sarebbe allora al tasso di interesse originariamente applicate e concordate che dovrebbe farsi riferimento.
In realtà, analizzando il contenuto delle previsioni contrattuali in esame, non può ritenersi che l'interesse perseguito dalle parti era quello di condizionare la determinazione dei tassi di interesse alle condizioni applicate su piazza,e ciò non solo in relazione alle successive variazioni, ma anche al primo tasso di interesse applicato (pari al 20.,75%), poiché anche questo veniva determinato unilateralmente dalla banca contraente in sede di prima applicazione facendo riferimento ai medesimi criteri stabiliti per le eventuali successive variazioni.
Ne consegue dunque la nullità della clausola contrattuale di determinazione del tasso di interesse, sia originario che quello successivamente applicato in sede di variazione unilateralmente predisposte, con conseguente applicazione dei criteri stabiliti dall'art. 5 della legge 154/1992, come sostituito dall'art. 117, comma 7 lettera a) del d.lgs 385/1993 (T.U.B.), così come effettivamente compiuto dal ctu nella sua relazione di consulenza.
Sulla applicazione di interessi anatocistici.
Ulteriore questione attiene alla natura delle clausole contrattuali che prevedono la capitalizzzazione trimestrale degli interessi.
Sul punto va detto che nonostante per lungo tempo si sia ritenuto, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, che la prassi anatocistica dovesse essere considerata legittima in quanto costituente un uso normativo, di contraria opinione si è mostrata la giurisprudenza a partire dallo scorso decennio, a partire dalla sentenza della suprema corte n. 2374/ del 16 marzo 1999, la quale per la prima volta ha sancito l'illegittimità delle clausole anatocistiche bancarie per contrasto con l'art. 1283 c.c., orientamento successivamente ribadito con le pronunce ( Cass. Civ. 30 marzo 1999 n. 3096; Cass. Civ. 17 aprile 1999 n. 3845; Cass. Civ. 11 novembre 1999 n. 12507), precisandosi che le norme bancarie uniformi non assurgono al rango di uso normativo, ma negoziale, che in quanto tale non può porsi in contrasto con una previsione di legge.
Il suddetto orientamento, esteso peraltro anche per il periodo successivo alla chiusura del conto corrente, è stato sostanzialmente confermato dalla suprema corte (cass. Civ. 4 maggio 2001 n. 6263; Cass. Civ. 28 marzo 2002 n. 4490; Cass. Civ. 20 agosto 2003 n. 12222).
Infine, punto fermo è rappresentato dalla decisione a sezione unite della Suprema Corte n. 21095 del 4 novembre 2004, che ha precisato che le suddette clausole sono nulle in quanto basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo, mancando di quest'ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella consapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, ad una norma giuridica, per la convinzione che il comportamento tenuto è giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme ad un a norma che già esistente o che si reputa fare parte dell'ordinamento.
Devesi dunque dichiarare la nullità delle clausole pattizie contenute nei contratti in esame che prevedono la applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi.
Di tale circostanza si terrà conto nell'applicare le risultanze della consulenza tecnica contabile disposta.
Sulla natura delle obbligazione naturale del pagamento degli interessi
Va adesso esaminata la eccezione proposta dall'istituto di credito convenuto secondo cui, comunque, il pagamento degli interessi anatocistici non sarebbe ripetibile in quanto costituirebbe comunque adempimento di una obbligazione naturale, soggetta alla regola di cui all'art. 2034 c.c..
Ad escludere tuttavia la fondatezza di tale tesi è il fatto che l'operatività dell'istituto in esame presuppone che il pagamento sia spontaneamente eseguito, circostanza che non si verifica nel caso in cui è la banca che procede all'addebito degli interessi ultralegali sul conto corrente del cliente per sua esclusiva iniziativa e senza autorizzazione alcuna da parte del medesimo cliente; non è ravvisabile alcuna ottemperanza ad un dovere morale, ma solo contrattuale sul presupposto della ritenuta legittimità della clausola.
Sulla legittimità della clausola di applicazione di commissione di massimo scoperto trimestrale
Viene, ora, in considerazione la questione della corretta applicazione di addebiti da parte dell'istituto dei credito sul presupposto della applicazione di commissioni di massimo scoperto.
Va, in primo luogo, precisato che nel contratto del 29 luglio 1991 non risulta alcuna espressa previsione negoziale di determinazioni di commissioni di massimo scoperto, salvo un generico riferimento in sede di art. 7 delle norme.
Una specifica previsione, invece, risulta applicata per i successivi rapporti contrattuali, ove si fece espresso riferimento all'applicazione di commissione di massimo scoperto trimestrale e secondo una specifica determinazione del tasso.
Con riferimento a queste ultime previsioni negoziali, dunque, va esaminata la questione della loro legittimità.
Sul punto deve rilevarsi, così come già fatto in relazione alla determinazione degli interessi mediante il rinvio alle condizioni applicate su piazza, che l fatto che la commissione di massimo scoperto, stando al contenuto del regolamento patrizio stipulato tra le parti, venga di volta in volta determinata in termini percentuali facendo riferimento ad una modalità di determinazione del tutto coincidente con quella propria degli interessi, comporta un ulteriore aumento del costo effettivo del credito e quindi del tasso di interesse effettivamente applicato, con la conseguenza che la relativa clausola deve essere considerata nulla per mancanza di causa.
Sicchè, con riferimento alla presente controversia, nel compiersi il conteggio dell'importo risultante legittimamente a saldo, non dovrà procedersi al conteggio della commissione di massimo scoperto, attesa la suddetta nullità della clausola che la prevede.
(...)

P.Q.M.

Il dott. Ginacarlo Triscari in funzione di Giudice Unico presso il Tribunale di Velletri, definitivamente pronunciando nella causa di cui in epigrafe, uditi i procuratori delle parti, ogni altra istanza, eccezione e difesa rigettata e disattesa:
- dichiara la nullità delle clausole contenute nei contratti in oggetto nella parte in cui determina il tasso degli interessi con rinvio agli usi su piazza (art. 7 delle norme contrattuali);
- dichiara la nullità delle clausole contenute nei contratti in oggetto nella parte in cui applicano commissioni di massimo scoperto trimestrale;
- dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dalla parte convenuta nel procedimento n. 3478/2001;

- pone definitivamente a carico di entrambe le parti, nella misura di metà ciascuna ed in solido l'onere di corrispondere le spese di c.t.u.
Così deciso in Velletri, in data 23 gennaio 2009

Il giudice
Giancarlo Triscari

Depositata il 16 marzo 2009




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