Avv. Antonio Tanza - Vicepresidente ADUSBEF


Vai ai contenuti

Menu principale:


Campi/ Maglie

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2009



XX
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice Onorario del Tribunale di Lecce - Sezione distaccata di Campi Salentina - Avv. Gabriella Nocera ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. __

Nel procedimento civile contrassegnato con il n. 149/06 R.G. avente per oggetto: "Invalidità e nullità parziale contratto di conto corrente con ripetizione indebito"

Promosso da:

Eredi Calso Cosimo di Calso Nicola & C. S.n.c. in persona del legale rappresentante pro tempore Calso Nicola, nonché Calso Nicola, Calso Marco e Calso Antonio, rappresentati e difesi dall'Avv. Antonio TANZA,

nei confronti di

BANCA di Roma S.p.a in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Enzo CALO'

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con Atto di Citazione del 27 febbraio 2006 notificato in data 8 marzo 2006, Eredi Calso Cosimo di Calso Nicola & C. S.n.c. in persona del legale rappresentante pro tempore Calso Nicola, nonché Calso Nicola, Calso Marco e Calso Antonio, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Campi Salentina, la BANCA di Roma S.p.a (ex Banco di Roma), in persona del legale rappresentante pro tempore, per sentire dichiarare l'invalidità e la nullità parziale del contratto di apertura di credito con affidamento n. 49158, oggetto del rapporto tra essi attori e la banca, particolarmente in relazione alle clausole di determinazione del tasso, delle CMS, delle valute, dell'anatocismo, dei costi, delle competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese, con condanna della Banca alla restituzione di quanto indebitamente percepito oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dal 31 dicembre 2005 (data di chiusura del ricalcolo dell'elaborato peritale) sino al soddisfo, con ulteriore condanna del convenuto Istituto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla illegittima segnalazione presso la Centrale dei Rischi di Banca d'Italia, il tutto con vittoria di spese di lite. La banca si costituiva con comparsa di costituzione e risposta l'8 giugno 2006 nella quale concludeva chiedendo il rigetto della domanda attorea in tutte le sue articolazioni, con favore delle spese. La causa veniva istruita a mezzo produzione documentale e CTU le cui risultanze sono in atti. All'udienza del 8 gennaio 2009 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva rimessa all'udienza del 18 giugno 2009 per la discussione orale, con l'assegnazione del termine per il deposito di comparse conclusionali sino al 30 maggio 2009. All'udienza del 18 giugno 2009, in seguito alla discussione orale, la causa veniva decisa ex art. 281 sexies c.p.c. come da sentenza di cui veniva data pubblica lettura in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'eccezione di carenza di legittimazione degli attori nelle veste di fideiussore avanzata dalla Banca va respinta in quanto la mancata contestazione dell'estratto conto trasmesso da una banca al suo cliente rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quello della validità e dell'efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano. Pertanto i fideiussori non perdono il diritto di contestare il tasso in concreto praticato dall'istituto di credito, nel caso in cui essi adducano la violazione della clausola contrattuale che aveva posto a parametro di riferimento degli interessi ultralegali le condizioni praticate sulla piazza dalle altre aziende di credito (Cass. 1978/1996). Inoltre i fideiussori, in quanto tali, vengono sottoposti alla medesima comunicazione che la Banca effettua alla Centrale Rischi presso la Banca d'Italia, ricevendo il medesimo nocumento del debitore principale. Hanno dunque la legittimazione attiva a richiedere da un lato l'accertamento della posizione creditoria e non debitoria del debitore principale e dall'altro l'accertamento dell'illecita segnalazione alla Centrale dei rischi presso la banca d'Italia, con il conseguente risarcimento del danno in re ipsa e non.
Preliminarmente va anche reietta l'eccezione di prescrizione del diritto sollevata dalla banca convenuta poiché infondata. Va anzitutto evidenziato che l'azione diretta a far dichiarare la nullità di clausole contrattuali è imprescrittibile ex art. 1422 cod. civ., mentre quella volta ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato è soggetta alla ordinaria prescrizione decennale, di cui all'art. 2946 cod. civ. Nel caso di specie il dies a quo della decorrenza del termine prescrizionale deve essere individuato in quello della chiusura definitiva del rapporto, atteso che il contratto per la disciplina in conto corrente di operazioni bancarie è un contratto unitario e continuativo che da luogo ad un unico rapporto giuridico articolato in una pluralità di atti esecutivi, sicché i singoli addebitamenti o accreditamenti non danno luogo a distinti rapporti ma determinano solo variazioni quantitative dell'unico originario rapporto e quindi solamente con il saldo finale si stabiliscono definitivamente i crediti ed i debiti tra le parti (cfr. da ultimo Cassazione civile , sez. I, 10 maggio 2007, n. 10692; Appello Lecce, 19 febbraio 2009 n. 97). Nella specie il rapporto è ancora pendente alla data del 31 dicembre 2005, sicché risulta in atti indiscutibile la tempestività dell'azione di parte attrice (che ha notificato atto di citazione alla Banca di Roma S.p.a. in data 8 marzo 2006) e pertanto il diritto degli attori ad ottenere la ripetizione dell'indebito.
Per quel che concerne la presunta decadenza per mancanza di contestazione degli estratti conto si osserva come giurisprudenza costante ritenga, già da tempo, che l'eventuale approvazione, ancorché ripetuta, di estratti conto ex art. 1832 c.c. (applicabile al conto corrente bancario in forza del richiamo operato dall'art. 1857 c.c. ) renda incontestabili le annotazioni in conto, derivanti dalla mancata impugnazione, nella loro realtà effettuale, ma non comporti la decadenza da eventuali eccezioni relative alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui dette annotazioni derivano (cfr. ex multis Cassazione civile , sez. I, 10 maggio 2007 , n. 10692; Appello di Lecce, rel. M. Dell'Anna, 18 settembre 2008 n. 568). Cassazione civile , sez. I, 08 maggio 2008, n. 1146 ha poi precisato come "D'altra parte ineccepibile appare pure la conclusione, aderente al costante orientamento di questa Corte (Cass. 00439/1975; 15643/2003), secondo cui nessun rilievo poteva assumere la circostanza, quand'anche dimostrata, che negli estratti conto, periodicamente inviati dalla banca al debitore e non contestati, erano state precisate le somme addebitate a titolo di interessi, superiori al tasso legale sulle somme utilizzate dal cliente con l'apertura di credito, poiché l'atto scritto concernente la stipulazione degli interessi in misura superiore a quella legale è costitutivo del relativo rapporto obbligatorio, a norma dell'art. 1284 c.c., e, pertanto, è privo di rilevanza giuridica il riconoscimento che di esso il debitore faccia "ex post".
Nullità dell'interesse "uso Piazza" . Va rilevata la fondatezza della nullità della clausola, secondo la quale gli interessi dovuti dal correntista all'azienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni pratiche usualmente dalle aziende di credito sulla piazza.
In proposito va osservato che la giurisprudenza si è da tempo orientata nel senso di ritenere tali clausole nulle per contrasto con la previsione di cui all'art. 1346 c.c. poiché riferendosi genericamente agli interessi usualmente praticati su piazza non distinguono fra le varie categorie di essi e dunque non consentono di stabilire a quale previsione le parti abbiano in concreto inteso riferirsi (Cassazione civile , sez. I, 08 maggio 2008, n. 11466; Cassazione civile , sez. I, 10 maggio 2007 , n. 10692; Cass. 1 2 2002 n. 1287; Cass. 18 4 2001 n. 5675; Cass. 19 7 2000 n. 9465). Una clausola contenente un generico riferimento "alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza" può, pertanto, ritenersi univoca se coordinata alla esistenza di vincolanti discipline fissate su larga scala nazionale con accordi di cartello, ma non anche quando tali accordi contengano riferimenti a diverse tipologie di tassi e non consentono, per la loro genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso fare concreto riferimento (cfr. ex pluris v. Cass. 31.1.2006, n. 2140).
Ragion per cui, sia prima che dopo l'entrata in vigore della L. n. 154/92, le clausole in oggetto devono considerarsi inefficaci, con la conseguenza che al contratto, privato della clausola nulla, si applicano gli interessi legali ex art. 1284 c.c. fino all'entrata in vigore della L. n. 154/92 (nel caso in esame dal 17.5.1989 al 8.07.1992 si applicano gli interessi legali ex art. 1284); per il periodo successivo si applicano i tassi di cui all'art. 117 n. 7 lett. A) del T.U.B. variandoli annualmente (Tasso dei BOT annuali). Poiché il conto corrente bancario è un rapporto di durata, caratterizzato da molteplici operazioni poste in essere in presenza di continue variazioni dei tassi di interesse determinate dalle mutevoli condizioni del mercato, il valore minimo e massimo dei BOT, indicato dall'art. 117 T.U.B. quale parametro da applicare nel caso di nullità delle clausole di determinazione del tasso di interesse, deve essere riferito ai dodici mesi precedenti ogni chiusura trimestrale o annuale dei conti e non ai dodici mesi precedenti la conclusione del contratto. (Tribunale di Mondovì, 17 febbraio 2009). Il ricalcolo degli interessi a norma dell'art 117 del decreto legislativo n 385 del 1993 deve essere effettuato applicando il tasso massimo ivi previsto ai saldi creditori (debitori per la banca) e quello minimo ai saldi debitori (creditori per la banca) e ciò in quanto la norma costituisce una sanzione per gli istituti di credito (cfr. Tribunale di Verbania, 10 dicembre 2007 n. 856).
Sulla capitalizzazione trimestrale degli interessi. In ordine alla questione della capitalizzazione degli interessi, deve poi essere dichiarata la illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, per violazione dell'art. 1283 c.c.. Con riferimento a tale questione, è noto l'indirizzo più recente della Suprema Corte, che ha ritenuto nulla la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, avente ad oggetto, appunto, la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, giacché essa si basa su un mero uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria, ed interviene anteriormente alla scadenza degli interessi. In tal senso Cass. Civile Sezioni Unite del 4 novembre 2004, n. 21095: <<gli usi contrari suscettibili di derogare al precetto dell'art. 1283 c.c., sono non i meri usi negoziali di cui all'art. 1340 c.c. ma esclusivamente i veri e propri usi normativi, di cui agi artt. 1 e 8 disp. Prel. Cod. civ., consistenti nella ripetizione generale, uniforme, costante e pubblica di un determinato comportamento (usus), accompagnato dalla convinzione che si tratta di comportamento (non dipendente da un mero arbitrio soggettivo ma) giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme a una norma che già esiste o che si ritiene debba far parte dell'ordinamento giuridico (opinio iuris ac necessitatis)..." … dalla comune esperienza emerge che i clienti si sono nel tempo adeguati all'inserimento della clausola anatocistica non in quanto ritenuta conforme a norme di diritto oggettivo già esistenti o che sarebbe auspicabile fossero esistenti nell'ordinamento, ma in quanto comprese nei moduli predisposti dagli istituti di credito, in conformità con le direttive dell'associazione di categoria, in suscettibili di negoziazione individuale e la cui sottoscrizione costituiva al tempo stesso presupposto indefettibile per accedere ai servizi bancari">>. A regolare la materia è poi intervenuto l'art. 25 del D. Lgs. 4/9/99 n. 342 che, innovando la rubrica dell'art. 120 T.U. - "Decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi" - ha aggiunto al comma 1 dell'art. 120 due nuove disposizioni alla stregua delle quali "il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria", prevedendo in ogni caso che "nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori. Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci sino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità ed i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente". Peraltro la Corte Costituzionale, come è noto, con sentenza 17/10/2000 n. 425 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 25, comma 3, d. lgs. 4/8/99 n. 342 citato (contenente modifiche al decreto legislativo 1/9/93 n. 385, recante il T. U. delle norme in materia bancaria e creditizia), per contrasto con gli artt. 3, 24, 76, 77 101, 102, 104 Cost., nella parte in cui stabilisce che le clausole riguardanti la produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera del CICR relativa alle modalità e criteri per la produzione di interessi su interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, siano valide ed efficaci fino a tale data e che, dopo di essa, debbono essere adeguate (a pena di inefficacia da farsi valere solo dal cliente) al disposto della menzionata delibera, con le modalità ed i tempi ivi previsti. Per effetto di tale pronuncia, le clausole anatocistiche restano quindi disciplinate, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore, alla stregua della quale esse (basate su un uso negoziale anziché su una norma consuetudinaria) sono da considerarsi nulle, perchè stipulate in violazione dell'art. 1283 c.c. (Cass. 28/3/2002 n. 4490). Mentre la produzione degli interessi sugli interessi è divenuta legittima in materia bancaria con la delibera CICR 9/2/2000, per cui le clausole anatocistiche preventive contenute nei contratti di conto corrente (art. 2) e nei mutui (art.3) stipulati dal 22/4/2000 in poi, data di entrata in vigore di detta legge, sono valide ed efficaci purchè: a) siano espressamente indicati la periodicità di capitalizzazione degli interessi ed il tasso di interesse applicato, anche sotto forma di TAE - tasso annuo effettivo che tenga conto dell'anatocismo; b) nel singolo conto corrente sia stabilita la stessa periodicità del conteggio degli interessi creditori e debitori; c) siano specificamente approvate per iscritto dal cliente, segnalando che sulla specificità dell'approvazione vale quanto elaborato dalla giurisprudenza per le clausole vessatorie di cui all'art. 1341 comma 2 c.c. Alla luce, quindi, di tali orientamenti, condivisi da questo Giudice, si ritiene dover dichiarare la nullità, nella specie, della previsione contrattuale relativa alla capitalizzazione trimestrale. Non vale a legittimare l'applicazione di interessi anatocistici il richiamo analogico alla disposizione dell'art. 1831 Cod. civ. in tema di chiusura periodica del conto corrente ordinario, attesa la specificità della disciplina del conto corrente bancario e il mancato inserimento di tale norma tra quelle estese dall'art. 1857 cod. civ. al conto corrente bancario e neppure nell'ambito del rapporto di conto corrente bancario è possibile ricorrere al criterio di imputazione previsto dall'art. 1194 cod. civ. utilizzando, ex post, le rimesse effettuate sul conto per estinguere gli interessi passivi giorno per giorno maturati, in quanto detto criterio è stato disapplicato nel corso del rapporto dallo stesso istituto di credito e non può certo il giudice supplire d'ufficio a tale scelta d'imputazione. Infine, questo Giudice, prendendo atto del recente mutamento della Giurisprudenza di merito (App. Lecce, sent. n. 97/2009; Trib. Lecce sent. N. 11/09; ma anche App. Torino, sent. n. 64/02, ed argomentando Cass. S.U. n. 9653/01 e Cass. Civ. n. 14688/03), condivide l'orientamento per il quale atteso che la contrarietà alla norma imperativa di cui all'art. 1283 c.c. involge l'intero contenuto della stessa, deve ritenersi nulla, in generale, la pattuizione dell'anatocismo e quindi di ogni tipo di capitalizzazione degli interessi, compresa quella a favore del correntista, conclusa anch'essa ex ante il maturarsi dell'interesse. Pertanto è illegittima ogni pattuizione di interesse composto (annuale, semestrale, ecc..) avvenuta anteriormente al maturarsi dello stesso interesse in quanto espressamente vietata dall'art. 1283 c.c.
Sulla Commissione di Massimo Scoperto. La c.m.s., al pari di ogni altra condizione contrattuale, deve essere determinata o almeno determinabile al momento in cui il contratto è stato concluso. Pertanto, operando un richiamo a tutte le considerazioni svolte sulla nullità della clausola di rinvio agli interessi uso piazza, può concludersi che tale nullità non può che riguardare, nel caso di specie, anche la pattuizione della c.m.s., stante la mancanza di elementi certi e predeterminati per la sua concreta quantificazione (cfr. da ultimo Cassazione civile , sez. I, 08 maggio 2008, n. 11466), La nullità dell'addebito delle commissioni di massimo scoperto va dichiarata anche perché queste oltre a non essere espressamente previste nel contratto, costituiscono una indebita integrazione del tasso di interesse applicato. L'art. 7 dell'impugnato rapporto non fa alcun riferimento alle c.m.s., parlando genericamente di commissioni da applicarsi nella misura stabilita, escludendo, poi, di fatto il riferimento ad usi o altro. Nell'ipotesi de quo, la banca non ha previsto alcuna remunerazione dovuta per commissione di massimo scoperto, infatti, non vi è alcun riferimento quantitativo numerico o per relationem per detta commissione. Tuttavia, al di là della previsione e quantificazione di detta commissione, va detto che la stessa risulta, allo stato, privata dell'originaria causa di remunerazione dello scoperto accordato e non utilizzato. Ecco perché la maggior parte della giurisprudenza la ritiene comunque invalida e priva di effetti giuridici: "Quanto alle commissioni di massimo scoperto, dall'esame del contratto non risulta prevista alcuna pattuizione a riguardo, sicché nulla è dovuto per il relativo titolo trattandosi peraltro di ulteriore voce di addebito nulla per mancanza di causa poiché sostanziantesi in un ulteriore e non pattuito aggravio di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti per l'utilizzazione dell'apertura di credito (sul punto cfr. Trib. Lecce, 11.5.2005, Pensa e/ MPS GCB s.pa.." Tribunale di Lecce, 14 gennaio 2009, n. 11. Questo giudice ritiene pertanto di doversi dichiarare la nullità della clausola che prevede l'applicazione delle c.d. c.m.s.
Parte attrice ha anche sollevato la questione dell'invalidità dell'addebito delle c.d. "valute fittizie", ossia del non condivisibile metodo che la banca utilizza per protrarre fittiziamente i giorni solari del prestito dell'utente, favorendo l'aumento degli interessi debitori in favore di essa per un periodo temporale in cui prestito non c'è stato. Deve convenirsi con gli attori e con la Giurisprudenza di legittimità (Cfr., C.Cass. Civ., n. 2545/72) che vada considerata soltanto la 'data' di ciascuna operazione e non già la 'valuta', posto che, ai sensi dell'art. 1852 c.c., il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito dal conto. Va certamente condiviso l'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale - per quanto riguarda i prelevamenti - si deve riportare la valuta corrispondente al giorno del pagamento dell'assegno, ovvero del giorno in cui la banca perde effettivamente la disponibilità del denaro; mentre, per quanto riguarda i versamenti, si riporta la valuta corrispondente al giorno in cui la banca acquista effettivamente la disponibilità del denaro ( Sul punto, si vedano, Trib. Civ. Lecce, sent. del 17.6.2003 n. 1736; C. Cass., Sez. I Civ., sent. 26.7.1989, n. 3507; C. Cass. Civ., 29.6.1981 n. 4209 e 20.2.1988, n. 1764; C. Cass. Civ., Sez. I, 10.9.2002, n. 13143). Di qui, la necessità di computare le operazioni di accredito effettivo delle valute dal giorno in cui la banca ha acquisito o perduto la disponibilità dei correlativi importi, ovvero, dato che è fatto notorio che tutte le operazioni avvengono dagli anni '80 in tempo reale, data la totale informatizzazione del sistema bancario, dal giorno dell'operazione. La valuta fittizia, a ben vedere, costituisce un artificio per il quale la durata dell'anno solare viene fittiziamente allungata, addebitando interessi debitori non dovuti, o accorciata nell'ipotesi inversa di accredito di interessi creditori per l'utente. Questo Giudice ritiene, dunque, che l'addebito di interessi per valute, fittiziamente appostate, è invalido per mancanza di valida giustificazione causale (cfr. da ultimo Appello Lecce, 19 febbraio 2009, n. 97).
Sulla Segnalazione alla Centrale Rischi. Come noto, la Centrale dei Rischi è un sistema informativo obbligatorio per il ceto bancario sull'indebitamento della clientela delle banche e degli intermediari finanziari vigilati dalla Banca d'Italia. Attraverso tale servizio centralizzato dei rischi, la Banca d'Italia, su puntigliosa segnalazione degli stessi istituti di credito, fornisce agli intermediari partecipanti al sistema un' informativa utile per la valutazione del merito di credito della clientela e, in generale, per l'analisi e la gestione del rischio di credito. Si tratta di un servizio gestito dalla Banca d'Italia e disciplinato nell'art. 53 del Tub e dalla delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) del 29 marzo 1994 e dalle Circolari emanate dalla Banca d'Italia fra le quali vi è la circolare n, 139 dell'11 febbraio 2004. Sono obbligati ad effettuare le segnalazioni alla Centrale dei Rischi i soggetti titolari del credito, i quali comunicano alla Banca d'Italia informazioni sulla loro clientela e ricevono, con la medesima periodicità con cui sono raccolte, informazioni sulla posizione debitoria verso il sistema creditizio dei nominativi segnalati e dei soggetti a questi collegati. A livello quantitativo le banche forniscono alla Centrale i dati come evidenziati negli estratti conto trimestrali, aggiungendo a volte delle valutazioni sulla tipologia di rischio. Sulla base della suesposta normativa emerge che, in presenza di certe condizioni (quali l'esistenza di affidamenti e di garanzie personali, nonché di crediti passati a perdita), la segnalazione del nominativo alla Centrale Rischi è un atto dovuto dalla Banca titolare del credito. Pertanto lo fanno tutte le banche che comunicano alla Banca d'Italia le esposizioni come rilevate dagli e/c bancari: assumendosi ovviamente ogni rischio derivante dalla veridicità degli stessi. Risulta evidente, dunque, che al di là del fatto di qualificare un utente come a sofferenza o meno, anche la semplice errata evidenza di una posizione debitoria ha l'effetto di "saturare" la possibilità di credito di un utente. Nel caso in esame Banca di Roma S.p.a., a causa degli errati saldi derivanti dagli e/c, ha fornito per anni, a tutto il ceto bancario, dati debitori falsati ai danni degli utenti che hanno visto oggettivamente compromessa la loro posizione creditoria. La suddetta erronea ed illegittima segnalazione ha determinato, quindi, un danno non patrimoniale per gli istanti che è in re ipsa, in quanto indubbiamente ricorre una lesione alla reputazione ed all'immagine dei soggetti segnalati e, cioè, una diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di specifiche categorie di essi con i quali gli istanti operano. Tale danno può essere liquidato equitativamente nella complessiva somma di euro 2.000,00 comprensiva di interessi e rivalutazione, che può ritenersi adeguata all'importanza ed entità del fatto ed al periodo di permanenza dell'erronea segnalazione. (cfr. Tribunale di Lucera - Dott. A. Chirulli, sent. 89 del 10 marzo 2009).
Quanto all'esito della CTU, non vi è ragione alcuna per metterne in discussione gli inequivoci risultati, trattandosi di meri calcoli contabili svolti dal consulente, in ausilio del giudice, sulla base della documentazione prodotta e/o esibita dalle parti.

Il G.O.T.

definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione, da Eredi Calso Cosimo di Calso Nicola & C. S.n.c. in persona del legale rappresentante pro tempore Calso Nicola, nonché Calso Nicola, Calso Marco e Calso Antonio nei confronti della Banca di Roma .(ex Banco di Roma ) S.p.a in persona del legale rappresentante pro tempore, e sulla base dei risultati riportati dalla CTU, così provvede:
1) in accoglimento alla domanda attorea, dichiara la nullità parziale del contratto di c/c n. 49158 acceso da Eredi Calso Cosimo di Calso Nicola & C. S.n.c. con il Banco di Roma (oggi Banca di Roma) S.p.a. in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, all'applicazione dell'interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all'applicazione della provvigione di massimo scoperto e delle spese non pattuite;
2) dichiara che Banca di Roma S.p.a. è debitrice della Eredi Calso Cosimo di Calso Nicola & C. S.n.c. della somma complessiva di € 32.201,87 oltre interessi legali semplici e rivalutazione monetaria dal 31 dicembre 2005 sino al soddisfo e per l'effetto condanna la banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla restituzione di tale somma in favore dell'attore;
3. condanna Banca di Roma S.p.a., al risarcimento del danno in re ipsa subito dalla Eredi Calso Cosimo di Calso Nicola & C. S.n.c. ivi compresi i fideiussori, per la errata segnalazione alla Centrale Rischi presso la Banca d'Italia che viene equitativamente determinato in € 2.000,00 ciascuno;
4. condanna Banca di Roma S.p.A. al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 5.352,80, di cui € 352,80 per spese borsuali, € 2.000,00 per diritti, € 3.000,00 per onorario, oltre al rimborso spese generali, CAP e IVA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario;
5. pone definitivamente a carico di Banca di Roma le spese di CTU.

Lecce - Campi Salentina, 13 luglio 2009

Il Giudice
Dott. Gabriella NOCERA


Questo sito è di proprietà dello Studio Legale TANZA | antonio.tanza@gmail.com

Torna ai contenuti | Torna al menu