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Trib. Lecce Sterzi / Trib. Lecce Perrone

Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2014

Tribunale di Lecce, Dott.ssa Federica STERZI BAROLO, Sent. N. ___ del 15 luglio 2014


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di LECCE
Prima Sezione CIVILE



Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Federica Sterzi Barolo ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I° Grado iscritta al n. r.g. 3407/2006 promossa da:
Avv. P. G. T., con il patrocinio dell'avv. Antonio TANZA

ATTORE

CONTRO

BANCA INTESA SPA, con il patrocinio dell'avv. Antonio GRECO

CONVENUTA

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
La domanda attorea è fondata nei limiti e per le ragioni di seguito indicate.
L'odierno attore, nell'atto introduttivo, ha rappresentato di aver intrattenuto dapprima con la Banca Vallone S.p.a. e poi con la Banca convenuta un rapporto di contro corrente bancario, identificato dal n 00197/11, successivamente rinumerato con il n. 000197 64 ed infine con il n. 197-64, oltre ad altri secondari confluiti tutti nel c/c n. 8006-19.
L'attore ha proposto varie doglianze in ordine agli addebiti eseguiti dalla banca su tale conto.
In particolare, ha sostenuto:
a) che la banca ha illegittimamente applicato commissioni c.d. di massimo scoperto e spese fisse non convenute contrattualmente;
b) che la banca ha illegittimamente addebitato interessi passivi capitalizzati trimestralmente in spregio al disposto di cui all'art. 1283 c.c.;
c) che il tasso di tali interessi passivi è stato illegittimamente applicato in misura superiore a quella legale in virtù di un generico rinvio contrattuale agli usi piazza;
d) la banca ha addebitato interessi spese e commissioni in contrasto con quanto stabilito dalla L. n. 108/96.
Ha pertanto chiesto la declaratoria di nullità degli addebiti come sopra effettuati e la restituzione delle somme illegittimamente addebitate.
Costituendosi, la banca ha preliminarmente eccepito la prescrizione del diritto dell'attore a muovere contestazioni in relazione al conto corrente de quo, nonché la prescrizione del diritto alla restituzione delle somme e ha contestato nel merito la fondatezza della pretesa attorea.
Per quanto attiene al diritto della correntista di contestare le risultanze del conto, occorre osservare che la giurisprudenza - sia di merito che di legittimità - ha condivisibilmente stabilito, che la mancata contestazione degli estratto conto da parte del correntista rileva solo ai fini del riconoscimento dei movimenti ivi documentati senza comportare alcun riconoscimento in ordine alla validità dei rapporti sostanziali a fondamento delle operazioni compiute. Più precisamente, la mancata contestazione dell'estratto conto trasmesso dalla banca al cliente rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti unicamente sotto il profilo contabile restando impregiudicata la facoltà del correntista di contestare la validità e l'efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti che hanno dato luogo agli addebiti ed agli accrediti (tra le tante, Cass. n. 4490/2002; Cass. n. 4846/1998; Cass. n. 8989/1997). Tuttavia, nel caso che ci occupa il correntista non ha contestato le risultanze contabili degli estratti conto, ma ha fatto valere l'illegittima applicazione di condizioni contrarie alle norme di legge che determinano la nullità delle relative clausole negoziali.
Quanto all'eccezione di prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme, va precisato innanzitutto che nella specie opera la prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. e non quella quinquennale di cui all'art. 2948, co. 1, n. 4, c.c. (che riguarda gli interessi dovuti e non già quelli non dovuti). Invero, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che nelle fattispecie come quella in esame l'operatività della prescrizione quinquennale è comunque esclusa dalla stessa natura del conto corrente bancario - quale contratto di durata - ove il saldo a chiusura di ogni trimestre non comporta il frazionamento del debito in distinti rapporti obbligatori trattandosi di obbligazioni unitarie con riferimento alle quali opera conseguentemente l'ordinaria prescrizione decennale (cfr., tra le tante, S.U. n. 24418/2010; Cass. n. 802/1999 e Cass. n. 1110/1999).
Circa il dies a quo del termine prescrizionale, le Sezioni Unite hanno distinto da un lato i versamenti eseguiti su un conto in passivo (o "scoperto") cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista o i versamenti destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento, che hanno natura di pagamento siccità è da tale momento che decorre la prescrizione, e dall'altro lato i versamenti che hanno avuto solo una funzione ripristinatoria della provvista, che non hanno natura di pagamento e rispetto ai quali il termine di prescrizione decorre dall'estinzione del saldo di chiusura del conto (S.U. sent. n. 24418/10 cit.; con tale pronuncia è stato superato il precedente e prevalente indirizzo giurisprudenziale per cui la particolare natura unitaria del rapporto di conto corrente bancario, incide sul dies a quo del termine prescrizionale che comincia a decorrere dalla chiusura del rapporto senza distinguere tra tipologia di versamenti, tra le altre, Cass. n. 10127/2005; Cass. n. 5720/2004). Tuttavia, nel caso che in esame il ricalcolo dei rapporti dare avere è avvenuto, come si vedrà, a decorrere dal 31 marzo 1987, e la domanda è stata proposta il 7 marzo 2006, interrompendo cosi la prescrizione decennale per tutti i versamenti a carattere solutorio effettuati nel decennio antecedente tale ultima data.
Venendo alle contestazioni mosse dal G. T., va innanzitutto rilevato, che è agli atti il contratto di conto corrente sottoscritto dall'attore con l'allora Banca Vallone nel quale viene pattuito un tasso di interesse creditore (in favore della Banca) nella misura dello 0.50%,
Ne consegue che appare subito infondata la deduzione di parte attrice secondo cui la determinazione del tasso di interesse debitorio del correntista era stato determinato con riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle Aziende di credito sulla piazza.
Quanto all'illegittima applicazione delle commissioni di massimo scoperto e le spese bancarie, va osservato che non si rinviene alcuna previsione contrattuale in ordine alla c.m.s. e alle predette spese, oltre che ovviamente alla loro misura. Ne discende che le stesse non possono essere conteggiate. Circa la denunciata capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi (prevista dal comma 2 del predetto art. 7), è il caso di evidenziare che la nullità della clausola negoziale che la prevede per violazione del divieto di anatocismo imposto dall'art. 1283 c.c. è un risultato ormai acquisito nella giurisprudenza della Corte di Cassazione. Infatti, a partire dall'anno 1999 la Corte, rimeditando il principio costantemente affermato (cfr., per tutte, Cass. n. 12675/98), ha stabilito che la clausola de qua per quanto radicata nella prassi bancaria e contenuta nelle norme bancarie uniformi sui conti correnti di corrispondenza e servizi connessi, corrisponde ad un uso negoziale, imposto al correntista, e non normativo, con conseguente sua irrilevanza nel sistema delle fonti cui esclusivamente richiama l'art. 1283 c.c. nella parte in cui esonera dal rispetto dei limiti rigorosi ivi sanciti per l'anatocismo le situazioni sorrette da usi contrari. Ne discende la nullità della predetta clausola per contrarietà ad una norma imperativa, quale appunto quella di cui all'art. 1283 c.c. (cfr., tra le altre, Cass. n. 4095/2005; n. 11772/02; n. 4498/02; n. 8442/02; n. 12507/1999; n. 2374/1999; nello stesso senso la giurisprudenza di merito prevalente, cfr., a titolo esemplificativo, Trib. Monza 7.4.2006; Trib. Milano 3.1.2004; Trib. Padova 25.11.2005; Trib. Torino 30.10.2003).
Inoltre, le Sezioni Unite hanno chiarito che la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista bancario va esclusa anche con riguardo al periodo anteriore alle decisioni con cui la Suprema Corte, ponendosi in contrasto con l'orientamento sin qui seguito, ha accertato l'inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare al precetto dell'ari 1283 c.c., in quanto
difettano i presupposti per riconoscere, anche con riguardo a detto periodo, la convinzione dei clienti circa la doverosità giuridica di tale prassi (sent. 21095/2004, seguita dalla giurisprudenza successiva). Alla luce di tali considerazioni, va dichiarata la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori prevista dall'art. 7, comma 2, del contratto per cui è causa.
Una volta dichiarata la nullità di tale clausola, si pone il problema di stabilire se nel ricalcolo dei rapporti dare avere tra correntista e banca debba farsi luogo alla capitalizzazione annuale degli interessi ovvero non debba applicarsi alcuna capitalizzazione degli interessi.
Questo giudice, pur nella consapevolezza del contrasto giurisprudenziale insorto in materia (peraltro, come si vedrà tra breve, di recente risolto dalle Sezioni Unite), ritiene di aderire all'orientamento per cui alla nullità dell'anatocismo trimestrale non sia possibile supplire con altra tipologia di capitalizzazione, neppure annuale (cfr., in questo senso, App. Milano 4,4,2003; App. Torino 21.1.2002; Trib. Roma 12.1.2007; Trib. Cagliari 5.4.2006; Trib. Mantova 16.1.2004; Trib. Brindisi 13.5.2002).
L'art. 1283 c.c., norma imperativa ed eccezionale rispetto anche al successivo art. 1284 c.c., che individua nell'anno il termine di scadenza dell'obbligazione di interessi, enuncia, a chiare lettere, l'illegittimità di qualunque calcolo di interesse sugli interessi (tanto trimestrale quanto animale) al di fuori delle specifiche e tassative ipotesi ivi previste che, nel caso in esame, non ricorrono. Ne discende che gli interessi che possono legittimamente essere applicati dalla banca opposta sono quelli semplici, calcolati cioè esclusivamente sul capitale.
Dell'opposto orientamento non convincono le argomentazioni. Si sostiene invero, muovendo dall'esigenza di assicurare parità di trattamento tra banca e correntista, che la capitalizzazione annuale degli interessi attivi non è mai stata posta in discussione ed anzi viene percepita dai correntisti come un vero e proprio diritto, per cui analogo uso deve essere considerato generale ed astratto e valevole anche per i rapporti passivi.
Innanzitutto, la considerazione per cui si rinviene il profilo soggettivo dell'uso normativo nel fatto che correntisti non hanno mai messo in discussione la capitalizzazione annuale (normalmente applicata) degli interessi attivi collide con il ragionamento sviluppato dalla giurisprudenza di legittimità che, come visto, ha negato l'esistenza di un uso normativa in ordine agli interessi passivi, ossia che l'accettazione delle clausole relative all'applicazione degli interessi passivi ed anche attivi, recanti un evidente squilibrio nella chiusura del relativo periodo, tramite moduli o formulari universalmente predisposti, è frutto dell'imposizione, sul piano economico, da parte del contraente forte a quello debole, il quale non può porre in discussione le condizioni contrattuali, pena l'impossibilità di accedere al contratto bancario. Inoltre, il supposto uso normativa, per come formatosi negli anni, riguarderebbe, al più, solo la sola capitalizzazione annuale degli interessi attivi e non anche la capitalizzazione di quelli passivi, la quale, al contrario, era normalmente trimestrale.
Tali argomentazioni sono state riprese e sviluppate dalle Sezioni Unite le quali hanno concluso nel senso che qualora, nell'ambito del contratto di conto corrente bancario, venga dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale degli interessi, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'articolo 1283 c.c., gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna (cent. n. 24418/2010 cit.). Nella sentenza si legge "Del resto, non è il caso di tacere che neppure potrebbe esser condivisa la tesi secondo la quale le ragioni di nullità individuate dalla giurisprudenza di questa corte per le clausole di capitalizzazione degli interessi debitori registrati in conto corrente investirebbero solo il profilo della loro periodizzazione trimestrale. Detta giurisprudenza, com'è noto, ha escluso di poter ravvisare un uso normativo atto a giustificare, nel settore bancario, una deroga ai limiti posti ali' anatocismo dall'art. 1283 c.c: ma non perché abbia messo in dubbio il reiterarsi nel tempo della consuetudine consistente nel prevedere nei contratti di conto corrente bancari la capitalizzazione trimestrale degli indicati interessi, bensì per difetto del requisito della "normatività" di tal pratica. Sarebbe, di conseguenza, assolutamente arbitrario trarne la conseguenza che, nel negare l'esistenza di usi normativi di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, quella medesima giurisprudenza avrebbe riconosciuto (implicitamente o esplicitamente) la presenza di usi normativi di capitalizzazione annuale. Prima che difettare di "normatività", usi siffatti non si rinvengono nella realtà storica, o almeno non nella realtà storica dell'ultimo cinquantennio anteriore agli interventi normativi della fine degli anni novanta del secolo passato: periodo caratterizzato da una diffusa consuetudine (non accompagnata però dalla opinio iuris ac necessitatiis di capitalizzazione trimestrale), ma che non risulta affatto aver conosciuto anche una consuetudine ai capitalizzazione annuale degli interessi debitori, né di necessario bilanciamento con quelli creditori".
Tornando al caso di specie, in assenza degli estratti conto relativi all'intero rapporto, il c.t.u., con la relazione del 14.1.2011 e la successiva di chiarimenti del 19.3.2013, ha correttamente eseguito i propri conteggi operando un raccordo dei saldi disponibili, così come precisato nella relazione 14.1.2011 a pag. 8.
In particolare, coerentemente con quanto esposto in precedenza sulle contestazioni specifiche mosse tempestivamente da parte attrice, il consulente ha proceduto all'esclusione degli addebiti identificati come "commissioni" (v. artt. 1826 e 1857 c.c.) e delle "altre spese bancarie" e, quanto agli interessi passivi, sono stati calcolati al tasso convenzionale, senza alcuna capitalizzazione.
Il CTU ha inoltre proceduto al conteggio delle competenze pagate con versamenti di natura solutoria, procedendo al ricalcolo del nuovo saldo, computando la differenza tra il totale delle competenze pagate con versamenti di natura solutoria e le competenze maturate nel periodo prescritto.
Stando a tale conteggio elaborato nella relazione 19.3.2013 (pag. 15), che viene qui integralmente richiamata e condivisa, la banca va condannata a restituire all'attore la somma di euro 40.063,77, oltre interessi legali a decorrere dalla domanda, ossia dal 7,3.2006.. Difatti, trattandosi di obbligazione di valuta riveniente da ripetizione di indebito, gli interessi legali su tale somma sono dovuti ex art. 2033 c.c. a decorrere dalla domanda, ossia dalla notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio, poiché (al di là della presunzione relativa di "buona fede soggettiva" che vige in materia) la banca ha ricevuto le somme non dovute in buona fede, nonostante l'accertata nullità delle predette clausole negoziali, se si considera che nel periodo storico in cui si è sviluppato il rapporto bancario in questione la giurisprudenza di legittimità considerava valide tali clausole.
Le spese (comprese quelle di c.t.u.) e le competenze di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate cosi come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Lecce, Prima Sezione civile, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, definitivamente decidendo, in composizione monocratica , così provvede:
I) dichiara la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori prevista dall'art. 7, co. 2, del contratto di c/c bancario per cui è causa;
2) condanna la Banca al pagamento in favore di Gabricli Tommasi Pantaleo della somma di euro 40.063,77, oltre interessi legali a decorrere dalla domanda, ossia dal 7.3.2006;
3) condanna la Banca convenuta al pagamento delle spese processuali in favore dell'attore che liquida in complessivi euro 3.360,00, di cui euro 360,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori come per legge.
4) pone, in via definitiva, le spese di c.t.u., così come liquidate in corso di causa, a carico della Banca convenuta.
Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.

Lecce, 15 luglio 2014
11 Giudice
dott. Federica Sterzi Barolo


Tribunale di Lecce, Dott. Maria Gabriella Perrone, Sent. N. ____ del 16 lug 2014


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI LECCE

Il Giudice, dott.Maria Gabriella Perrone ha pronunciato la seguente

SENTENZA PARZIALE

nella causa civile iscritta al n. 1363 del ruolo generale contenzioso delle cause dell'anno 2009, avente per oggetto accertamento nullità clausole contrattuali e ripetizione di indebito, riservata in decisione il 11.02.2014,

proposta da:

I. C. V. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Galatina (Le) presso lo studio dell'avv.to Antonio Tanza, dal quale è rappresentata e difesa giusta procura a margine dell'atto di citazione

ATTORE

nei confronti di

BANCO DI NAPOLI spa, oggi Centrale Attività Finanziarie spa in persona del legale rappresentate p.t., quale procuratrice speciale di Oasis Securitisation, elettivamente domiciliata in Lecce, presso lo studio degli avv.ti Alessandro Valente Renda e Lorenzo Valente Renda, rappresentata e difesa dall'avv.to Colomba De Simone del foro di Roma, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata il 19.06.2013

CONVENUTO

MOTIVAZIONI

Con atto di citazione notificato il 27.11.2009 la società I. C. V. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, conveniva in giudizio il Banco di Napoli, per sentir accertare e dichiarare la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, l'illegittimità dell'applicazione di interessi in misura ultralegale poiché determinati mediante il rinvio all'uso piazza, della c.m.s. e di valute e spese non dovute con riferimento al rapporto di apertura di credito con affidamento mediante scopertura sul c/c ordinario 00027/1231, iniziato nel 1992 ed ancora in essere alla data della citazione, nonché la necessaria rideterminazione del TEG.
Concludeva chiedendo, previa declaratoria delle nullità dedotte, rideterminarsi la posizione dare avere con espunzione delle somme non dovute e condannarsi la banca alla restituzione di quanto indebitamente corrisposto. Chiedevano, altresì, condannarsi la banca al risarcimento del danno da indebita segnalazione alla Centrale Rischi con vittoria delle spese di lite.
Sì costituiva il convenuto Banco di Napoli la convenuta Banca di Roma spa il quale eccepiva, in via preliminare, la prescrizione dei diritto alla ripetizione vantato dall'attore ai sensi dell'art. 2948 n.4 c.c. e comunque per il decorso del termine decennale di legge,nonché la decadenza dell'attore dal diritto di contestare le risultanze degli estratti conto poiché non contestati. Nel merito rilevava la sussistenza di specifiche pattuizioni relative alla misura degli interessi ultralegali a far data dalla concessione dell'apertura di credito, la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, la legittimità della cms poiché pattuita, la determinazione delle valute mediante il richiamo alle condizioni indicate nei documenti contabili e negli estratti conto inviati al correntista e , con riferimento al periodo successivo al TUb, mediante pubblicazione sui fogli informativi esposti nelle filiali, la legittimità delle spese applicate, poiché convenute, l'irrilevanza della doglianza relativa al TEG, l'insussistenza di segnalazione alla centrale rischi, infine l'irripetibilità delle somme versate per costituire la daziane delle stesse adempimento di obbligazione naturale.
Concludeva chiedendo, in via preliminare, dichiararsi la prescrizione del diritto vantato dall'attore ai sensi dell'art. 2948 n.4 c.c. o per il decorso del termine ordinatorio decennale, la decadenza della società attrice dal diritto di contestare le risultanze degli estratti conti, nel merito rigettarsi la domande attoree ed, in via riconvenzionale, condannare parte attrice al pagamento di euro 50.926,51 oltre interessi dal 01.07.2009 al soddisfo, con vittoria delle spese di lite. La causa veniva istruita con ctu contabile. All'udienza del 11.02.2014 le parti precisavano le conclusioni riportandosi ai propri scritti. La causa veniva introitata per la decisione con concessione dei termini ex art.190 c.p.c.
Va rigettata l'eccezione di prescrizione. L'azione del correntista che richiede la restituzione di somme che assume avere corrisposto in virtù di convenzioni nulle, va qualificata come domanda di ripetizione di indebito soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale, per l'effetto. nessuna rilevanza assume nel caso di specie l'eccezione di prescrizione di cui all'art. 2948, n.4) poiché relativa alla domanda spiegata dal creditore per il pagamento degli interessi maturati sul proprio credito. La prescrizione del diritto alla ripetizione di somme indebitamente corrisposte sulla scorta di clausole dichiarate nulle si compie al decorso di anni dieci dalla chiusura del conto (Cass.24418/2010). Laddove la rimessa abbia natura solutoria e non già ripristinatoria il termine di prescrizione decennale decorre dall'annotazione della singola rimessa (Cass. cit).
Poiché nel caso di specie non risulta decorso il termine di dieci anni dalla chiusura del conto, per essere lo stesso ancora in vita al tempo della proposizione del giudizio, e poiché parte convenuta non ha dedotto, come suo onere essendo l'eccezione di prescrizione non rilevabile d'ufficio, le rimesse di cui assume la natura solutoria, per le quali sole il termine di prescrizione decorre a far data dalla singola annotazione, la detta eccezione va rigettata quanto al primo profilo e dichiarata inammissibile quanto al secondo.
Va rigettata la richiesta di declaratoria della decadenza del correntista dal diritto azionato per mancata contestazione degli estratti conto inviati, atteso che "ai sensi dell'art. 1832 cod. civ., l'approvazione tacita dell'estratto di conto corrente non si estende alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti, ma ha la funzione di certificare la verità storica dei dati riportati nel conto, ívi compresa l'esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista. menzionati nel conto stesso come causali di determinate annotazioni dí debito" (Cass. 3574/2011).
Nel merito si osserva quanto segue.
L'applicazione di interessi oltre il tasso legale è consentita solo ove gli stessi siano determinati per iscritto (art.1284 , terzo comma c.c.) sicché deve ritenersi che la convenzione relativa agli interessi ultralegali sia valida se la misura degli interessi sia indicata in maniera determinata o, almeno, determinabile "per relationem "attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obbiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse (eass. 12276/2010; Cass.4094/2005).
Il contratto di conto corrente 27/1231 intercorso con la banca in data 13.12.1991 disciplina la misura degli interessi debitori mediante il rinvio agli usi c.d. piazza ( art. 57 bis del contratto prodotto da parte convenuta). L'individuazione della misura degli interessi passivi ultra legali mediante il rinvio alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di eredito sulla piazza, senza altri riferimenti, deve ritenersi affetta da nullità per violazione del combinato disposto di cui agli artt.1346 cc e 1284 cc , poiché non consente al correntista di individuare la categoria di riferimento presa in considerazione dall'istituto bancario per parametrare la misura gli interessi, rendendo di fatto gli stessi indeterminabili. In ragione di ciò va accolta la domanda di declaratoria di nullità della clausola di determinazione degli interessi secondo l'uso piazza contenuta nel citato contratto, cui consegue la ridetenninazione del c/c con l'applicazione del solo saggio legale.
La banca ha, tuttavia, documentato la successiva concessione di due aperture di credito ( in data 09.10.2006 ed in data 23.10.2007) le quali recano la misura degli interessi passivi convenuti per le dette concessioni di credito. Trattandosi di documentazione successiva al contratto, debitamente sottoscritta dalla parte attrice, a far data dalla prima apertura di credito il rapporto di debito-credito, sino a momento rideterminato con applicazione del tasso legale per le ragioni di cui sopra, dovrà essere regolamentato alla luce delle convenzioni pattizie contenute nei citati contratti. ( allegato sub 5 e 6 della comparsa di costituzione e risposta) e secondo la condizioni più favorevoli applicate dalla banca nell'esercizio dello ius variandi che, in siffatte ipotesi, non necessita delle comunicazioni di cui all'art. l18 TUB previste per le variazioni in peius.
Va accolta la domanda di declaratoria della nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori relative al c/c ed alle successive aperture dí credito
Costituisce, infatti, jus receptum l'illegittimità della clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi, per avere esse fonte nelle c.d. Norme Bancarie uniformi, le quali non costituiscono un uso normativo, ma uso negoziale e, quindi non danno luogo al fenomeno dell'inserzione automatica del contratto ai sensi dell' art. 1374 e. e.. ( così Cass S.U. 21095/2004).
Una volta ritenuta la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale ex art. 1419 c.c., si pone il problema di verificare se possa ritenersi operante nei rapporti di conto corrente una qualche forma di capitalizzazione. Da un punto di vista squisitamente probatorio si rileva che, essendo tenuto il giudice a conoscere le leggi ma non la consuetudine,ove una parte intende avvalersi dell'esistenza di essa per fondare il suo diritto deve provarne l'esistenza, dovendosi, in difetto, rigettare l'avversa pretesa. Nel caso di specie la convenuta Banca ha incentrato tutte le sue difese sull'esistenza di un uso normativo circa la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, uso la cui sussistenza e stata esclusa per le motivazioni indicate.
Non può nemmeno evincersi la sussistenza di un uso normativo circa la capitalizzazione annuale degli interessi debitori dalla previsione patrizia della capitalizzazione annuale di quelli creditori giacché, non solo il mero reiterarsi di tale previsione contrattuale non è, ex sé, indice di sussistenza di un uso normativo circa la capitalizzazione degli interessi creditori ma, ove in ipotesi così fosse, tanto non sarebbe comunque sufficiente a provare la sussistenza di un corrispondente uso normativo circa gli interessi debitori, e ciò anche in considerazione della sempre riscontrata sproporzione tra la misura dei due tassi, creditori e debitori, sproporzione che viene subita dal correntista quale condizione per accedere al credito. Questo tribunale ritiene, altresì, inapplicabile in via analogica al contratto de quo la normativa dettata dall'art.1831 c.c. giacché norma non espressamente richiamata dall'art.1857 c.c. tra quelle relative al rapporto di conto corrente che il legislatore ha ritenuto positivamente applicabili anche al rapporto di conto corrente bancario.
Da ultimo in tal senso si richiama la nota pronuncia della Cassazione 24418/2010, la quale chiarisce come sia irrilevante in merito la previsione convenzionale della capitalizzazione annuale degli interessi giacché la detta clausola si riferisce ai soli interessi creditori, "con la conseguenza che, dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 cod. civ. gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione." (Cass. S.0 244182010).
Ritenuta la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e ritenuta l'insussistenza di un uso normativo legittimante l'anatocismo con scadenza temporale diversa da quella trimestrale, in difetto di diversa previsione normativa, i rapporti in oggetto dovranno essere rideterminati senza alcuna capitalizzazione degli interessi debitori per tutta la durata del rapporto, non avendo la banca dimostrato di essersi adeguata alle prescrizioni di cui alla delibera Cicr del 09.02.2000.
Va, altresì, dichiarata la nullità della CMS convenuta con riferimento a tutti i rapporti dedotti.
La cms è legittima solo se pattuita, e poi conteggiata, sulla sola somma che la banca si impegna a tenere a disposizione del correntista, la quale somma, per l'effetto, deve essere predeterminata o predeterminabile ex ante nel suo ammontare al tempo della pattuizione della commissione medesima giacché, diversamente, la previsione della commissione di massimo scoperto da conteggiarsi sulla somma massima utilizzata dal cliente nel periodo di riferimento (in genere il trimestre) e per tutti i giorni del periodo medesimo si risolve in una indebita duplicazione della voce degli interessi passivi applicati al correntista per il fido concessogli.
Nel caso di specie la CMS risulta pattuita "per superi di affidamento nella misura pattuita nel contratto di conto corrente" in misura del 1,200% con riferimento all'apertura di credito stipulata in data 09.10.2006 e del 1,0000% con riferimento all'apertura di credito stipulata il 23.10.2007.
Nel contratto corrente non risulta indicata alcuna "misura di affidamento" di talchè la detta pattuzione non può che ritenersi nulla per difetto di causa sostanziando indebita duplicazione degli interessi debitori già convenuti ed applicati
Conseguentemente i detti rapporti andranno rideterminati senza CMS.
In ordine alla quantificazione della posizione dare avere tra le parti all'esito di quanto sopra argomentato, va chiamato a chiarimenti il ctu affinché lo stesso, sulla scorta della documentazione in atti , determini l'ammontare del debito-credito tra le parti applicando il tasso legale a far data dall'apertura del rapporto di c/c sino alla data del 09.12.2006, applicando, da tale momento le condizioni convenute per le apertura di credito concesse il 09.12.2006 ed il 23.10.2007, così come risultanti degli allegati sub 5 e 6 del fascicolo di parte convenuta, espungendo ogni forma di capitalizzazione degli interessi debitori, e con capitalizzazione annuale di quelli creditori, senza applicazione alcuna della cms.
Va rigettata la domanda risarcitoria per indebita segnalazione alla Centrale rischi per non avere parte attrice provato l'esistenza della segnalazione della quale si duole.

PQM

Rigetta l'eccezione di prescrizione.
Rigetta la declaratoria di decadenza.
Dichiara la nullità della clausola di determinazione degli interessi secondo il cd uso piazza .
Dichiara l'illegittimità dell'operata capitalizzazione trimestrale e della CMS.
Rigetta la domanda di cancellazione alla centrale rischi
Dispone il proseguo del giudizio come da separata ordinanza redatta in data odierna.

Lecce Casarano 16 luglio 2014

Dott. Maria Gabriella PERRONE



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