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Anatocismo e Usura > Testi sentenze 2004/2010 > Sentenze 2012
Tribunale di Bari, Sez. Dist. di Rutigliano, Dott. Nicola ACHILLE, Sent. n. 165 del 26 marzo 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Tribunale di Bari Sezione Distaccata dì Rutigliano, DR. ACHILLE NICOLA, in funzione di Giudice monocratico civile ha emesso la seguente
SENTENZA n. 165 del 26 marzo 2012
Nella causa civile in oggetto indicata
TRA
M. C. G. rappresentato e difeso dall'Avv. Antonio Tanza e dall'Avv. Giovanni Albanese presso il cui studio in Rutigliano è elettivamente domiciliato
Attore
CONTRO
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CONVERSANO S.P.A., in persona del suo legale rappresentante por tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Giovanni Marangelli presso il cui studio in Conversano è elettivamente domiciliata
Convenuta
Deve preliminarmente evidenziarsi che oggetto del presente giudizio è un'azione di accertamento prima delle nullità delle clausole economiche contrattuali e poi il conseguente accertamento del dare-avere, promossa dal correntista, che deve qualificarsi come tipico giudizio di accertamento: accertamento, nel caso, della nullità delle clausole del contratto di apertura di credito stipulato dalle parti, attinenti la determinazione degli interessi ultralegali, il criterio di calcolo dall'interesse anatocistico, l'applicazione della provvigione di massimo scoperto e delle altre somme richieste in restituzione.
Nel proprio atto introduttivo l'attore richiedeva l'accertamento e la dichiarazione dell'invalidità parziale dei contratti di apertura di credito e di conto corrente n. 6512 (già 651/2), oltre i secondari confluenti (n. 12501-5,n. 13651-7, n. 1440-16, n. 19481-3) intercorsi tra le odierne parti in causa, nonché l'accertamento, a mezzo del ricalcolo delle competenze, dell'esatto dare - avere tra le parti contrattuali e, quindi, nell'ipotesi di chiusura del conto, la restituzione in favore degli odierni attori delle somme indebitamente versate.
Sempre nell'atto introduttivo, veniva contestata la illegittimità di talune clausole degli originari contratti di conto corrente impugnati, concernenti le condizioni economiche applicate nei rispettivi rapporti, indicando, per ciascuna delle contestazioni mosse, le clausole impugnate secondo il riferimento numerico riportato nel capitolato delle condizioni generali del contratto di c/c, ovvero i rispettivi addebiti nei c/c effettuati in difetto di qualsivoglia accordo negoziale, le norme di legge pacificamente violate nella considerazione dell'indirizzo interpretativo riferito dal consolidato indirizzo di Giurisprudenza di legittimità ivi riportato.
Orbene, in tale ottica, è inevitabile il rilievo che, essendosi costituita in giudizio soltanto all'udienza di comparizione delle parti, la convenuta Banca di Credito Cooperativo di Conversano è incorsa nelle decadenze di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c. e, conseguenzialmente, non può trovare alcuna considerazione la sollevata eccezione di prescrizione in quanto tardivamente proposta.
Nel merito, e con riferimento alla nullità della clausola di determinazione dell'interesse ultralegale mediante rinvio al c.d. "uso piazza", va dichiarata la nullità della clausola contrattuale che determina l'interesse ultralegale secondo gli usi di piazza sulla scorta del contratto prodotto.
Il contratto base originario è stato stipulato prima dell'entrata in vigore della c.d. legge sulla trasparenza ed ai fini della determinazione
del tasso di interesse da applicare il contratto base all'art. 73 statuisce che: "Gli interessi dovuti dal correntista al banca, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza".
Sostanzialmente nulla risulta convenuto con riferimento al tasso di interesse debitore da applicare, per la cui determinazione il contratto rinvia alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza e, in ogni caso, trattandosi di contratti predisposti dalla banca su formulano, la chiarezza è un obbligo, sanzionato dal noto art. 1370 c.c.
Sulla nullità della clausola c.d. uso piazza la giurisprudenza è ormai unanime e consolidata.
La determinazione dell'interesse ultralegale con riferimento ad inesistenti uso piazza rappresenta un abuso bancario, illegittimo e sanzionato sia dalla Giurisprudenza totalitaria che dalla stessa legislazione.
Nel caso in esame è fuori di dubbio, dunque, che non sono dovuti alla banca interessi ultralegali poiché l'interesse ultralegale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1284 c.c., va specificatamente pattuito per iscritto nel contratto.
Né tantomeno è poi possibile applicare ad un contratto sorto ante 8 luglio 1992, lo ius variandi e le forme di pubblicità dello stesso, così come introdotte dal 9 luglio 1992 alla c.d. legge sulla trasparenza e dal nuovo T.U.b.
La Corte di Cassazione, più volte espressasi sull'argomento, esclude l'applicazione di detta recente normativa (1992) ai rapporti sorti in un periodo anteriore, salvo che l'utente non abbia rinegoziato il contratto sottoscrivendo un modello ad hoc.
Non è possibile applicare il gravosissimo ius variandi, introdotto dall'art. 118 TUb senza che l'utente esprima per iscritto il suo consenso: la legge sulla trasparenza non può essere retroattiva e la sua applicazione non è automatica.
Vi è, dunque, la necessità di un consenso scritto da parte dell'utente e solo a partire da quel consenso si potrà applicare detta normativa, assolutamente garantista dei soli diritti delle banche. Il rapporto in causa è regolato dal contratto predisposto prima dell'entrata in vigore della c.d. "legge sulla trasparenza" (cioè prima dell'8 luglio 1992) e sarà regolato dalla disciplina codicistica che commina la nullità del tasso di interesse ultralegale in caso di sua indeterminabilità (come nel caso del rinvio agli usi).
Le unilaterali modifiche di tasso, a mezzo estratti conto o cartelli affissi nella banca, non hanno alcun valore ai fini della decisione del presente giudizio, poiché la banca non aveva alcun ius variandi essendo sottoposta alla norma dell'art. 1284 c.c.
Va, inoltre, ricordato che, mentre la legge n. 154/1992 non conteneva alcuna disposizione transitoria, il D.Lgs. N. 385 /1993, all'art. 161 comma 6, prevede espressamente che i "contratti già conclusi ed i procedimenti esecutivi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo restano regolati dalle norme anteriori". Ed è proprio traendo argomento dalla lettera di tale norma che la Cassazione ha affermato l'inapplicabilità ai rapporti già instaurati delle nuove disposizioni normative.
Inoltre, in conseguenza del principio generale di irretroattività della legge dettato dall'articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, l'eventuale retroattività di una legge o di altra fonte normativa di grado inferiore deve risultare da una espressa o quanto meno non equivoca dichiarazione del legislatore, dovendosi ritenere, in caso di incertezza, che la norma non disponga che per l'avvenire e non abbia quindi effetto retroattivo.
In conclusione, il correntista, al momento della sottoscrizione del contratto di apertura di credito, deve conoscere le condizioni economiche regolanti il rapporto e, in virtù di tanto, con riferimento ai caso di specie, deve dichiararsi la nullità della clausola n. 7, comma 3, ove prevede che: "Gli interessi dovuti dal correntista alla banca, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle banche sulla piazza, e producono a loro volta interessi nella stessa misura".
Trattasi di clausola che non determina specificatamente il tasso di interesse ultralegale applicabile al rapporto bancario di conto corrente, in totale dispregio dell'art. 1284 c.c. e dell'art. 1346 c.c.--
La recente e maggioritaria Giurisprudenza ha concordemente ritenuto che il riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle banche sulla piazza non costituisce un oggettivo ed uniforme criterio di riferimento per la determinazione del tasso ultralegale.
La sanzione è quella prevista dall'art. 1284 c.c. e, cioè, il ricalcolo di tutti gli interessi addebitati dalla banca nel corso dell'intero rapporto, applicando il tasso legale.
Deve, altresì, dichiararsi la nullità della clausola n. 7, comma 2, ove prevede che: "I conti che risultino, anche saltuariamente, debitori vengono invece chiusi contabilmente, in via normale, trimestralmente e cioè a fine marzo, giugno, settembre e dicembre, di ogni anno...".
E' risultato, dagli e/c prodotti, che la banca ha capitalizzato trimestralmente gli interessi, le commissioni e tutti gli oneri. Le clausole che prevedono la capitalizzazione trimestrale sono state dichiarate nulle da numerose sentenze della Corte di Cassazione, mentre l'art. 25 del D.Lgs. 342 dei 1999 non ha effetto retroattivo e, comunque, è norma anticostituzionale (come rilevato da Ordinanze, anche di questo Tribunale).
Da dette eccezioni deriva che la banca, unica parte contrattuale che tiene il conto, ha effettuato una serie di indebite appostazioni contabili che hanno evidenziato un saldo contabile non veritiero.
Per quanto relativo alla eccezione in ordine alla illegittimità della capitalizzazione dell'interesse, deve rilevarsi come ormai, pacificamente, la pronuncia n. 24418 del 02.12.2010 delle S.U. della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che accertata la nullità della clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, deve escludersi necessariamente ogni forma di capitalizzazione degli interessi medesimi.
Atteso che la contrarietà alla norma imperativa di cui all'art. 1283 c.c. involge l'intero contenuto della stessa, deve ritenersi nulla, in generale, la pattuizione dell'anatocismo e quindi di ogni tipo di capitalizzazione degli interessi (compresa quella a favore del correntista, conclusa anch'essa ex ante il maturarsi dell'interesse).
Non vi è possibilità di sostituzione legale o di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità, in quanto, si ripete, l'anatocismo non è previsto ma soltanto permesso dalla legge a determinate condizioni e, in mancanza di valida pattuizione fra le parti, esso rimane non pattuito fra le stesse.
Ne deriva che nessuna capitalizzazione, né annuale, né semestrale, né giornaliera può essere riconosciuta alla Banca, con conseguenza che gli interessi (legali) dovuti su tutti gli importi di capitali a debito di tempo in tempo maturati dall'inizio del rapporto producono interessi (legali) solo a far tempo dalla domanda.
Per quanto si attiene alla eccepita invalidità della clausola relativa alle c.d. commissioni di massimo scoperto, deve rilevarsi che nel caso oggetto del presente giudizio è emerso che le stesse non sono giammai state previste nel contratto di apertura di credito, così come non è stato contrattualmente previsto ed esplicato il loro metodo di calcolo e la loro capitalizzazione trimestrale.
Per altro verso, va rilevato che quandanche vi fosse stata una qualsivoglia previsione contrattuale, tali clausole si limitano ad indicare genericamente la percentuale di commissione di massimo scoperto applicata al conto, senza specificare su quali importi e per quali periodi venga applicata.
Va, ancora, rilevato come la commissione di massimo scoperto possa ritenersi validamente espressa e prevista solo allorquando possa individuarsene una funzione diversa da quella già svolta dall'interesse.
Pertanto, solo una clausola negoziale che indichi in modo preciso e specifico le modalità di applicazione e di calcolo della commissione di massimo scoperto potrebbe passare indenne da questo primo giudizio di validità; è bene, però, rilevare che nella prassi bancaria quasi mai la clausola in esame viene dettagliata in modo tale da consentire al correntista un'autonoma valutazione sulla sua corretta applicazione.
Analogamente deve riconoscersi la nullità dell'addebito sia delle c.d. valute fittizie, sia delle c.d. spese forfettarie.
Infatti, per quanto relativo alle valute fittizie, trattandosi di un addebito di interessi passivi ultralegali, in applicazione della norma di cui all'art. 1284 c.c., deriva la nullità della clausole contrattuale che regola le valute applicabili sul conto in riferimento agli accrediti ed addebiti con applicazione di giorni di valuta mai concordati.
Per quanto, poi, relativo alle c.d. spese forfettarie, la clausola relativa non si sottrae alla nullità derivante dal combinato disposto degli artt. 1346 e 1418 c.c. proprio in considerazione della indeterminabilità dell'oggetto del contratto.
Esaminando, quindi, i risultati della espletata C.T.U. deve evidenziarsi che tutti i risultati, nelle varie ipotesi esaminate, evidenziano un credito dell'attore. e tra le ipotesi ricostruttive prospettate la più corretta risulta essere quella che prevede l'applicazione dei tassi BOT variati ogni anno, con l'espunzione di ogni capitalizzazione, commissioni di massimo scoperto e spese e che, di conseguenza, evidenzia un saldo creditorio del correntista, alla data del 31.12.2005, pari ad € 158.051,92.
Infatti, non può condividersi l'affermazione del C.T.U. in ordine alla "correttezza tecnica" dei conteggi ante 1996 atteso che, per giurisprudenza ormai costante, la mancanza di alcuni estratti conto non rende inattendibile la ricostruzione del C.T.U., trattandosi di estratti relativi a periodi intermedi che, al più, non evidenziano gli importi addebitati a sfavore del correntista.
Da quanto innanzi discende la fondatezza della domanda attorea relativamente al danno da illegittima segnalazione presso la Centrale Rischi.
Invero, II danno da illegittima segnalazione presso Centrale Rischi si profila sia nell'ipotesi di c.d. errore nella segnalazione di categoria (cioè a sofferenza e non ad incaglio, ecc.) che nel c.d. errore di quantificazione della presunta esposizione.
Più grave è il primo errore, in quanto comporta la preclusione del credito, mentre il secondo comporta, nell'ipotesi più lieve, una saturazione dei credito, sino all'effettiva impossibilità di ottenere credito.
Ovviamente, nella maggior parte delle volte, gli errori convivono.
Il danno da informazione inesatta non si esplica soltanto nella mancata concessione di nuove linee di credito ma anche alla lesione della reputazione personale e commerciale, pregiudicata da un'erronea segnalazione che certamente costituisce causa di discredito del soggetto coinvolto, tanto più ove il discredito avvenga all'interno del sistema creditizio il quale fa fronte comune nella (di norma giustificata) difesa dagli insolventi o da chi è ritenuto tale anche da uno solo degli aderenti.
Difatti "la segnalazione di una "sofferenza" non più esistente, conferendo pubblicità interbancaria ad un non reale protrarsi dell'insolvenza del debitore, è destinata ad assumere rilevanza peculiare in un'ottica commerciale ed imprenditoriale, risolvendosi in una complessa vicenda di indubitabile discredito patrimoniale, idonea a provocare un danno anche della reputazione imprenditoriale del segnalato. In tal caso è ipotizzabile una responsabilità dell'azienda di credito verso il cliente ingiustamente, e quindi antigiuridicamente, segnalato alla Centrale dei Rischi"(Trib. Bari, sez. I, G.U. dott. Cirillo, sent. del 22 dicembre 2000).
Si determina in questo caso un danno che si ritiene in re ipso e che legittima,_pertanto, il diritto al risarcimento senza che incomba sul danneggiato l'onere di fornire la prova dell'esistenza del danno (Cass. civ., Sez. III, sent. n, 4881 del 19/01/2001; Cass. civ. sent. n. 1103 del 05/11/1998).
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bari - Sezione Distaccata di Rutigliano, in composizione monocratica, definitivamente decidendo sulla domanda proposta dal sig. Minischetti Castiglione Giuseppe nei confronti della s.p.a. Banca di Credito Cooperativo di Conversano, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con atto di citazione notificato in data 06.05.2006 così provvede:
Accoglie la domanda proposta dal sig. M. C. G. nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Conversano s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore e, per l'effetto:
- Dichiara la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1284, 1346, 2697 e 1418, co.2, c.c., nonchè dell'art. 8 della legge n. 64 del 1986, dell'art. 7, comma 3, delle condizioni generali del contratto apertura di credito e di conto corrente n. 6512 (già 65112), oltre i secondari confluenti (n. 12501-5, n. 13651-7, n. 1440-16, n. 19481-3) intestato a Giuseppe Minischetti Castiglione ed acceso presso la Banca di Credito Cooperativo di Conversano a r.I.- filiale di Rutigliano (Ba), oggetto del rapporto tra le parti del presente giudizio, relativa alla determinazione degli interessi debitori con riferimento alle condizioni usualmente praticate dalla aziende di credito sulla piazza e, per l'effetto, dichiara la inefficacia degli addebiti in de per interessi ultralegali applicati nel corso dell'intero rapporto e l'applicazione in via dispositiva, ai sensi dell'art. 1284, comma 3, c.c., degli interessi al saggio legale tempo per tempo vigente;
- Dichiara la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1283, 2697 e 1418, co.2, c.c., dell'art. 7, commi 2 e 3, delle condizioni generali del contratto apertura di credito e di conto corrente n. 6512 (già 651/2) oltre i secondari confluenti (n. 12501-5, n. 13651-7, n. 1440-16, n. 19481-3), oggetto del rapporto tra le parti del presente giudizio, relativa alla capitalizzazione trimestrale di interessi, competenze, spese ed oneri applicata nel corso dell'intero rapporto e, per l'effetto, dichiara la inefficacia dí ogni e qualsiasi capitalizzazione di interessi al rapporto in esame;
- Dichiara la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1325 e 1418, degli addebiti in c/c per non convenute commissioni sul massimo scoperto trimestrale; comunque prive di causa negoziale; - Dichiara la nullità ed inefficacia, per violazione degli arti 1284, 1346, 2697 e 1418, co.2, c.c., degli addebiti di interessi ultralegali applicati nel corso dell'intero rapporto sulla differenza in giorni-banca tra la data di effettuazione delle singole operazioni e la data della rispettiva valuta; nonchè per mancanza di valida giustificazione causale;
- Dichiara, per l'effetto, che l'esatto dare-avere tra le parti del rapporto sulla base della riclassificazione contabile del medesimo in regime di saggio legale di interesse, senza capitalizzazioni, con eliminazione di non convenute commissioni di massimo scoperto e di interessi computati sulla differenza in giorni-banca tra la data di effettuazione delle singole operazioni e la data della rispettiva valuta è pari ad € 158.051,92;
- Dichiara la nullità di ogni obbligazione accessoria al rapporto principale ed in particolar modo della fideiussione omnibus;
- Condanna la Banca di Credito Cooperativo di Conversano s.p.a. alla correzione del saldo contabile al 31.12.2005 del conto oggetto di giudizio con il saldo contabile di € 158.051,92 oltre alla somma di 25.000,00 equitativamente determinata a titolo di danno da errata segnalazione alla Centrale dei Rischi;
- Condanna la banca a rettificare la illegittima segnalazione alla centrale rischi presso la Banca d'Italia a motivo del rischio erroneamente quantificato;
- Condanna la Banca di Credito Cooperativo di Conversano s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, ai pagamento, in favore del sig. M. C. G., delle spese e competenze del giudizio che ritiene equo liquidare in complessivi euro 6.355,00 di cui euro 2.255,00 per diritti ed euro 4.100,00 per onorario, oltre rimborso spese generali, IVA e CAP come per legge, con distrazione in favore degli Avv.ti Antonio Tanza e Giovanni Albanese qualificatisi distrattari.
- Pone definitivamente a carico della s.p.a. Banca di Credito Cooperativo di Conversano le spese e competenze della espletata C.T.U.
Il Tribunale civile di Lecce
- Seconda Sezione civile -
nella persona del giudice, dr.ssa Annafrancesca Capone, ha pronunciato all'esito dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 26_10.2011 la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile iscritto al ti. 1156 del ruolo generale dell'armo 2003, avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo;
promosso da
A. A. e P. A., rappr. e dif. dall'avv. Antonio Tanza, giusta procura a margine dell'atto di opposizione;
attori/opponenti -
contro
Banca Popolare Pugliese "capogruppo Gruppo Bancario Banca Popolare Pugliese", in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappr. e dif. dagli avv.ti Raffaele Dell'Anna e Giuseppe Dell'Anna Misurale, giusta procura generale per notar Giorgio Cascione dell'11.04.1996 rep. n. 100133;
convenuta/opposta -
Conclusioni:
Le parti, all'udienza del 26.10.2011, hanno precisato le conclusioni riportandosi ai precedenti scritti difensivi e chiedendo la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c..
Fatto e diritto
(...)
Con riferimento alla clausola con cui le parti convengono la determinazione del tasso di interesse mediante rinvio agli usi normalmente praticati "su piazza", va evidenziato come - alla stregua di un consolidato orientamento giurìsprudenziale - la stessa sia nulla per indeterminatezza della fattispecie.
E difatti, "la convenzione relativa alla determinazione degli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto di cui all'art. 1284 co. 3 c. e., quando relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri ,"2-n essa oggettivamente indicati e richiamati. Una clausola contenente un generico riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle 'aziende di credito sulla piazza' può pertanto ritenersi univoca se coordinata alla esistenza di vincolanti discipline fissate su larga scala nazionale con accordi di cartello, ma non anche quando tali accordi contengano riferimenti a diverse tipologie di tassi e non consentano, per la loro genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso fare concreto riferimento. Nel caso di rinvii agli usi di piazza, pertanto, è necessario accertare, con riferimento al singolo rapporto dedotto, secondo la disciplina del tempo, se l'elemento estrinseco di riferimento permetta una sicura determinabilità della prestazione di interessi, pur nella variabilità dei tassi nel tempo, senza successive valutazioni discrezionali da parte della banca" (Cass. sent. 4696 dell'8.5.98; cod. Cass. sent. 6247 del 23.6.98).
o Tale essendo il paradigma ermeneutico di riferimento, nel caso dì specie, si osserva che la banca convenuta non ha fornito prova con riguardo alla certezza della misura del tasso, non preoccupandosi di offrire una reale spiegazione in ordine alla loro modalità di formazione e rilevamento; ne consegue che uno degli elementi fondamentali (il tasso convenzionale di interesse sui conti debitori) nella determinazione del saldo finale indicato dalla banca viene sostanzialmente a mancare per indeterminatezza dell'oggetto e conseguente nullità della clausola contrattuale (artt. 1418-1346 c.c.).
(...)
Una volta ritenuta la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, reputa questo giudice di dover aderire - condividendosene appieno le argomentazioni - a quell'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale non è possibile sostituire l'anatocismo trimestrale con quello annuale, posto che, come correttamente osservato, "la contrarietà a norma imperativa di cui all'art. 1283 c. c. involge l'intero contenuto della clausola (e non solo quindi la parte di essa relativa alla periodicità della capitalizzazione); è la pattuizione in contratto dell'anatocismo ad essere nulla, onde secondo i principi generali trattasi di contratto nullo ab origine privo di qualsiasi pattuizione di capitalizzazione, trimestrale come annuale come di diversa periodicità. Non vi è possibilità di sostituzione legale o di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità, in quanto l 'anatocismo è consentito dal sistema soltanto in presenza di determinate condizioni, in mancanza delle quali esso rimane giuridicamente non pattuito tra le parti" (Trib. Pescara 3.6.2005, giudice dr. Falco; Trib. Mantova 21.1.2005, giudice dr. Bernardi).
Tale orientamento ha, peraltro, trovato di recente l'avallo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 24418/10 del 23.11-02.12.10), le quali hanno ritenuto che la previsione della capitalizzazione annuale per gli interessi creditori non può essere estesa agli interessi debitori, una volta accertata la nullità di quella - convenuta dalle parti per questi ultimi - di capitaliz7azione trimestrale; tanto alla luce dei criteri di ermeneutica contrattuale e, in particolare, di quello di interpretazione sistematica delle clausole; non emerge da alcun elemento, infatti, che le parti - quando hanno convenuto la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi - abbiano anche previsto la sua sostituzione con la capitalizzazione annuale, nell'ipotesi di nullità della stessa; pertanto, "dichiarata la nullità della ... previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto can il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna".
(...)
Quanto alle commissioni di massimo scoperto, il contratto non aveva previsto alcunché di specifico, visto che - come evidenziato dall'istituto bancario stesso in sede di comparsa di costituzione - la questione era regolata dalla clausola n. 7 delle N.U.B. che ne prevedeva il calcolo secondo gli usi di piazza.
Pertanto, non è dovuto alcunché per il relativo titolo trattandosi di voce di addebito nulla per mancanza di causa, il cui oggetto non è esattamente individuato né individuabile alla stregua di parametri di riferimento oggettivi, risolvendosi la previsione in un ulteriore e non pattuito aggravio di interessi corrispettivi, peraltro in misura non specificamente determinata, rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti per l'utilizzazione dell'apertura di credito (sul punto cfr. Trib. Lecce, 11.5.2005, Pensa ci MPS ocB s_pa.).
Lo stesso discorso di cui sopra vale per antergazione e postergazione delle valute, applicate - almeno fino al 1992 - secondo gli usi di piazza, non preventivamente determinati né facilmente determinabili e, perciò, nulli.
(...)
La domanda di improcedibilità dell'opposizione al decreto ingiuntivo opposto, sollevata dall'istituto di credito all'udienza del 09_03.2011, deve essere rigettata alla luce del disposto dell'art. 2 L. 29.12.2011, n. 218.
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