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Convegni e pubblicazioni
FERMO AMMINISTRATIVO DEGLI AUTOVEICOLI:
RIBELLATEVI ALLE GANASCE FISCALI.
ISTRUZIONI PER L’USO
(degli Avv.ti Massimo Melpignano e Antonio Tanza)
A Bari la locale concessionaria per la riscossione sottopone a fermo amministrativo per un credito di € 377 (!) un motociclo Piaggio 125 ed un’Alfa Romeo 156 1.9 JTD (!!): su ricorso del cittadino il giudice annulla il Fermo.
A Seregno viene disposto il fermo di un’Audi A6 per il mancato pagamento della tassa rifiuti (!!!).
Si moltiplicano in tutta Italia le notizie di fermo di autoveicolo disposte dalle concessionarie per la riscossione di modestissimi importi.
Oltre al danno la beffa: il cittadino deve anche pagare le spese per la cancellazione del fermo dal Registro automobilistico.
CHE FARE?
OPPORSI!
Il provvedimento di fermo può essere disposto dalla Concessionaria per la riscossione tributi in forza del nuovo art. 86 del d.P.R. 602/73, nel caso in cui non si sia pagata entro 60 giorni la cartella esattoriale.
Non è stato mai emanato però il regolamento di attuazione previsto dal comma 4 dell’art. 86: quindi la norma è INCOMPIUTA e perciò INAPPLICABILE.
COSA BISOGNA CONTROLLARE ?
Una serie di norme prevedono espressamente il contenuto della cartella esattoriale, le modalità di notifica, elementi sulla base dei quali e’ stata disposta l’iscrizione a ruolo, l’indicazione specifica di tutte le somme richieste in pagamento.
Tutti devono rispettare la LEGGE, anche le Concessionarie.
Controllate quindi che le cartelle notificatevi contengano in maniera chiara tutte queste indicazioni.
Lo STATUTO DEL CONTRIBUENTE non è carta straccia!
ATTENZIONE!
Il termine di prescrizione per la riscossione è di cinque anni a decorrere dal giorno in cui è stata commessa la violazione.
Non vanno pagate, perché prescritte, le somme richieste per gli anni antecedenti.
CHIEDETE I DANNI
Nessuno ha il diritto di costringervi senza motivo ad affrontare lunghe file presso gli uffici per capire “perché e che cosa dovete pagare”.
Nessuno può appiedarvi ingiustamente!
Chi sbaglia deve pagare…e non sempre a sbagliare è il cittadino.
Adusbef invita a non chinare il capo di fronte a questo ennesimo abuso: fate valere i vostri diritti!
FORMULARIO
SCHEMA DI ATTO DI CITAZIONE
(questo schema è stato redatto aderendo alla tesi secondo cui il provvedimento di fermo ha natura cautelare e non di atto esecutivo; l’atto deve essere completato nei punti contrassegnati dall’asterisco)
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI **************
ATTO DI CITAZIONE
PER: *******************, nato in ************* il **************, residente in ************ alla via ************* (C.F.: ******************), elettivamente domiciliato in ***************************** presso lo studio dell’Avv. ******************** dal quale è rappresentato e difeso giusta mandato a margine del presente atto;
CONTRO: ***************************, concessionaria del servizio per la riscossione per la provincia di ************************, in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”, con sede in ************** alla via ***********************
AVVERSO
Il Provvedimento n. ********************* emesso da ****************** in data ********************, notificato il ***************, con il quale è stato disposto il fermo ex art. 86 d.P.R. 602/73, dell’automezzo TG ***********************, per il presunto mancato pagamento dei carichi di ruolo di cui alla cartella n. ************, nonché avverso tutti gli atti allo stesso conseguenti e collegati.
PREMESSO
che il detto provvedimento è fortemente viziato da molteplici violazioni di legge che lo rendono in radice nullo, invalido e dunque inefficace.
che in particolare risultano violate le norme relative a:
- notifica del verbale di accertamento, dell'ordinanza-ingiunzione, dell'avviso di liquidazione o comunque di un valido titolo esecutivo;
- indicazione analitica di tutte le somme richieste in pagamento.
- indicazione degli elementi sulla base dei quali e’ stata disposta l’iscrizione a ruolo;
che, inoltre, la pretesa impositiva è prescritta perché afferisce a violazioni commesse oltre cinque anni prima della notifica;
che, peraltro, non è ancora stato emanato il regolamento di attuazione dell’art. 86 D.P.R. 602/73 e, pertanto, tale norma è inapplicabile perché incompiuta.
che, per quanto esposto, la parte attrice ha subito un duplice danno sia sotto il profilo della inutilizzabilità del mezzo sottoposto a fermo sia sotto il profilo del danno esistenziale, danno che si quantifica in complessive € ___________ salvo diversa valutazione equitativa del giudice.
Tanto premesso
CITA
***************************, concessionaria del servizio per la riscossione per la provincia di ************************, in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”, con sede in ************** alla via *********************** al comparire dinanzi al Giudice di Pace di ********************* per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni:
1) ACCERTARE E DICHIARARE la illegittimità della procedura di fermo amministrativo disposta sulla autovettura di parte ricorrente.
2) Per l’effetto, ACCERTARE E DICHIARARE la nullità del provvedimento impugnato con il presente ricorso, nonché di tutti gli atti al detto provvedimento collegati o dallo stesso discendenti.
3) ACCERTARE l’intervenuta prescrizione della pretesa impositiva in forza della quale è stato disposto il provvedimento di fermo.
4) CONDANNARE la Concessionaria al risarcimento, in favore di parte ricorrente, del danno subito in conseguenza del fermo dalla autovettura nella misura di € ************ per ogni giorno di fermo, o in quell’altra maggiore o minore ritenuta di giustizia, anche secondo valutazione equitativa.
5) CONDANNARE la Concessionaria al risarcimento, in favore di parte ricorrente, del danno esistenziale subìto in conseguenza del “temerario” e “vessatorio” provvedimento di fermo, nella misura di € *********** o in quell’altra maggiore o minore ritenuta di giustizia, anche secondo valutazione equitativa.
6) Con vittoria di spese ed espresso contenimento della domanda nei limiti della competenza per valore del giudice adìto.
Si invita la convenuta a costituirsi in giudizio nei modi e termini di legge con avviso che, in mancanza, si procederà nella sua contumacia.
Si produce come da indice del fascicolo di parte depositato in uno al presente ricorso.
DICHIARAZIONE DI VALORE
Ai fini di cui al Testo Unico spese di Giustizia, si dichiara che il valore della presente controversia è inferiore ad € 1033,00-
***************, lì ****************** Salvezze tutte
GIURISPRUDENZA
Seguono casi risolti dall’Autorità Giudiziaria in Puglia.
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE
II Giudice di Pace di Bari Avv. Giuseppe Frugis, nella causa civile n. 10041 RG 2002, ha pronunziato, all'udienza del 27.2.2003, la seguente
SENTENZA-DISPOSITIVO
Tra
(Omissis)
ricorrente
contro
SESIT PUGLIA spa
Convenuta
Oggetto: ricorso avverso avviso di fermo di autovettura nonché di liquidazione, ordinanza-ingiunzione, iscrizione a ruolo, cartella di pagamento.
Con ricorso depositato il 20.11.2002, l'istante proponeva opposizione avverso la nota dell'8.11.2002 di comunicazione di avvenuto fermo amministrativo della propria autovettura tg. (omissis) nonché avverso tutti gli atti collegati.
Premetteva che il fermo amministrativo non conteneva alcun dato dal quale poter risalire alle ragioni impositive e deduceva:
1) omessa notifica del verbale di accertamento, dell'ordinanza-ingiunzione, dell'avviso di liquidazione o comunque di un valido titolo esecutivo, indicante tutte le somme richieste in pagamento;
2) omessa indicazione delle date di notifica degli atti di accertamento nonché degli elementi essenziali all'individuazione del fatto che avrebbe originato l'imposizione,
3) violazione delle norme poste a tutela dell'esercizio di difesa, per l'omessa indicazione del termine e dell'autorità cui poter ricorrere;
4) prescrizione della pretesa impositiva;
5) sovradimensionamento del fermo, essendo stato sottoposto a fermo un bene di valore di gran lunga superiore al preteso credito.
Eccepiva, poi, l'illegittimità del fermo amministrativo, perché emesso in mancanza del previsto regolamento di attuazione dell'art.86 del DPR 602/73, come modificato dal D.lgs 193/2001;
Si costituiva la Sesit Puglia spa, eccependo il difetto di giurisdizione.
Deduceva, infatti, che la nuova disposizione del citato art.86 aveva attribuito al concessionario il potere di disporre il fermo, e poiché non era un atto esecutivo, esulavano dall'ambito applicativo della norma le opposizioni agli atti esecutivi; del pari, per il divieto contenuto nell'art. 57 dpr 602/73, dovevano ritenersi escluse anche le opposizioni all'esecuzione.
Sotto questo profilo, sosteneva la Sesit, non doveva ritenersi ammessa la cognizione dell'a.g.o. bensì alternativamente la giurisdizione amministrativa o tributaria.
Concludeva, pertanto, che la cognizione poteva "...essere devoluta al TAR, sulla base della natura del fermo, atto tipicamente amministrativo anche se posto in essere, in qualità di sostituto o di delegato ex lege, dal concessionario... o ... potrebbe, altresì, individuarsi la giurisdizione delle Commissioni tributarie, ove il fermo, restando tipico atto amministrativo, fosse riconducibile all'istituto della sanzione ( al pari del provvedimento di chiusura dell'esercizio commerciale, della sospensione dall'albo professionale o della sospensione della patente ), avverso la quale va proposta l'opposizione innanzi alla Commissione tributaria provinciale ai sensi dell' art.2 del d.lgsv 546/92 ("appartengono alla giurisdizione tributaria... omissis... le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici finanziari..." comma l ) ".... per concludere che …. l'alternatività tra l'autorità amministrativa e quella tributaria esclude certamente la giurisdizione del giudice ordinario e, quindi, del Giudice di Pace".
MOTIVI DELLA DECISIONE
in limine.
Prima dell'esame del merito, va osservato che non v'è luogo ad una pronunzia del difetto di giurisdizione.
A parere di questo Giudice, le doglianze proposte dal (omissis), sono riconducibili ad una azione che nella sostanza, e dunque, indipendentemente dalla formale prospettazione di essa (nomen iuris), va qualificata quale domanda di accertamento della illiceità del comportamento posto in essere dalla Sesit attraverso la adozione del provvedimento di fermo; domanda che avendo ad oggetto una attività materiale lesiva di diritti soggettivi, rientra come tale nella giurisdizione ordinaria.
E' indiscutibile che ove la Pubblica Amministrazione ( ed a fortiori la Sesit, che è una società per azioni, sia pure concessionaria di pubblico servizio) va ad incidere su una posizione giuridica avente consistenza di diritto soggettivo, può essere convenuta come un qualsiasi altro soggetto davanti al g.o. (art.2 L. 248/65 All. E ).
A tal proposito è bene sgombrare il campo da equivoci: è fuori di ogni logica giuridica ritenere che l'ordinamento affidi ad un organo la competenza per l'esercizio di un potere (anche discrezionale) e preveda o consideri fisiologico che dall'attività di tale organo possano conseguire abusi di potere, disparità di trattamento ecc. - vale a dire fatti dannosi nel senso di cui alla previsione di cui all'art. 2043 cc - senza che sia riconosciuto al cittadino la facoltà di ricorrere all'organo giurisdizionale dinanzi al quale, prospettata la antigiuridicità del procedimento e/o dei singoli atti di esso, poter richiedere contestualmente il risarcimento dei danni.
Un ordinamento così concepito, prevedendo una sostanziale immunità della P.A. pur in presenza di un esercizio illegittimo della funzione pubblica che essa determina, si proporrebbe come negazione dei fondamentali canoni di giustizia ed equità cui esso deve ispirarsi e peraltro non troverebbe alcuna giustificazione in questo particolare momento storico caratterizzato dall'abbandono di concezioni arcaiche, implicanti una posizione di supremazia della P.A. nei confronti dei cittadini (v. legge n. 241/90 ; legge sulla responsabilità dei magistrati).
Orbene, assunto che l'ambito della potestà autoritativa non è libero, bensì soggetto a limiti ben precisi che consentono di verificare le modalità dell'esercizio del potere, non v'è chi non veda come la violazione di detti limiti non possa non comportare anche una responsabilità risarcitoria in funzione del pregiudizio arrecato.
E ciò si verifica, si badi bene, quando l'attività della P.A. va ad incidere non solo su diritti soggettivi, ma anche su interessi legittimi.
Sicché, ove anche si volesse qualificare la domanda di cui al presente giudizio, in termini diversi da quelli innanzi prospettati, ovvero non quale domanda di accertamento della lesione di diritti soggettivi, bensì di interessi legittimi, pure in tale caso non sarebbe esclusa la competenza giurisdizionale di questo giudice.
Tali rilievi vengono formulati in perfetta assonanza con il mutato orientamento della Suprema Corte che con la storica pronunzia a Sezioni Unite n. 500 del 22.7.99, ha scardinato il pietrificato orientamento giurisprudenziale precedente che negava la configurabilità della responsabilità civile della P.A. ex art. 2043 cc. per il risarcimento dei danni cagionati ai privati da provvedimenti e atti amministrativi illegittimi, lesivi di interessi legittimi.
Con detta sentenza, le Sezioni Unite, recependo il dissenso manifestato in dottrina e giurisprudenza, rispetto alla teoria tradizionale della irrisarcibilità degli interessi legittimi, hanno rivisitato la interpretazione dell'art. 2043 cc, qualificando danno ingiusto, e come tale risarcibile, non solo quello riveniente dalla lesione di un diritto soggettivo, ma anche quello arrecato senza una valida causa di giustificazione e che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento giuridico.
Sicché, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana, non assume più rilievo decisivo la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, posto che la tutela risarcitoria è attualmente correlata alla "ingiustizia del danno", costituente fattispecie autonoma, caratterizzata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante.
Lesione questa che, a parere di questo giudice, ricorre nel caso di specie.
Per altra ragione, va ritenuta legittimamente incardinata dinanzi al g.o. la presente controversia.
Dall'esame delle diverse fonti normative sul "fermo amministrativo" ( art. 69 R.D.L. 2440/23; art. 176 comma 18 D.L.svo 285/92 - Codice della Strada - ; art. 126 comma 7 D.L.svo 285/92 ) , non emerge alcuna indicazione che consenta di individuare univocamente un organo giurisdizionale cui ricorrere. Conferma significativa proviene dalla difesa della Sesit che, eccependo il difetto di giurisdizione di questo giudice, individua alternativamente nel TAR o nelle Commissioni Tributarie l'organo giurisdizionale competente, escludendo apoditticamente la competenza del giudice ordinario ( ma, si obietta: quid iuris, se il "fermo" trovasse origine nella violazione dell'art. 176 comma 18 C. d. S., per il quale è espressamente prevista la competenza del Giudice di Pace dalla L. n. 689/81?). E' utile evidenziare come la mancanza di qualsivoglia indicazione nella comunicazione del "fermo" , circa la natura del "carico scaduto", oltre a non consentire la individuazione del giudice competente ( cosa è che le somme dovute siano correlate ad una violazione degli artt. 176 e/o 126 C.d.S., altra cosa è che le stesse siano correlate ad una obbligazione tributaria ), impedisce al cittadino l'esercizio del sacrosanto diritto di difesa (art.24 Cost.), non essendo costui in grado di incidere in alcun modo sul disposto "fermo" ( con richiesta, ad esempio, della sospensione), nei casi meritevoli di tutela ( debito prescritto o pagato).
Peraltro, nel corso di tutto il giudizio, pur in presenza di puntuali contestazioni opposte dalla difesa del ricorrente, la Sesit non si è neppure peritata di offrire elementi di prova a fondamento delle proprie richieste, né tanto meno ha assunto una posizione precisa sulla questione della competenza.
Sicché, in mancanza di elementi di segno contrario, ed in costanza, per converso, di valide ragioni che inducono a qualificare la domanda attorea nei termini innanzi indicati, va affermata la competenza del g.o.
nel merito.
La domanda è fondata e va accolta per quanto di ragione.
Il nuovo testo dell'art. 86 del DPR n. 602/73 che disciplina la misura cautelare del fermo amministrativo, facultando il concessionario a disporre detto provvedimento su beni mobili iscritti al PRA, una volta decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della Cartella di pagamento, prevede espressamente all’ultimo comma: “con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e dei lavori pubblici, sono stabilite le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto nel presente articolo".
Ad oggi, detta disciplina di attuazione non è stata emanata.
Ritiene questo giudice, che nessuna valenza possa riconoscersi ad un provvedimento (fermo) che non sia espressione diretta di una norma di diritto positivo.
Un precetto privo della sua normativa di attuazione, non esprimendo forza cogente, è del tutto inapplicabile.
Di qui l'inesistenza in radice del potere di disporre il fermo (e quindi la illegittimità di esso) , atteso che la locuzione letterale dell'ultimo comma dell'art.86 pone una correlazione inscindibile tra la procedura volta ad attuare il fermo e il Regolamento attuativo nel quale trova disciplina la prima.
Orbene, non essendo stata emanata la disciplina di attuazione, non potrà ancora riconoscersi valenza cogente allo stesso art. 86, più volte citato.
Peraltro non si ritiene di poter condividere la tesi, pur isolatamente sostenuta, circa l'applicabilità del Regolamento approvato con DM 503/98.
E tanto perché detto previgente decreto era ancorato a presupposti e adempimenti diversi, tali da rendere affatto incompatibili le due discipline.
Ma v'è di più.
La mancata previsione normativa in ordine alle “modalità, termini e procedure" del fermo, consente a questo giudice di apprezzare gravi profili di illegittimità di rilievo costituzionale, riconducibili alla violazione degli artt. 24 e 97 della Costituzione:
a) con riferimento al primo articolo (diritto di difesa), non v'è chi non veda come l'inerzia del legislatore nella emanazione della disciplina attuativa dell'art. 86 (destinata a contenere - si ribadisce - modalità e procedure del fermo; elementi, questi, non contenuti neppure nel previgente decreto n. 503/98), comprometta irrimediabilmente l'esercizio del diritto di difesa, non sussistendo alcuna disciplina prevedente le modalità per l'impugnazione o la sospensione del fermo - come già detto - nei casi meritevoli di tutela ( prescrizione, avvenuto pagamento ecc.).
b) ma anche con riferimento all'art. 97 della Costituzione legalità, imparzialità e buon andamento della P.A.) sono agevolmente individuabili nella condotta della Sesit, deviazioni da fondamentali principi tracciati dalla Costituzione.
La Sesit, infatti, sotto l'apparente esercizio di un diritto, ha perpetrato una attività vessatoria ed iniqua ai danni del ricorrente, in quanto la misura del "fermo" sembrerebbe attuata, più che per tutelare le ragioni creditorie, per esercitare - invece - una pressione sul debitore, costringendo costui all'immediato pagamento, magari senza alcuna verifica circa la legittimità del credito azionato.
Non v'è chi non ravvisi in tutto ciò il ricorrere degli estremi dell'eccesso di potere, non potendosi certamente contestare. che la Sesit eserciti il diritto riconosciuto dalla legge, per la realizzazione di fini diversi da quelli per i quali è stato conferito il diritto stesso.
In conclusione, nella fattispecie in esame, si ritiene la insussistenza del potere esercitato dalla Sesit, per tutte le ragioni fin qui esposte; e, comunque, quand'anche fosse ipotizzabile la sua presenza, non potrebbe non rilevarsi la assoluta arbitrarietà ed illegittimità delle modalità attraverso le quali è stato esercitato detto potere: modalità del tutto estranee allo spirito del legislatore Costituzionale il quale, come innanzi detto, ha voluto predeterminare la sfera di legittimità dell'azione amministrativa, proiettandola sì verso la realizzazione dei propri fini istituzionali, ma contenendola entro limiti ben precisi, delineati dal rispetto del principio del " neminem laedere "; limiti, nel caso di specie del tutto violati, stante la evidente discrasia tra le vantate ragioni creditorie e l'incidenza sulla sfera giuridica soggettiva del destinatario del provvedimento.
Così come innanzi rilevate, la illiceità, illegittimità ed arbitrarietà della condotta della Sesit, costituiscono fonte di responsabilità risarcitoria.
Pertanto, in accoglimento della domanda attrice, alla declaratoria di antigiuridicità della condotta della Sesit, consegue :i risarcimento del danno, correlato al mancato utilizzo dell'autovettura protrattosi per 27 giorni, nella misura di cui al dispositivo.
Per tutte le motivazioni sopradette, l'accoglimento della domanda comporta la declaratoria di improduttività degli effetti giuridici del fermo, e di ogni altro ad esso collegato, con disapplicazione degli stessi.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono quelle liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta l'eccezione di incompetenza e difetto di giurisdizione;
accoglie l'opposizione, dichiara illegittima la procedura di fermo amministrativo disposto sulla autovettura del ricorrente e per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato e tutti gli atti presupposti e/o comunque ad esso collegati; ordina al Conservatore del P.R.A. di Bari la cancellazione del fermo riferito alla autovettura tg. (omissis) a spese della Sesit Puglia spa;
condanna, la Sesit Puglia spa al risarcimento del danno in favore del ricorrente, per il mancato utilizzo della propria autovettura per giorni 27, che liquida in via equitativa, in complessivi € 270,00;
condanna, infine, quest'ultima a1 pagamento delle spese di causa che liquida in favore del difensore del ricorrente, in € (omissis) di cui € (omissis) per diritti, oltre Iva, Cap e spese generali.
E' esecutiva.
Bari 17.3.2003
IL GIUDICE DI PACE
Avv. Giuseppe Frugis
Ancora una pronuncia: questa volta interviene il Tribunale di Bari.
Il Tribunale di Bari, nella persona del G.U. dott. Antonio Ruffino, con provvedimento depositato il 17 marzo 2003, ha ordinato al Conservatore del P.R.A. di Bari di cancellare immediatamente il fermo di autoveicoli iscritto su istanza della locale Concessionaria per la riscossione in applicazione dell’art. 86 d.P.R. n. 602/73.
Il dott. Ruffino ha così accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalla malcapitata cittadina, che aveva subito il fermo di un motociclo 125 e di un’auto Alfa 156 a fronte di un presunto debito di poco più di euro 300.
Il Tribunale di Bari ha ritenuto sussistente il fumus boni iuris sotto i profili della <<carenza assoluta di potere in capo all’ente concessionario nel disporre il “fermo” nonché della non assoggettabilità ad esecuzione dei veicoli in questione, in quanto strumentali all’attività professionale medica della ricorrente>>.
Il periculum in mora è stato invece individuato con riferimento alla <<impossibilità di lecitamente disporre e fare uso dei beni sottoposti al vincolo speciale, siccome coessenziali sia al soddisfacimento sia di basilari esigenze di vita, sia all’esercizio della professione>>.
Viene così scritta una nuova (e significativa pagina) nella delicatissima vicenda dei fermi amministrativi, che ha creato non pochi allarmi tra i cittadini per una certa disinvoltura da parte dei Concessionari per la Riscossione nel disporre il fermo di autovetture per crediti impositivi prescritti, o richiesti senza la previa notifica della cartella, o ancora per sovradimensionamento del fermo a fronte di somme di infimo valore.
Il dott. Ruffino, inoltre, ha risolto la dibattuta questione sulla giurisdizione affermando la sussistenza di quella dell’A.G.O. e, implicitamente, nell’accogliere il ricorso ex art. 700 c.p.c., ha ritenuto la natura cautelare, e non di atto di esecuzione, del provvedimento di fermo (in ciò uniformandosi a Tribunale di Catanzaro del 25 febbraio 2003.
IL GIUDICE DESIGNATO
Letto il ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato in data 13.3.2003 da (omissis), avente ad oggetto la domanda di cancellazione del provvedimento di fermo di veicoli a motore disposto presso il P.R.A. dalla SESIT s.p.a., in forza di un presunto debito di complessivi euro 136,34, oltre accessori, portato da alcune cartelle esattoriali;
esaminata la documentazione prodotta;
ritenuto che, potendosi prima facie apprezzare tanto la giurisdizione del giudice ordinario adito quanto il fumus boni juris del ricorso (sotto i profili, specificamente dedotti, della carenza assoluta di potere in capo all’ente concessionario nel disporre il “fermo” nonché della non assoggettabilità ad esecuzione dei veicoli in questione, in quanto strumentali all’attività professionale medica della ricorrente), vi sia, allo stato, il pericolo concreto che, nel tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, l’istante subisca pregiudizio grave ed irreparabile connesso alla impossibilità di lecitamente disporre e fare uso dei beni sottoposti al vincolo speciale, siccome coessenziali sia al soddisfacimento sia di basilari esigenze di vita, sia all’esercizio della professione;
rilevato che le considerazioni suesposte valgono altresì a configurare il pregiudizio all'attuazione del provvedimento cautelare che potrebbe derivare dalla preventiva costituzione del contraddittorio e dai tempi tecnici minimi a ciò necessari;
applicati gli artt. 700 e 669 sexies co. 2 c.p.c.;
ORDINA
al Conservatore del P.R.A. di Bari di procedere immediatamente e, comunque, non oltre il giorno successivo alla notificazione del presente provvedimento a cura della parte interessata, alla cancellazione del fermo iscritto sui seguenti veicoli di proprietà di (omissis):
- motociclo Piaggio Liberty 125 tg (omissis),
- autovettura Alfa Romeo 156 1.9 JTD tg. (omissis),
a spese della SESIT s.p.a.;
FISSA
L’udienza del (omissis) ore 10,00, per la conferma, la modifica o la revoca del provvedimento, disponendo la notifica, a cura dell'istante, alla controparte, entro il (omissis).
Bari, 17.3.2003 Il Giudice –Dr. Antonio Ruffino
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DEL MANDAMENTO DI COSENZA
Il Giudice di Pace del Mandamento di Cosenza, nella persona dell’avvocato Aldo Dante Chiappetta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al numero 2507/A del R.G.A.C. 2004 e vertente
TRA
B. A., rappresentato e difeso dal dott. Mario Tocci
Attore
E
E. TR. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, corrente in Cosenza al viale Crati – Palazzo Carime – Ingresso “C”
Convenuta contumace
AVENTE AD OGGETTO
Opposizione a cartella esattoriale – restituzione somma – risarcimento danni
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato e depositato in data 08 luglio 2004, il signor B.A. – come in atti rappresentato e difeso – dichiarava di aver ricevuto la cartella emarginata con minacce di fermo sulla propria auto se nel termine di venti giorni non avesse provveduto al pagamento di un carico scaduto per complessivi Euro 145,60 (centoquarantacinque/60).
Precisava l’attore che, pur ritenendo illegittima la procedura iniziata dalla convenuta, temendo tuttavia conseguenze, in data 22 marzo 2004 si decideva per il pagamento della complessiva somma di Euro 151,75 (centocinquantuno/75).
Allegava altresì l’attore che dall’intera vicenda aveva subito un danno di ordine esistenziale per cui concludeva per un risarcimento anche a tale titolo, in via equitativa, col favore delle spese distraende.
Nessuno si costituiva per la convenuta, sicché ne veniva declarata la contumacia.
All’udienza del 25 febbraio 2005, sulle rassegnate conclusioni dell’attore, e nella persistente assenza di parte convenuta, la causa veniva trattenuta a sentenza
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda è fondata e, come tale, merita accoglimento per quanto di ragione.
Occorre infatti osservare che la procedura posta in essere dall’E. TR. S.p.A. circa il fermo amministrativo non è ancora dotata dell’apposito Regolamento Esecutivo atto a disciplinarne le modalità (ex plurimis, vedasi la sentenza del Giudice di Pace di Cosenza numero 2896/03/A R.G.A.C.).
Sennonché, dalla vicenda in questione (minaccia di fermo amministrativo, pagamento della somma richiesta e poi versata, ecc.) l’attore ha certamente (prova in re ipsa) riportato un notevole stress, che va risarcito a titolo di danno esistenziale, come da qualificata dottrina ormai seguita da costante giurisprudenza di merito e legittimità.
Circa la restituzione della somma versata in atti esiste quietanza di versamento per Euro 151,75 (centocinquantuno/75).
In difetto dunque di mirate e contestuali controdeduzioni nonché in assenza di parte convenuta, valutabile ai sensi dell’articolo 116 del Codice di Procedura Civile, questo Giudicante non può che accogliere l’odierna domanda col favore delle spese distraende come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace del Mandamento di Cosenza, definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, così provvede:
dichiara parte convenuta responsabile della vicenda de qua;
condanna l’E. TR. S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore a restituire in favore dell’attore la somma di Euro 151,75 (centocinquantuno/75);
condanna altresì parte convenuta a risarcire in favore dell’attore il danno esistenziale, liquidato in via equitativa nella somma di Euro 250,00 (duecentocinquanta/00);
condanna ancora parte convenuta al pagamento delle spese processuali che liquida ex articolo 93 del Codice di Procedura Civile a favore del dott. Tocci in…(omissis).
Cosenza, 25 febbraio 2005
Depositata in Cancelleria addì 27 aprile 2005
Il Giudice di Pace (Avv. Aldo Dante Chiappetta)